Giulia sul suo blog Pensare in un'altra luce
Ho letto “Il cacciatore di aquiloni” di Khaled Hosseini prima che uscisse il film e non ho voluto andare prevenuta a vederlo. Sapevo che un libro così ricco e denso non era di facile trasposizione. Ed è stato così come mi aspettavo. Un film dignitoso, ma non certo un capolavoro.
“Ho scoperto che negli anni '70 Kabul era così bella, - dice il regista - da essere considerata la Parigi dell'Asia, per il suo stile, gli abiti, e in 30 anni di guerra è stato distrutto tutto”. Questa considerazione salta agli occhi sia vedendo il film sia leggendo il libro.Un'amicizia, dunque, che nasce nella Kabul cosmopolita degli anni 70, prima dell'invasione russa e del dominio talebano, quando ancora era possibile che due bambini, l'uno pashtun e l'altro hazara, potessero giocare insieme in una città colorata, facendo squadra nel gioco della caccia agli aquiloni.
Amir e Hassan sono però inseparabili: “Hassan ed io avevamo succhiato lo stesso latte, avevamo mosso i primi passi sullo stesso prato e avevamo pronunciato le prime parole sotto lo stesso tetto".
alla ricerca dell’ultimo aquilone caduto
Quello stesso giorno Amir assiste di nascosto allo stupro del suo giovane compagno di giochi da parte di un gruppo di ragazzi che da tempo lo minacciavano, una banda di ragazzini pashtun. Amir non interviene e vive tutta la vita con questo rimorso. Hassan lo aveva difeso tante volte, lui come un vigliacco gli aveva voltato le spalle ed era scappato fingendo di non aver visto nulla.
Quando incontra di nuovo il suo amico, qualcosa si era rotto per sempre. Hassan “cercò di dire qualcosa, ma la voce gli si incrinò. Aprì e rinchiuse la bocca due o tre volte, senza riuscire a parlare. Fece un passo in avanti. Si pulì il viso con la manica. Il racconto di quanto era accaduto quella sera nel vicolo non andò mai oltre quei gesti senza parole”.“Ma non è vero che si può seppellire il passato: Il passato si aggrappa con i suoi artigli al presente”.
Quando le truppe sovietiche invadono il suo Paese, il bambino è costretto a fuggire negli Stati Uniti con il padre Baba, ma il senso di colpa per non aver aiutato il suo piccolo amico non lo abbandonerà più.
Negli Stati Uniti cresce, si diploma, inizia una vita nuova insieme a suo padre che rimarrà sempre legato alla sua terra.
Conosce Soraya, la donna che diventerà sua moglie, e pubblica il suo primo libro, coronando il sogno di diventare uno scrittore.Quando io parlo di speranza e a questo che mi riferisco.
Marc Forster, pur avendo realizzato un film piacevole, non riesce a tradurre in immagini (nella inevitabile sintesi della sceneggiatura) le emozioni che il libro suscita nel lettore. Non trova una propria cifra stilistica, rimanendo probabilmente troppo legata al testo, anziché cercare una propria strada poetica e concettuale.
Il film ha comunque suscitato grosse reazioni. Proprio la scena dello stupro (certo forte, ma non cruda) ha provocato le ire del governo afgano che ha vietato, per bocca dell'Afghan film (istituzione statale che si occupa della censura delle pellicole), la distribuzione nel Paese perché «certe scene sono discutibili e inaccettabili per alcune persone e potrebbero provocare reazioni e problemi per il governo e la popolazione”. I due piccoli protagonisti, Zekiria Ebrahimi e Ahmad Khan Mahmoodzada, sono stati minacciati, messi sorto protezione e, pare, costretti ad abbandonare l'Afghanistan insieme alle loro famiglie. Tutto ciò la dice lunga sulla tensione in Afghanistan (il governo è preoccupato per le ricadute negative sull'alleanza politica fra hazara e pashtun), se un film sulla fratellanza e l'amicizia tra i popoli e le etnie viene accusaro di aizzare odi razziali.

4 commenti:
Ne ho sentito molto parlare, ma non avevo mai capito bene di che cosa si trattava. La stessa cosa mi era successa con "Il vento fa il suo giro", e adesso ho le idee più chiare, finalmente.
Perà a questo punto mi viene il dubbio: ma quelli che parlano dei film in tv e sui giornali, poi i film li hanno visti per davvero?
Giulia, eppure sia il libro che il film non dicono tutta la verità, forse perché non possono dirla: il tribalismo e la soggezione sessuale (femminile e maschile, come no) sono abitudini arcaiche da dismettere, punto e basta.
Come era una abitudine arcaica l'incesto, che per secoli e secoli è stato più la regola che l'eccezione, e che era largamente diffuso in certi paesi europei fino ai primi decenni del Novecento.
E sulla pedofilia, sappiamo tutti -perché abbiamo naso- che gran parte dei fatti di pedofilia avvengono all'interno delle famiglie. Ma di questo i giornali non parlano, perché fa comodo proiettare tutto sul pedofilo vagolante per strada.
Mio cugino è stato per nove anni in India, non a fare l'hippy ma per grandi costruzioni internazionali. E l'India è un grande paese con una grande cultura storica. Mi diceva che gli dispiaceva vedere arrivare in certi posti la Coca Cola e Macdonald's e sul momento gli ho dato ragione. Ma oggi penso che dove arriva il mercato l'arcaico tribalismo arretra e pian piano sparisce: il mercato è un cavallo di Troia che fa più dei buoni sentimenti, perché schioda l'autorità tribale, che si esercita soprattutto in due campi: le robe e le donne (vedi il formulario identico nei dieci comandamenti).
Ma nessun capotribù o pretaccio rinuncerà gratis al suo potere, sarà costretto a rinunciarci solo se non gli daranno più retta.
Noi non possiamo chiamarci fuori, basta leggere quello che ha scritto il cardinale Martini sui festeggiamenti per il quarantesimo anniversario della Mater et Magistra. Cosa c'è da festeggiare, oggi, in una enciclica che vietava l'uso della pillola anticoncezionale? Ex cathedra, per giunta. Noi sbagliamo, a prendercela col mercato e col consumismo: certe soggezioni si schiodano solo coi cambiamenti di costume. Un paradosso, ma è così che funziona.
Qual'è il punto? Che il mercato ed il consumo devono avere una grande possibilità di scelta libera, non essere dei monopoli, sennò è solo tribalismo cosmetizzato, come oggi in Italia.
grazie Giulia e saludos
Solimano
Questo film e soprattutto il libro non dicono molte cose. Il libro ha entusiasmato molti, io non posso die di esserne rimasta entusiasta, mi è piaciuta la delicatezza con cui racconta, ma certo molto, molto è omesso. Nonostante questo ha dato fastidio e questo la dice lunga, Giulia
E' una storia che induce alla riflessione ed alla commozione. Quando un libro ti parla anche al cuore è un ottimo libro. Sono rari gli autori moderni capaci di trasmetterti un sensazione:Hossein è uno di questi.
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