lunedì 15 settembre 2008

Il lavoro nel cinema: Tutta la vita davanti

Tutta la vita davanti, di Paolo Virzì (2008) Dal libro "Il mondo deve sapere" di Michele Murgia, Sceneggiatura di Francesco Bruni e Paolo Virzì Con Sabrina Ferilli, Elio Germano, Valerio Mastandrea, Massimo Ghini, Micaela Ramazzotti, Isabella Ragonese, Elena Arvigo, Valentina Carnelutti, Claudio Fragasso, Edoardo Gabbriellini, Federica Gori, Pinto Stefano Musica: Franco Piersanti Fotografia: Nicola Pecorini (117 minuti) Rating IMDb: 7.4
Solimano
Da troppo tempo non vedevo più un film di Paolo Virzì. Ma non si può fare tutto, le cose vanno messe una in fila all'altra procedendo per priorità, però a Paolo Virzì debbo il piacere che mi hanno dato almeno quattro suoi film: La bella vita, Ferie d'agosto, Ovosodo, Baci e abbracci. In tutti e quattro il tema del lavoro è ben presente; inoltre, a parte Ferie d'agosto, hanno una precisa ambientazione in Toscana, fra Livorno, Cecina e Piombino. Una Toscana vera, senza il simpaticume birichinesco dei toscani un po' cattivi ma tanto spiritosi e così simpatici, signora mia! Quindi Paolo Virzì sceglieva spesso persone brutte (anche gli attori e le attrici) e posti brutti. Faceva bene, il risultato era che quei film, per niente pedanti, non annoiavano e facevano pensare.
Il film "Tutta la vita davanti" non è a quel livello, ma il tema è importante e vengono dette cose che è bene siano dette, però ha un difetto: liscia un po' troppo il pelo agli spettatori giovani non dicendo sempre la verità, forse perché Virzì non la sa neppure lui. Ci sono delle verità che è bene sapere, anche se di per sé appaiono sgradevoli. Quindi faccio il sofista, dicendo alcune verità che conosco -salvo smentita.

Comincio dalla laurea con lode di Marta (Isabella Ragonese). Niente di male, ha scelto la facoltà di Filosofia perché filosofia le piaceva, ma non capisco perché, visto che quella laurea se l'è sudata, debba interiormente pretendere che la società la paghi come filosofa. Già la sessione di laurea è tipica: tutti professori vecchi bacucchi però con lo sguardo vivo e che a pranzo e a cena stanno sicuramente a tavola con lo spirito di Heidegger (magari anche con Schmitt e Habermas). Non sto dicendo che un giovane non deve fare filosofia, ma se lo fa, deve sapere quello che l'aspetta. Certo che è possibile la carriera accademica, ma per chi? Lo sappiamo benissimo tutti, suvvia: se il papà insegna filosofia all'Università di Bologna, il figlio è probabile che cominci presso qualche altro Ateneo (non a Bologna, non starebbe bene, ma a Bologna prima o poi ci torna).
Su questo tema il film insiste continuamente, coinvolgendo anche la bimbetta Lara figlia di Sonia (Micaela Ramazzotti), bimba che Marta accudisce come baby sitter in attesa di filosofici tempi migliori. Propina alla bimba Platone e Zenone invece delle fiabe, finché alla fine del film Lara, completamente plagiata, dice che da grande farà Filosofia. Scelta bellissima, come no, ma faccia in modo che qualcuno provveda al suo mantenimento, oppure (e non sarebbe per niente male) decida che farà altre attività in cui potrà avere una marcia in più non per il pezzo di carta, ma perché con Filosofia ha imparato a ragionare. La c'è la differenza!

La mamma di Lara, Sonia, lavora al call center della Multiple Italia, una multinazionale di fantasia, e convince anche Marta ad andarci. La Multiple Italia del film è una specie di associazione a delinquere apparentemente allegra ma profondamente tragica. Esistono, aziende così? Sì che ci sono. La Multiple Italia tratta articoli fondamentalmente inutili (perché l'acqua del rubinetto è generalmente buona) utilizzando argomentazioni che speculano su paure, ignoranze, luoghi comuni: la telefonista getta l'amo e fissa l'appuntamento, il venditore va a casa con l'apparecchio per venderlo e incassare i soldi. La casalinga si terrà l'inutile oggetto mettendolo da parte dopo un po' di tempo, perché si accorgerà che non le serve, ma non dirà in giro che l'hanno fregata, per non fare brutta figura.
Questo sistema si basa su una serie di inghippi su cui non mi dilungo, uno però lo racconto, perché a tutto arrivano: la prova del cane. Mettono di fronte al cane di casa due ciotole, una con l'acqua del rubinetto e l'altra con l'acqua trattata e il cane beve l'acqua trattata!

Ma anche qui, non si può fare di ogni erba un fascio. La Multiple Italia è certamente una azienda priva di ogni moralità (perché il prodotto non è basato su un valore aggiunto ma sull'inganno) ma esistono tante aziende che forniscono prodotti o servizi a valore aggiunto ed hanno bisogno del telemarketing e della visita a domicilio.
Poi ci sono le misurazioni, e anche qui il film trasforma l'esigenza in caricatura. Se una persona telefona per ottenere appuntamenti, se un'altra persona fa visite per ottenere la vendita, l'azienda deve poter misurare la produttività della telefonista e del venditore. Altrimenti, come si regola?
Occorre anche decidere qual è il numero ottimale di telefonate e di visite, e qui dico una cosa sorprendente: non è detto che questi numeri più alti sono meglio è, ci sono numeri che è bene non superare, sennò il cavallo non beve: ci sarebbero delle giornate in cui la persona più telefonate fa peggio fa, perché non ottiene nessun risultato. L'accanimento non aiuta.

Riguardo l'aspetto motivazionale la Multiple Italia non è solo in mano a dei delinquenti, ma a dei delinquenti incapaci. Perché non si indica al ludibrio universale quello che ha ottenuto i risultati peggiori, né si tollerano comportamenti di bassa goliardia fra i venditori, come scrivere col pennarello io sono uno sfigato sulla fronte del reo. Il motivo è semplice: le persone non sono stupide e quando vedono comportamenti del genere pensano: "Prima o poi toccherà anche a me", e si regolano di conseguenza. Il sistema motivazionale è importante, e non a caso si chiama sistema premiante, non sistema premiante e punente.
Un esempio concreto, per capirci. La differenza fra l'aumento di stipendio ed il premio sta in un fatto: l'aumento di stipendio è un fattore di mantenimento della soddisfazione, il premio è un fattore motivante. Capitò che a due persone che facevano lo stesso lavoro venissero dati nello stesso giorno due premi diversi: al primo una somma in denaro, all'altro una penna stilografica, di valore venale inferiore. Il secondo ci rimase male, e prendendo un caffé insieme continuava col perché qui e perché là, che non era giusto etc etc. Siccome mi stavo stufando (fra l'altro sapevamo tutti che c'era una bella differenza fra le due persone) gli dissi: "Tu devi guardare solo te stesso: adesso hai una bella penna che ieri non avevi". Mi guardò male ma non aveva la risposta (anche perché non c'era risposta).
Quindi, il guaio di un film utile ed importante come questo è che porta a generalizzazioni e semplificazioni che non aiutano a capire che cosa succede realmente, pro e contro.

Perché, e sono certo che qualcuno mi manderà al diavolo, Macdonald e l'Ikea sono due organizzazioni che ci volevano e che hanno migliorato la situazione generale. Non vado mai da Macdonald perché non mi piace quel genere di cibo, ma prima di Macdonald, ve li ricordate i posti dove prendere panini, o pizze o robe del genere? A partire dalle cucine, passando per chi ti serve a tavola e finendo con le toilette, senza dimenticare i prezzi. Difatti, fecero di tutto perché Macdonald non attecchisse, non fossero date le licenze. Dopo, hanno dovuto adeguarsi, sono sorte altre catene, i prezzi sono più controllabili (è il cliente, il controllore dei prezzi) . Sanno che il cliente ha l'alternativa, quindi tutti stanno più attenti.
Con l'Ikea poi, qui in Brianza è stato scandaloso: per dieci anni hanno impedito che aprisse, poi, quando ha dovuto trasferirsi perché lo spazio non bastava, altri anni per le autorizzazioni. I mobilieri brianzoli avevano puntato più che sulla competitività, sulle connivenze locali di ogni tipo. Ma noi siamo boccaloni: guardate quanti prodotti biologici (cosiddetti...) sono in vendita nei supermercati, a prezzi certamente non biologici.
All'Ikea ci vado, da Macdonald no, come è mio diritto decidere. Sono ovvietà, nei paesi civili, ma noi ci siamo fatti menare per il naso dai Cobas del latte con le loro quote di carta perchè portavano a spasso la mucca Carolina. Le altre mucche, quelle serie, le mungevano i sikh, così i guerrieri dei trattori avevano tutto il tempo per le loro quote di carta. Idem Bové in Francia, che è di sinistra come io sono marziano o venusiano.

Torno al film. Dice due cose molto giuste. La prima è il sesso. Nel disagio generale che c'è in tante aziende, grandi e piccole, il sesso, proprio sesso sesso, è divenuto un fattore consolatorio piuttosto diffuso.
E' facile fare la morale, ma la diffusione dei cosiddetti amori aziendali -che di amore hanno ben poco- dipende dalla durezza della vita, ogni giorno fai un lavoro di puro mantenimento, ma che non ti piace. Si passano più ore con i compagni e le compagne di lavoro che nelle famiglie, considerati anche i pesanti tempi di viaggio. Lavori ripetitivi con la testa che cerchi di tenerti libera, per non farti asservire.
Virzì questo tema, del sesso consolatorio più che liberatorio, lo ha inserito in tutti i quattro film che ho elencato all'inizio, e così fa anche in questo. Fa bene, e la mia impressione è che in qualche modo si tratta di una autodifesa della propria vita personale in una situazione di alienazione necessitata.

La seconda cosa è la carriera come trappola di asservimento, con il rischio quotidiano che tutto sia compromesso. E' il personaggio di Daniela (Sabrina Ferilli), la capo-sala del call center.
Esistono tante situazioni del genere: la prima cosa che succede a un capo è che si despecializzi, quindi perda in professionalità. Per ciò stesso è indifeso. Apparentemente è un privilegiato, ma vive una situazione di quotidiano stress, perché ce ne sono, di persone che vorrebbero essere al suo posto, e le aziende lo sanno. Per cui si verifica che col dipendente (io lo chiamo così, collaboratore mi dispiace di più) l'azienda va cauta, ma con i capi e i cosiddetti quadri (proprio un bel nome...) va giù molto piatta. Succede di tutto, da un giorno all'altro uno si trova senza più il giro per andare in mensa, non lo salutano più. Bisogna accudire con attenzione al mantenimento della propria professionalità, del cosiddetto valore di mercato. Sarà brutto, chiamarlo così, ma ci si capisce. Tutti argomenti su cui (a parte i fruitori di stock option) negli ultimi quindici anni la situazione è continuamente peggiorata. Toccheremo il fondo, prima o poi, ma sono convinto che la losca battuta che si rimpallano certi Direttori del Personale: "Perché prevenire, quando si può reprimere?", si rivelerà per quello che è: una colossale stupidata. Intanto quanti danni però, di ogni tipo: umani, familiari, sociali, aziendali.

20 commenti:

Anonimo ha detto...

Una Toscana vera, senza il simpaticume birichinesco dei toscani un po' cattivi ma tanto spiritosi e così simpatici, signora mia!

Già questa frase vale un mondo, visto che c'è una generazione di toscani che cercano di assomigliare ai vari ribaldi portati al successo da quattro battute stupide, con risultati che vanno dal desolante all'irritante.
Peraltro ci sono passati, tutt'altro che indenni dal mio punto di vista, i romani, i napoletani e pure i milanesi.
Sono contento di non essere abbastanza caratterizzato, come triestino, almeno non sento affermare "sai i triestini qui i triestini là.
Voglio essere o apparire coglione o scemo, ma in modo originale e tutto mio.
Hai ragione anche sull'Ikea e sui McDonald: è comunque un'alternativa che prima non c'era, mica ti obbligano a entrare con la pistola.
Quello che non va, ma è discorso ben diverso, è l'ideologia che c'è dietro a McDonald, ma vale anche per il 99% dei prodotti finiti.
Virzì mi piace moderatamente, ma lo trovo un po' autoreferenziale e ripetitivo: non ho visto il film di cui parli nel post, se ho tempo rimedio.
Ciao e buona giornata.

Anonimo ha detto...

Caro Solimano, mi sembra onesto aspettarsi (non solo interiormente) che la società ti paghi per essere filosofa (meglio, insegnante di filosofia, come canta Fossati). Se così non fosse, che quella facoltà venga chiusa, dunque! se ritenuta inutile, e non solo a cagione dei vecchi bacucchi che, peraltro, affollano anche le altre facoltà.
Non mi sembra una ragione sufficiente quella di “te l’avevo detto”. Li facciamo laureare tutti in ingegneria o economia aziendale, per rispetto delle aspettative?
Poi dissento sul “plagio” nei confronti della bambina, già grandicella. Meglio affabulare con Zenone e Platone che lasciarla, da sola, davanti ad un televisore. C’è già la madre, com’è giusto che sia, ad insegnarle cosa si fa per campare (ahimè!).
Se si cenasse anche con Heidegger (filosofo non scelto a caso, nulla è scelto a caso, nel film) non sarebbe un gran male sai?
Ed è strano che finisca tu nella aspettativa di pretendere che le aziende, che utilizzano il call center, debbano essere filo d’erba, piuttosto che fascio e seguire le ottime regole che tu descrivi e che avrai senza dubbio verificate.
Anche il sesso tra colleghi (unico tema che rende il tuo giudizio meno aspro) nel film non è inteso nelle forme che conosci tu (sociologicamente, intendo). Da un canto c’è la relazione di potere a incastro (che nulla c’entra con l’alienazione e la consolazione) tra il datore di lavoro e la segretaria, promossa “manager”, ma amante che spera di essere –presto o tardi - sposata, e dall’altra il sesso tra i giovani, consumato e senza “senso”.
Scusa, ma mi pare che la tua critica, parziale, sia stata limitata dal pregiudizio (non kantianamente inteso). Per fortuna che c’è il cinema! Ma, forse ho inteso male io e tu, invece, hai voluto fare ironia. Non l’ho capito, davvero! :(
La mia lettura del film è questa .

Giuliano ha detto...

Mah, anch'io comincio ad avere una certa età e quindi vedo le cose in modo diverso da quando avevo vent'anni.
A vent'anni guardavo con invidia chi faceva l'università (io ero a lavare i quadri in stamperia), poi mi sono reso conto che quello che dice Solimano è vero. Tristemente vero.
In questi ultimi anni, poi, mi sono reso conto che il discorso non vale solo per Filosofia, o per Giurisprudenza, ma anche per Medicina! Il che è francamente spaventoso, peggio di un film dell'orrore, ma la cronaca quotidiana ci ha abituati anche all'orrore (I medici che sono arrivati alla laurea solo per averla comperata o per compiacenza sono davvero un incubo).
Bello anche il discorso sui macdonalds, ma qui mi fermo. La mia conclusione è che ai ragazzi e alle ragazze andrebbe spiegato:
un conto è ciò che ti piace studiare, un altro conto è ciò che porta i soldi.
Cioè proprio quello che faceva incazzare chi stava a sinistra nel '68: per un po' ci siamo illusi che il mondo fosse diverso da quello dei nostri antenati, adesso anche il '68 è passato, e soli ci ha lasciati, senza nemmeno il conforto dei sogni ad occhi aperti.

Solimano ha detto...

Cara Angela, prima cosa, che è la più importante. Non sapevo del tuo post su questo film (non si può sapere tutto!). Provvederò, se tu me lo consenti, a pubblicarlo anche in Abbracci e pop corn perché esprime una esperienza au pair con la mia, e naturalmente diversa perché siamo persone diverse umanamente e culturalmente ed è bello che sia così.
Vengo al dunque. Tu parli degli insegnanti di filosofia, ed è giusto, perché l'aspirazione di uno che segue Filosofia mira generalmente a quello, ma anche qui ho la mia da dire. Ci sono cose molto importanti che nessuno racconta ai ragazzi a scuola: biologia, etologia, antropologia etc, cose in cui nell'Ottocento e nel Novecento sono state fatte delle scoperte scientifiche importanti per la nostra vita.
Una volta i chierici parlavano della filosofia come ancella della teologia, oggi si pretenderebbe che la scienza (intesa popperianamente), fosse ancella della filosofia come la si intende tradizionalmente. Non è così, non deve essere così. La falsicabilità esiste e il provando e riprovando pure, ed è di qui che bisogna partire, altrimenti va bene tutto e il contrario di tutto. Riguardo Heidegger, che dire? Sto con lo scetticismo, con l'empirismo, con il pragmatismo anglosassone, da Hume in poi, quindi sono lontanissimo dall'idealismo e da tutti i tardi e tardissimi idealismi. Ma in Italia, fra crociani, gramsciani e vaticani è dura la vita per gli empiristi e i pragmatici, e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Riguardo la bimbetta Lara, l'alternativa non è la TV, ma le favole e le fiabe, che sono vere, come giustamente diceva Calvino. Ma soprattutto sono contrario al filosofo di stato, al poeta di stato, al regista di stato, al cantante di stato, all'attore di stato, al pittore di stato. La controprova è nel fatto che ci sono facoltà in cui il problema del numero chiuso non si pone: matematica ed ingegneria ad esempio, a cui ci sono meno iscritti di quello che sarebbe desiderabile. Non chiedo allo stato la felicità e la bellezza, ma che mi dia dei servizi efficienti ed efficaci. La felicità e la bellezza sono miei obiettivi personali che condivido con tante persone. Ci battiamo per questi obiettivi personali perché se diventano comuni è meglio, ma vedo i guai che ogni giorno combinano gli impiegati della cultura: il Leonardo su tavola a Tokio, ad esempio. Se tornassi indietro, rifarei ingegneria per tanti motivi, ma terrei ben presente la facoltà di Filosofia, deciso a farla bene. Poi, per il mio mantenimento provvederei a modo mio, facendo un ottimo mestiere con le mani: l'idraulico ad esempio. Ma non chiederei allo stato di pagarmi in quanto filosofo, o poeta, o pittore o blogghiere. Sono ambiti diversi che vanno tenuti separati, altrimenti, ad esempio, succede un fenomeno di incomprensione totale delle logiche di cui vive una azienda che lavori per obiettivi (come è giusto). Non sono né buone né cattive, ci sono e basta, e se non le si rispetta, Alitalia docet.
Sul sesso in azienda e fuori(ottimo argomento!), parleremo un'altra volta, mi sono dilungato troppo.
Caro Amfortas, ho ghignato molto sul tuo essere triestino. Molto molto molto. Ho vissuto per due anni avendo casa ad Udine ed ufficio a Triese, in piazza dell'Unità. E il ricordo dei rapporti (?) fra furlani e triestini ed dei loro singolari linguaggi costituisce consolazione non piccola nelle traversìe della vita. Però per dirne una, voi triestini eravate cattivi a dire che i furlani, quando andavano al mare, siccome non sapevano nuotare usavano la camera d'aria dei pneumatici come salvagente. Ho conosciuto due o tre furlani che non lo facevano, e si contentavano dei materassini di gomma legati alla caviglia.

grazie e saludos
Solimano

Roby ha detto...

Peccato, non ho visto il film e quindi non ho le basi per commentare a dovere questo post e le osservazioni ad esso legate! Siate quindi benevoli e prendete le seguenti riflessioni per quello che sono, cioè per i pensieri sparsi di una signora (nel senso di donna sposata, non di gentildonna altolocata!) di mezza età. Dunque, il tema della laurea in Lettere e/o filosofia e dell'aspettativa di essere pagata in quanto letterata e/o filosofa dalla società m'intriga parecchio, essendo io -giustappunto- una laureata di tal genere. All'esatto opposto del personaggio del film, però, non ho mai lontanamente pensato che avrei svolto un lavoro direttamente collegato al mio corso di studi, anche perchè la sola idea di insegnare mi dava l'ansia, l'orticaria e le palpitazioni, il tutto contemporaneamente. E allora -direte o penserete voi, dubbiosi sul mio equilibrio mentale- perchè càppero hai passato diversi anni della tua vita su libri di latino, greco, filologia classica, storia antica ecc. ecc.? Vi dirò, all'inizio non lo sapevo bene neppure io, al pari di tante/i altre/i mie/i compagne/i di studi. L'idea era quella di avere ancora una certa quantità di tempo davanti, prima di entrare nel mondo "reale" di chi si guadagna ogni mese lo stipendio, con tutti gli annessi e connessi del caso. C'era un po' di paura, d'incertezza, d'immaturità, di pigrizia... Oggi, guardandomi alle spalle, sono tutto sommato contenta di aver fatto quella scelta, ma solo dal punto di vista dell'arricchimento culturale e dell'interesse personale. E secondo me -tanto per concludere, prima di avervi fatto addormentare tutti davanti al video- è proprio questo il punto. La facoltà di Lettere e filosofia, a mio modesto avviso, non può essere considerata un'agenzia di collocamento, seppur di altissimo livello, e il fatto che chi ne esce non trovi lavoro in campo filosofico non implica necessariamente la sua chiusura, vecchi bacucchi compresi!
Tutto quanto sopra, SI NOTI BENE, è detto/scritto/letto con espressione sorridente, tipo:
[;->>>]

Baciottoni a (in ordine di apparizione) AMFORTAS, ANGELA, GIULIANO e SOLIMANO... oltre che a tutti gli altri eventualmente di passaggio!

Roby (fiorentina solo di adozione, e perciò piuttosto lontana dai vari esemplari di toscanacci oggi in voga!)

PS: paradossalmente, per ottenere il lavoro quasi-fisso che svolgo ora mi è stato utile avere lo status di laureata in lettere... benchè le materie da me studiate c'entrino qui ben poco!

Giuliano ha detto...

Per me la Filosofia è sempre stata uno scoglio durissimo, una montagna intorno alla quale ho solo potuto girare senza salirvi. Qualcosa si capisce lo stesso, ma non è la stessa cosa che salirvi e percorrerla.
Invidio molto chi ha letto Kant ed Heidegger, della Filosofia ho un'opinione molto alta, e perciò mi ha sempre stupito trovare molti Capi del Personale - dediti più che altro al mobbing e alla riduzione del personale, cioè ancora al mobbing - laureati proprio in filosofia. (se qualcuno me lo spiega...)

Anonimo ha detto...

Mah!
Devo riprendermi dalla lettura del commento di Solimano (a proposito, nulla c'entra che io abbia scritto di quel film e, per quanto tu empirista, non ci potevi arrivare, neppure dopo attenta osservazione ehehehe)
Continuo a svolgere le mie attività e ne riparliamo... tsè :)p
A bientot

Anonimo ha detto...

Ma guarda che putiferio questo film!:) Devo vederlo a tutti i costi che Virzì mi piace pure. Io ho una storia molto breve a raccontarsi nel senso che partii da giovincella con molte speranze ma che caddero subito. E non se ne parlò più. Nemmeno la scuola superiore decisi, perchè c'erano urgenze in famiglia che non permettevano grandi ideali e tempo sui libri. Lavorai presto, poi ritornai a scuola tra molti dissapori, perchè volevo andare all'università. Ma la situazione in casa non era delle migliori. Presi la maturità ed andai con molta gioia ad iscrivermi a lettere e filosofia. Realizzavo il sogno, senza sapere che si sarebbe infranto di lì a poco. Feci un esame, con Barilli, sull'arte contemporanea, presi 30, ne fui felice, lo sono ancora e poi andai a fare l'impiegata perchè compresi in quell'esame oltre all'opera di Chezanne che non sarei mai stata in grado di fare quella facoltà senza impiegarci otto vite e dedicarmici notte e giorno. Per quell'esame studiai 13 ore al giorno per tre mesi. Non avevo basi. Sarebbe stata un'impresa titanica oltre al peso dei sensi di colpa nel farmi mantenere. Non me lo sarei mai perdonato. Per cui ho vissuto e vivo sulla mia pelle il sogno infranto perchè come dice giustamente Giuliano passato quel treno, gli altri non porteranno più alla stessa meta. Per cui invidio molto coloro che hanno potuto studiare con serenità o hanno avuto una situazione psicologica più tollerabile o la forza di carattere di superare tutte le difficoltà. Io non ci sono riuscita. Forse non ero o sono particolarmente dotata. Ma so di certo che una persona con una certa preparazione può affrontare molte professioni anche lontane anni luce dalla sua formazione, perchè come dice giustamente Solimano a studiare filosofia s'impara a ragionare.
Mi mantengo con dignità è già qualcosa.

Solimano ha detto...

Nessun putiferio, Silvia. Ognuno ha il diritto di avere la sua esperienza, di vita e di film. Le eperienze ci sono e basta. Poi magari ci si pensa e si argomenta, senza bisogno di colludere o di scontrarsi. E gli argomenti, se tosti, reggono, a meno che ci sia un contro-argomento convincente, che falsifichi l'argomento.
Sul lavoro, la prima cosa da dire è che quasi sempre il lavoro è una necessità, che piaccia o meno. E' dal ventisette che bisogna partire, non dalla autorealizzazione. Il bisogno del ventisette dà forza e dignità, e mi è piaciuto nel film che la ragazza, pur in mezzo a quella masnada di delinquenti incapaci della Multiple Italia, ci mettesse del suo, come guardare la mappa sul video del quartiere in cui vive la persona a cui telefona. Così personalizza ed è più efficace. D'altra parte, è stata abituata a ragionare e ragiona pure alla Multiple Italia. Fa benissimo, mai smettere di ragionare, tipo "ah! sono qui, ma vorrei e dovrei essere altrove". Tutti vorremmo essere altrove, ogni tanto, ma visto che siamo lì, spazziamo il pavimento, visto che ce n'è bisogno, o svuotiamo il portacenere pieno di cicche. Se no, l'altrove che cerchiamo si allontana, altro che avvicinarsi!
Una conversazione dialettica e argomentata a mio avviso è molto meglio di una superficiale compiacenza priva di valore aggiunto. Ma perché ci sia vera conversazione è indispensabile che ci sia curiosità delle esperienze e degli argomenti altrui. E la vera curiosità è molto più rara di quel che si crede.

grazie Silvia e saludos
Solimano

Anonimo ha detto...

La mia è stata una battuta eccessiva ed espressa male Primo, perdonne moi:) Lo so bene che qui è possibile esprimere civilmente la propria opinione, altrimenti non sarebbe un luogo che frequenterei così volentieri, anzi non lo frequenterei proprio. Invece come vedi sono sempre tra i piedi:)Ho scritto putiferio inteso come pareri così nettamente diversi. E' molto stimolante il confronto, sempre, ed è solo così che si cresce e s'impara. Poi sono d'accordo con te, non importa cosa si sta facendo, l'importante è farlo con passione e con consapevolezza di sè. Non sempre ci si riesce, non sempre si è motivati nel fare una cosa, ma dal momento che quella cosa ti permette di vivere e quindi, volendo, fare anche dell'altro, merita tutto il rispetto del mondo. Perchè come dici giustamente, parte tutto da lì. Poi si può anche sognare.

Roby ha detto...

Carissima Silvia, nella tua battuta sul putiferio non credo ci fosse niente di cui chiedere perdono (ed oso supporre non lo credesse neppure Solimano). Piuttosto, mi ha molto colpito il racconto della tua breve ma intensa esperienza universitaria. Dico sul serio, hai espresso molto bene il concetto. E mi hai portata a riflettere che -se io sono arrivata fino alla laurea, andando abbondantemente fuori corso- è stato anche e soprattutto grazie all'appoggio economico dei miei genitori. Qualche lavoretto "volante" qua e là non sarebbe bastato a mantenermi agli studi, senza di loro! Però, sai, invidio la passione che devi aver messo in quei tre mesi di preparazione all'esame: preparazione evidentemente riconosciuta anche dal docente, visto il risultato!
Sono sicura che -qualsiasi lavoro adesso tu faccia- lo fai al meglio.

Baci e abbracci

Roby

Anonimo ha detto...

Rieccomi!
Per quanto riguarda la filosofia chiudo la "disputa" con una battuta: è talmente connaturata all’uomo che non ha bisogno di essere difesa dai sofismi.
Sulle considerazioni di Solimano e Giuliano dissento, invece.
Apro una parentesi a proposito del “putiferio”, per fare una riflessione: io non mi stupisco della reazione che abbiamo, appena si manifesta anche la più piccola divergenza di vedute. Non siamo più abituati al dissenso, la logica politica "bipartisan", è entrata in ogni aspetto della vita. Così abbiamo smesso di tenere conto del parere dell’altro, spesso “criminalizzandolo” e ci precipitiamo timorosi a fare un passo indietro, sulle nostre decisioni o stemperiamo le riflessioni, per paura di uscire fuori da quella rassicurante mucillagine che ci esime dalle responsabilità individuali.
Dunque, dissento in merito alle considerazioni svolte da Solimano e Giuliano sulle scelte che pagano il 27 del mese.
Mi pare, infatti, che lo scenario si divide, come ben descrive il film, tra chi ci arriva sudando e rincorrendo ideali e chi prende le scorciatoie. Arrivano prima, ovviamente, questi ultimi che si sono ben adattati alla mentalità corrente, che ci viene offerta, come esempio, dai media, dalla cultura (sic!) dominante, da tutta la nostra classe dirigente, politica e aggiungo, con i distinguo, industriale.
Infatti, Virzì che nel film non fa sconti a nessuno, proprio con l’episodio citato da Solimano, mostra questo percorso. E’ vero “ nel film che la ragazza, pur in mezzo a quella masnada di delinquenti incapaci della Multiple Italia, ci mettesse del suo, come guardare la mappa sul video del quartiere in cui vive la persona a cui telefona. Così personalizza ed è più efficace” ma, Solimano, hai dimenticato una cosa importante, non hai spiegato cosa faceva con tanta efficacia la ragazza: truffava donne sole ed anziane, strumentalizzando, persino gli affetti privati. Sicuramente il 27 del mese incassava e aveva davanti pure una brillante carriera. Il lavoro come necessità! Anche la ragazza che si prostituisce, lavora per necessità!
Non si arriva da nessuna parte biasimando chi ha gli ideali (che poi, da noi si chiamano ideali, quelli che in altri paese sono diritti e riconoscimento del merito! Come sottolinea Virzì ) e strizzando l’occhio a chi detta le condizioni.
Mio padre, bracciante giornaliero, emigrato in Germania, bontà sua, al contrario di tanti suoi compagni di lavoro che mandavano i figli in campagna o ai mestieri, senza farli studiare, ha voluto che io e mia sorella ci laureassimo perché, secondo lui ogni uomo ha il dovere di andare avanti - ove è possibile, e lo voglia - di non fermarsi al limite del percorso, lasciato da chi l’ha preceduto. Non si è costruito due case; ha aspettato, prima di comprare la macchina, perché aveva sperimentato che quando andava a parlare con il padrone, quello lo fregava con le parole.
Mi fermo.

Anonimo ha detto...

E' partito il commento, prima che mi scusassi, con tutti, per la lunghezza dello stesso.
Un abbraccio
angela

Giuliano ha detto...

Cara Angela, quello che ho scritto non è il mio parere: è una triste constatazione. Scrivendolo mi sono sentito un po' come Machiavelli quando scriveva "Il Principe", o meglio come diceva Altan: la Pimpa è il mondo come vorrei che fosse, le vignette sono il mondo così come è.
Per il resto, sono molto d'accordo con te, e sarebbe bello che ci si potesse guadagnare tutti da vivere con qualcosa che ci piace, e secondo i nostri meriti. In queste cose, stranamente, ha ancora una sua etica il calcio: lì le raccomandazioni non valgono, a un livello minimo devi essere in ogni caso.
Negli altri campi, esclusa anche l'opera lirica e poche altre cose, siamo tornati al Medioevo e alle baronie. Ci siamo illusi molto che potesse esistere un mondo diverso...

Anonimo ha detto...

Grazie Roby:) E' vero sono una perfezionista:) Ed è vero che in quell'esame c'era la mia vita in ballo per cui ho messo tutta me stessa. Con grande soddisfazione alla fine. Non ci credevo nemmeno io. Il momento in cui sono uscita dall'aula magna lo ricorderò per tutta la vita: avevo una testa anch'io! Ma la partenza purtroppo si è rivelata il traguardo perchè in quel momento ho toccato con mano la realtà. Per questo è un rimpianto. Non tanto il non essermi laureata, quanto l'aver scelto delle superiori, che sì mi hanno permesso di mangiare, ma che non mi hanno dato altro. E dopo era troppo tardi. Per cui, quando vedo che i ragazzini devono scegliere così giovani per la loro vita, un brivido mi percorre la schiena, perchè poi, rischia di essere troppo tardi. I miei genitori sono persone stupende, ma tenute separate. Insieme sono risultati, diciamo troppo impegnativi:)
A me Angela il tuo commento mi è piaciuto molto e pure la foga delle tue convinzioni e pure la storia di tuo padre che si è fatto un mazzo così. Ha fatto bene, che ora sei come sei. E credi in ciò che fai. Lodevole. E sarebbe bene che fosse così per chiunque. Purtroppo non lo è. E non certo per colpa dei padri.
Se non ti commuoverai troppo, sarebbe bello, un giorno, sapere il resto della storia.:)

Anonimo ha detto...

E poi volevo aggiungere che sono d'accordo sulla disabitudine al confronto serio. Lo si accetta solo se falsamente rappresentativo e spettacolare, finto. Di fatto, non solo non si discute più, ma si vive talmente isolati e concentrati su sè stessi che diventa importante essere uniformati per riconoscersi.

Roby ha detto...

"La filosofia -ci disse il professore della medesima il giorno che iniziò a spiegarcela, al liceo- è quella cosa CON la quale o SENZA la quale l'uomo rimane tale e quale."
Da tale battuta, che all'epoca mi riuscì oscura, oggi dissento decisamente. Benchè -al pari di Giuliano- la materia sia sempre stata per me ostica, ho la massima considerazione per chi ne è ferrato. Conoscere le teorie dei grandi pensatori passati e presenti può indubbiamente aiutarci a vivere (se non meglio) almeno in pace con noi stessi.
Resto comunque convinta che poi, dopo la laurea, non ci si possono purtroppo aspettare tappeti rossi e applausi. Magari si fa per anni la bidella (operatrice scolastica Roby, presente!), la custode di musei precaria (idem), l'inserviente alle Poste o ai telefoni dello stato (c.s.), la collaboratrice a notula senza contributi previdenziali, l'insegnante di ripetizioni private a Giamburrasca pestiferi ecc. ecc., prima di poter (eventualmente) trovare qualcosa di solo vagamente attinente al titolo di studi conseguito.
Non dico che ciò sia giusto: mi limito -come Giuliano- a constatarlo. Ho avuto anche compagne di università che sono arrivate relativamente presto al traguardo desiderato (cattedra scolastica o posto pubblico di alto livello): metà di loro aveva un cervello geniale, l'altra metà ottime raccomandazioni. Io, dotata di quoziente intellettivo medio, mi arrischio qui a confessare che forse non avrei disdegnato eventuali "spintarelle", se avessi avuto le conoscenze "giuste": ma disgraziatamente (?!) mi mancavano pure quelle...
Ad ogni buon conto, nel mio piccolo ho cercato (e cerco ancora) di infilare -in ogni lavoro più o meno "umile" svolto- qualche verso di epica greca, un pizzico di paleografia, una spolverata di ablativo assoluto, un'ombra di filologia classica. E riuscirci, tutto sommato, è la soddisfazione più grande.

Un abbraccio particolare a Silvia (troppo forte!) ed un invito ad Angela perchè non si "fermi", perdincibacco, ed anzi continui a raccontarci, a dire la sua, a farci sapere di sè.

[:->>>]

Roby

Giuliano ha detto...

Allora aggiungo anch'io una mia esperienza personale: un caso Carfagna l'ho vissuto in prima persona, proprio con una bella ragazza mora come l'attuale ministra. S'intende che io me ne stavo tranquillo al mio posto, ma quando poi ti toccano le responsabilità e devi fare lo stesso il tuo lavoro anche "senza rete", e prenderti responsabilità che non ti spettano, e tappare i buchi ma dovendolo fare di nascosto, diventa durissima.
Purtroppo, è così che funziona la gran maggioranza del lavoro in Italia. E' per questo che il lavoro va avanti, nonostante tutto: c'è dappertutto chi corre il doppio e fa anche il lavoro degli altri - e poi ne paga le conseguenze, of course.

Anonimo ha detto...

Care ragazze, riguardo ai commenti che si lasciano in un blog, cerco di osservare una regola: non andare mai troppo fuori tema. La mia storia la mettiamo da qualche altra parte, o aspettiamo che ne facciano un film, che Solimano sarà felice di stroncare. E qua ci vorrebbe una bella faccina, ammiccante e sorridente.
Abbraccio

Solimano ha detto...

C'è un limite ad ogni pazienza, e il mio l'ho raggiunto. Angela, ero stato volutamente zitto dopo i tuoi ultimi commenti, ma vedo che non è servito, continui ancora.
Buon pro ti faccia, ma questo blog è casa mia, non casa tua.
Riguardo la stroncatura, evidentemente non ti sei accorta che qui non facciamo critiche, ma raccontiamo esperienze e che del film, fra l'altro, ho parlato molto più bene che male. Leggi quello che ho scritto nel post e te ne accorgerai.
Aggiungo che desidero che il mio commento sia l'ultimo di questa conversazione che a volte ha degenerato in discussioni in cui agli argomenti non si rispondeva con argomenti, come invece dovrebbe essere.
Evidentemente si è equivocato sulla mia gentilezza scambiandola per debolezza, ma ora ritengo che le cose siano chiare a chi ha un po' di buon senso.

saludos
Solimano