sabato 11 agosto 2007

La musica al cinema: Heimat parte seconda

Giuliano
Nella prima parte di “Heimat”, girata nel 1984, il regista tedesco Edgar Reitz segue la storia della Germania, tra il 1918 e gli anni ’50, partendo da un piccolo paese di campagna. E’ un film molto lungo, diviso in 11 episodi; ed è uno dei film più emozionanti che mi sia capitato di vedere.
Girato quasi sottovoce, con grande attenzione e amore verso i suoi personaggi, è davvero il modo ideale per imparare a conoscere la Storia, così come viene vissuta ( e subita) dalla gente comune nel corso della sua vita, fatta di eventi personali e comuni a tutti ma sempre diversi: nascite, morti, lavoro, amori. Gli ultimi due episodi della prima serie di Heimat arrivano fino agli anni ’60, e anche ai primi anni ’80. Da essi apprendiamo che Hermann, il più giovane della famiglia, nato in tempo di guerra, è diventato un musicista: compositore e direttore d’orchestra. E’ il primo della sua famiglia ad aver avuto la possibilità di studiare, e ad andare a vivere lontano dal piccolo paese di Schabbach.
Nel 1993 esce la seconda serie di “Heimat” (una parola tedesca che si può tradurre con “Patria”, ma nel senso affettivo del termine e non in quello militaresco). Sono altri 13 episodi, tutti dedicati ad Hermann: si parte dal suo arrivo a Monaco, in Baviera, per iscriversi al Conservatorio, e si passano tutti gli anni ’60 in sua compagnia. Hermann, che arriva dalla campagna, vive la grande città, conosce molte persone, si sposa, passa attraverso la Contestazione, ha una figlia, viaggia, si separa; e ha un discreto successo in campo musicale.
Heimat II è pieno di musica. Molti dei suoi protagonisti (è un film corale) sono studenti di musica. Hermann suona la chitarra e il pianoforte, e studia composizione; il suo amico cileno Juan tenta l’iscrizione al Conservatorio, ma viene respinto perché la sua musica “è troppo legata al folklore”. Juan non se ne farà mai una ragione, e rimarrà sempre triste e un po’ smarrito: ma la sua era vera musica, nuova e antica nello stesso tempo, un po’ troppo avanti rispetto all’epoca. C’è anche spazio per il cinema: tra gli amici di Hermann ci sono tre giovani tedeschi “folgorati” dalla Nouvelle Vague di Godard. Siamo nei primi anni ’60, e a Monaco si vive un anticipo del ’68, molto mal visto dai cittadini bavaresi: a Hermann verrò sfasciata la chitarra a cui teneva tanto, ma solo perché era una chitarra. I poliziotti gli si avvicinano mentre sta andando a lezione (Hermann non fa mai politica attiva, ed è arrivato da poco a Monaco), sono ancora esasperati dagli scontri di quei giorni (1963, se non ricordo male), e la vista di un giovane con la chitarra per loro è una provocazione. E’ con la chitarra che ce l’hanno, non con Hermann: una volta sfasciata la chitarra, se ne andranno lasciandolo libero.
Nell’ultima puntata di Heimat parte prima, avevamo visto Hermann dirigere un suo concerto. A casa sua, nel suo piccolo paese, si ascolta ogni nota attraverso la diretta radiofonica, in un ascolto collettivo. Sono tutti interessatissimi, ma poi si ribellano: che musica è questa? Questa non è musica, è caos. Solo Glasisch, il narratore della storia, ormai anziano, capisce: riconosce le voci degli uccelli di Schabbach, e i rumori del bosco. Intervistato dalla radio, qualcuno chiede al giovane compositore se il suo modello è Olivier Messiaen, musicista e ornitologo: ma lui risponde di no, che il suo modello è Fortner.
Nella terza serie di Heimat, uscita pochi anni fa, veniamo a sapere che Hermann non è diventato un grande musicista. A un certo punto della sua vita, si è accorto di essere un mediocre; ed è una scoperta triste, ma che va accettata.
PS: La musica che si ascolta nel film, a parte gli estratti dei grandi musicisti del passato, è opera di Nikos Mamangakis, un musicista che conosco solo attraverso Heimat . Probabilmente, anche i ricordi musicali della Monaco anni ’60 sono suoi, ed Edgar Reitz se ne è servito per costruire questo film.

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