lunedì 13 agosto 2007

I caratteri nel cinema: Matelda

Solimano
Ho conosciuto Matelda (Catherine Spaak) un giorno in cui era in difficoltà. Stava andando con un piccolo corteo verso il castello di Guccione (Joaquin Diaz), suo promesso sposo, e sono stati assaliti nel bosco da un gruppo di briganti, quattro scalzacani però pericolosi. La faccenda sembrava proprio brutta, quando è arrivato lui, un cavaliere misterioso e valorosissimo, che in quattro e quattr'otto ha messo in fuga i briganti e l'ha salvata da un destino ignobile. Il cavaliere si è poi presentato, era Brancaleone da Norcia (Vittorio Gassman), al comando di una piccola armata in cui l'unico in grado di dargli una mano era un altro cavaliere, Teofilatto dei Leonzi (Gian Maria Volontè) un tipo a suo modo interessante pure lui.
Matelda non è una ragazzina, ha 21 anni (dirò nel post scriptum perché lo so), e vista la situazione si è fatta un rapido ragionamento. Guccione non l'ha mai visto in faccia, il matrimonio è stato combinato, Matelda sa solo che Guccione vive in un castello fuori mano e che è molto più anziano di lei. Dicono che sia anche scorbutico, sai che vita. Con Brancaleone sarebbe tutta un'altra cosa: a parte il valore e il coraggio testé mostrato, è veramente un bell'uomo che parla bene, anche se potrebbe darsi una sistemata e lavarsi un po' più spesso, ma imparerà. Poi è uno che va in giro, non sta rinchiuso come una talpa, e dalle chiacchiere degli armigeri, Matelda ha capito che l'attende un castello, Aurocastro, un castello sul mare! Mica in posti da capre come Guccione.
Solo che Brancaleone adesso vorrebbe scortarla verso il castello di Guccione, e Matelda decide di mettere le cose a posto, perché ha capito che, come Brancaleone piace a lei, così lei piace a Brancaleone, certe cose si sentono, è stato così bello salire insieme appesi a quella corda! Sembrava di volare...
Mi ricordo perfettamente le precise parole di Matelda, parole molto dirette: "Io veggio che mi ami, come io amo te. Ti do lo mio candore, piglialo!" E mi ricordo purtroppo come rispose quell'asino di Brancaleone: "Tamelda... Matelda! Ti coso... ti scongiuro. Non tentarmi, ho dato la mia parola, ahimè". Che farci? Matelda non credeva alle sue orecchie, e rispose appassionatamente: "Non mi portare da Guccione, non lo voglio. Te voglio. Sono tua pecorella. Brancami, leone!". Ma l'asino continuò a non capire e rispose: "No, no!"
Così una situazione chiara e semplice si deteriorò a causa del malinteso senso d'onore di Brancaleone, a cui fra l'altro Matelda piaceva moltissimo - ho delle immagini che lo attestano. Matelda scappò su Aquilante (un cavallo dipinto di giallo), gridando: "E allora nessuno mi avrà!" ma non fu così, difatti la ripresero, e Brancaleone per sicurezza si addormentò stringendo nella mano i lunghi capelli di Matelda. Fatto sta che al mattino, quando si risvegliò, in mano stringeva la coda del cavallo Aquilante e Teofilatto fischiettava, si vede che era contento. Matelda smise di far scene e si lasciò condurre al castello di Guccione, che invitò tutta l'armata al matrimonio. Teofilatto insistette perché non si fermassero, ma Brancaleone, fiero del dovere compiuto, decise di fermarsi al pranzo nuziale. La sposa non aveva l'aria contenta, le si vedevano gli occhi adirati sotto il velo bianco. Gli sposi si appartarono e dopo un po' comparse Guccione gridando: "Chi è stato?", e Matelda rispose "Lui!", indicando non Teofilatto, ma Brancaleone, che non c'entrava per niente.
Il resto è noto a tutti: la fuga di Brancaleone dal castello di Guccione, il duello fra Brancaleone e Teofilatto in cui non si ferì nessuno dei due, in compenso fecero con le spade la mietitura di un campo di grano, il ritiro di Matelda in convento, il tentativo di Brancaleone di riprendersela e mettere su famiglia con lei, il no di Matelda.
Direi che è giunto il momento di dare a ciascuno il suo.
Con Guccione si fa presto, mariti che considerano la donna come roba ce ne sono sempre stati e secondo me ce ne sono ancora, anche se lo negano.
Anche con Teofilatto, è facile, furbacchioni che non perdono l'opportunità che gli cade nel piatto, starci attenti ad amici così.
Il caso di Brancaleone è da manuale: uno che piace alle donne come lui, per un motivo o per l'altro si crea le difficoltà da solo. Succede e succederà, perché si sovrappongono principi mentali al sentimento ed al senso che hai sotto gli occhi. Inoltre, Brancaleone ha un pregio che diviene un difetto: sa parlare, e quando gli viene la parlarola, non sente più gli odori che ha sotto il naso. Gli odori sono importanti. Eric Rohmer, un po' di tempo dopo, metterà come incipit di un suo film - Pauline à la plage - il proverbio "Chi parla troppo fa il suo danno", proverbio che evidentemente Brancaleone con conosce.
L'unico caso di non facile definizione è quello di Matelda, al di là del fatto che ha indubbiamente tutte le ragioni di questo mondo. A ventuno anni, se fosse vissuta qualche secolo dopo, avrebbe capito che con quelli come Brancaleone non servono discorsi e profferte, bastano sguardi, mani, strusci (ovviamente casuali ed involontari) perché i sacri principi sono castelli di carte, non di mattoni. Le donne hanno un loro potere, e sono in grado di esercitarlo come e quando vogliono. Ma chissà, nel convento in cui attualmente è giovane badessa, Matelda avrà certo provveduto a sè con qualche figlio cadetto di nobile cadetto, o qualche monaco letterato, o pittore cittadino che deve affrescare la chiesa del convento, che ha le navate lunghe. Anche un ricco vignaiolo potrebbe andar bene. Però Matelda è una donna di sentimento, e fra il vignaiolo e il cadetto, il letterato e il pittore, ogni tanto sospira: "Eh, quell'asino di Brancaleone!" Il primo amore non si scorda mai.

P.S. Dei ventuno anni sono certo perché il film è stato fatto nel 1966, e Catherine Spaak è nata nel 1945, precisamente il 3 aprile, giorno importante perché - in anni diversi - ci siamo nati Roby ed io. Poi, anche De Gasperi e Marlon Brando, ma è un dettaglio.