lunedì 2 marzo 2009

Nella valle di Elah di Paul Haggis


Titolo originale: "In the Valley of Elah"; Regia: Paul Haggis; Sceneggiatura: Paul Haggis; Fotografia: Roger Deakins; Interpreti: Tommy Lee Jones, Charlize Theron, Susan Sarandon, Jason Patric, James Franco, Jonathan Tucker, Barry Corbin, Josh Brolin, Frances Fisher, Wes Chatham, Jake McLaughlin; Origine: Usa; Anno: 2007; Durata: 120'. Rating IMDb: 7.5/10

Giulia


Come torna in patria un ragazzo da una guerra come quella combattuta in Iraq? Quali sono le ripercussioni fisiche e psichiche che dovrà affrontare? Con quali fantasmi dovrà convivere? Potrà condurre una vita normale come se nulla fosse successo?
Secondo i dati del Pentagono, nei primi 8 mesi del 2008, sono stati 93 i soldati che si sono tolti la vita. A spingere i militari al suicidio, soprattutto i problemi familiari una volta tornati a casa. I responsabili sanitari dell’esercito si attendono un’impennata dei casi di “Post-Traumatic Stress Disorder”. Lo staff di psicologi e psichiatri americani sono al lavoro per studiare gli effetti a lungo termine del servizio al fronte. Almeno un soldato su cinque soffre e soffrirà di disturbi: l’85% si riprenderà con terapie e medicinali. Per il 15% la strada verso la “normalità” è tutta in salita.
Secondo gli psichiatri, la permanenza in zone di guerra può cambiare profondamente la natura di un uomo e renderlo molto aggressivo. L’impegno messo nell’imparare cose che nella vita civile non servono a nulla genera altra frustrazione, anche in chi si è portato a casa una medaglia
La prima vittima della guerra è l'umanità stessa” dice il regista presentando il film.
Quando è nata l’idea del film era un periodo particolare, c’erano bandiere americane che sventolavano dalle antenne di ogni automobile e adesivi con su scritto ‘Sostenete le nostre truppe’ attaccate ad ogni parafango”. Per questo allora non è stato facile per il regista trovare fondi. Non voleva fare un film “pacifista”, orientato politicamente, voleva, però, far riflettere sulle conseguenze della guerra che va anche al di là dei morti, delle distruzioni, ma si incide negli animi della gente, la cambia profondamente dal di dentro, li trasforma in altre persone e di questo si parla poco, troppo poco.



Un padre (Tommy Lee Jones) e una madre (Susan Sarandon) aspettano invano che loro figlio, di ritorno dal fronte iracheno, si faccia vivo. I giorni passano, il figlio non chiama. Poi una telefonata che annuncia che il ragazzo non si è presentato in caserma.
Ispirato a fatti realmente accaduti, il film racconta la misteriosa scomparsa di Mike Deerfield (Jonathan Tucker), soldato americano appena rientrato in patria per una licenza dall’Iraq.


Nessuno sa dare notizie e il padre, ex membro della polizia militare, decide di andare di persona a seguire l’indagine.



Hank è un uomo che crede nell’America e nella sua bandiera. Mentre sta viaggiando vede un uomo issarne una con le stelle rivolte in basso. Si ferma e gli dice: “Sai cosa significa una bandiera quando sventola capovolta? E’ un richiesta internazionale di soccorso. Significa che siamo nei casini…”. Quindi gira la bandiera e se ne va.
Fiero americano e veterano di Vietnam e Cambogia, mantiene ancora intatte le antiche abitudini da caserma: le scarpe lucide messe di fianco al letto, per esempio, o i pantaloni "stirati" sullo spigolo d'un mobile. Come il suo cuore, anche i suoi gesti sono ordinati, metodici.



Va alla base dove dovrebbe trovarsi il figlio, trova i soldati tutti cortesi, ma nessuno saprà dargli spiegazioni. Nessuno sa nulla di suo figlio, nessuno l'ha visto.



Cerca nella sua stanza, ovunque possa trovare un indizio, una spiegazione di questa strana assenza.
Lì apprenderà che il soprannome che avevano dato al figlio era “Dog”, senza nessun motivo, lo rassicura un compagno.




Di nascosto prende il suo cellulare. E proprio da quel cellulare, dai filmati che contiene. cominceranno ad emergere quello che ha vissuto suo figlio e alcuni indizi che presto si riveleranno importanti.


La sua indagine non avrà mai pace: va nei locali frequentati dai soldati, sfoglia le fotografie che gli aveva mandato, si consulta per telefono con la moglie e la rassicura: lo troverò, è un bravo ragazzo. Di notte si sveglia come da un incubo sentendo la voce del ragazzo che lo implora "papà, papà..."


Alla fine viene trovato il suo corpo, carbonizzato e fatto a pezzi poco distante dalla base militare. Gli viene comunicato da un soldato e vorrebbero negargli la anche possibilità di vedere quello che rimane di lui. Hank anche in questa circostanza non versa una lacrima. Non rimane che comunicarlo alla moglie.





La moglie vuole vedere il corpo, vuole restare ancora una volta vicino a suo figlio. Hank gli dice di no, di fidarsi di lui almeno una volta nella vita.
Per una volta? - gli risponde lei – eri tu che dicevi che doveva andare in guerra, che gli avrebbe rinforzato il carattere (…) Vivendo in questa casa non si sarebbe mai sentito un uomo se non si fosse arruolato. Tutti e due i miei figli... - esclama piangendo - potevi lasciarmene uno!
Lui tace, dondola avanti indietro, lo sguardo fisso nel vuoto e le lacrime per la prima volta nei suoi occhi
Non ce la faccio sentirti piangere”. Non non ce la fa a confrontarsi con le emozioni. Non ancora.
Allora non farlo” le risponde la moglie e getta a terra la cornetta del telefono...





Andrà poi a vedere il figlio, ma non potrà avvicinarsi al suo corpo straziato:
Non c’è nient’altro, è tutto quello che è rimasto di lui…" chiede. "Questa stanza sembra tanto fredda, tanto fredda” una scena straziante per la sua drammaticità. Una donna che ha perso tutto, una donna che sembra non avere più nessun motivo per vivere.




Il padre, da buon combattente, affronta il suo dolore cercando di non darsi per vinto. Capisce che dalla Polizia militare non avrà mai nulla se non “false verità” e cerca aiuto alla polizia di stato.
Trova Emily Sanders ( Charlize Theron), capisce che è una donna onesta. Le starà dietro, le chiederà aiuto.



La donna all'inizio farà resistenza, cercherà di convincerlo che non c'è più nulla da indagare. Ma Hanks sarà tenace e non la mollerà più. Alla fine gli concede di tornare con lei sul posto dove sono stati rinvenuti i resti del figlio.




Anche Emily si convince, allora, che nelle indagini fatte fino a quel momento c'è qualcosa che non torna e offrirà il suo aiuto ad Hanks.




Da quel momento non si fermeranno fino alla risoluzione del caso. Continueranno da soli le indagini.


Emily è una madre single con un figlio, osteggiata dai colleghi maschi e guidata da un profondo senso della giustizia. Una donna coraggiosa e determinata.


Una volta accettato di aiutare Hanks non si tirerà indietro e seguirà l'uomo anche a rischio della propria vita e carriera. Sarà lei a riprendere le indagini.




Interrogherà tutti i compagni del soldato morto e pian piano emergeranno indizi inquietanti. Da parte sua anche Hanks incontrerà i commilitoni di suo figlio.




Dietro la morte violenta di suo figlio, Hank troverà una verità scomoda. Per scoprire le cause e i responsabili, il prezzo che dovrà pagare sarà la disillusione e il crollo di valori su cui l'uomo ha costruito tutta la sua vita e la fede nel suo paese. Nulla è più come un tempo, e forse anche allora nulla di ciò in cui credeva era vero. La realtà verrà fuori nuda e cruda ed Hank non se la nasconderà.
Una realtà sconcertante di cui non si vuole far sapere nulla. Una realtà poco eroica, che però mette a nudo la guerra nei suoi risvolti più reconditi e più nascosti. La guerra che entra nelle pieghe sotteranee dell'animo umano e che fa irruzione così senza più senso, senza più fini e scopi, la guerra che insegna ad uccidere e basta senza più limiti morali o regole.


Il ragazzo è morto durante una brutta rissa con i compagni. Era notte. Erano tutti ubriachi e impasticcati. Tra loro c'era un esperto macellaio: era parsa una buona idea farlo a pezzi, bruciarne i pezzi e abbandonarli agli animali notturni. E tutto era avvenuto così, senza il minimo rimorso: è capitato a lui, poteva capitare ad uno qualsiasi, perché dopo la guerra, dopo quello che si è visto è vissuto, dopo i compromessi che si son dovuti fare con se stessi per accettarne le logiche, i valori sono saltati, i confini tra bene e male non esistono più: la vita non ha più valore. Si uccide senza motivo, si uccide e basta. Suo figlio lo chiamavano Dog perchè era crudele come tutti, si divertiva a torturare senza motivo: suo figlio, il suo bravo ragazzo, era diventato una bestia.
Hank si rende conto di come il patriottismo fosse una copertura che ha tenuto in piedi intere generazioni di reduci in cerca ciascuno della propria guerra che si trascinano dietro per tutta l’esistenza, una dopo l’altra, da decenni.
Il veterano Hank bruscamente si veglia dal "sogno" e viene messo davanti alle contraddizioni e ai peccati di un Paese che non riconosce più come il proprio.



Bravissimo Tommy Lee Jones nella sua interpretazione. Ma per niente secondari i ruoli femminili: Charlize Theron, una poliziotta piena di contraddizioni, ostinata, e determinata, un'attrice che già con il film Monster aveva voluto uscire dallo stereotipo che le si era incollato addosso di sexy-symbol e che in questo film appare in tutta la sua umanità.



Splendida Susan Sarandon, la madre rimasta ad attendere a casa, avvolta nella propria angoscia e di cui sentiamo la presenza anche quando non appare tanto la sua recitazione colpisce e lascia un segno indelebile. Si esce dal cinema e si pensa a lei. A quel dolore muto, passivo, senza speranza. Si pensa alle mamme che devono sottostare in silenzio ad una logica tutta maschile di cui loro sono le prime vittime. Susan Sarandon dà anima a questo dolore.


Volevo mostrare come le responsabilità – dice ancora Paul Haggis - fossero di noi Americani e smetterla di dire che a compiere gesti orribili sono ‘solo poche persone’. Per esempio: quando furono scoperte le torture di Abu Ghraib tutti si affrettarono a dire che erano state ‘solo poche persone cattive’. Non è vero, sono buone persone che sono andate a combattere per un ideale patriottico. Sono partito per raccontare una storia di quello che sono gli Stati Uniti, del perché creano una guerra dietro l’altra. Mi sono ispirato alla storia di Davide e Golia che raccontiamo ai figli per ispirarli ad essere come Davide. E loro partono per dimostrare di essere eroi come Davide e si trovano, invece, ad uccidere civili, donne e bambini. Diventano dei Golia”.
Il miglior cinema, il miglior cinema americano, è capace di mostrarci quello che il giornalismo non ci mostra più. E’ il controcampo che manca nel giornalismo di guerra che ci viene mostrato dai telegiornali, trionfo esclusivo - così si esprime Jean-Luc Godard nelle sue “Histoire(s) du cinéma” - della televisione americana e delle sue groupies. Vediamo solo una parte, il nostro campo. E’ come vedere in televisione una partita di tennis con la telecamera che inquadra solo metà del campo. Assurdo, e in più, se si guarda una guerra, doloroso".

La scelta del titolo; “La Valle di Elah”, il luogo biblico dove il giovane Davide sconfisse il gigante Golia, è stata commentata così dal suo autore “Amo questo titolo per quanto strano possa sembrare, perché contiene tanti temi affrontati nel film. Il Re Saul mandò David a combattere contro Golia armato di sole cinque pietre… Chi spedirebbe un ragazzo a combattere contro un gigante?


Tommy Lee Jones racconta l’episodio biblico al figlio di Emily per farlo addormentare. Il bambino ascolta la storia, rimane perplesso. Si identifica con Davide. Non con la sua vittoria, ma con il suo essere ragazzino. Chiede agli adulti, il mattino dopo: “Perché l’hanno lasciato combattere? Era solo un ragazzo…”. Davide, che va alla guerra, che torna vincitore, che poi diventa grande re… Eppure, dice il figlio della poliziotta, non doveva scendere nella valle di Elah; non doveva andare lui con la sua fionda allo scontro con Golia. E chiede alla mamma: "Tu pensi che avesse paura? " "Sì, - le risponde la madre - tanta paura. "
La storia della bibbia che riguarda il giovane Davide, mandato a combattere il gigante Golia con solo una fionda, per Haggis riassume l'incoscienza dei governi che mandano tanti giovani, (Troppo giovani!) a combattere contro qualcosa di più grande di loro, qualcosa di incomprensibile e terribile, con la sola arma del patriottismo.
Come ha potuto Saul lasciare che un ragazzo, e anzi proprio un "figlio", affrontasse il mostro?


Come ha potuto mandarlo a perdersi, e a perdere ogni umanità, nell'odio e nel sangue? E' questo che ha fatto anche Hank, e questo fanno i padri: mandano i figli contro Golia, e poi ne piangono la morte. Hank ricorda la telefonata del figlio quando, ancora innocente, lo aveva implorato al telefono: "papà, papà portami via di qui". Aveva appena ucciso un bambino, ed era sconvolto ma il padre non aveva ascoltato il suo grido d'aiuto. La sua coscienza era ancora viva e soffriva ancora, era ancora in grado di chiedere aiuto. Poi non lo sarebbe più stato e non avrebbe più sentito pietà per nessuno. Così è la guerra...


E alla fine sarà Hank ad issare quella bandiera con le stelle in giù.

2 commenti:

Giuliano ha detto...

Avevo letto una bella intervista a Paul Haggis, poi mi sono dimenticato del film: grazie per avermelo ricordato!
(vedrò se riesco a recuperare)

Solimano ha detto...

Grazie Giulia! In America è da sempre ammirevole la capacità di azione e di reazione, cosa che i molti antiamericanisti all'italiana non sono in grado di capire. Col cinema, hanno saputo fare i conti con tutto, dal genocidio degli indiani all'Iraq attuale, e non con filmetti da piccolo circuito, ma con film che mirano al bersaglio del grande pubblico. Spesso ci riescono, perché non temono il conflitto delle idee e delle culture, a differenza di noi, che cerchiamo la pacificazione degli annusamenti reciproci. Persino due ottimi film, come La grande guerra e Una vita difficile non ne sono esenti. Vogliamo fare gli americani senza renderci conto della forza vera della cultura anglosassone: empirica, pragmatica, fattiva.
Noi -anche nei libri di scuola- non abbiamo ancora fato i conti con la prima guerra mondiale...
E Orizzonti di gloria di Kubrick (e La grande illusione di Renoir) sono lì da decenni.
Diedero l'Oscar alla carriera ad Elia Kazan (grande artista). Eppure, ad Hollywood, metà della platea non si alzò in piedi e non applaudì: quarant'anni prima, al tempo di McCharty, Kazan aveva fatto il delatore per salvare se stesso. Molti nella platea non erano neppure nati allora.
Come sono i nostri? Litigano il giorno prima... e il giorno dopo li vedi fianco a fianco come amiconi in TV. Salvo pochissime eccezioni: Moretti ed Olmi, ad esempio. In America può vincere Bush, ma può vincere anche Obama, col nostro perdonismo (dire che tutti sono peccatori è come dire che nessuno è peccatore) non vince nessuno, perdiamo tutti. Alla prossima, Giulia.

saludos
Solimano