giovedì 21 giugno 2007

Il ventre dell'architetto

The Belly of an Architect di Peter Greenaway (1987) Sceneggiatura di Peter Greenaway Con Brian Dennehy, Chloe Webb, Lambert Wilson, Sergio Fantoni, Stefania Casini Musica: Wim Mertens Fotografia: Sacha Vierny (118 minuti) Rating IMDb: 6.5
Giuliano
Correva l'anno 1987 quando feci il mio primo incontro con il cinema di Peter Greenaway. Il film si chiamava "Il ventre dell'architetto", ed era bizzarro e intelligente, ricco di immagini e di idee. Non sapevo ancora che Greenaway in seguito avrebbe girato film ancora più strani, ma il motivo per cui me ne ricordo oggi è un altro. Qui si racconta di un architetto americano (l'attore Brian Dennehy) che vuole allestire da anni una mostra sull'architetto francese Boullée (1728-1799), famoso per il suo talento ma anche per non aver mai costruito nulla. Finalmente gli si offre l'occasione che cercava, e qui inizia il film; ma siamo a Roma e il nostro architetto incontra ostacoli e difficoltà, non ultima l'ostilità di un gruppo di architetti romani "di destra" che gli scippano i fondi per la mostra e li dirottano su una retrospettiva dell'architettura del Ventennio. Greenaway aveva iniziato benissimo, con una serie di film belli e strani; purtroppo poi si perderà per strada.
Non starò qui a raccontare tutto, anche perché i film di Greenaway non vanno raccontati ma visti (e anche ascoltati, nel senso della musica), vista l'enormità del suo talento visivo; però l'apparizione nel film di questo gruppo di "architetti fascisti" mi sembrò un po' improbabile, in quel 1987. Ricordo di aver pensato che era un espediente un po' forzato per dare al film la svolta che Greenaway faticava a trovare; e invece il regista inglese aveva visto lontano, e oggi lo sappiamo bene.Per esempio, a Como si parla molto dell'architetto Terragni. Terragni è il fondatore dell'architettura razionalista, e per questo è ricordato dalla Storia dell'Arte. E chi se ne frega, direbbe l'italiano medio cresciuto con cura da Mediaset negli ultimi vent'anni; oltretutto, nomi e ricorrenze anche più importanti passano del tutto inosservate. Ma a Como di personalità importanti ne sono nate davvero pochine, tanto è vero che la massima gloria cittadina è ancora Alessandro Volta. Ogni tanto si tira fuori il calciatore Meroni, che giocava 40 anni fa nel Torino e morì giovanissimo in un incidente stradale, e poco più. Gira e rigira, la città è piccola e gli argomenti sono sempre i soliti; e Terragni è uno di questi, ma non è che l'architettura, soprattutto quella del Novecento, goda di grande fascino popolare e richiami folle di turisti, nemmeno se si tratta del Bramante. Dov'è dunque il fascino del peraltro bravo Terragni? A cosa si deve l'attrattiva che esercita sugli assessori e giornalisti lariani? Presto detto: Terragni lavorò nel famigerato Ventennio, e il suo capolavoro conclamato è la "casa del fascio", in Piazza del Popolo a Como. Se volete vederla, è ancora lì: ospita la Guardia di Finanza e certo ha la sua rilevanza storica, ma vista da vicino (e non sulle fotografie dei libri d’architettura) non un gran cosa, e se proprio volete farvi un giro a Como, a mio parere, prima andate a cercarvi il Duomo, il Broletto, San Fedele, Sant'Abbondio, Piazza Cavour e il lago...

11 commenti:

Solimano ha detto...

Giuliano, ho viso un po' di tempo fa quel film col titolo strano, il cuoco, la moglie, il ladro etc, credo che l'abbia visto anche tu. Prima di scriverne vorrei rivederlo. Ne sono rimasto molto impressionato per alcuni motivi: per la crudeltà (degna di Bacon e di Shuterland, anche di Lucien Freud), per la forza del personaggio principale, quello che tiene le fila di tutto ma che alla fine poi la paga, ma soprattutto per la sovrabbondanza del talento visivo di Greenaway, che è sbalorditiva. Però lo vorrei proprio rivedere, in modo meno travolto e più lucido.

saludos
Solimano

Isabella Guarini ha detto...

I film in cui l'architettura è protagonista in modo esplicito non mi sono mai piaciuti. Il motivo sta nel fatto che gli architetti sono presentati come demiurghi, con poteri quasi divinatori nella concretizzazione del fenomeno architettonico. Ma le cose stanno in maniera completamente diversa. Anch'io ho visto il film tempo fa e dovrei rivederlo oggi per capire se vale la spesa. Dal punto di vista dell'architettura mi sembra che l'espediente Greenaway per condannare l'architettura fascista sia forzato perché proprio Ledoux è da considerarsi l'antesigmano del monumentalismo semplificato e del razionalismo che si svilupperà in Francia, con il più noto le Corbusier e in Italia, con l'opera di Terragni e tanti altri i cui edifici costituiscono il contributo, purtroppo disconosciuto a causa della vicende politiche, della cultura italiana alla modernità. Naturalmente bisogna scegliere il punto di vista: quello di un inglese è certamente di condanna visto che gli inglesi hanno vinto la guerra. La riscoperta dell'architettura degli anni trenta in Italia è appena cominciata e non possiamo maltrattare Terragni.La conquista del mercato dell'edificare nel ssistema globale è un obiettivo che vede in avanzato vantaggio gli anglo-americani.

Solimano ha detto...

Isabella, ci fu anni fa una battuta gustosa, non mi ricordo di chi: "Se riabilitiamo Marcello Piacentini non resterà più nulla di brutto in Italia!".
Credo che il discernere il valore artistico e la compromissione col regime sia indispensabile, anche se a volte si fatica, perché gli ambiti sono interconnessi.
Però il fatto che io non ami Pirandello da ben prima che ne conoscessi il coinvolgimento totale col regime, non significa che io non ne riconosca le qualità di scrittura e di pensiero: non è il mio genere, semplicemente.
Nè possiamo ridimensionare Longhi e Ungaretti, Sironi e Gadda (eh sì!)perché furono - già maggiorenni - convintamente fascisti.
Mi stupisce una cosa: quando Zangrandi pubblicò "Il lungo viaggio attraverso il fascismo", saltarono fuori nomi assolutamente inaspettati, e secondo me nel giro tutti lo sapevano, indizio di mafiosità culturale tipicamente italico. Mentre non avrei niente da dire sulla adesione alla repubblica di Salò fatto in anni giovanissimi (caso Fo, ad esempio), ma avrei preferito che non si facesse finta di niente, dire per tempo: "Avevo diciannove anni ed ho sbagliato" sarebbe stata la cosa migliore.
Riguardo a Terragni, a me piace il razionalismo, mi piacciono persino diversi edifici dell'Eur, e quindi anche Terragni. Ma il gioco è sempre lì, lo si apprezza realmente o fa gioco - oggi - parlarne bene? Lascerei che i morti seppelliscano i loro morti, intendo quelli che appendono la loro ipotetica cultura al chiodo che in quel momento ritengono più conveniente. Sono persone che non amano ciò di cui parlano, quindi vivono male.
Fine della sentita concione.

saludos
Solimano

Giuliano ha detto...

Per Isabella: da quel che mi ricordo, Greenaway è un ammiratore dell'Eur e dell'architettura del ventennio. La storia del film è di come la mostra (i finanziamenti) viene "soffiata" al protagonista dai "nostalgici" romani: alla fine la mostra su Boullée non si fa.
Ma Greenaway è sempre molto contorto, fa storie complicate e crudeli che non sono mai riuscito a capire davvero - però i suoi sono film da vedere.
Il parere su Terragni è tutto mio: il Palazzo Terragni è proprio fuori dalla stazione di Como Lago delle Ferrovie Nord, purtroppo ci sono passato spesso davanti, dietro, di fianco: è veramente brutto, e anche sporco.
Lo nobilita solo la presenza della Guardia di Finanza.
(lo so che è su tutti i libri di Storia dell'Arte, non me ne capacito ancora)
PS: ovviamente, il mio è un giudizio da incompetente; però un po' d'occhio me lo sono fatto, penso di aver diritto alla mia opinione. E la mia opinione è che se il palazzo Terragni non fosse nato come casa del fascio, probabilmente non ne parlerebbe più nessuno e sarebbe dimenticato come tanti altri edifici coevi.
E' molto fotogenico, questo sì: sulle foto è sempre bellissimo, sui disegni preparatori addirittura magnifico.

Giuliano ha detto...

Per Solimano: è stato dopo "Il cuoco, il ladro, sua moglie e l'amante" che ho cominciato a dubitare di Greenaway.
E' un film dove un signore viene servito a pranzo, ben cucinato e ben riconoscibile, da uno chef.
Preferirei rivedere i primi film di Greenaway,anche se in quel film c'è Helen Mirren che è bravissima.

Isabella Guarini ha detto...

Per quanto mi riguarda i nostalgici sono gli "accademici", cioè gli imitatori degli stili antichi, dal romanico al gotico e rimascimento. Quelli che appesantivano di decorazioni e di stucchi le strutture in ghisa, ferro, cemento. per rappresentare i successi della ricca borghesia industriale emergente. L'architettura italiana degli anni trenta, dei maggiori architetti di quel periodo, è l'inizio dell'emancipaione dai falsi storicismi delle accademie. Forse sono stati questi ultimi i ladri dei fondi per la mostra su Boullée di Greenaway!

Giuliano ha detto...

... oppure l'inizio delle varie Quarto Oggiaro d'Italia...
(ma qui mi fermo, perché questo discorso con il film di Greenaway non ha molto a che vedere, e poi passerei il limite della mia competenza).
(in questo caso, il mio è il giudizio del passante: è molto difficile distinguere Terragni dal resto degli edifici "banali" contemporanei e seguenti. Se al suo posto ci fosse un Gaudì, sarebbe di sicuro riconoscibile...)

Tornando al film e al mio post, nel 1987 ero così ingenuo da non credere che ci fossero ancora persone che rimpiangevano il fascismo. Ahimé, ho dovuto ricredermi. (a sinistra, negli ultimi 40 anni, non ho mai trovato nessuno che rimpiangesse Stalin)

Isabella Guarini ha detto...

Caro Giuliano, vorrei che tu approfondissi la questione dell'architettura moderna, perché penso che l'architettura sia fatta per far abitare e non per autocelebrare il suo progettista. Il tuo giudizio su Terragni, da passante come dici tu, è importante per aprire una finestra sulla questione del rapporto architettura-utente. Ma per comprendere l'importanza dell'edificio di Como bisogna dimenticare la funzione originaria. Se dovessimo giudicare il Colosseo per i sanguinari spettacoli che in esso si svolgevano, dovremmo cancellarlo senza indugio. Così è avvenuto per gli edifici pagani con l'affermarsi del Cristianesimo,come durante la Rivoluzione francese si pavimentavano le strade con i materiali delle chiese abbattute. Invece, l'architettura resta, anche quando sia svanito il puzzo della vita, a testimonianza dell'arte del costruire! A presto
Isabella

Giuliano ha detto...

C'è una cosa che mi sfugge nel commento di Isabella. Giusto per evitare equivoci: io ho conosciuto Palazzo Terragni con il nome di Palazzo Terragni, e prima ancora come sede della Guardia di Finanza. Quando il mio professore spiegò in classe che quell'edificio era su tutti i libri di storia dell'arte, ci fu un moto di stupore generale. Ma erano gli anni 70, giustamente ci si vergognava a dire in pubblico il nome originale del palazzo della Finanza: l'avrei saputo molti anni dopo.

Isabella Guarini ha detto...

Ho conosciuto da sempre l'edificio come Casa del Fascio, perchè, come ho detto, un edificio è opera d'architettura se riesce a superare le contingenze funzionali e ad assumerene nuove, anche sul piano simobolico. La riconversione funzionale e simbolica è un requisito di qualità dell'architettura di tutti i tempi, perciò non dobbimo vergognarci di alcunché.La città di Como deve all'edificio di Terragni l'ingresso nella modernità, anche se localmente disconosciuto, come capita a molte altre opere d'architettura realizate degli anni del Fascismo. Per questo la nostra storia dell' architettura ha subito una brusca cesura con il passato. Per questo scontiamo una crisi profonda. Non c'è sindaco delle nostre città che non si affidi alle star dell'architettura globale per accreditarsi e per ottenere facilmente i fondi della UE. Forse il film di Greenaway andrebbe riscritto nel finale: non sono più i romani a rubare i fondi della mostra ma..
intelligenti pauca verba!

mazapegul ha detto...

Tra gli estimatori dell'EUR c'era anche Fellini, credo per la vuota metafisicità del famoso palazzone tutto archetti, che, anche a chi non piace, dà comunque da pensare e riflettere.

Il primo film che vidi di Greenway, forse la sua opera prima, mi piacque tantissimo: era I Misteri del Giardino di Compton House, intelligentissimo (come in tutto Greenway) giallo tutto giocato sulla pittura e sulla relazione tra racconto mitologico e realtà. Non so se mi piacerebbe ancora, motivo per cui non m'affretto a riguardarlo, ma so di socuro che tutti gli altri film di Greenway m'apparvero poi troppo costruiti a tavolino, privi di vitalità e guardabili solo per la (antipatica) esibizione di erudizione, intelligenza, talento visuale e nevrotica cura delle simmetrie.

Ciao a tutti,
Nicola