mercoledì 5 marzo 2008

L'ape regina

L'ape regina, di Marco Ferreri (1963) Da una idea di Goffredo Parise, Storia e sceneggiatura di Rafael Azcona, Marco Ferreri con la collaborazione di Diego Fabbri, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa Con Ugo Tognazzi, Marina Vlady, Walter Giller, Linda Sini, Riccardo Fellini, Igi Polidoro, Nino Vingelli, Achille Majeroni Musica: Teo Usuelli Fotografia: Ennio Guarnieri (90 Minuti) Rating IMDb: 7.3
Solimano
L'ape regina
di Marco Ferreri uscì nel 1963 con una scritta a nome del regista prima dei titoli di testa, e qui la riporto perché non mi risulta che sia stata tolta:
"Con questa amara favola ho voluto rappresentare in chiave paradossale e satirica quanto squallida è una vita matrimoniale deviata da una volgare ed egoistica concezione del piacere e da un formalismo bigotto, frutto di un’interpretazione del tutto superficiale ed esteriore dei solidi e immutabili principi della morale e della religione".
La commissione di censura aveva bocciato il film per due volte perché "contrario al buon costume e osceno nella sua impostazione" e quindi si era dovuto transare, accettando tagli e modifiche alla sceneggiatura e concordando la dichiarazione sopra riportata, che chissà quali risultati si riprometteva. Il risultato fu che il film ottenne un ottimo successo commerciale, perché si destò ogni tipo di curiosità. Inoltre Marina Vlady vinse il premio per la migliore attrice protagonista al Festival di Cannes e l'anno dopo Ugo Tognazzi ottenne il Nastro d'Argento come miglior attore protagonista.

Alfonso (Ugo Tognazzi) ha un ottimo lavoro, un appartamento moderno e luminoso e delle buone frequentazioni. Si innamora di Regina (Marina Vlady), che appartiene ad una famiglia molto religiosa, con un rapporto quasi simbiotico con preti, frati, suore e vaticanisti in genere. Vivono in un appartemento antico di costruzione e di mobili, poco luminoso e praticamente all'ombra del Cupolone. Alfonso viene inglobato dalla famigliona, visitano spesso chiese, tombe di famiglia, vedono scheletri, c'è persino una antenata santa che un miracolo salvò da violenza sessuale: il miracolo fu che le crebbe la barba, e questo demoralizzò e fece desistere il violentatore. La santa imbalsamata ha ancora la barba salvifica. Tutte cose a cui Alfonso si adegua tranquillamente, come un piccolo pegno in vista del matrimonio con Regina. Gli secca di più trovare ostacoli quando cerca di prendersi qualche libertà con la fidanzata: gli ostacoli vengono proprio da Regina che non vuole che ci siano confidenze prima del matrimonio. Alfonso, che è assai voglioso, se ne lagna con l'amico Riccardo (Riccardo Fellini), l'unica cosa che può fare la fa: accelerare il più possibile la data del matrimonio.

Ma quando incontra l'amico qualche tempo dopo, Alfonso è un uomo felice, anche troppo: ha scoperto che Regina nono solo non pone più nessun ostacolo ai suoi approcci, ma li cerca, li desidera non per sfrenatezza ma perché è così che si fa: sono sposati, quindi adesso quelle cose vanno fatte.
La situazione non è facilmente sostenibile anche per un uomo abbastanza giovane come Alfonso, perché Regina è praticamente insaziabile mentre lui comincia a sentirsi stanco e debilitato. Cerca di parlarne con la moglie, ma Regina non capisce proprio dove stia il problema: va tutto benissimo ed è così che si fa. Alfonso sente che il gioco si fa preoccupante, quindi cerca delle contromisure furbesche: fa tardi sul lavoro, si dà da fare in cucina perché è un cuoco provetto, riutilizza quindi il suo vecchio appartamento (che è nuovo), arriva al punto da iscriversi ad un corso di Esercizi Spirituali per riuscire a passare qualche notte fuori, ma la moglie lo rintraccia indignata e se lo riporta a casa. Prova a parlare con i religiosi, gente dottissima, che ne sa una più del diavolo, ma tutti gli dicono che dovrebbe essere solo contento. Finché Regina rimane incinta, ed allora tutto cambia, ci sono altre priorità ed Alfonso, che dai e dai si è beccato anche un infarto, viene mandato a dormire in una stanzetta al piano di sopra perché non disturbi sua moglie. E lì Alfonso si spegne mentre Regina, la donna più felice di questo mondo, ha avuto un bambino a cui viene imposto il nome di Alfonso, in memoria del padre, che viene sepolto nella tomba di famiglia con una bella lapide.

Sembrerebbe ovvio che, essendo passati tanti anni, le discussioni e le censure di cui fu corredato il film siano passate in cavalleria, ma non è tanto vero. Non molti giorni fa Padre Nicolò Anselmi, un personaggio importante della CEI, ha dichiarato, riguardo Nanni Moretti ed Isabella Ferrari nel fim Caos calmo:
"I due attori fanno l'amore in piedi, vestiti, senza guardarsi in faccia: capisco che la scena vada letta e inserita nel contesto del film, ma confesso che anch'io sono rimasto stupito e disturbato: da un bravo regista e coraggioso idealista come Moretti e da un volto sensibile e delicato come la Ferrari mi sarei aspettato una scena romantica, soffusa, tenera... magari un momento d'amore aperto alla vita, ad un figlio".
Non c'è niente da fare, questi il fatto che ognuno provveda al sesso come crede non lo vogliono accettare, e di fondo credono ancora che il sesso si giustifichi solo se visto in funzione della procreazione. Non si accorgono dell'assurdità che qualche centinaio di maschi anziani e celibi pretendano di insegnare agli uomini ed alle donne come si fa e come non si fa. Figuratevi allora, che peccati credete che si nominassero nelle confessioni? I cosiddetti peccati sessuali, il resto era un nice to have. Difatti si vede dai silenzi e dai toni concessivi che usano ancora oggi sulle indecenze di ogni tipo che succedono in Italia.
Faccio una osservazione che sorprenderà chi è sempre stato laico: allora, erano spesso molti cattolici a sentirsi a disagio riguardo l'atteggiamento sessuofobico della chiesa. Nelle parrocchie non c'erano riunioni comuni fra ragazze e ragazzi, ti riducevano che o diventavi un gatto sotto l'armadio o un assatanato, era difficile riuscire ad avere una visione naturale del sesso come aspetto fondamentale e gratificante dell'amore fra due persone. Il tono grottesco del film non era poi tanto grottesco, ci si trovava di fronte ad un mondo sconosciuto senza fare le esperienze all'età giusta o facendole male, con connotati di effrazione e di non comprensione reciproca.

Altri discorsi importanti si collegano al film, ad esempio la separatezza mentale che c'era fra uomo e donna, che aveva come corollario anche la separatezza sessuale, il non sapere tante piccole grandi cose che sarebbe stato necessario conoscere: la differenza fra la sessualità maschile e quella femminile è l'esempio più evidente, ma certo non il solo. Il rispetto reciproco nasce anche dalla conoscenza delle differenze, due conseguenze erano la possibile frigidità femminile e, va detto, l'ansia da prestazione maschile. Credo che il portato più vero del Sessantotto sia stato proprio qui e che abbia migliorato la vita di uomini e donne. Il semplice fatto di guardare il rapporto anche dal punto di vista del partner era l'eccezione, non la regola, basta rifletterci un momento per capire la gravità della situazione plurisecolare, in cui veniva propagandata la lotta contro la natura e contro gli istinti, chiudendo un occhio su masturbazione da una parte e bordelli dall'altra.
Infine, c'è un aspetto tipico di Marco Ferreri: una sua misoginìa che lo rende piuttosto diverso da Luis Bunuel a cui è spesso accostato. Ferreri è un po' l'erede del greco antico Semonide di Amorgo, l'autore del Biasimo delle donne, che fra l'altro istituisce dieci categorie di donne-animali. Non è certo un caso che nei film di Ferreri ci siano quattro di queste categorie: la donna-scimmia, la donna-cagna, la donna-cavalla, la donna-ape (l'unica positiva, per Semonide).
Così però diceva Marco Ferreri in una intervista del 1965:
"La donna vive adesso un momento difficile, un momento disperato, comincia a sillabare, a usare le parole per riuscire ad esprimersi. La vita di un uomo e una donna è una vita di antagonismo; anche perchè la donna scarica sull’uomo tutti questi secoli di oppressione o di misconoscimento che le pesano addosso e l’uomo trova difficile avere delle possibilità di intendimento, di conoscenze in comune. Sono due modi completamente diversi, non per colpa della donna, forse per colpa dell’uomo o per colpa di una società che è stata finora una società portata avanti per lo più dagli uomini."
Coglieva dei motivi giusti, ma esprimeva il disagio maschile nella situazione che si stava determinando.

Ho detto poco del film. E' forse quello che preferisco di Ferreri, per tre motivi.
Il primo si chiama Marina De Poliakoff-Baïdaroff, in arte Marina Vlady. E' inimmaginabile che una parte come quella di Regina andasse ad un attrice diversa da Marina Vlady, che è naturalmente ed etnicamente costruita per questa parte. Trasmette una sorridente, spietata e tranquilla dominanza a cui è impossibile sottrarsi.
Il secondo è Ugo Tognazzi, che ha fatto altre volte queste parti da uomo che vuol sembrare forte, ma dentro è debole, ricordo in particolare un ottimo e misconosciuto film di Bernardo Bertolucci, La tragedia di un uomo ridicolo.
Il terzo è Marco Ferreri (con Rafael Azcona). Il controllo totale che preti, frati e suore hanno su quello che accade è espresso benissimo, senza caricature, che ci sono invece un po' nei parenti di Regina, con zia Mafalda affidata alla recitazione di Achille Majeroni, che aveva fatto l'attore omosessuale ne I vitelloni di Federico Fellini, dove insidiava il personaggio di Leopoldo Trieste, aspirante scrittore.

12 commenti:

Anonimo ha detto...

Scusa Solimano, non vorrei essere scortese e lasciare un commento del tutto OT.
Però, visto che parli di preti, mi sovviene che in questi giorni di campagna elettorale hanno pure riesumato Padre Pio.
E noi ci meravigliamo che non accettino un sesso che sia normale secondo i loro ca(n)noni?
Non ricordavo che la Vlady avesse vinto addirittura il premio.
Ciao.

Solimano ha detto...

Caro Amfortas, qui non c'è il problema OT, qui si conversa più che commentare, quindi fai benissimo.
E con la Sindone, che hanno fatto? Lo sanno benissimo che è un falso medievale, ci cono le prove scientifiche del Carbonio 14, però vanno avanti chiamandola "veneranda icona" che è un modo per dire che non è una "reliquia". Ma se icona ha da essere, preferisco l'Assunta di Tiziano ai Frari!
Sono i primi a non crederci, ma l'ossessività del mantenere il potere li porta a sfruttare tutti i mezzi, leciti ed illeciti. Il problema vero è che in Italia milioni di persone credono alle chiromanti ed agli oroscopi, figurarsi!

grazie e saludos
Solimano

gabrilu ha detto...

Marco Ferreri è uno di quei registi che apprezzo di testa ma non di pancia. C'è sempre qualcosa, nei suoi film, che istintivamente mi mi rende -- come dire? -- diffidente, nei suoi confronti. Alcuni suoi film poi proprio non li ho retti. Saranno pure capolavori, ma io ne sono fuggita a gambe levate. Penso, fra tutti, a La grande bouffe. Un film che mi è sempre piaciuto molto invece, stranamente, è Dillinger è morto con il grande Michel Piccoli

Anonimo ha detto...

Scusa l'OT, Solimano, ma per la Sindone non è esattamente come dici, la discussione: anche dal punto di vista scientifico, è ancora estremamente aperta. Prima tra tutte la questione del carbonio 14.

Solimano ha detto...

Il Cardinale di Torino chiese a tre laboratori diversi di fare una indagine indipendentemente l'uno dall'altro mediante prove basate sul Carbonio 14 su pezzetti del tessuto.
Tutti e tre i laboratori erano diretti da cattolici.
Le prove dettero un risultato analogo, tutti e tre con una datazione attorno al 1204, anno della quarta crociata con la conquista di Costantinopoli e l'arrivo in Occidente di opere d'arte (compresi i cavalli di San Marco) e di reliquie di ogni tipo.
Di Sindoni ce n'erano diverse, ognuno difendeva la sua come autentica.
Dopo di che il Cardinale di Torino fece mettere la Sindone in cantina od in soffitta e non se ne parlò più.
Ma dieci anni dopo la Sindone fu tirata fuori di nuovo, con processioni a non finire, perché la gente ha bisogno di segni per mantenere intatta la credulità. Però la chiamano "veneranda icona" perché sanno che non è una reliquia.
Esiste poi una prova iconografica del falso di tutta evidenza, semplicissima e di cui parlerò un'altra volta.
Dopo di che la domanda è: cosa sposta nel credere a Gesù Cristo che quel lenzuolo sia falso oppure vero? Eh?
E faccio una seconda domanda: perché ossequiare chi mente in modo così spudorato? Eh?

saludos
Solimano

Giuliano ha detto...

In un'intervista recente, Riccardo Tognazzi ricorda che suo padre divenne famoso anche fuori d'Italia proprio grazie a Ferreri.
In effetti, è l'unico della "banda dei 4" che monopolizzò le parti maschili negli anni 60 e 70 ad avere un grande credito anche all'estero (Manfredi, Sordi, Gassman, Tognazzi).
E guardando questi film si capisce perché: perché il buon vecchio Ugo aveva una marcia in più.
(vedi anche: La donna scimmia, L'udienza, La grande abbuffata...)
(Mastroianni non vale, lui aveva Fellini)

Giuliano ha detto...

Cara Gabriella, condivido il giudizio su Ferreri. Penso proprio che lo facesse apposta, ad essere "antipatico e scorbutico": era il suo stile.
Difficile da reggere (molto difficile, e penso all'Abbuffata), ma sempre utile proprio per il suo cantare fuori dal coro.

Per la discussione sulla Sindone, gli esperti dicono che c'è l'incognita dell'incendio che potrebbe aver interferito nell'esame col Carbonio 14, che rimane comunque un esame attendibilissimo.
Comunque concordo con Solimano, e con quel che dice da sempre la Chiesa: le reliquie non fanno testo, ci si può credere o no, ma è il Vangelo il riferimento per un cristiano.

Anonimo ha detto...

Caro Solimano, la prova fatta ai tempi di Ballestrero è stata falsificata da successivi esperimenti fatti alla fine del '90, che hanno dimosrato come l'incendio patito dal lenzuolo abbia significativamento alterato in aumento la datazione di circa 1200-1300 anni. I tre laboratori a suo tempo avevano misurato giusto, ma non avevano tenuto conto dell'evento termico intervenuto. Inoltre accurate analisi sul polline del tessuto confermano su di esso la presenza di infiorescenze ed essenze tipiche dell'area mediorientale.

Io ho un approccio popperiano e accetto la falsificazione di una ipotesi, ma deve essere scientificamente tale. Fino a quel momento, disporre di un lenzuolo che - fino a prova contraria - conferma la passione di Cristo per un credente non è affatto ozioso, anzi. ;)

Anonimo ha detto...

@giuliano: le reliquie non sono indispensabili, ma qualora vere (o meglio, non dimostrate false) aiutano a credere. La fede è importante, ma...

La Tilma di nostra Signora di Guadalupe, altro esempio, non può banalmente essere ricondotta a falso. Ed ha aiutato a credere milioni di cristiani del centroamerica.

gabrilu ha detto...

Giuliano
Io non ho alcun problema con gli artisti che emettono segnali di fumo del tipo "voglio essere antipatico e scorbutico" e (mi permetto di aggiungere io) "mica devo piacere a te".

Apprezzo molto il loro messaggio e lo recepisco alla grande.

Infatti giro subito i tacchi e mi affretto a togliere il disturbo (smile)

Solimano ha detto...

I dati dei tre laboratori voluti da Ballestrero sono lì, si basano sul Carbonio 14, e dicono tutti la stessa cosa.
Dieci anni dopo -avranno avuto i loro motivi, li intuisco- decisero di riciclare, ma che la facciano, la prova col Carbonio 14 invece che fare illazioni su incendi e pollini: i dati sono dati, e l'aerea medio-orientale è piuttosto vasta. Quindi io sto sui dati che ci stanno finora, a parte le altre Sindoni: che siano vere tutte?
Ma un mediocre iconologo qual sono non ha bisogno di dati, basta che guardi (arte facile e difficile) l'immagine sulla Sindone e dice: Ah! Non ci sono arrivato io, ma una insegnate d'arte, pittrice e scrittrice californiana, pensa te. Ma non dico tutto, per non farla lunga. Faccio solo qualche domanda: com'è che riconosciamo subito una statua medioevale da una del Rinascimento? E riconosciamo subito una statua greco-arcaica da una greco-classica? Forse erano diverse le teste delle persone nei vari periodi o erano diverse le modalità rappresentative? Basta guardare l'immagine, e diventa l'uovo di Colombo. Ma le immagini non si vogliono guardare, come non si voleva guardare nel cannocchiale di Galileo. Essere smentiti secca.
Per il resto, sono d'accordo con Giuliano: siamo sicuri che è esistito Gesù Cristo e che è stato crocifisso sotto Tiberio (ne scrive anche Tacito). Il passo successivo è invece questione di fede, e non è che un lenzuolo in più o in meno cambi le cose, se non per chi si basa sulla credulità, o per chi pretende che la fede abbia bisogno di prove. Siamo andati avanti fino a Kant con le prove dell'esistenza di Dio e la conseguenza era che la religione era obbligatoria, che non mi sembra un gran bel risultato. Stiamoci attenti, perché i monoteisti ed i monoateisti é questo che vogliono, e sappiamo tutti come l'hanno perseguito nei secoli.
Mi auguro solo che al prossimo dibattito laici-cattolici non ci sia il solito Giuliano Amato che dica: "Io, che non ho il dono della fede", ma che ce ne sia un altro che dica: "Io, che non ho il difetto della credulità". Sarebbe un passo in avanti.

Bella discussione, non me ne frega nulla di OT (sottocultura blogghiera), la dialettica argomentata aiuta a crescere insieme.

grazie e saludos
Solimano

Giuliano ha detto...

Beh, un altro bel mistero (a parte i Misteri) è come mai dall'ape regina siamo arrivati fino alla Sindone: però penso che Ferreri ne sarebbe stato contento.

Abbiamo toccato due bei temi, di quelli enormi. Provo a riassumere:
- se sia preferibile la Fede pura e semplice, o se abbiamo bisogno di punti d'appoggio, tipo un certo rituale piuttosto che un altro, oppure reliquie o statue di santi. Su questi temi, ci sono stati secoli di Concilii e di ammazzamenti... Io preferisco vivere oggi, e spero che Giovanni XXIII torni presto a comandare la nostra Chiesa.

- L'artista e il suo rapporto con il pubblico. Anche qui, bella questione... I vincoli e le difficoltà spesso fanno bene, come dicevo a proposito del Bramante in San Satiro a Milano. Però gli Artisti sono dei bei matti, e bisognerebbe dargli libertà assoluta (a patto che non siano matti e basta!). E' per questo che voglio bene anche a Ferreri, anche se concordo in toto con Gabrilu. Dillinger è morto è un capolavoro, ma avendo sottomano Mastroianni io gli avrei fatto fare qualcosa di meglio di quello che gli ho visto fare nella Grande Abbuffata... (non dico in generale, dico una certa scena soprattutto).

Come direbbe l'Albertone (pace all'animaccia sua): ahò, 'mazza che chiacchierata!!