Lola, di Rainer Werner Fassbinder (1981) Sceneggiatura di Rainer Werner Fassbinder, Pea Frohlich, Peter Marthesheimer Con Barbara Sukowa, Armin Mueller-Stahl, Mario Adorf, Matthias Fuchs, Helga Feddersen, Karin Baal, Ivan Desny, Hark Bohm Musica: Freddy Quinn, Peer Raben, Gilbert Bécaud Fotografia: Xaver Schwarzenberger (113 minuti) Rating IMDb: 7.7
SolimanoIl film è ambientato nei primi anni Cinquanta, quando la Germania era impegnata nella ricostruzione. Una situazione in cui i costruttori avevano un grande potere, se riuscivano a mettersi d'accordo con i politici locali e nazionali, cosa che è successa anche in Italia.
Ci sono dei film che perseguono l'
happy end, ce ne sono che finiscono male (generalmente i cosiddetti film
noir), questo film non finisce né nell'uno né nell'altro modo, finisce in modo sgradevole e disturbante, proprio quando ci abituavamo all'idea che
Von Bohm (
Armin Mueller-Stahl) ce la facesse, sia nel pubblico che nel privato. Ci si rimane male, poi si ragiona, e si giunge ad alcune conclusioni. Von Bohm ha quarantacinque anni, è razionale, efficiente ed onesto, vuole svolgere bene il suo ruolo di Assessore alle Opere Pubbliche, e sa muoversi in modo deciso e cauto, acquisendo popolarità fra i cittadini, mentre il costruttore più importante,
Schukert (
Mario Adorf) si preoccupa, pur riuscendo a conservare buoni rapporti con Von Bohm. Solo che questi conosce
Lola (
Barbara Sukowa) e se innamora. Non sa che lavora in un bordello di cui è proprietario Shukert, che è a tutti gli effetti il proprietario anche del corpo di Lola. Il bordello è frequentato da tutti i maggiorenti della città, ci si fa musica, si canta e si balla.
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Finora, Von Bohm e Schukert si sono rispettati, perché ognuno dei due riconosce ed ammira la forza dell'altro, come razionalità intelligente e come capacità di comando sulle persone e di intervento nelle cose, però Schukert, pur nella sua volgarità, ha una marcia in più rispetto a Von Bohm come comprensione istintuale delle motivazioni vere delle persone.
Ma non può essere più così dalla sera in cui
Esslin (
Matthias Fuchs) un impiegato anarchico (ma anche doppiogiochista), conduce Von Bohm nel bordello. Naturalmente vede Lola in azione, capisce il rapporto che ha con Schukert, esce indignato e si mette a fare la guerra ai costruttori. Per quasi tutti gli altri registi, a questo punto il gioco sarebbe chiaro: Von Bohm sconfigge i costruttori e Lola si redime. Ma Fassbinder è diverso, ed inventa un finale geniale, quindi esatto (è proprio per questo che dà fastidio).
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Mentre tutti gli altri costruttori e politici, con in testa il sindaco, non sanno come fare per fronteggiare Von Bohm, Schukert ha l'idea giusta e la applica immediatamente: offre a Von Bohm la proprietà di Lola, intende fare un passo indietro in modo che Von Bohm ne possa fare uno in avanti. Schukert è certo che, una volta soddisfatto sessualmente, Von Bohm sarà dei loro. Succede di peggio, perché il problema vero di Von Bohm è che ama Lola. Proprio per questo, si dimostra un debole, e così perde ogni eventuale sentimento a suo favore da parte di Lola. E' qui la genialità della soluzione del film, perché parrà strano, ma la cosa che si poteva aspettare Lola era che o la sprezzasse definitivamente o le dicesse di smettere con quella vita etc etc. Von Bohm non fa né l'uno né l'altro, finirà che Schukert intesta a Lola il bordello, che Von Bohm e Lola (in abito bianco) si sposano nella chiesa più importante della città. Nello stesso pomeriggio Schukert riprende i rapporti sessuali con Lola, ben contenta di farlo, che gli chiede: "Debbo mettermi nuda?" e Schukert risponde: "Sì, ma tieni il velo in testa". Si può pensare che Fassbinder, che aveva anche dell'eversivo, abbia scelto cocciutamente un finale così perché voleva rifare a suo modo l'
Angelo azzurro. Può anche essere, ma Von Bohm di fronte alla situazione in cui è, sceglie proprio la strada sbagliata, quella che Lola non capisce e disprezza. E' giusto che la debolezza e la generosità impropria la paghino cara, la vita ha le sue regole. Così succede a Von Bohm che passeggia per la città mentre sua moglie è a letto con Schukert, e a chi gli chiede se è felice in quel giorno, quello del suo matrimonio, risponde: "Sì... penso proprio di sì, almeno", un equivalente colloquiale del chicchirichì del professor Unrat.
Ancor più di Barbara Sukowa, forse troppo fine per Lola, grandi le due parti di Mario Adorf e di Armin Mueller-Stahl, specie Adorf che ha un magnetismo animale che tende alla soggezione altrui, riuscendoci quasi sempre.
2 commenti:
Che dire... Siete bravissimi ed io vi seguo con immenso piacere. Continuate così. Giulia
Non saprei nemmeno io dire perché, ma mi sono sempre sentito molto estraneo rispetto a Fassbinder; amo invece moltissimo Wenders, Herzog, Reitz (penso che si sia visto, e si vedrà ancora di più in futuro).
Trovo Fassbinder un po' troppo melodrammatico e cupo, anche se ricordo di aver visto volentieri alcuni dei suoi film, come Il matrimonio di Maria Braun.
Un parere del tutto personale, s'intende, senza alcuna pretesa critica.
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