Giulia
E' molto bella l'idea di volare e soprattutto su una mongolfiera. Mi piace però solo l'idea, perchè se dovessi trovarmi davvero in questa situazione, credo che farei proprio come la donna di questa foto. Eppure senza un po' di coraggio, senza vincere le nostre paure rischieremmo di rimanere sempre fermi e la vita ci scivolerebbe davanti senza assaporarla davvero in tutti i suoi risvolti e le sue sfumature.
E' proprio quello che capita a Eliska, la moglie di Josef, insegnante in pensione. Si intuisce che doveva essere una donna vitale, colta e bella. Ma la quotidianità senza "voli", l'ha invecchiata dentro.
E' proprio quello che il marito non vuole che succeda a lui.
Josef Tkaloun è il protagonista del film: un professore in crisi con i suoi alunni con cui non riesce ad entrare più in sintonia. Sente di non avere più nulla da insegnare a ragazzi che non riescono ad apprezzare una poesia che lui ama molto e che costituisce anche un po' la sua filosofia di vita:
Per un po' d'amore in capo al mondo andrei,
Andrei a capo scoperto ed a piedi scalzi,
Per un po' d'amore in capo al mondo andrei,
Come chi sta davanti ad una porta e chiede
"I piedi poi se li deve lavare?" chiede il suo alunno più strafottente interrompendo con la battuta stupida l'atmosfera magica che il professore, invece, avrebbe voluto trasmettere: i ragazzi ridono, l'incanto si è rotto. E cosa fa il professore esasperato: spreme sulla testa del ragazzo il cancellino bagnato.Andrei a capo scoperto ed a piedi scalzi,
Per un po' d'amore in capo al mondo andrei,
Come chi sta davanti ad una porta e chiede
Chiamato a rapporto dalla dirigente scolastica, Josef capisce allora che se ne deve andare: "Questo luogo - dice - non mi fa più "felice".
Il motore della storia raccontata in "Vuoti a perdere" è proprio la determinazione di Josef a non rinunciare alla possibilità di rendere più viva e autentica la propria esistenza e quindi, perchè no, di essere più felice, di continuare ad amare. Non cerca grandi cose, non fa grandi progetti, semplicemente vuole approfittare delle occasioni che la vita ancora gli può offrire per non vederla solo passare. Certo non vuole trascorrere il suo tempo in casa ad aiutare la moglie, a passare l'aspirapolvere che a dire il vero sa usare poco o ad oliare una porta.
Il film è del resto anche il ritratto di un matrimonio di lunga durata e tocca dei punti di dolorosa profondità. Eliska, e Josef non hanno smesso di volersi bene, ma, avanzando nell'età, non riescono a trovare un cammino comune e vivono quella vita che caratterizza tante coppie dopo tanti anni di matrimonio: un rapporto stanco che non riesce più a soddisfare nessuno.
Lui cerca di reagire, lei si lascia andare e, ogni giorno di più, perde stima in se stessa e sente di non essere più una donna desiderabile. Accusa il marito di esere "un galletto", sempre alla ricerca di qualche donna che lo faccia sentire più giovane. E' amara Eliska e profondamente insoddisfatta.
Josef la vede guardare alla televisione un film strappalacrime e le dice: "Come fai a guardare certe stronzate, una donna della tua cultura!" lei le risponde calma: "Hai mai stirato tu?"
Cercare la felicità può essere un'impresa ardua, non però per Josef che vuole semplicemente vivere rapporti più veri, più umani, che cerca solo di sentirsi ancora utile e che non vuole smettere di ccredere ancora nell'amore, anche se a volte lo sogna soltanto.
E' la vita quotidiana che offre, a saperle vedere, le occasioni, non i momenti eclatanti della vita.
Josef trova un lavoro, non si ferma davanti alle oggettive difficoltà: quello che sa per certo è che non vuole diventare come i suoi coetanei che passeggiano senza fare nulla e senza più essere più nulla.
Diventa quindi l'unico corriere sessantottenne in bicicletta di tutta Praga.
Purtoppo presto, però, si accorge che non è lavoro per lui.
Torna a casa dove la moglie lo accudisce e lo rimette con grande pazienza in piedi.
La figlia intanto è stata abbandonata dal marito e si lamenta con la mamma, mentre Josef preferisce giocare con il nipotino che lo adora.
Appena rimesso in forze dalla caduta, Josef cerca di nuovo lavoro e viene assunto al banco dei vuoti a rendere in un supermercato del suo quartiere. Da questa nuova postazione instaura una fitta rete di rapporti che gli permettono di riempire la propria vita e migliorare quella degli altri.
In quell'affollato e anonimo negozio Josef sta dentro un magazzino, e riceve le bottiglie vuote attraverso una piccola finestrella. A quel piccolo spazio si affaccia un intero mondo che intorno a lui si anima e intreccia amicizia e persino amori: da lì dove le persone si salutano, si fanno complimenti e chiedono notizie dei figli, si fanno dare consigli. Ecco perché quel luogo lo rende così felice.”
Ed a volte per l'incorreggibile Josef è anche un "bel vedere"
Riuscirà da questo piccolo spazio a combinare anche matrimonio. Troverà moglie persino il "signor Parlantina" (chiamato così perchè non parla mai) con cui condivide lo stesso lavoro.
Una cliente gli aveva confidato che non le dispiaceva che parlasse poco, perchè suo marito defunto parlava troppo: l'unica cosa che le dispiaceva è che non si curasse tanto.
Da quando è stata lasciata dal marito, la figlia frequenta un corso tenuto dalla chiesa sulla "sofferenza".
E' così che il nipotino rimasto con lui gli chiede: "Nonno tu muori?", "sì - gli risponde Josef, ma non è nei miei programmi immediati". "E diventerai uno scheletro?" insiste il bambino. "No, sarò una polverina sottile per non far paura al mio piccolo nipotino"
E' preoccupato Josef per la figlia e farà quindi di tutto per trovargli marito. C'è un suo ex collega a cui la ragazza sembra piacere e Josef si industria per fargliela incontrare.
E così tutti cambiano un po'. Cercano di smussare le loro rigidità e di imparare a sorridersi. Ma i luoghi in cui si parla, si comunica tendono a scomparire ovunque: le macchine prendono il loro posto e così accadrà anche in questo supermarket: Josef sarà licenziato, ma non si darà per perso.
Alla fine non possiamo che concludere che la cosiddetta terza età potrebbe anche essere una fase della vita tutt’altro che noiosa.
Vuoti a Rendere ha vinto numerosi premi in patria ed ha stabilito un record quale miglior incasso nella Repubblica Ceca. Il film è la parte conclusiva di una trilogia sulla vita: il primo film, Scuola Elementare, esplora il mondo dell'infanzia, mentre Kolya, Oscar come miglior film straniero nel 1996, parla dell'età adulta.
Attore protagonista e sceneggiatore è Zdenek Sverak, conosciuto attore del teatro ceco, mentre la regia è sempre quella del figlio, Jan Sverak, quasi a voler ribadire un felice connubio cinematografico di padre e figlio che è arrivato con questa pellicola all’ultima puntata di una trilogia incominciata giusto con Kolya.
“La cosa più difficile di tutte era dover essere sempre in forma per quarantacinque giorni.” dice l'attore “Essere arzillo e allegro e disponibile dalla mattina alla sera, dall’alba al tramonto, questa mi sembrava davvero un’impresa impossibile. Molte volte, dopo i primi giorni in cui pedalavo fra la neve e il ghiaccio, tornavo a casa che non sentivo più il corpo dal freddo.
Mi dicevo: 'Mi ammalerò, e le riprese verranno interrotte…’ Quindi mi facevo un bagno caldo, cosa che non faccio spesso, ma era proprio quello che il mio fisico mi richiedeva In passato ho avuto problemi di insonnia, e temevo anche che se si fossero aggiunti anche problemi con il sonno oltre a tutto il resto, sarei crollato del tutto. Invece è accaduto il contrario e ho sempre dormito come un ghiro.”
Un'altra difficoltà è stata far recitare il bambino.
"Robin Soudek, il bambino che interpreta Tomik, - dice il regista - ha l’incredibile dono di ricordare tutte le battute ed è disposto a ripeterle; però. come tutti i bambini, gli piace giocare e quando non è dell’umore giusto neanche i suoi genitori riescono a convincerlo; naturalmente questo succede sempre proprio quando tutto è pronto per girare! Per fortuna, Robin aveva una forte simpatia per il suo nuovo ‘nonno’, il quale riusciva a persuaderlo a ripetere le battute per un po’ per poi riprendere a giocare".
1 commento:
Giulia, e se -dico se- fosse proprio nella quotidianità il meglio, e non nei voli? E se -dico se- il tagliarsi le unghie dei piedi (con modi diversi dall'alluce al mignoletto), aprisse porte a cui poeti laureati nemmeno riuscirebero a bussare? E se -dico se- avesse ragione il mio maestro di yoga nel dire che la terza età è la migliore perché è la più libera (a patto di non avere il mal di schiena)?
"Fai delle piccole cose, liberano", così un personaggio di Bernanos (che è tutto, tranne che un umorista) dice a un altro, sconvolto da grandi problemi e pensamenti sublimi.
Nel saper stirare o nel saper caricare correttamente la lavastoviglie (arti non facillime) s'annida magari una purezza di intenzioni, una schiettezza d'animo che non si trova in tutte le feste di anniversari, compleanni, natalizie, pasquali. Spesso sono, più che feste, timbri fitti come quelli sulla patente, che assediano la bella faccia e la firma svolazzante che ci mettesti un dì. Mi piace lo spirito di questo film, seguirò volentieri la puntata successiva. Un po' mi fa venire in mente il "fo buchi nella sabbia" di Vittorio Gasmann o il buon soldato Schweick, ripreso da Brecht e da Strehler, ma originariamente ceco o boemo (quelchelé) e alla fine interpretato in teatro da Tino Buazzelli, che era un attore troppo vivo, vitale, schietto per Strehler, che difatti non riusciva a camminargli sopra, come succede al bambino di questo film.
grazie Giulia e saluti
Solimano
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