domenica 3 giugno 2007

Richard Wagner al cinema

Giuliano
Anche Richard Wagner (1813-1883), come Manzoni, al cinema non c’è mai stato. Però era uno che faceva tutto da solo, soggetti parole e musica, e la fantasia non gli mancava di certo: questa è una delle didascalie che poneva nelle sue opere, ed è da intendersi come indicazione tassativa per la messa in scena delle sue opere:

Nel fondo del Reno. Crepuscolo verdastro, più chiaro verso l'alto, più scuro verso il basso. La parte superiore è piena d'acqua fluttuante, che corre senza posa da destra a sinistra. Verso il fondo, le onde si sciolgono in una nebbia umida sempre più tenue in modo che lo spazio, a cominciare dal fondo per un'altezza d'uomo, pare interamente sgombro d'acqua. La quale via scorre come in teorie di nubi sopra il fondo d'un tenebrose di notte. Dappertutto si ergono dal profondo scabre scogliere, le quali chiudono lo spazio della scena. Tutto il fondo è un selvaggio dentato groviglio, in nessun punto completamente piano, e lascia supporre in tutte le direzioni recessi più profondi in densissima tenebra. Intorno ad uno scoglio nei mezzo della scena, che con punta sottile si erge fino all'acqua corrente più densa ed in più chiara luce crepuscolare, una Figlia Del Reno nuota in cerchio con mossa graziosa.
(L’Oro Del Reno, preludio e scena prima.)

La parola “regista” non esisteva ancora, e non c’era nemmeno un vero regista come lo intendiamo oggi; però queste indicazioni Wagner le prendeva terribilmente sul serio, ed era molto esigente. C’è anche questa, per esempio:

(Donner sale su un'alta roccia sul declivio che scende a valle, e di là vibra il martello; durante quel che segue, le nebbie si addensano intorno a lui).
DONNER
Heda! Heda! Hedo! A me, bruma! Vapori, a me! Donner, signore, vi chiama a schiera !
(vibrando il martello)
Al ritmo di questo martello, qui raccoglietevi! Fumoso vapore! Pendula bruma! Donner, signore, vi chiama a schiera! Heda! Heda! Hedo !
(DONNER scompare interamente in una nuvola temporalesca, che si addensa sempre più scura. Si ode il martello di Donner cadere pesantemente sulla roccia. Un potente fulmine sfugge alla nuvola; segue un tuono violento. Froh è scomparso anche lui nella nuvola).
DONNER
(invisibile).
A me fratello! Traccia la via al ponte!
(Improvvisamente la nuvola si, dissipa. Donner e Froh diventano visibili ; dai loro piedi con luce abbagliante parte un arcobaleno a foggia di ponte, sopra la valle su fino alla rocca; la quale, illuminata dal sole che tramonta, raggia nel più vivo splendore. Fafner, il quale presso il cadavere del fratello, ha finito di raccogliere tutto il tesoro, ha abbandonato la scena, l'enorme sacco sulle spalle, durante l'incantesimo della tempesta suscitato da Donner).
FROH
(il quale con la mano stesa ha tracciato la via al ponte sopra la valle, rivolto agli dèi).
Alla rocca porta il ponte, lieve, e pur saldo al vostro passo: arditi battete il suo sicuro sentiero!
(Wotan e gli altri dèi si perdono muti nella mirabile visione).
(L'Oro Del Reno, Finale dell'opera)

La realtà, più tragica e fantozziana, era questa:

Atto secondo. Una formosissima Siglinda entra di corsa in palcoscenico e si dirige a precipizio su Sigmundo. Un errato calcolo di peso o di misura nella corsa, o lo scivolamento d'un tappeto di finta erba, determina la caduta d'ambedue i cantanti, che invano hanno dimenato le braccia per tenersi in equilibrio... Passano alcuni penosi minuti, mentre la musica di Wagner prosegue impassibilmente in orchestra. La prima frase di Siglinda è pronunciata mentre Sigmundo riesce, con piccoli movimenti, a farla sedere in terra, da prona ch'essa era. La faticosa operazione prosegue lentamente; prima un ginocchio, poi l'altro; una mano, l'altra mano, che fa da perno sul quale evolve la canora mole caduta...
I wagneriani dei palchetti chiudono gli occhi gemendo, e invidiano i correligionari del loggione, i quali, almeno, non hanno veduto nulla.
(Beniamino Dal Fabbro, I bidelli del Walhalla, n.27)

Come poteva Wagner non sapere cosa sarebbe accaduto dei suoi sogni? Lo sapeva, ma lui andava diritto per la sua strada, scrive opere chilometriche e trova anche il tempo di mettere in un libro bello e visionario (“L’opera d’arte dell’avvenire”, 1849) le sue idee in fatto di messa in scena; riesce perfino a farsi costruire un teatro come più gli garba, a Bayreuth in Baviera, grazioso regalo del principe Ludwig.
Non sono mai stato a Bayreuth, ma so che in quel teatro l’orchestra (secondo le indicazioni precise di Wagner) scompare. L’orchestra non doveva vedersi, secondo Wagner: e per tutti gli appassionati d’opera questa è una vera eresia, un non senso. Vedere l’orchestra al lavoro è uno spettacolo. Quando andavo a teatro, ho rinunciato diverse volte a guardare il palcoscenico a favore dell’orchestra: la meravigliosa macchina al lavoro dell’orchestra nell’Ottava Sinfonia per Bruckner; le conversazioni tra i due oboisti mentre i violini suonano; i cornisti che smontano e rimontano i loro strumenti, li puliscono e ci soffiano dentro durante le loro pause; o per guardare i più grandi direttori al lavoro, dal sobrio e intenso Abbado al meraviglioso Kleiber, al gesto preciso e paterno di Sawallisch.
Ma Wagner decide di far sparire l’orchestra in una fossa sotto il palcoscenico. Perché mai? Semplice: perché così il suono sembra nascere dal nulla, e arrivare da ogni parte. L’opera d’arte dev’essere una, per Wagner: la fusione di tutte le arti esistenti. L’orchestra vale come il macchinario per cambiare le scene: è essenziale, ma va tenuta nascosta.
Ecco perché ho tirato in ballo Richard Wagner in questo sito dedicato al cinema: Wagner a teatro non ci sta più, lui vorrebbe il cinema - ma il cinema non l’hanno ancora inventato, come fare? Se rileggete quelle didascalie, è chiaro come il sole che si tratta di cose che in teatro non si possono fare: ma al cinema sì. Al cinema il dio Thor che costruisce un arcobaleno sul quale gli dei entrano nel Walhalla si può fare, e anzi abbiamo visto molto di più. Al cinema, se Sieglinde è troppo formosa la si può lasciare a cantare dietro le quinte (quasi come “Singing in the rain”...), e se cade goffamente prima di abbracciare il suo moroso (magari con il perfido Dal Fabbro in platea a prendere nota) si può tranquillamente rifare la scena e buttare via quella venuta male.
A Wagner sarebbe piaciuto immensamente il Walt Disney di “Fantasia”, e sarebbe andato a bussare alle porte di Lucas e Spielberg, si sarebbe proposto alla “Industrial Light and Magic” e non al principe di Baviera: e magari, chissà, avrebbe preso a calci nel sedere quei nazisti che nel Novecento hanno fatto odiare la sua musica. Tutti fattori che fanno pensare che, almeno da questo punto di vista, Richard Wagner sia nato nel secolo sbagliato...
P.S. L'immagine è dal Perceval di Rohmer

1 commento:

Giuliano ha detto...

La musica di Wagner al cinema è stata usata molto, ed è molto presente: e quasi sempre è usata “a capocchia”. L’esempio tipico è la Cavalcata delle Valchirie, che nell’originale (La Walkiria, atto terzo scena prima) è una musica cupa, terribile, e non trionfale come pensano quasi tutti. Nell’equivoco cadde anche Berlusconi al raduno del suo primo Milan, quando scese dall’elicottero al suono della “cavalcata”: quell’anno gli andò malissimo...
La scena era copiata da “Apocalypse now” di Francis Ford Coppola, però Coppola aveva capito il vero senso della musica, e sapeva cosa c’era dietro (nella mitologia nordica le Valchirie apparivano agli eroi morti in battaglia, e li portavano nella reggia del Walhalla: ogni Valchiria si porta dietro un cadavere...). La scena degli elicotteri in “Apocalypse now” è una scena di morte, non di trionfo.
Un altro esempio è in “Excalibur” di John Boorman, dove la musica di Wagner è usata particolarmente a capocchia (soprattutto la “morte di Sigfrido” dal Crepuscolo degli Dèi), però fa effetto, e che effetto! (anche Boorman, come Coppola, sapeva cosa stava facendo).