giovedì 29 marzo 2007

Il gusto degli altri

Le gout des autres di Agnès Jaoui (2001) Sceneggiatura di Jean-Pierre Bacri e Agnès Jaoui Con Anne Alvaro, Jean-Pierre Bacri, Alain Chabat, Agnès Jaoui Musiche di Mendelssohn/Purcell/Handel (canta Kathleen Ferrier) ma c'è anche Schubert suonato da Benedetti Michelangeli, Verdi cantato dalla Gruberova e tante canzoni, persino il "Je ne regrette rien" (112 minuti) Rating IMDb: 7.2
Solimano
"L'enfer c'est les autres", così Sartre, che ne ha dette troppe e che ci si deciderà finalmente di non leggere. Mi piace mettere i titoli dei film in lingua originale, se è l'inglese o il francese o lo spagnolo, ma perché farlo con "Le gout des autres"? Il titolo italiano è fedelissimo, quindi uso la lingua che conosco meglio, Agnès Jaui sarebbe d'accordo, anzi chiamiamolo anche come l'hanno chiamato dalle altre parti: "The Taste of Others" (notino le maiuscole), "Para todos los gustos", "Lust auf anderes"... Chi non ha visto il film non può capire l'immagine che metto qui sopra: un uomo grosso, probabilmente grossolano, già di una certa età, che parla con una donna anche lei non più giovane, di una finezza un po' debole, al limite sfigata. Ma che avranno mai da dirsi, questi due? Non solo, che avranno da dire a noi? Che ce frega, a noi, del loro dialogo faticoso e felice, lei che insegna privatamente inglese per guadagnare un po' di soldi perché la sua vera passione, quella di fare l'attrice drammatica, non le consentirebbe di vivere decentemente e lui, un industrialotto fattosi da solo, tanto deciso quanto ignorante, con moglie che tiene la casa come una bomboniera.

Solo che una sera va in un teatro di seconda schiera, di quelli che se la tirano facendo fatica a stare aperti, lui ci va con la moglie, ci va per dovere, stanco della giornata di lavoro e dice "Merde!" quando sente che la commedia è in versi, solo che è lei che dice quei versi e lui rimane lì ad ascoltarla con un'aria di baccalà, un baccalà però commosso. E ci torna la sera dopo, e compra il libro dove ci sono quei versi - non mi ricordo, forse di Racine, ci starò più attento la prossima volta che lo guardo. E lei è imbarazzata da questa passione fastidiosa, ne ride con il suo giro di amici teatranti, critici e pittori. Eccetera eccetera eccetera. Anticipo, per chi vuole certezze, che c'è anche il lieto fine. Immaginate un cuore, quelli di una volta, che il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce, un cuore che fa carriera, diventa cervello restando però pulsante, ma da cervello pieno di neuroni non sbaglia una mossa che sia una: ecco, questo è il cervello di Agnès Jaoui e del suo complice Jean-Pierre Bacri, autori di cotanta sceneggiatura. E il gusto per la musica? Ho cercato di riportare nelle righe iniziali più informazioni che ho potuto riguardo le musiche che percorrono il film, che non sono più musiche a sé stanti, sono diventate parte del film. Il gradimento in US è stato nettamente inferiore al gradimento europeo, e questo è preoccupante, per gli US. Quando qualcuno vi sta veramente sulle balle, amico o parente o nemico, guardatevi "Il gusto degli altri": sorriderete di lui e di voi e tutto andrà a posto, altro che enfer.

3 commenti:

Clelia Mazzini ha detto...

Uno dei film che ho più amato, uno di quelli che ho (ri-)visto più volte.
Scelgo questo per darti i miei migliori auguri per questo nuovo blog, che seguirò con attenzione.
La stessa che ho l'onore di ricevere da te.

Un caro saluto,

Clelia Mazzini

ottavio ha detto...

Visto e apprezzato, qualche anno fa, in un encomiabile cineforum monzese. Oltre alla vicenda vissuta dai due interpreti principali, il film ha altre storielle di contorno con finali "convergenti", una specie di "Sogno di una notte d'estate" in salsa francese.

Solimano ha detto...

Sì, ci sono una serie di storie collaterali, in particolare la sorella del protagonista che respinge il tentato plagio della moglie (con la scusa della tappezzeria), il cane mordace, il rapporto difficile - ma che poi si appiana - fra l'industriale e il suo assistente laureato, la storia che non va a buon fine fra la barista (la Jaoui) e la guardia, che pure si amano. Il finale poi è di incredibile finezza: l'attrice manda un biglietto numerato per la prima all'industriale, è delusa nel vedere che lui non c'è, si accorge solo alla fine che lui c'è, ma si è comprato il biglietto e quindi è in un altro posto. Una finezza e una lucidità impeccabili, non a caso Jaoui e Bacri sono molto stimati dal grande Alain Resnais, che già li aveva voluti entrambi in un suo film. E il flautista, che per tutto il film prova a suonare da solo? Solo alla fine del film si capisce perché, con la piccola banda che suona "Je ne regrette rien" come se fosse un motivo allegro, non drammatico. Si prova al tempo stesso ammirazione intellettuale e commozione, cosa rara.

saluti
Solimano
P.S. Grazie Clelia, sei la benvenuta.