giovedì 27 dicembre 2007

La mia notte con Maud

Ma nuit chez Maud, di Eric Rohmer (1969) Con Jean-Louis Trintignant, Françoise Fabian, Marie-Christine Barrault, Antoine Vitez, Leonide Kogan, Marie Becker, Marie-Claude Rauzier, Guy Léger Musica : Ludwig Van Beethoven Fotografia: Nestor Almendros (110 minuti) Rating IMDb: 8.0
Solimano
Noi rohmeriani siamo tutto sommato pochi, ma convintissimi. Al tempo stesso quindi siamo fieri della nostra pochezza e rompiamo le scatole al restante -e maggioritario- universo mondo che rohmeriano non è. Proviamo a convertirli, però sappiamo che è difficile riuscirci; sono convinto che questa difficoltà nasca soprattutto non dalla difficoltà dei film di Rohmer, ma dalla loro apparente facilità, che porta fuori strada gli infedeli di cui vogliamo salvare anime e corpi.

Il mio migliore amico -amico di fatti, non di parole- al mio ennesimo sollecito si rassegnò a guardarsi “L’ami de mon amie”, poi mi disse che gli era abbastanza piaciuto perché l’aveva trovato una soap opera però girata con più cura di Beautiful. Il bello è che il mio amico aveva a suo modo ragione, perché “L’ami de mon amie” è anche una soap opera, è una delle possibili chiavi di lettura.
Se si praticasse ancora il vecchio e bieco gioco di che cosa portarsi dietro in un isola deserta, come film non avrei dubbi: “Ma nuit chez Maud”. Non racconto la trama, perché spero sempre nella conversione di qualche infedele, o almeno di trasformarlo in catecumeno, preferisco mettere qui alcune delle singolarità del film, che fu quello che impose Rohmer, dopo il successo limitato a pochi intimi de “La collectioneuse” che è di due anni prima e che ho già inserito nel blog sia come film sia come post (due volte) nella vista logica La moda nel cinema.

Dei quattro protagonisti, il narratore (Jean-Louis Trintignant) è ingegnere, Maud (Françoise Fabian) è medico, Françoise (Marie-Christine Barrault) è biologa, Vidal (Antoine Vitez) insegna filosofia all’università. Se si tirano le somme alla fine del film, quello che ne esce peggio è proprio il letterato Vidal, vedi caso letterato come Rohmer, che nasce professore di lettere, poi autore di documentari culturali per la TV, poi capo-redattore dei “Cahiers du cinema”. A cinquant’anni, con un background di quel tipo, si mise a fare film.
Fra gli attori c’è anche Leonide Kogan. E’ proprio il famoso violinista, che non dice una parola, ma che esegue in teatro un tempo di una sonata giovanile di Beethoven per violino e pianoforte. Non ho trovato in rete il numero della sonata (anche IMDb non lo riporta), ma credo si tratti di uno dei tempi della sonata numero 5, detta “La primavera” (non il primo tempo, quello che tutti conoscono). Nel film c’è solo questa musica, eseguita non in sottofondo ma come parte del film.
La località è ben precisa, come quasi sempre in Rohmer. Si tratta in questo caso di Clermont- Ferrand. I motivi certi sono due: il narratore lavora alla Michelin, che ha (o aveva?) la sede più importante a Clermont-Ferrand, poi c’è Blaise Pascal, che era di questa città. La famosa scommessa pascaliana viene dibattuta nelle conversazioni del film e si discute anche del suo atteggiamento verso la matematica. Il narratore, che è cattolico, è contro Pascal ed i giansenisti, Vidal che è filosofo e marxista, è a favore, Maud, che appartiene ad una famiglia storicamente massone, disinteressata. A mio avviso ci sono altri due motivi per la scelta di Clermont-Ferrand: il primo è il paesaggio più vulcanico che montuoso, il secondo è la neve, e il conseguente ghiaccio per le strade, che è pronubo alla notte con Maud.
Ho il sospetto che Guy Léger, l’attore che fa la predica in chiesa, fosse un vero prete, di quelli che le cose le sanno. In IMDb, prima del nome e cognome, figura un R.P. che mi insospettisce. La predica si tiene nella cattedrale di Clermont-Ferrand.
La sceneggiatura, che è dello stesso Rohmer è di ferro, la differenza con “La collectioneuse” non potrebbe essere più grande. Là Rohmer fornisce le situazioni, che i tre attori sviluppano come gli viene, qui tutto è evidentemente deciso prima. Si potrebbe credere che sia così perché qui il discorso è alto e culturalmente impegnativo, ma c’è anche un altro motivo: qui Rohmer usa attori professionisti, attese due anni pur di avere Trintignant, una scelta felicissima. I professionisti è meglio imbrigliarli, a differenza degli attori agli inizi de “La collectioneuse”.
Le due scene chiave degli amori del narratore con Maud e con Françoise si svolgono entrambe in alto e all’aperto, in mezzo alla neve che sta fioccando. Sotto c’è la città, con le due grandi torri della cattedrale. E’ inverno, nei giorni attorno al Natale.

La scena risolutiva finale, quella in cui si scioglie il nodo sotteso per tutto il film, che ha anche una componente di giallo psicologico, si svolge invece al mare d’estate, cinque anni dopo gli accadimenti del film. Quando si rivedrà il film apparirà chiaro che tutto era già stato fatto capire e che quei cinque minuti non servivano a spiegare, fatto sta che la prima volta non me ne sono accorto. Lo scioglimento positivo è legato ad una menzogna che il narratore decide moralmente di dire.
Uno dei vezzi di Rohmer è di mettere due personaggi femminili in competizione, una bionda ed una mora. Generalmente prevale la bionda, ma non sempre.
Il film era molto difficile, perché nella trama, di per sé ci sarebbe qualcosa di ridicolo, per i nostri occhi laici. Rohmer riesce a tenere il punto, complice Trintignant alle prese con un personaggio semplice e complicato: cattolico convinto, seduttivo proprio in quanto tale.

Marie-Christine Barrault, la nipote del grande Barrault, il mimo de “Les Enfants du Paradis”, diversi anni dopo sposò Roger Vadim, che non ricordo a che punto fosse coi matrimoni, al quarto o al quinto. Il mio dispiacere fu grande, la Françoise di “Ma nuit chez Maud” non doveva farmi questo. Mi sembra di capire però che abbia reso felici gli ultimi anni di vita del turbolento Vadim, e questa è una buona cosa a cui poteva riuscire solo una come Françoise.
A parte le considerazioni che ho fatto, “Ma nuit chez Maud” è un grande film d’amore. Non l’amore carino, sognante, impermanente, in punta di piedi. L’amore vero, che ogni tanto, guarda un po’, si permette il lusso di esistere. Questo è il primo motivo per cui non mi stanco di rivederlo.

19 commenti:

Giuliano ha detto...

Caro Solimano, la mia principale difficoltà con Rohmer è che questo non è il mio mondo. Io non ho mai vissuto in questi ambienti, ho sempre avuto ben presente e costante il problema del lavoro, del denaro, eccetera...
Non è assolutamente una critica a Rohmer, tengo a precisarlo: è solo quello che me lo fa vedere distante. Apprezzo molto la finezza di Rohmer, ma io nel mondo mi sono sempre sporcato: sono molto più vicino a Renoir, e anche a René Clair.
Ribadisco tutto il mio apprezzamento per Rohmer, ma io vengo da un altro mondo rispetto al suo e non so cosa farci...
saludos
Giuliano (con la barba di tre giorni e una vecchia felpa, come Michel Simon)

Anonimo ha detto...

Che cosa succede se dico che di Eric Rohmer conosco solo "Gli amori di Astrea e Celadon"? Immagino nulla, Solimano è comprensivo e mi suggerirà di vedere anche gli altri suoi film (Giuseppe ha apprezzato moltissimo "Il raggio verde") La lettura di "Elisabeth", il suo romanzo, è stata molto piacevole e credo sia utile per conoscere la sua cifra cinematografica. Cordiali saluti e complimenti per i bellissimi post.
Annarita :-)

Habanera ha detto...

I film di Rohmer li ho visti tutti, o quasi tutti, in un arco di tempo abbastanza breve. Conosco Solimano da parecchi anni, vi pare che in tutto questo tempo non abbia cercato di convertire anche me? Così un bel giorno, presa dalla curiosità, ho comprato un cofanetto contenente sei DVD, più qualche VHS che era ancora in circolazione, e nel giro di pochi giorni me li sono visti tutti. Devo dire che in buona parte la conversione è riuscita perchè oggi questi film li rivedo sempre volentieri ed ogni volta trovo un motivo in più per sentirmici bene dentro. Non sono certo film spettacolari, le trame sono piuttosto esili, la recitazione spesso è più naturale che professionale, ma intanto non riesci a staccare gli occhi dallo schermo, non perdi neppure una parola di quello che si dicono e, per tutta la durata del film, dimentichi di essere uno spettatore, quasi senza accorgertene ormai ci sei dentro anche tu.
H.

Laura ha detto...

Solimano, è vero, ho un debole per il b/n, ma queste foto sono... BELLISSIME.
Un caro saluto
Laura

Solimano ha detto...

Giuliano, ti parrà strano, ma Rohmer, che è uno preciso, sceglie sempre lavori veri per i suoi personaggi, ed il loro lavoro fa parte del film. Se non lo fa, come ne "La genou de Claire", è perché non lo vuole fare. Sono presenti anche lavori manuali, a parte che sono un po' freddo sulle differenze: ingegneri e medici hanno una loro manualità.
Annarita, ti consiglio due film non molto noti: "La femme de l'aviateur" e "L'ami de mon amie", se possibile in francese con i sottotitoli in italiano.
Habanera, mi hai consolato:Fare il missionario ricevendo solo dei no può essere frustrante...
Laura, eh, il biano e nero! Certe volte è più colorato dei colori.

buona notte
Solimano

mazapegul ha detto...

"Al giorno d'oggi solo le zebre girano in bianco e nero!" (il produttore al regista nello Stato delle Cose di Wenders).

Caro Solimano, io amo tantissimo Rohmer, anche se (perché?) i suoi film mi paiono riscritture dello stesso film. Leggendo la tua recensione m'accorgo quanto la mia impressione sia errata, eppure rimane come impressione: falsa e vera al tempo stesso.
Ne coglie benissimo un aspetto Habanera: la naturalità della recitazione (della fotografia, delle location, dei costumi, dei dialoghi). Eppure sono film lontanissimi dallo sperimentalismo "dal vero", lo sente anche chi non li guarda con attenzione e studio. Tutto questo naturalismo, infatti, appare in perfette simmetrie della trama, dei personaggi, dei dialoghi. Un pò come un ben curato vigneto, che è tutto natura e tutto artificio, tutto vita prepotente e tutto ordine studiato a tavolino.

Anonimo ha detto...

un saluto e complimenti a Solimano per questo (e per gli altri) post su Rohmer da un rohmeriano convinto (e, ahimé, di lunga data!)

Anonimo ha detto...

Grande Rohmer, a colori e in b/n. Certo qui ha il mitico Trintignant che gli dà una marcia in più; ma qui so di essere obnubilata dal mio amore viscerale verso questo attore.
A parte questo, La femme de l'aviateur, che viene citato qui nei commenti, è un vero gioiello. Ho la fortuna di sapere il francese ed ho tutti i film di Rohmer in lingua originale...un piacere!!
Complimenti.

Solimano ha detto...

Arfasatto, non farmici pensare. Non ho ancora scritto un post su La femme de l'aviateur, un film del tutto incantevole (specialmente la parte della quindicenne che fa Anne-Laure Meury) e che va assolutamente visto in francese (magari con i sottotitoli pure in francese, se uno ha bisogno di essere aiutato dallo scritto).
Ho paura, a scriverci un post, ho paura di sporcarlo, un film così profondo e semplice.
Dal punto di vista del budget, avranno speso quattro soldi per questo film, segno chiarissimo che quando ci sono le idee i soldi passano in second'ordine.
Chi non ha visto questo film non sa del tutto come la vita può essere sorprendente.

grazie e saludos
Solimano

Anonimo ha detto...

Francoise Fabian (Francoise Cortez), bellisima actriz francoespañola

Anonimo ha detto...

Caro Solimano, il brano eseguito da Leonide Kogan in "La mia notte con Maud" non è tratto da una sonata giovanile di Beethoven; si tratta invece del primo movimento, Allegro vivace, della sonata in do maggiore, KV 296, di Mozart. A presto.

Anonimo ha detto...

Non sono anonimo, mi chiamo Enrico, ma non riesco proprio a creare un account, per questo preferisco inviare commenti da anonimo.

Anonimo ha detto...

Sono ancora Enrico, ho commesso un grossolano errore: il brano eseguito da Leonide Kogan non è il primo movimento della sonata KV 296, ma il primo movimento, Allegro moderato, della sonata in si bemolle maggiore KV 378 sempre di Mozart, il cui nome si legge comunque nello spartito dello stesso Kogan.

Roby ha detto...

Caro Enrico, in qualità di collaboratrice "anziana" del blog ti ringrazio del commento e della precisazione. Purtroppo Solimano -fondatore, anima e mente di Abbracci&popcorn- ci ha lasciato improvvisamente il 16 marzo scorso. Se leggi il penultimo post pubblicato, quello del 12 maggio, capirai meglio. Un saluto cordiale

Roby

Giuseppe Barreca ha detto...

Parlando di questo film, non posso che definirmi ammirato dalla "pulizia" del racconto, dalla leggerezza delle scene, dall'intreccio delle inquadrature... per me è un piccolo capolavoro

Anonimo ha detto...

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Anonimo ha detto...

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Anonimo ha detto...

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Anonimo ha detto...

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