mercoledì 9 maggio 2007

Heinrich Boll al cinema

Opinioni di un clown, capitolo decimo
(...)
Maria, dopo il secondo aborto, era così giù, così nervosa; correva continuamente in chiesa ed era subito irritata se nelle mie sere di libertà non andavo con lei a teatro, a un concerto o a una conferenza. Quando le proponevo di fare come un tempo, giocare a Mensch-argere-dich-nicht bevendo una tazza di tè e stando distesi sul letto a pancia in giù, si irritava anche maggiormente.
In fondo la cosa cominciò perché lei ormai giocava con me a Mensch-argere-dich-nicht soltanto per gentilezza, per tranquillizzarmi o per essere carina con me. E non veniva più al cinema a vedere i film che io vedo così volentieri: quelli ai quali sono ammessi i bambini di sei anni.
Credo che non ci sia nessuno al mondo che capisca un clown, e neppure un clown capisce l'altro. Lì poi entra sempre in gioco l'invidia e la gelosia. Maria era quasi arrivata a capirmi, a capirmi completamente non arrivò mai.
Lei diceva sempre che io, in quanto « mente creativa», avrei dovuto avere un "bruciante interesse" per tutto quello che era cultura e ingurgitarne quanto più possibile. Errore. Certo, se una sera ero libero e venivo a sapere che da qualche parte si recitava Beckett, vi correvo subito con un tassì, e di tanto in tanto vado volentieri anche al cinema - anche abbastanza spesso, se ci penso - ma sempre e soltanto a vedere film ai quali sono ammessi anche i bambini di sei anni.
Maria questo non riuscì mai a capirlo; gran parte della sua educazione cattolica consisteva in informazioni di carattere psicologico e in un razionalismo infiocchettato di misticismo, sempre nel quadro del "fateli giocare al pallone, così non pensano alle ragazze". E pensare che io alle ragazze ci pensavo tanto volentieri, più tardi invece soltanto a Maria. Qualche volta mi sentivo già quasi un bruto.
Vado volentieri a vedere film per ragazzini, perché , sono i soli in cui non compaiano quei banali cliché degli adulti, a base di adulterio e di divorzio. Nei film di adulterio e di divorzio c'è sempre la felicità di qualcuno che assume una funzione terribilmente importante. "Fammi felice, tesoro", oppure: "Vuoi dunque impedirmi di essere felice?". Sotto il nome di felicità non riesco a immaginare niente che passa durare più di uno, forse due o tre secondi.
I veri film di prostitute, invece, li vedo molto volentieri, ma ce ne sono così pochi! La maggior parte sono a così alto livello che non ci si accorge nemmeno più che sono film di prostitute.
C'è poi un'altra categoria di donne, che non sono prostitute e non sono mogli: le pietose. Ma queste il cinema le trascura.
I film ai quali vengono ammessi i bambini dai sei anni in avanti di solito brulicano di prostitute. Non ho mai capito a che cosa pensano le commissioni di censura cinematografica quando ammettono i bambini a vedere questi film. Le donne, in queste pellicole, o sono prostitute per natura, oppure lo sono soltanto in senso sociologico; ma pietose non lo sono quasi mai.
Vi si vedono delle biondine che ballano il can-can in quei saloon tipo western, davanti a rudi cowboy, cercatori d'oro o cacciatori del nord, che magari hanno vissuto per due o tre anni in completa solitudine a caccia di bestie puzzolenti. I cowboy, cercatori d'oro, cacciatori, guardano le belle, fresche biondine ballare il can-can; ma quando poi vogliono andar dietro le ragazze e salire con loro in una camera, si vedono per lo più sbattere la porta in faccia, oppure c'è qualche brutale vigliacco che li atterra con un pugno. Immagino che con questo si voglia esprimere qualcosa di virtuoso. Crudeltà là dove misericordia sarebbe l'unica cosa umana. Non c'è da meravigliarsi se poi quei poveri diavoli cominciano a picchiarsi, a sparare. E’ come il gioco del calcio in collegio; solo che là, trattandosi di uomini fatti, la cosa è ancora più inumana. Io non capisco la morale degli americani. Penso che laggiù una donna pietosa verrebbe bruciata come un strega, una donna che non lo fa per denaro e neppure per passione, ma solo per pietà della natura maschile.
Particolarmente penosi trovo i film sugli artisti. Generalmente questi film vengono fatti da gente che non avrebbe dato a van Gogh per un quadro nemmeno un intero pacchetto di tabacco, ma solo la metà, e che poi si sarebbe pentita anche di questo, quando si fosse accorta che il quadro avrebbe potuto averlo anche riempiendogli una sola volta la pipa.
Nei film sugli artisti i tormenti dell'anima dell'artista, la miseria, la lotta con il demone vengono sempre collocate al passato. Un artista vivente che non ha sigarette, che non può comperare le scarpe alla moglie, non è interessante per i produttori cinematografici, perché mancano ancora tre generazioni di chiacchieroni a confermare che è un genio. Una sola generazione di chiacchieroni non gli basta.
"L'affannosa ricerca nell'anima dell'artista." Persino Maria ci credeva. È triste. Qualcosa di simile esiste; soltanto andrebbe chiamato in altro modo.
Ciò di cui un clown ha bisogno è riposo, l'illusione di ciò che gli altri chiamano il riposo serale. Ma questi altri non capiscono che l'illusione del riposo per un clown consiste appunto nel dimenticare il suo lavoro, non lo capiscono proprio perché si occupano della cosiddetta arte proprio nelle loro ore di riposo, cosa del resto perfettamente naturale.
Un problema a sé rappresentano invece le persone dotate di temperamento artistico, che non pensano ad altro che all'arte, ma che non hanno bisogno di riposo serale, perché non lavorano. Quando uno comincia a definire artista un individuo dotato di temperamento artistico, nascono i più penosi malintesi. I tipi dotati di temperamento artistico cominciano sempre con l'arte, proprio nel momento in cui l'artista ha l'impressione di trovare finalmente un po' di riposo.
(...)
P.S. Il testo è stato procurato da Giuliano, la caricatura di Heinrich Boll è dell'iraniano Shiva Zamanfar.

4 commenti:

domenico ha detto...

lessi opinioni di un clown l'estate scorsa, e devo dire che mi colpì molto

Solimano ha detto...

Benvenuto dome & edo.
Molti anni fa ho letto "Opinioni di un clown", che mi era piaciuto molto, oggi ho letto questo brano ed ho toccato con mano quanto io sia cambiato in questi anni.
Non mi sento più in sintonia con quanto scrive Boll, se tornassi a leggerlo adesso probabilmente apprezzerei la critica che fa ad un certo mondo che si dice religioso e ad una certa morale fondamentalmente ipocrita.
Quello che non apprezzo o non capisco è che tipo di mondo Boll (o il suo clown) proponga, su che cosa si basi, a che cosa voglia approdare.
Venendo ai film, trovo che in molti film, ad esempio di Johm Ford, le persone che gravitano attorno al saloon sono presentate con umanità convinta e vera, non ci trovo proprio la situazione descritta da Boll. Penso ad esempio a My Darling Clementine, con i personaggi di Victor Mature e di Linda Darnell, ma anche alla Ballata di Cable Hogue di Peckinpah, McCabe e mrs. Miller di Altman e tanti altri del genere, che non mi sembra che trasmettono la tristezza che deriva da ciò che scrive Boll.
Naturalmente, è questione di opinioni, non esiste in queste cose il portatore di verità, ma il portatore di esperienza di vita.

saludos
Solimano

Giuliano ha detto...

Per chi non si ricorda bene il libro, Maria è la compagna di vita del clown, e sono due ragazzi sui vent'anni. All'inizio del libro, il clown (un vero clown professionista) viene a sapere che Maria, dopo averlo lasciato, è in viaggio di nozze a Roma, con un altro. Gli aborti di cui si parla all'inizio sono spontanei,e dolorosi per la coppia; ma all'epoca in cui fu scritto il libro per l'aborto c'era il carcere.
Il gioco citato, "Mensch ärgere dich nicht" non so cosa sia: le note del libro lo definiscono come un gioco da tavolo, "simile al gioco dell'oca"

Anonimo ha detto...

Ho fatto ricerche e mensch Ärgere dich nicht sarebbe il gioco "Non t'arrabbiare"... chissà perché lo accostano al gioco dell'oca visto che non c'entra nulla.