mercoledì 23 aprile 2008

La moda nel cinema: Giulietta degli spiriti (3)

Giulietta degli spiriti, di Federico Fellini (1965) Sceneggiatura di Federico Fellini, Tullio Pinelli, Ennio Flaiano, Brunello Rondi Con Giulietta Masina, Sandra Milo, Mario Pisu, Valentina Cortese, José Luis de Villalonga, Caterina Boratto, Lou Gilbert, Luisa Della Noce, Silvana Iachino, Milena Vukotic, Sylva Koscina, Alberto Plebani Musica: Nino Rota Fotografia: Gianni Di Venanzo Costumi: Piero Gherardi (137 minuti) Rating IMDb: 7,5
Solimano
Se si leggono le recensioni a Giulietta degli spiriti, la prima cosa da notare è la data in cui sono state scritte. Quelle dell'anno di uscita del film (1965) sono generalmente imbarazzate e cautelose. La sensazione è che parlino bene di certe cose per evitare di parlare male di altre che al recensore non erano piaciute. Federico Fellini, dopo La dolce vita e Otto e mezzo, era sulla cresta dell'onda, e spiaceva spiacergli (anche perché poteva pure darsi che avesse ragione lui...).


Però qualcuno che ne parla male c'è: Goffredo Fofi sui Quaderni piacentini (che ce l'avevano nella mission, di fare i bastiancontrari). Fofi mette i piedi nel piatto facendo un confronto (ahimè, i confronti!) fra Fellini e Visconti:

"La domanda già dileggiata da Arbasino – è più brutto il film di Fellini o quello di Visconti? – non ci stimola: non ci sono dubbi, è più brutto il film di Fellini anche se tra La dolce vita e Rocco, tra Otto e mezzo e Il Gattopardo, scegliemmo senza esitazioni le opere di Fellini, tanto più moderne e necessarie. Giulietta degli Spiriti, una specie di parodia scialba di Otto e mezzo, un film dominato dalla insopportabile pazienza negativa della Masina, un pasticcio colorato alle salse più scontate, un reader's digest della media-cultura medio-borghese italiana, è di una banalità e mediocrità sconfortanti".


Il film di Visconti a cui fa cenno è certamente Vaghe stelle dell'Orsa, uscito nello stesso anno, il 1965. A parte la mia idiosincrasia ai confronti, sui primi quattro film Fofi ha le sue ragioni: La dolce vita e Otto e mezzo sono sicuramente più nuovi di Rocco e i suoi fratelli e de Il gattopardo, ammesso che l'essere più nuovi sia un parametro accettabile, perché di parametri ce ne sono tanti altri. Ma riguardo i colpi ad alzo zero che Fofi spara nelle righe successive, su un colpo concordo: la pazienza negativa della Masina (o meglio, del suo personaggio Giulietta, la c'è la differenza) è veramente insopportabile. Tutto sta vedere se è un effetto voluto o una involontaria e grave goffaggine del regista e dell' interprete.
Per me, Fellini sapeva benissimo quel che voleva fare: la rappresentazione di una Cenerentola fallimentare. Non era la prima volta, in fondo ne La strada e ne Le notti di Cabiria, sempre con Giulietta Masina, la situazione è analoga, e si potrebbe estendere al personaggio di Brunella Bovo ne Lo sceicco bianco e a quello della Masina (ancora!) in Luci del varietà. Come se in Fellini ci fosse un po' del sadismo sentimentale di Giacomo Puccini, che itera diverse volte un personaggio del genere, molto coerente col soffri e sii piccola trasmesso tutti i giorni dalle parrocchie d'Italia.


Di per sé, la storia di Cenerentola non è così, in una qualsiasi delle seicento versioni esistenti sul pianeta (lasciando stare quelle filmiche, che forse sono migliaia). Cenerentola è bella, le sorelle -o sorellastre- sono brutte. C'è una maga buona. Il principe è bello, potente, innamorato.
Qui c'è una maga Susy (Sandra Milo), che è cortigiana ad alto prezzo (però a volte lo fa gratis, è fatta così). Un corteggiatore spagnolo lungo lungo (José Luis de Villalonga) che le racconta storie di toreri e le dice i quattro versi di Garcia Lorca che sa a memoria. E come sorella, la nostra Cenerentola ha Sylva (Sylva Koscina), e il personaggio di Giulietta così è destinato a sentirsi Cenerentola vita natural durante. In più ci si mette anche la madre (Caterina Boratto), bella, elegante e che la considera come una figlia sfortunata.
La sorella Sylva compare abbastanza poco nel film, ma quel poco basta a definirla come la tipica sciuretta, però meno nevrotica e più danarosa di tante sciurette. Sposata bene, ha scelto certamente con accuratezza innamorandosi al momento giusto, visto che bella com'è le possibilità di scelta ci sono. Conosce tutte e tutti -sempre nel giro- sorride e si diverte senza inutili approfondimenti. Ha pure due bimbette meravigliose!
Tanto tempo libero a disposizione ed una gran passione per vestiti ed ornamenti, ma il suo aspetto è ancor più gustoso che vistoso. I cappelli soprattutto, quali cappellini, cappelloni! I grandi fiori sulla spalla, la scollatura un pocolino appena in più di quel che dovrebbe, sia davanti che di dietro. Le scarpine in genere basse, tanto è alta, non ha problemi, le borsette dorate, l'ombrellino estivo (chissà quello invernale!) che giustamente fa da pendant non simmetrico (sarebbe un errore da borghesuccia) al cappellone. E tempo da perdere lietamente in chiacchiere di superficie.
E' molto amica di Valentina (Valentina Cortese), la fascinosa précieuse ridicule (immagini in fondo al post), ma non la segue nelle sue rincorse al guru fresco di giornata. Con la madre i rapporti sono affettuosissimi: si baciano a venticinque centimetri di distanza, ma la colpa è dei cappelloni che non consentono un avvicinamento ulteriore.
Mi dispiace che Federico Fellini non abbia ampliato le presenze del personaggio di Sylva, posso presentare solo due mise che però richiedono uno studio attento e profittevole. Sicuramente Sylva ha un armadio con altre mise come queste, tutte intonate ad una trionfante ma non afosa solarità, con appena un po' di vento, così il vestito ondeggia e la mano ben guantata si fa un bel giro largo (il braccio nudo a seguire en plein air) per trattenere il cappellone.


Una come Sylva sarebbe da mandare a pagamento in giro conciata così per le principali vie di Roma per alzare il morale della popolazione a volte intristita dai disagi dell'Urbe. Sylva a me richiama in mente le tante dame ritratte da Giovanni Boldini, un pittore ingiustamente sottovalutato. Non è certo un'aristocratica, ma ha un'aria che chiamerei da tranquillo alla faccia vostra oppure da sorridente la natura mi ha fatto così. Giulietta, come tutte le Cenerentole, ha un'altra sorella, Adele (Luisa Della Noce) che non è bella, ma saggia, autoritaria e dà tanti buoni consigli a Giulietta. Meglio Sylva per lei, almeno la tiene allegra anche se Giulietta la invidia fin da piccola. Sylva riesce persino a non fare la sguaiata ballando sul prato, cosa rarissima.
Com'è lo sguardo di Fellini, verso Valentina, Susy, Sylva?
Certamente un po' ironico, ma soprattutto ammirato: vorrebbe criticarle, prenderle in giro, però gli piacciono troppo, e la rappresentazione di queste tre donne è fra le cose migliori del film. Fellini sapeva benissimo dove sarebbe andato a parare facendo in quel modo, ma che farci?
Aveva una Cenerentola come Giulietta Masina che era stata credibilissima ne La strada e ne Le notti di Cabiria, tanto valeva persistere così, chi se ne importa di quel che dirà Fofi. Tanto il film finisce, le attrici se ne vanno, tutto è andato come doveva. Quindi la contentezza è generale, compresa la Cenerentola certamente non fallimentare nella vita reale che era Giulietta Masina.


9 commenti:

Habanera ha detto...

Povera Giulietta Masina. Attrice straordinaria ma costretta nei ruoli che gentilmente le confezionava il marito ad apparire tanto patetica da generare quasi un senso di fastidio nello spettatore. A me ha sempre fatto una gran tristezza nei suoi film eppure nella vita reale era una donna non del tutto priva di un certo fascino.
Grandissimo Solimano, (come sempre), sia per la parte narrativa che per le spendide immagini.
H.

Anonimo ha detto...

Sei davvero bravo Solimano...
Con ammirazione, Giulia

Solimano ha detto...

Habanera e Giulia, vi ringrazio. Ho faticato un po', per i tre post su Giulietta degli spiriti, ma mi sono anche divertito, e forse si nota.
La mia impressione su Federico Fellini -su cui ca n'è da dire- è che molte cose sue siano fresche come uova di giornata e così continuerà ad essere, alla faccia di tutti i pedanti, che comunque fanno bene a fare il mestiere loro.
Fanno bene perché eliminano tutto ciò che è datato, così la nostra goduria è massima, senza ombre offuscanti. La bellezza esiste, e Fellini lo sapeva.

saludos
Solimano
Giulia, ottima idea il Kiarostami, stenderò il tappeto rosso...

Anonimo ha detto...

Grazie per il tappeto rosso... Sono contenta che lo aprrezzi anche tu... Farò su di lui più in là post sui suoi film che ho visto tutti e che mi hanno molto affascinata anche se in diversa misura. Saluti, Giulia

Giuliano ha detto...

Fellini non è facile, e ci sono troppi luoghi comuni su di lui: aveva la vocazione del vignettista (così aveva cominciato, sul Marc'Aurelio), non tutti i suoi film sono perfettamente riusciti, ma in questi giorni ho rivisto alcuni dei suoi film più dimenticati, e sono rimasto a bocca aperta.
Ne parlerò presto, ma intanto va detto che "Giulietta degli spiriti" è un film non facile, che va letto a diversi livelli: questo che presenta Solimano è solo uno degli aspetti del film, tutto insieme è un puzzle difficile da decifrare ma ci si può provare.
Penso che Solimano avrà da lavorarci sopra ancora per un bel po'...
PS: la moglie di Mastroianni, se non ricordo male, diceva che non era facile stargli insieme, ma ne valeva la pena. Penso che Giulietta Masina avrebbe detto lo stesso per il suo Fellini, era una donna molto intelligente oltre che paziente.

gabrilu ha detto...

Bel post

Solimano ha detto...

Gabrilu, grazie.
Giuliano, per me tutti i film significativi andrebbero visti da punti di vista diversi, non certo da uno solo, e non facendo una graduatoria fra i vari punti di vista. Perché uno tende poi a credere che il proprio tipo di graduatoria sia come le tavole della legge di Mosè, e questo non aiuta la comprensione ed il dialogo dei fruitori, che invece può essere un gioco a somma positiva che aumenta il livello di comprensione di tutti.
Non solo. Uno può benissimo cambiare il suo modo di visione e di interpretazione, specie se l'autore è uno come Fellini, in cui ad oggi ho solo due certezze consolidate.
La prima è che Lo sceicco bianco è un piccolo film assolutamente perfetto, dalla prima all'ultima inquadratura e che dice cose verissime sulla storia e sui caratteri italiani. A suo modo anche profetico, perché fra fotoromanzi e TV attuale non vedo poi molta differenza, come scappatoia di massa.
La seconda è che La dolce vita è in assoluto uno dei grandi film della storia del cinema, con alcune parti datate: la Ekberg, il Paparazzo, anche certe menate delle Fourneaux.
Per Giulietta degli spiriti, se si guarda il film come storia raccontata, sarebbe da buttare nel cestino, se si guardano le esagerazioni nella oggettistica, nei sogni, nel decoro degli ambienti c'è il leggiardo ma stanchevole manierismo felliniano.
Ma se lo si guarda come naturalità visiva, come immagini che da sole contengono tutto, ha pochissimi rivali, ed ho appena incominciato con tre post su bellissime signore (scelgo Sylva Koscina, e forse si è notato), ma tutto il film è pieno di scelte geniali, e magari quelle su cui Fellini ha pensato di meno sono le più riuscite. Succede così, è meglio non mettere i pantaloni alla fantasia.

saludos
Solimano

Giuliano ha detto...

A dire il vero, "Giulietta degli spiriti" mi ha sempre fatto un po' paura. Fellini faceva frequentazioni strane, in quegli anni e anche dopo: un po' ci scherzava sopra (ho appena rivisto il sensitivo di "Bloc notes di un regista"...), un po' ci credeva.
Come commento, mi sento di notare due cose:
- gli abiti della Koscina sono molto caricaturali, cascano anche male. E' difficile vestire male una come la Koscina, ma ci sono riusciti: e penso proprio che sia una cosa voluta e cercata (la Cortese era già più bizzarra, si sarà divertita anche di suo).
- i Castaneda, i Rol, gli esperimenti con l'LSD; qui sì che la povera Masina avrà dovuto portar pazienza...

Madeleine ha detto...

Giulietta dai ruoli patetici che le confezionava il marito?!? Cenerentola fallimentare?!? Ma stiamo scherzando? :) Ho apprezzato il collegamento con la vicenda della nota eroina delle fiabe ma personalmente credo che i ruoli che Fellini creasse per la Masina nn fossero ne patetici ne tantomeno fallimentari. Il ruolo di Giulietta in questo film e' assolutamente il piu' complesso, sfaccettato ed interessante. Il finale simboleggia una grande forza e speranza. Rappresenta una crescita, un'andare oltre se stessa, i proprio limiti e le proprie paure da parte della protagonista. Certo ha delle debolezze e fragilita', che contribuiscono pero' a renderla epica. Patetico e' tutta un'altra cosa signori.