domenica 25 marzo 2007

Rashomon

Rashomon di Akira Kurosawa (1951) Toshiro Mifune, Machiko Kyo (88 minuti) Rating IMDb: 8.4
Ottavio

Se cerco nella mia memoria i titoli dei film che più hanno contribuito alla mia formazione, cioè a capire "come va il mondo", tra i primi cinque c’è sicuramente Rashomon. Come è noto è un film sulla relazione verità-menzogna, e sui meccanismi di interpretazione e rappresentazione individuale della realtà.
I fatti: un samurai e la moglie percorrono un sentiero nel bosco e vengono assaliti da un bandito. Questi uccide il samurai e violenta la moglie. Tempo dopo, durante un temporale, un monaco buddista e un boscaiolo rievocano la vicenda attraverso le dichiarazioni dei protagonisti al processo. Sia il bandito che la moglie del samurai, oltre al samurai defunto che viene fatto "parlare" attraverso una maga, forniscono una versione diversa dei fatti, ciascuno tendente a mettere nella miglior luce il proprio comportamento. Alla fine il boscaiolo confessa al monaco di aver assistito, non visto, al delitto, e fornisce la sua versione, "naturalmente" differente dalle tre precedenti.

Alcuni critici hanno parlato di commedia della menzogna, nel recensire questo film. Di influenza dell’amor proprio nel "giudicare" i fatti e nella benevolenza nell’"interpretare" il nostro ruolo. Insomma di convenienza, interesse nel costruire la propria verità.
Io preferisco parlare di commedia della verità, se possiamo definirla commedia. Anche partendo da un’assunzione di obiettività, ciascuno di noi osserva la realtà, sia che ne sia direttamente coinvolto o che sia un osservatore "distaccato", interpretandola secondo le proprie convinzioni e i propri pregiudizi, cioè in base alla propria esperienza e formazione. Così si spiegano le reazioni diverse, anche opposte, di diverse persone di fronte allo stesso accadimento. Quello che è significativo, nella circostanza, è la mancanza di "dolo", cioè ciascuno è sinceramente convinto della "sua" verità. Potremmo a questo punto scontatamente concludere: ma la verità esiste o ne esistono tante? Io propendo per la seconda ipotesi, ma mi rimane un ragionevole dubbio che, come dice Brecht "tra le cose sicure è la più sicura".

4 commenti:

Solimano ha detto...

La prima volta che vidi Rashomon non mi accorsi del grottesco pirandelliano di Kurosawa. Ero troppo affascinato dall'esotismo dei personaggi: il samurai, la moglie - di un erotismo che in occidente non si conosceva - e il bandito, con la carica vitale di Toshiro Mifune che ebbe poi pieno e più variegato sviluppo ne I Sette Samurai. Non mi accorsi neppure del ridicolo del duello fra il samurai ed il bandito, ognuno dei due con una paura folle dell'altro. Credo che Kurosawa abbia messo in Rashomon il vino di una problematica occidentale nella botte di una cultura soprattutto visiva orientale. Anche il fascino del bosco non sa di Occidente. Una operazione ambigua che in Giappone gli fu rimproverata. Ma la cultura di Kurosawa si era chiaramente compiuta sui grandi libri europei di Tolstoi e Pirandello. Credo, per contrappasso, che se lo rivedessi oggi tornerei a cogliere con maggiore piacere proprio gli aspetti esotici, quelli più lontani da noi, perchè su questo tema della verità e della menzogna ci si è mossi molto in questi decenni e le problematiche appaiono scontate: si parla di verità, non più di Verità.

Giuliano ha detto...

L'ultima volta che ho visto Rashomon risale a più di vent'anni fa. Da allora è andato fuori catalogo, in tv non lo trasmettono più e non si trova nè su dvd né su cassetta, neanche nei migliori negozi...
Giuliano

Solimano ha detto...

Io mi auguro che quello che dice Giuliano non sia vero, ma non ci metterei la mano sopra. Verificherò nelle due rivendite in cui in genere trovo quello che nei grandi punti di vendita non c'è: la Libreria Paolina dietro il Duomo di Milano e un'altra rivendita nei pressi del cinema Anteo, in cui ad esempio, con mia lieta sorpresa, ho trovato una confezione - economica fra l'altro - dei primi sei film di Rohmer. Trovo però fastidiosa la mancanza di consapevolezza riguardo il cinema come arte-guida del Novecento. Il cinema andrebbe visto su grande schermo, non negli scatolotti a cui ci siamo purtroppo abituati: costerebbe poco che i comuni delle dimensioni di Monza si accordassero con una multisala perché una sera alla settimana una delle sale fosse destinata alla proiezione di un grande film storico, da I Sette Samurai (edizione completa, s'il vous plait) a Nashville (con un ottimo impianto audio), da il Casanova di Fellini a Barry Lyndon di Kubrick, e La Grande Illusione, les Enfants du Paradis... Costerebbe meno che l'organizzazione di una delle tante piccole mostre a cui non va quasi nessuno, ma di cui gli Assessori alla Cultura sono fieri come se quei quadrucci li avessero fatti loro. Volevo parlarne con Annalisa Bemporad, che conosco, ma siamo sotto campagna elettorale, non mi ascolterebbe!

saludos
Solimano & Primo

Giuliano ha detto...

Leggo su Repubblica del 5 aprile che Rashomon è di nuovo disponibile, almeno su dvd...
era ora
Giuliano