
L'oro di Napoli, di Vittorio De Sica (1954) Dal libro di Giuseppe Marotta, Sceneggiatura di Vittorio De Sica, Giuseppe Marotta, Cesare Zavattini Con Silvana Mangano, Sophia Loren, Eduardo De Filippo, Paolo Stoppa, Erno Crisa, Totò, Lianella Carell, Giacomo Furia, Tina Pica, Alberto Farnese, Tecla Scarano, Mario Passante, Pierino Bilancioni, Lars Borgström, Gianni Crosio, Nino Imparato, Ubaldo Maestri, Vittorio De Sica, Roberto De Simone, Teresa De Vita, Irene Montaldo Musica: Alessandro Cicognini, Fotografia: Carlo Montuori (131 minuti) Rating IMDb: 7.5
Solimano
Nel 1953 (un anno prima dell'uscita del film di Vittorio De Sica) veniva pubblicato il libro "Il mare non bagna Napoli" di Anna Maria Ortese, che vinse il Premio Viareggio ex aequo con "Novelle del ducato in fiamme" di Carlo Emilio Gadda.
Del libro della Ortese faceva parte anche una inchiesta giornalistica intitolata "Oro a Forcella" che era già stata pubblicata nel 1951 su Il mondo con il titolo La plebe regina. Ne inserisco qui un brano breve sia perché mi sembra attualissimo, sia perché, dopo l'uscita del film di De Sica, ci furono contrapposizioni accese sull'immagine di Napoli che usciva dai libri di Marotta e quella del tutto diversa che usciva dai libri di Rea, Prisco, Ortese.
Ecco il brano di Anna Maria Ortese:
"Non occorreva molto per capire che qui gli affetti erano stati un culto, e proprio per questa ragione erano decaduti in vizio e follia; infine una razza svuotata di ogni logica e raziocinio, s'era aggrappata a questo tumulto informe di sentimenti, e l'uomo era adesso ombra, debolezza, nevrastenia, rassegnata paura e impudente allegrezza. Una miseria senza più forma, silenziosa come un ragno, disfaceva e rinnovava a modo suo quei miseri tessuti, invischiando sempre più gli strati minimi della plebe, che qui è regina. Straordinario era pensare come, in luogo di diminuire o arrestarsi, la popolazione cresceva, ed estendendosi, sempre più esangue, confondeva terribilmente le idee dell'Amministrazione pubblica, mentre gonfiava di strano orgoglio e di più strane speranze il cuore degli ecclesiastici."
Le parole della Ortese esprimono bene i motivi di alcune critiche rivolte all'episodio "Pizze a credito", generalmente noto come l'episodio della Pizzaiola, la ventenne Sophia Loren. Un episodio boccaccesco, ma tutt'altro che allegro.
Così scriveva Guido Aristarco su Cinema Novo, 1955:
"Prendiamo a esempio l'episodio della pizzaiola. Esso oltrepassa i limiti ristretti del bozzetto divertente con un personaggio che appartiene a un altro capitolo del libro, La morte a Napoli. Così non godiamo più, o non godiamo soltanto, «lo scandalo dell'anello di smeraldo», ma ci soffermiamo su un carattere tipico del napoletano, quella sua tendenza alla teatralità e all'eccessiva drammaticizzazione. Lo spiritato Don Peppino Finizio invoca la moglie appena morta, si divincola fra le braccia degli amici, si vuole uccidere: con un coltello da cucina, lanciandosi contro uno specchio, buttandosi dal balcone; ma finge, come se fosse su un palcoscenico: questa finzione, sottolineata da un particolare (prima di far il gesto di buttarsi, si volta indietro e attende che gli amici lo abbiano agguantato), manca nel libro."
Poi tutto s'aggiusta (immagine in fondo). Alfredo, interpellato dai coniugi pizzaioli, dice che sì, in mattinata, ha trovato in una pizza l'anello di Sofia, e lo restituisce con galenteria. Un vero signore. Rosario nota meravigliato che nel quaderno dei creditori non risulta che stamattina Alfredo abbia preso una pizza. "Infatti non ne ho preso una ma due!" risponde Alfredo. Sofia conferma e tutto va a posto, salvo che Rosario è sempre più ingrugnato. Prima o poi si abituerà, diamogli tempo.
4 commenti:
Uno degli episodi che preferisco, principalmente per merito di Paolo Stoppa, un grandissimo, quando chiama la sua Clara...
Come sempre, gran voglia di rivederlo.
Stoppa, Tofano, Buazzelli...attori così non ce ne sono più, ed è questo che manca, non i bei ragazzi e le belle ragazze (che ci saranno sempre).
Oggi danno del "maestro" perfino a Masciarelli, figuriamoci.
Ho ancora due post da scrivere su l'Oro di Napoli, che è un film in cui non è tutto oro quello che luce (a partire dal libro di Marotta). Ad esempio, in questo episodio, che evidentemente stava molto a cuore al produttore, ci trovo delle forzature: la Loren pizzaiola è troppa troppa troppa. Però malgrado le costrizioni, magari accettate volentieri, De Sica ne esce alla grande, con i pochi minuti del vedovo Stoppa e col risvolto di fondo non boccaccesco ma cinico che dà alla faccenda della pizzaiola. De Sica era nato attore, e si trova naturalmente in difficoltà (perché fa il tifo per il suo mestiere nativo), con i mostri sacri attoriali: Totò, Eduardo, Loren, Mastroianni. Difficoltà perché perde in lucidità e coerenza artistica. Ne l'Oro di Napoli, le parti che amo di meno sono proprio quelle dove ci sono Totò, Eduardo, Loren. Diverso il caso dell'episodio dove c'è la Mangano, di cui devo ancora scrivere il post.
grazie e saludos
Solimano
Clicco su queste immagini per ingrandirle, e mi perdo dentro la bellezza del bianco e nero.
Grazie mille, Solimano!
Roby
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