venerdì 4 settembre 2009

I modi di vedere: Achtung! Banditi! (1)

Achtung! Banditi! di Carlo Lizzani (1951) Sceneggiatura di Giuseppe Dagnino, Giuliani G. De Negri, Carlo Lizzani, Massimo Mida, Ugo Pirro, Enrico Ribulsi, Mario Socrate, Rodolfo Sonego Con Gina Lollobrigida (Anna), Andrea Checchi (L'ingegnere), Vittorio Duse (Domenico), Lamberto Maggiorani (Marco), Maria Laura Rocca (L'amante del diplomatico), Giuseppe Taffarel (Comandante Vento), Franco Bologna (Gatto), Pietro Tordi (Il diplomatico), Giuliano Montaldo (Lorenzo), Bruno Berellini (Biondo), Lucia Feltrin (Lucia) Musica: Mario Zafred Fotografia: Gianni Di Venanzo (90 minuti) Rating IMDb: 6.7

Solimano

Credevo di trovarmi di fronte ad un reperto archeologico, a un film che bisogna vedere perché politicamente corretto (uno dei primi film sulla Resistenza). Invece mi sono trovato di fronte ad un grande film con alcuni difetti, da cui sgombro il campo subito. La sceneggiatura, a cui hanno messo mano in tanti, è molto datata: erano i tempi in cui il PCI stava rafforzandosi come principale forza di opposizione alla Democrazia Cristiana e si stava muovendo abilmente per ampliare la sua influenza culturale oltre che politica. Quindi un forte radicamento nella classe operaia del Nord, senza trascurare la possibilità di contatto col mondo contadino, a volte anche con quello borghese e intellettuale. Una sceneggiatura ben costruita ma prevedibile, ma quando si pensava di fare il film, ci furono delle voci importanti che dichiararono: "Come, siamo nel 1950, e si parla ancora della resistenza?" La rimozione della Resistenza dalla coscienza comune era già incominciata. Quello che si fatica di più a reggere è il doppiaggio con l'impostazione retorica delle voci. Diventano difetti piccoli di fronte all'autenticità della rappresentazione dei volti, dei gruppi, delle masse, del mondo del lavoro operaio e contadino. A cui si aggiunge la rappresentazione di Genova, non la Genova storica, ma la Genova delle fabbriche, dei ponti, delle ferrovie e delle colline circostanti.

Un gruppo di partigiani stanno scendendo dalle colline che circondano Genova. Hanno avuto uno scontro con i tedeschi, ed uno di loro è ferito. Trovano e abbattono il cartello con scritto Achtung! Banditen. I partigiani sono comandati da Vento (Giuseppe Taffarell), coadiuvato da Biondo (Bruno Berellini) e da Lorenzo (Giuliano Montaldo).


E' particolarmente esposta la passerella che devono attraversare, quindi la attraversano velocemente stando ad un certa distanza l'uno dall'altro.



Il pericolo si presenterà più tardi: appena sotto la collina c'è una strada in cui stanno transitando dei blindati tedeschi. I partigiani si trovano allo scoperto. Fortunatamente li aiuta la giovane contadina Lucia (Lucia Feltrin) che trova una soluzione perché si possano nascondere.



I tedeschi, dal bivacco sottostante, risalgono la collina. Salgono più in alto del posto dove sono nascosti i partigiani. Portano via dalla cascina un maiale ed un canestro di uova. Poco più tardi il maiale lo arrostiscono allo spiedo.

Un gruppo di partigiani si nasconde in una villa borghese in collina, abitata da una coppia irregolare: lui è un diplomatico (Pietro Tordi), lei è l'amante del diplomatico (Maria Laura Rocca), che è la propietaria della casa. Suo marito è prigioniero in Sudafrica. In una stanza i partigiani discutono fra loro sul che fare, e lì, alla radio, ascolteranno la dichiarazione di Alexander, da cui capiscono che non possono attendere a breve scadenza l'arrivo degli alleati.

Alcuni partigiani arrivano proprio a Genova città. La loro missione è di procurarsi delle armi in una fabbrica. In città c'è agitazione, ci sono anche tentativi di sciopero. L'autista del tram è costretto a guidare perché minacciato dalla polizia fascista.

Una immagine del quartiere industriale mentre gli operai stanno entrando per il lavoro.


Anche all'interno della fabbrica operano uomini della Resistenza. Ma con i partigiani appena scesi dalla collina non si conoscono, quindi si debbono superare le diffidenze iniziali. Per spostarsi, il mezzo abituale è la bicicletta. Nell'immagine ci sono tre partigiani, fra cui Lorenzo, trasportato sulla canna della bicicletta.


Nella fabbrica sono due i personaggi di rilievo: l'ingegnere (Andrea Checchi) e l'operaio Marco (Lamberto Maggiorani). Fra i due si stabilisce un'intesa, perché l'ingegnere, pur dovendo avere frequenti contatti con i tedeschi, è vicino alla Resistenza.

Anna (Gina Lollobrigida) è l'assistente dell'ingegnere. Ma di lei i partigiani non si fidano, perché suo fratello è un alpino, tornato in Italia dopo la prigionia in Germania, quindi attualmente alle dipendenze della Repubblica di Salò.
(continua)

2 commenti:

zena ha detto...

Mio padre e tanti suoi compagni della S.A.P hanno operato diversi mesi in Liguria, sia per costruire raccordi con i partigiani in montagna, sia per organizzare le azioni di sabotaggio.

Rivedere queste immagini è come dare sfondo a certi racconti di incertezze e di nascondimenti, di attesa e di azione, ed anche a certi silenzi, qunado i racconti finivano col diventare troppo dolorosi.

Mi rendo conto che questo è un film da rivedere per pensare, specie in tempi hegeliani di buio indistinto e non differenziante.

grazie.

Solimano ha detto...

Zena, la storia di questo film ha l'esemplarità, di cosa ha significato non vivere in tempi hegeliani di buio indistinto e non differenziante, come hai detto benissimo.
La società di produzione fu una cooperativa dell'ANPI, e i soldi li misero migliaia di operai genovesi. Intelligentemente, oltre a tanti sconosciuti presi dalla strada, scitturarono due nomi noti, Andrea Checchi e Gina Lollobrigida, di cui è il primo film importante. Tutti e due benissimo in parte in due ruoli complessi perché ambigui: l'ingegnere che sta con la Resistenza, ma ha il problema della sopravvivenza della fabbrica, quindi deve stare coperto il più possibile e la giovane sorella di uno che sta con Salò e che quindi rischia di diventare una spia. Ruoli non da fotoromanzo, ma reali.
La sceneggiatura, prvedibile ma molto ben fatta, non trasforma questi uomini e queste donne in santini: ci sono contrasti politici, debolezze, paure.
Quello che è datato è il doppiaggio, problema comune dei film di quegli anni.
Ma tutto il film ha una autenticità oggi impensabile: la fabbrica, il lavoro, Genova vista in quel modo (ci farò almeno un altro post). Aggiungo che con questo blog ho scoperto la grandezza di certi fermo-immagine, che dicono di più di cinque minuti di film in YouTube.
Bisogna prendere coscienza che sono stati realizzati film come questo, come Roma città aperta, come Paisà e non lasciarli in balìa dei cinefili che con buonissime intenzioni li nascondono nelle sale d'essai.
Ho visto qui a Monza finalmente qualcosa che si muove: il Professor Aurelio Tagliabue, conduttore del cinefotum più apprezzato, ha fatto proiettare nell'Aula Magna del Liceo Classico Zucchi Roma città aperta, Ladri di biciclette, Riso amaro. Centinaia di persone sono affluite in pomeriggi di giorni estivi.
Devo ad Aurelio Tagliabue la gentilezza di avermi permesso di inserire tre suoi scritti su tre film nel blog e ça marche, evidentemente, visto che ieri abbiamo sfiorato il record assoluto del blog (in cui comunque non metterò la pubblicità). Quanta fatica e quante delusioni per riuscire a fare le cose insieme, per non essere dei testimoni velleitari! Ma è l'unica strada, e va percorsa. Finché non vedrò i grandi classici del cinema nelle Multisale non sarò contento. Scusa la lunghezza.

grazie Zena e saludos
Solimano