domenica 4 novembre 2007

A proposito di pirati (2)

Giuliano
A norma di legge, anch’io sono un pirata. Di audiocassette ne ho registrate tante, duplicate e regalate. Anche con i cd mi sono dato da fare; sui video non ho mai lavorato, ai dvd non sono ancora arrivato, chissà se farò in tempo prima che vengano dichiarati obsoleti. Il mio più grande successo come pirata è stata la “Musica sull’acqua” di Georg Friedrich Haendel, sia su cassetta che su cd; però anche l’integrale delle “Quattro Stagioni” di Vivaldi (mica solo i due o tre pezzettini che si usano per le suonerie) ha avuto un suo discreto successo.
Mi spiego: a me piace molto la musica, soprattutto quella meno banale e meno diffusa, e sono sempre vissuto in un ambiente dove queste cose sono poco conosciute o considerate con ostilità, strane e noiose. Quando, a scuola o in fabbrica, o magari in macchina, qualcuno ascoltava le cose che stavo ascoltando anch’io, le reazioni erano di due tipi: la prima, quella più frequente, di fastidio e disinteresse, con osservazioni del tipo “ma come fai ad ascoltare queste cose qui” o “ ma non ti addormenti ad ascoltare questa roba??”.
Però ogni tanto capitava che l’ascoltatore suo malgrado, messo davanti per la prima volta a qualcosa di bello ma difficile, rimanesse affascinato. In quel caso, regalavo e duplicavo più che volentieri le mie cassette e i miei cd, e continuerei a farlo se ne capitasse l’occasione; perciò ci sono rimasto male quando ho appreso che questo mio comportamento era considerato dalla legge come pirateria, e che per questo sarei stato passibile di sanzioni anche importanti.
Non so, forse sbaglio ma io penso piuttosto che dovrei essere pagato per quest’attività, e che è un peccato che io non abbia potuto svolgerla meglio, perché c’è davvero bisogno di far conoscere le cose belle ma non di primissimo ascolto. Una volta questo compito veniva svolto dalla Rai, nella sua normale programmazione, o dal cinema: c’era sempre qualche regista, in qualche film, che metteva una musica che ti faceva venire voglia di riascoltarla. A me è successo con i normali programmi Rai, con la tv e con la radio, e con i film di Kubrick (“Arancia meccanica” per Beethoven, “Barry Lyndon” per Schubert e Purcell, “2001 Odissea nello Spazio” per Richard Strauss). Ma questo succedeva negli anni 70-80 del secolo scorso: oggi non capita più, il servizio pubblico è stato seppellito dagli spot e dall’Auditel, e anche registi e intellettuali preferiscono parlare del Festival di Sanremo e dei cantanti più commerciali.
Ho letto anche, non molto tempo fa, il lamento di Veltroni riguardo al fatto che nessuno sceglie più Joyce e Balzac, nelle nostre biblioteche, e che – dove è possibile - si preferisce al libro il film su dvd (un film che non faccia pensare, che sia facile e che non sia impegnativo), o magari il videogioco. Non c’è da sorprendersi: il mondo dei libri “classici” e della musica “classica” non è di facile accesso, serve qualcuno che faccia da guida almeno agli inizi, e se nessuno prova (almeno provarci!) nemmeno a mettere i classici davanti ai giovani, i giovani non conosceranno mai i classici (e nemmeno il blues o la nostra musica popolare) e saranno costretti ad interessarsi soltanto ai video di MTV e alle canzoni di Sanremo. Lo stesso discorso vale per il cinema, e con questo blog stiamo provando, nel nostro piccolo, a proporre qualcosa di un po’ meno banale della solita programmazione.
Leggendo con attenzione quella scritta minacciosa che appare prima dell’inizio dei film su cassetta o su dvd, apprendo che è vietato anche il prestito: mi sembra una norma assurda. Prima di tutto: come si fa a controllare? abbiamo finanzieri bastanti da far circolare nelle case? E come si fa a stabilire che il dvd che ho in casa è mio o me l’ha prestato mio fratello? Arriveremo agli scontrini nominali, da conservare con cura anche dopo sei anni dall’acquisto?
E poi, ho cercato in diverse occasioni, negli anni scorsi, di regalare film che mi erano piaciuti e dei quali avevo parlato: ma in negozio non c’erano. Capitava con le cassette, per i dvd è lo stesso. Tanto per fare un esempio, e uno solo (ma ce ne sarebbero a decine) che non sia disponibile “Il Flauto Magico” di Bergman, nemmeno alla Ricordi di Milano, mi sembra davvero grossa.
Ed è importante il discorso sui diritti d’autore, ma il più delle volte i diritti non vanno all’autore. I diritti li hanno le tv e le case editrici: e questi qua che detengono i diritti ma poi mandano in onda in film alle tre di notte, o pieni di spot, o non rendono disponibili film e documentari, un bel discorso se lo meriterebbero; ma ci vorrebbe molto tempo e finirei col parlare di politica.
Preferisco aggiungere, come conclusione, che l’editoria riguardante i film è molto casuale e malfatta, a chiazze verrebbe da dire: alcune cose si trovano e altre no, alcune sono fatte bene e altre no; e il criterio è incomprensibile perché si trovano film poco commerciali e ne mancano alcuni che sarebbero certamente dei long seller. Ho una risposta a questo raffazzonamento sugli scaffali: quando si iniziò con i libri tascabili, più di sessant’anni fa, del lavoro furono incaricate persone che se ne intendevano, e molto: i libri tascabili hanno edizioni meravigliose, completissime e con note e spiegazioni molto utili. Idem per i dischi, dove si trovano da sempre (non appena la tecnologia ha reso possibile l’operazione) le integrali delle Sonate di Beethoven, o delle Cantate di Bach.
Per i film, questo non è successo: i film sono stati gestiti dai pubblicitari, dal marketing. Ormai sono loro che hanno in mano la cultura, gli ex paninari degli anni ’80 ormai quarantenni: con i risultati che vediamo.
Segnalo su dvd due eccezioni notevoli, i film editi dalla Dolmen e quelli della Ripley, che non solo pubblicano tutti i film di Wenders e di Herzog, ma lo fanno dando la possibilità di rivedere da capo tutto il film in compagnia dell’autore. Sarebbe un esempio da seguire, ma ne dubito: ormai i dvd sono in svendita nei supermercati, è già pronto l’ennesimo gadget indispensabile da comperare...

6 commenti:

Solimano ha detto...

Le immagini, scelte in bianco e nero, provengono dal Flauto Magico di Mozart-Bergman già presentato nel blog.
Nella prima, Tamino dorme, e le tre Dame della Regina della Notte (di cui non c'è del tutto da fidarsi) pian piano lo svegliano per presentarlo alla loro Signora.
Nella seconda, Tamino e Pamina cantano insieme. Si intravede anche il pubblico.
Nella terza, Tamino suona il Flauto Magico. I due animaloni ne sono incuriositi e ne saranno contenti.
Nella quarta, Papageno e Papagena si baciano, circondati da alcuni dei loro numerosi figlioletti per il momento solo ipotizzati, ma che certamente arriveranno.

saludos
Solimano

Roby ha detto...

La lettura di questo post mi ha fatto sorridere in alcuni punti (gli amici che chiedono: "Ma non ti addormenti ad ascoltare questa roba?" sono impagabili!), riflettere in altri. Probabilmente è vero, Giuliano dovrebbe essere ricompensato e non perseguito penalmente per la sua opera meritoria di diffusore musicale: ma le leggi sono quelle che sono, e questa non è la sola fra quelle discutibili. Finanzieri in ogni casa??? Oddio, nel caso dovrei avvertire mia figlia perchè corresse a distruggere tutte le copie scaricate da You-tube (che in generale, fra l'altro, fanno piuttosto pena)!!!!

Ave&vale

Roby

Giuliano ha detto...

Di recente ho letto un’intervista con il grande violinista Uto Ughi, che dava la colpa di tutto al ’68 e metteva sullo stesso piano questo e quello come responsabili dello sfascio della cultura italiana. Mi sono cascate le braccia, ma non mi sono sorpreso perché questo ragionamento sul ’68 circola indisturbato da molto tempo.
Ma sono passati quarant’anni, quattro volte dieci anni, che non è mica uno scherzo: possibile che nemmeno una persona come Ughi si renda conto che in questi quarant’anni qualcosa è pur successo? Lo sfacelo della cultura italiana ha nomi e cognomi che non sono certo quelli di Pasolini e di don Milani. Nel ’68 e negli anni ’70 c’era molta curiosità, in mezzo ai difetti che tutti sappiamo: si cercavano le musiche popolari, si riscoprivano i dialetti, si leggevano libri difficilissimi e ci si faceva un punto d’onore di conoscerli, alla Scala c’erano Claudio Abbado e Paolo Grassi che dicevano e mostravano che la grande musica era aperta a tutti, c’era Strehler al Piccolo... Invece siamo tornati a quello che diceva a Gadda negli anni ’30:
(...) Una Milano la cui gente, per Gadda, "sorride di pietà e di superiorità quando parla del governo, ma che è assente da tutte le attività del governo: assente dall'amministrazione, dalla magistratura, dalla cultura, dall'insegnamento". Per lo scrittore la ricca borghesia milanese degli anni '20 e'30 è incapace di andare oltre il concetto di produzione: "Soltanto chi fabbrica scaldabagni o maniglie di ottone stampato è una persona degna di considerazione".
"Il ladro, il ruffiano, la prostituta, il cocainomane, l'omosessuale di professione, il ricattatore, il ricettatore, il contrabbandiere di stupefacenti, la meretrice malata, il finto prete e l'oblato francescano in cerca d'avventure vengono a Milano aiutati, nutriti, confortati, soccorsi, difesi: ma se uno vuol leggere Orazio o Spinosa, poiché la natura gli fa preferire l'Ariosto allo scaldabagno e l'Analitica del Konisberghese alle maniglie di ottone stampato, quest'uomo è sicuro di essere ritenuto un pazzo da tutte le più aforistiche donne lombarde".
E in mezzo alla "cultura dello scaldabagno", prigioniero della logica di "fabbriche e fabbrichette, officine e officinette", davanti alle "nuove generazioni istupidite dalle sciocche iperboli della Gazzetta dello Sport", l'intellettuale "vive del suo Cicerone come il tarlo nella vecchia mensola". (...)
(di gian paolo serino, repubblica 21 ottobre 2007 , per I quaderni dell’Ingegnere, la rivista di studi gaddiani diretta da Dante Isella per Einaudi e “Villa Brianza”, scritti del 1929, ed.Adelphi)
Al posto dello scaldabagno potremmo mettere le immobiliari e i “creativi” della pubblicità. Per il resto, il mondo è girato e siamo tornati lì, al 1929 di Carlo Emilio Gadda, però su scala più grande.

Anonimo ha detto...

Io, ogni tanto trovo ancora in qualche film una musica che mi emoziona e che dopo mi vado a cercare. Una ricerca alla cieca, a volte senza conoscere nulla se non il mugolio che mi tengo stretto in testa per non dimenticarne il motivo. Qualche musica è tuttora orfana. Eppure ce l'ho dentro. Qualche altra ha nome, cognome e abito da sera, una gioia dopo solitari rovistamenti.
La legge che impedisce la libera circolazione del bello è una legge barbara di per sé.
Fortunatamente, nessuno potrà mai vietare a quelle musiche senza nome, alla scena di quel film di cui non ricordiamo più il titolo, o alla malinconia così ben descritta da uno scrittore del secolo scorso (il secolo scorso!) di continuare a circolarci liberamente dentro. E a fare scambio, in un modo o nell'altro.
Cari saluti
Laura

Solimano ha detto...

Roby, però, che figlia birichina che hai! Per me ha preso tutto dalla mamma. O dal papà, anzi dal babbo, come giustamente dite voi, anch'io ho sempre detto così, forse perché nato a Pracchia, sopra Pistoia.
Giuliano, il problema grosso non era - e non è - che ci fossero i produtti di scaldabagni e di ottone stampato, che magari non avevano tempo materiale perché lavoravano dodici ore al giorno, che si rendevano spesso conto che erano ignoranti e che ci tenevano a che i figli studiassero.
Il problema sono le aforistiche donne lombarde, che vanno avanti a battutine stroncagambe che si rimpallano l'una con l'altra senza mai mettere un sia pur piccolo valore aggiunto personale. Ancor più, il problema sono certi cosiddetti operatori culturali, pagati per farlo, la cui ultima preoccupazione è proprio l'acculturazione, tutti a giocarsala con i loro truschini interni. Ma io sono ottimista. Vedo che nelle tratte lunghe del metrò gente che legge, anche roba più tosta dei Tre moschettieri, vedo cha a Brera c'è sempre più genre che ci va, vedo che alla biblioteca di Lissone, per il il prestito dei film classici su DVD c'è una gara di corsa per salire il colle. Ma a parte anche tutto questo, io a fare il mio ci fatico e mi diverto, specie se sono in compagnia. Mi basta ed avanza.
Laura, è vero! Ci sono delle musiche che abbiamo dentro e di cui non sappiamo il nome, che poi non serve, come il nome di un pittore di un bel quadro di cui non guardiamo il cartellino nella Pinacoteca, un esercizio che consiglio a tutti. A me succede trovando in Google certe immagini di film; le immagini le ho dentro, ma dei film non mi ricordavo il titolo. Credo che bloccare gli scambi con assurde palizzate sia del tutto inutile, ma lo fanno anche certi grandi musei italiani, che mettono in rete riproduzioni di quadri loro piccole e brutte, come se ritenessero che quello che cattura l'immagine gli rubasse il Botticelli o l'Andrea del Sarto. I musei americani e inglesi non fanno così: sanno che più l'immagine è bella più le persone sono invogliate a visitare il museo.

saludos
Solimano

Giuliano ha detto...

Caro Primo Pardon Solimano, vedo che ci siamo capiti... (ma non sono solo le donne lombarde, è un po' tutto il Nord che gira così, maschi e femmine).
saludos
Giuliano