sabato 29 marzo 2008

Orfeo

Orfeo (Jean Marais)

Orphée, 1950, (dedicato a Christian Bérard) Regia di Jean Cocteau, sceneggiatura e dialoghi di Jean Cocteau, con Jean Marais (Orphée), François Périer (Heurtebise), María Casares (La Principessa - Morte), Marie Déa (Eurydice) , Henri Crémieux (l'editore), Juliette Gréco (Aglaonice), Roger Blin (il poeta), Edouard Dermithe (Jacques Cégeste), René Worms, Raymond Faure, Pierre Bertin, Jacques Varennes.
Musiche originali di Heorges Auric, scenografie Albert Volper, Costumi Marcel Escoffier, fotografia Nicolas Hayer, 112 min., produzione: André Paulvé / Films du Palais-Royal; Francia 1950 Rating IMDb: 8.0

Gabrilu sul suo blog NonSoloProust

Inizio del film, voce fuori campo di Cocteau:

"La leggenda di Orfeo è ben conosciuta. Nella mitologia greca, Orfeo era un cantore della Tracia. Il suo canto affascinava anche gli animali ma lo distraeva dalla moglie Euridice. La Morte gliela tolse. Lui discese agli Inferi ed usò il suo canto per ottenere di ricondurre Euridice nel mondo dei vivi. A condizione di non guardarla. Ma lui la guardò e venne fatto a pezzi dalle Baccanti.
Dove si svolge la nostra storia, ed in quale epoca? E' privilegio della leggenda essere senza tempo.
Fate come volete. Interpretate come volete
..."

Ecco come lui, Cocteau, interpreta questa leggenda nel suo film.

Parigi, anni cinquanta. Durante una rissa al Café des Poètes, luogo di raduno di giovani artisti e scrittori, il celebre poeta Orfeo (Jean Marais) assiste ad un incidente nel corso del quale il diciottenne poeta Cégeste (Edouard Dhermitte) muore, investito da due motociclisti.

La Principessa (Maria Casarès) in compagnia della quale Cégeste era arrivato fa mettere il corpo sulla sua Rolls Royce guidata da Heuterbise (François Périer) e vi fa salire anche Orfeo.

Giungono ad una casa abbandonata, dove li aspettano i due motociclisti che hanno ucciso Cégeste ed Orfeo capisce che essi agiscono secondo gli ordini della Principessa.

La Principessa rianima Cégeste e quando lei gli chiede:"Sai chi sono io?" il giovane risponde: "Si, la mia Morte" e giura che le obbedirà in tutto.
Entrambi subito dopo scompaiono attraversando uno specchio, sotto lo sguardo stupefatto di Orfeo che non riesce a seguirli e sviene.

La Principessa (Maria Casares) e Cégeste (Edouard Dhermitte)

Quando l'indomani Orfeo rinviene si ritrova in un deserto. La casa non c'è più. Ad attenderlo trova però la Rolls Royce che, guidata da Heuterbise, lo riporta a casa.
La moglie di Orfeo, Euridice (Marie Déa), incinta, nonostante Orfeo sia tornato è molto preoccupata per la scomparsa del marito e per il suo strano comportamento.

Euridice (Marie Déa) ed Heuterbise (François Périer)

Orfeo infatti è nervoso, insolitamente scortese, e trascorre il suo tempo all'interno della Rolls intento a captare sulle onde corte strani messaggi poetici. Euridice -- nonostante Heuterbise cerchi di metterla in guardia -- decide di uscire per andare a cercare Aglaonice (Juliette Gréco) e viene, a sua volta, investita dai due motociclisti. La Principessa penetra nella sua stanza attraverso lo specchio e la porta con se nel regno dei morti. Heuterbise protesta, l'accusa di avere agito senza esserne stata autorizzata e perchè si è innamorata di Orfeo. Aiuta poi lo stesso Orfeo ad attraversare lo specchio perchè egli possa recarsi nell'aldilà a testimoniare dinanzi al tribunale del mondo dei morti. I giudici condannano la Principessa ed autorizzano Orfeo a riportare Euridice tra i viventi, a condizione però che egli non la guardi mai più.

Non è facile seguire questa regola nella vita quotidiana della coppia; Orfeo è sempre più irritabile, ricomincia ad ascoltare i messaggi radio della Rolls Royce, senza rendersi conto che sono composizioni poetiche di Cégeste. Ma Euridice incrocia incidentalmente lo sguardo di Orfeo nello specchietto retrovisore della macchina e viene subito ricacciata nel regno dei morti.
Un gruppo di artisti, trascinati dalle Baccanti (Juliette Gréco e Anne-Marie Cazalis) fa nello stesso tempo irruzione a casa di Orfeo accusandolo di essersi appropriato delle opere di Cégeste. Orfeo viene mortalmente ferito durante lo scontro e si ritrova tra i morti assieme ad Euridice.
Orfeo è affascinato dalla Principessa-Morte ma questa, che si è innamorata di lui, si mette d'accordo con Heuterbise per rinviarlo tra i vivi: "Davanti al Poeta, la Morte deve sacrificarsi", dice.

Orfeo, tornato a casa, ritrova la sua Euridice. Entrambi sono convinti che sia stato tutto un brutto sogno. Un incubo.

Heuterbise, a sua volta innamorato di Euridice, e la Principessa, vengono infine condannati dal tribunale dell'aldilà per alto tradimento.

Orphée è un dramma metafisico e fa parte di una trilogia, assieme a Le sang d'un poète (1930) e a Le testament d'Orphée (1960). In esso, Jean Cocteau riprende il soggetto da una sua opera drammatica del 1925 e trasporta il mito agli anni Cinquanta.

L'Orfeo di Cocteau non finisce tragicamente. La Morte, innamorata del Poeta, lo risparmia. L'epilogo non ha nulla di eroico: Orfeo si ricongiunge alla moglie Euridice in una promessa di tranquillo e duraturo amore coniugale.

Il mito greco, nella versione moderna pensata e realizzata da Cocteau può apparire, per il suo felice epilogo, come "demitizzato". L'ambientazione in una metropoli contemporanea, il Café des Poètes che richiama il Café Flore, le Baccanti che non sono altro che un Club letterario presieduto da Aglaonice e la Principessa-Morte che si muove su una Rolls Royce, contribuiscono a fare di Orfeo non un eroe tragico ma un moderno intellettuale borghese.

La caratteristica del film è una estetica della fascinazione con la quale Cocteau riesce a realizzare una suspense degna di un grande noir.
Lo schematico riassunto che ho fatto della storia non può in alcun modo rendere l'idea del fascino del film.

L'uniforme dei due assistenti motociclisti, i guanti di caucciù che permettono di passare attraverso lo specchio, i blocchi di pietra che rappresentano l'inferno (o la Zona, come piuttosto la chiama Cocteau), le rovine della casa abbandonata ed altre mille stupefacenti idee di scenografia come la superficie degli specchi che si trasformano in acqua al semplice contatto delle mani, la Rolls che cammina in un paesaggio fotografato al negativo, le false prospettive, il trompe-l'oeil, l'inesistenza della legge di gravità nel mondo dei morti contribuiscono a creare un alto grado di fusione poetica.

Il tema dell'amore e della morte è esplorato nelle sue implicazioni culturali (teatro greco, romanticismo tedesco, espressionismo) e psicologiche. Ma Cocteau gioca anche con l'estetica del romanzo popolare e dei feuilletons. Il risultato è un vero e proprio... realismo dell'irreale.

La Principessa - La Morte (Maria Casares)

Aglaonice (Juliette Gréco)

Ritornano qui tematiche già presenti in Le Sang d'un poète: il rapporto del poeta con il tempo e con la morte e la sua funzione di raccordo tra il mondo reale e quello dello spirito. Soprattutto, ritroviamo anche qui il narcisismo e la presenza ossessiva degli specchi, che permettono il passaggio nel mondo dell'aldilà (e quindi dell'immaginazione).

"Vi rivelo il segreto dei segreti" dichiara Heuterbise ad Orfeo"gli specchi sono le porte attraverso le quali la morte viene e va. Del resto, guardatevi tutta la vita in uno specchio e vedrete la morte lavorare come api in un alveare di vetro".
Lo specchio registra "la morte al lavoro", ma per Cocteau la modulazione attiva e violenta di questo motivo conferisce lo straordinario potere di operare le traversate, le metamorfosi e le resurrezioni per quanto eretiche, per quanto tormentate. Gli specchi di Cocteau aprono un oltre-mondo segreto, fantasmatico, interdetto.

Orphée è un poeta ufficiale in lite con l'avanguardia rappresentata dai giovani Cégeste e Aglaonice, ma è anche un uomo alla ricerca di un'identità.
Per ottenere la ricchezza dei tanti simboli presenti nel film e che sono riconducibili da un lato alla mitologia classica, dall'altro al mondo poetico personale di Cocteau, le immagini di gusto un po' barocco e per trasportare nelle inquadrature le avventure fantastiche di Orphée sono stati necessari molti effetti speciali. Lo specchio attraverso cui passano la Principessa-Morte, i suoi due assistenti motociclisti e poi anche Heuterbise ed Orfeo era costituito, ad esempio, da una vasca di mercurio in cui si immergevano gli attori.

Qualche parola sul cast. La parte del poeta era interpretata dall'attore preferito di Cocteau, Jean Marais. Con lui Cocteau ha lavorato anche per La Belle et la Bête del 1946 e L'Aigle aux deux têtes del 1947. Personalmente, Jean Marais mi è sempre sembrato espressivo quanto un armadio, ma Cocteau evidentemente la pensava in modo diverso.

Maria Casarès era invece una grande attrice. Interprete teatrale di Shakespeare, Strindberg, Brecht, Racine e indimenticabile protagonista, al cinema, di Les enfants du Paradis di Marcel Carné (1943) e di Les dames du bois de Boulogne di Robert Bresson (1944) dà qui, nel ruolo della Principessa-Morte una delle prove migliori della sua carriera cinematografica.

Edouard Dhermitte era un ex minatore, giardiniere di Cocteau a Milly-la-Fôret a cui Cocteau si era molto legato e che impose anche a Melville per il ruolo di Paul quando si trattò di trasporre sullo schermo Les enfants terribles. Tra gli esperti della vita e delle opere di Cocteau c'è chi vede, nel personaggio del poeta adolescente Cégeste --- che muore ma i cui versi arrivano a Orfeo dall'aldilà --- il ricordo di Raymond Radiguet, il giovane autore di Le diable au corps e grande amore di Cocteau. La morte di Radiguet, avvenuta quando aveva appena vent'anni (come il Cégeste del film) aveva gettato lo scrittore nella disperazione e nel baratro dell'oppio. Affidando al suo nuovo giovane pupillo Dhermitte il ruolo di Cégeste, Cocteau rendeva omaggio a Radiguet, da lui mai dimenticato.

Il ruolo di Aglaonice, la giovane Baccante, non a caso venne affidato a Juliette Gréco, musa degli esistenzialisti e regina delle caves della rive gauche.

Le musiche originali di Orphée, sono anche questa volta di Georges Auric, uno dei componenti del gruppo Les Six.

Una curiosità: nel film compaiono anche in minuscole particine il regista Jean Pierre Melville (nel ruolo del direttore dell'hotel) e lo scrittore Claude Mauriac che impersona uno dei giudici dell'oltretomba.

Cocteau dedicò questo film a Christian Bérard, l'amico con cui aveva lavorato all'epoca di La Belle et la Bête e che proprio prima della sua morte, aveva cominciato a disegnare gli abbozzi per la scenografia ed i costumi di Orphée. I costumi vennero poi creati da Marcel Escoffier.


L'Orphée di Philip Glass

Fa parte del trittico che negli anni tra il 1993 ed il 1996 Glass compose basandosi sulla prosa e sui film di Jean Cocteau: Orphée (1949), La Belle et la Bête (1946) ed il racconto Les Enfants Terribles (1929). L'opera è anche un omaggio musicale ai Les Six, il gruppo di compositori francesi associati a Cocteau. Orphée è sia concettualmente che musicalmente ispirata all'opera Orfeo ed Euridice di Christoph Willibald Gluck.

3 commenti:

Solimano ha detto...

Gabrilu, un oggetto molto importante in tutta la storia del cinema è lo specchio.
E' strano che non abbiamo ancora pensato di metterlo nella Vista logica Gli oggetti, e credo che non basterà un post, perché a parte i tanti manierismi e tecnicismi, ci sono dei registi per cui lo specchio è una modalità essenziale di rappresentazione (non solo visiva). Quattro nomi nomi mi vengono in mente: Antonioni, Bergman, Tarkovsy e Lubitsch.
E' evidente che qui in Orfeo lo specchio assurge a quasi protagonista, diventa la porta in cui da una parte si entra in altri mondi, da un'altra si penetra in se stessi, da un'altra parte ancora ci si mostra agli altri. La componente narcisistica in Cocteau era fortissima e non era solo un aspetto di carattere personale (che c'era eccome!) ma di aderenza al mito greco di Eco e Narciso, che è un mito tragico, e forse ho sbagliato nel non inserire in chiusura del tuo post l'Eco e Narciso di Poussin, uno dei quadri più belli che siano mai stati fatti. Il tema di fondo del mito -e di Poussin- è l'amore rivolto solo a sé (Narciso) e l'amore rivolto solo all'altro (Eco). Modernamente, sono due patologie, ma i costruttori di miti, i poeti (Ovidio nelle Metamorfosi) e i pittori c'erano arrivati prima, come spesso succede.

grazie e saludos
Solimano

Giuliano ha detto...

Orfeo è uno dei fondamenti della nostra cultura, e Cocteau gli rende doveroso omaggio: a suo modo, da surrealista, prendendo in prestito l'idea dello Specchio da Lewis Carroll (magari non è così, magari si rifà direttamente a Narciso, chissà).
Io ho visto solo il secondo, "il testamento di Orfeo", e adesso so finalmente da dove vengono i motociclisti: grazie Gabrilu.

Tanto per promemoria: Orfeo rappresenta la Musica, e l'Arte, ed è strettamente correlato a Dioniso, cioè all'ebbrezza e alla creazione artistica; con Euridice accanto a tutti questi temi si aggiunge il rapporto con l'Aldilà.
In musica, sono fondamentali l'Orfeo di Monteverdi (1607, la nascita dell'Opera) e l'Orfeo di Gluck (la riforma in senso classico, dopo gli eccessi sei-settecenteschi).
E metterei anche l'Orfeo di Offenbach (con il can can), che forse non è una pietra miliare ma è un gran bel divertimento sotto tutti i punti di vista.

gabrilu ha detto...

Solimano lo specchio è presente anche in molte scene di La Belle et la Bete ed è molto importante perchè in quel film consente, a chi lo adopera, di poter vedere la persona amata anche se si trova a chilometri di distanza. E' così che Belle vede suo padre morente e poi la Bestia morente, e questo le consente di correre in loro aiuto. Lo specchio è uno dei quattro oggetti più importanti del film assieme alla chiave (altro simbolo "pesantissimo" e molto presente in generale nel cinema), al globo ed al padiglione incantato.

L'attraversamento dello specchio da parte del Poeta poi era una delle scene fondamentali di Le sang d'un Poète

Giuliano a te manca la visione di Orphée, a me manca la visione del Testamento di cui ho visto solo alcuni stralci alla mostra di Parigi anni fa. Mi sono fatta però l'idea, da quel poco che ho visto, che non sia all'altezza dei film precedenti: Cocteau ormai replicava se stesso...
Poi, cerco sempre L'aigle aux deux tetes che è sprofondato nel nulla.
Come è sprofondato nel nulla un altro film che mi piacerebbe moltissimo rivedere oggi e cioè il primo Le diable au corps, quello del 47 di Claude Autant-Lara con Gerard Philip e Micheline Presle.