giovedì 25 giugno 2009

La moda nel cinema: Giulietta e Romeo (2)

Susan Shentall (Giulietta) e Flora Robson (La Nutrice)

Giulietta e Romeo (1954) di Renato Castellani Da "Romeo and Juliet" di William Shakespeare, Adattamento di Renato Castellani Con Laurence Harvey (Romeo), Susan Shentall (Giulietta), Flora Robson La Nutrice), Norman Wooland (Paride), Mervyn Johns (Frate Lorenzo), John Gielgud (Il Coro), Bill Travers (Benvolio) Sebastian Cabot (Capuleti), Lydia Sherwood (Madonna Capuleti), Ubaldo Zollo (Mercuzio), Enzo Fiermonte (Tebaldo), Elio Vittorini (Principe di Verona), Giulio Garbinetto (Montecchi), Nietta Zocchi (Madonna Montecchi), Thomas Nicholls (Frate Giovanni), Mario Meniconi (Baldassarre), Pietro Capanna (Sansone), Luciano Bodi (Abramo), Dagmar Josipovitch (Rosalina) Musica: Roman Vlad Fotografia: Robert Krasker Costumi: Leonor Fini (138 minuti) Rating IMDb: 6.8

Solimano

Il secondo post sul film Giulietta e Romeo (1954) di Renato Castellani, ancora per la vista logica la moda nel cinema, è dedicato a Giulietta, interpretata da Susan Shentall. La scelta dell'interprete fu abbastanza criticata. Mario Gromo fu piacevolmente riduttivo: "Susan Shentall, bionda e paffutella, è un po' sorprendente come veronesina, tanto più sorprendente nella naturalistica cadenza italiana che Castellani ha voluto dare a ogni scena; ma ha accenti genuini, e Laurence Harvey è un elegante Romeo". Guido Aristarco prese le distanze: "E non si capisce, se Castellani vuol dare una storia italiana - e non "italianata" - se cioè egli abbandona la tradizione shakespeariana, per qual ragione sia ricorso a due attori non professionisti e inglesi come Susan Shentall e Laurence Harvey (o meglio si capisce, ma in un altro ambito) ". Mentre Giuseppe Marotta, come gli succedeva non di rado, menò di brutto: "Susan Shentall è una Giulietta sbiadita, allogena, di un biondo non veronese; Laurence Harvey non pecca ma neppure è beatificabile; nei' panni del Principe ho riconosciuto Elio Vittorini, è marmoreo, la solennità rigida e frigida che probabilmente Castellani agognava. Basta. Adesso, care pagine di Shakespeare, venite sulla mia poltrona e sanguiniamo insieme". Ci sarebbe da dire che il Romeo and Juliet è un'opera del giovane Shakespeare, le parole finali di Marotta mi sembrerebbero più appropriate al Macbeth o al King Lear.

Personalmente, la scelta figurativa di Renato Castellani a me sembra la migliore possibile: se penso ad una Giulietta mi viene in mente Susan Shentall prima di ogni altra. L'aspetto figurativo non è secondario, è il più importante per capire che cosa volle fare Renato Castellani. Cercherò di mostrarlo soprattutto nei due post successivi, che faranno parte della vista logica la pittura nel cinema. Se dovessi fare delle critiche al film, che fu tacciato di freddo calligrafismo, ne farei due di altro genere. La prima riguardo la quasi totale soppressione della parte di Mercuzio, perché sono fra le parole che amo di più in Shakespeare. La seconda critica è al doppiaggio italiano, che mi sembra inesorabilmente datato, anche se certamente Castellani utilizzò degli ottimi doppiatori. A volte il rapporto fra l'aspetto figurativo e l'aspetto vocale lo sento stridente, alle mie orecchie di oggi.
Anche in questo post cerco di ordinare le immagini secondo lo svolgersi cronologico del film.

Giulietta in camicia al mattino. Sta parlando con la madre, Madonna Capuleti e con la Nutrice. La madre le parla del suo possibile matrimonio con Paride.

Giulietta con l'abito rosso, sempre con Madonna Capuleti e la Nutrice. La cosa sta andando avanti: Paride ha parlato con Capuleto e stasera sarà al ballo in casa Capuleti. Le tre donne sono contente.



Giulietta, con l'abito del ballo, durante la festa in casa Capuleti, danza con Paride.

Giulietta conosce Romeo, che si toglie la maschera. Poi viene a sapere che Romeo è un Montecchi, la famiglia nemica dei Capuleti.

Giulietta in camicia azzurra, durante la scena del balcone. L'immagine è a profilo perduto.

Giulietta, ancora in abito rosso, parla con Madonna Capuleti in giardino. Frate Lorenzo sta preparando il matrimonio fra lei e Romeo e solo la Nutrice ne è al corrente.


L'aarivo di Giulietta alla chiesa di Frate Lorenzo, poi il matrimonio attraverso la grata. Abito azzurro, manto giallo, velo bianco sul capo.


Il pianto di Giulietta, quando apprende che Romeo ha ucciso Tebaldo. Poi l'addio a Romeo dopo la notte d'amore.



Capuleto vuole che Giulietta sposi subito Paride, Giulietta cerca di ribellarsi, ma né Madonna Capuleti né la Nutrice l'aiutano. Maniche gialle sotto l'abito grigio-bianco, scollo a V, cintura alta. E guardate la pettinatura di Giulietta...



Giulietta è nella cella di Frate Lorenzo che ha trovato una soluzione: Giulietta berrà una pozione da lui preparata e il suo stato di catalessi verrà scambiato per morte. Frate Lorenzo provvederà ad avvertire Romeo, ma le cose non andranno così.

Giulietta è stata portata nel sepolcro con l'abito da sposa che ha indossato prima di bere la pozione. Fra poco si desterà.

Nel film, dal punto di vista figurativo sono presenti tre secoli: Trecento, Quattrocento e Cinquecento. C'è una concordia discors di aspetti storici, pittorici, di luoghi, e ne parlerò in altri post. All'interno delle figurazioni del film ci sono i costumi di Leonor Fini, che si ispirano soprattutto al Quattrocento, non solo italiano ma anche fimmingo (ad esempio per l'abbigliamento della Nutrice e di Madonna Capuleti). Per fare un riferimento figurativo preliminare, il pensiero va alla Camera picta (Camera degli sposi) del Mantegna, agli affreschi di Schifanoia e in genere alla pittura ferrarese. Trovo ammirevole il senso di misura di Leonor Fini: non eccede mai. Ricchezza decorativa, semplicità e fantasia rigorosa procedono insieme. Una grande differenza con altri film cosiddetti in costume in cui l'esagerazione è abituale, direi quasi abitudinara.

In chiusura del post, un quadro di Leonor Fini ed una sua fotografia.

Leonor Fini: Princesse Nawal Toussoun (1952)

Leonor Fini in una foto di Carl Van Vechten (1936)

2 commenti:

Barbara Cerquetti ha detto...

Oh mamma, che abiti meravigliosi.
Ho sempre sognato di indossare un vestito di questo genere, e ci sono andata vicino una volta, ospite a casa di amici durante la quintana di Foligno. Ero quasi riuscita ad imbucarmi alla sfilata, mi sentivo tutta un brodo di giuggiole all'idea del vestito. Ma alla fine non mi vollero perchè non facevo parte delle loro contrade. Bastardi! ;-)

Solimano ha detto...

Barbara, in un villaggio turistico vicino a capo Palinuro, per una festa in costume, un animatore fin troppo gentile mi vestì da Enrico VIII con molta accuratezza. Dovetti insistere perché anche mia moglie avesse un costume all'altezza (Altezza Reale...) Il successo di critica e di pubblico fu notevole, forse esagerato, visto che il giorno dopo sulla spiaggia, incontrandomi in costume da bagno, uno mi sussurrò: "Che delusione!" Pura invidia.
Ma lo dico perché ci mi trovavo bene io, dentro quell'abito, anzi habitus. L'abito fa il monaco, altroché. Una cosa analoga mi capitò al Nissim de Camondo di Parigi: dopo due ore di visita, mi sentivo del Settecento anch'io, come tutto quello che mi circondava. La prossima volta che vai a Parigi, visitalo, quel museo.
All'uscita sarai Madame Barbara, Marquise de la Cité Nouvelle.
Bisogna sapersi mascherare, ogni tanto... per importare la maschera nella vita reale!

grazie Barbara e saludos
Solimano