mercoledì 11 marzo 2009

I luoghi nel cinema: Novecento (1)

Novecento, di Bernardo Bertolucci (1976) Sceneggiatura di Franco Arcalli, Bernardo Bertolucci, Giuseppe Bertolucci Con Robert De Niro (Alfredo Berlinghieri), Gérard Depardieu (Olmo Dalcò), Dominique Sanda (Ada Fiastri Paulhan), Francesca Bertini (Suor Desolata), Laura Betti (Regina), Werner Bruhns (Ottavio Berlinghieri), Stefania Casini (Neve), Sterling Hayden (Leo Dalcò), Anna Henkel (Anita), Ellen Schwiers (Amelia), Alida Valli ( Signora Pioppi), Romolo Valli (Giovanni), Giacomo Rizzo (Rigoletto), Pippo Campanini (Don Tarcisio), Paolo Pavesi (Alfredo bambino), Roberto Maccanti (Olmo bambino), Maria Monti (Rosina Dalcò), Anna-Maria Gherardi (Eleonora), Pietro Longari Ponzoni (Pioppi), Stefania Sandrelli (Anita Foschi), Donald Sutherland (Attila Melanchini), Burt Lancaster (il nonno di Alfredo), Tiziana Senatore (Regina bambina) Fotografia: Vittorio Storaro Musica: Ennio Morricone Art Direction: Ezio Frigerio Costumi: Gitt Magrini (315 minuti) Rating IMDb: 7.7

Solimano

In una vecchia cascina in disuso c'è la casa della lega. Lì insegna la maestra veneta Anita Foschi (Stefania Sandrelli) e fra gli scolari ci sono quattro vecchi ormai inabili a qualsiasi lavoro: non è mai tardi per imparare, dicevano Giuseppe Massarenti e Andrea Costa. I vecchi si fermano fino a notte, si fanno compagnia e non saprebbero dove stare meglio di lì.


Ma si aggirano le squadre fasciste finanziate dagli agrari. Danno fuoco alla cascina, dentro ci sono solo i quattro vecchi che muoiono bruciati.



Il giorno dopo, sotto i portici del paese non c'è nessuno. Nella strada si vede uno sparuto corteo. Davanti c'è Anita che piange e grida: aprite le finestre, scendete per strada. Ma le finestre non si aprono, per strada c'è solo Anita, poi il paisano Olmo Dalcò (Gérard Depardieu) davanti ai buoi che tirano il carro su cui ci sono i quattro corpi carbonizzati.


Anche in piazza non c'è nessuno. Un garzone fornaio in bicicletta con la gerla sulle spalle rafforza la sensazione di solitudine e di abbandono. (E' l'odierna Piazza Mazzini di Guastalla, in provincia di Reggio Emilia. Si vede la facciata della Cattedrale di San Pietro e, in fondo alla piazza, il monumento in bronzo a Ferrante I Gonzaga, opera di Leone Leoni).



Anita piange, ma dall'altra parte della piazza arriva una musica. Prima non si vede nessuno, poi compare nella piazza una banda che suona.




Dietro alla banda ci sono le persone, più vecchi che giovani, tutti col fazzoletto rosso al collo. Anche Anita e Olmo se lo mettono. La banda ed il corteo percorrono la piazza, mentre finalmente altre persone scendono per strada. Ci sono anche le forze dell'ordine, ma non intervengono. Stanno fermi a cavallo sul lato della piazza dove c'è il monumento a Ferrante, di cui si vede il basamento.


Gli avversari non escono, sono in un caffé e non sanno che fare, perché c'è anche chi prova pietà per quello che è successo. Finché Attila Melanchini (Donald Shuterland), il nuovo fattore dei Berlinghieri, fascista dichiarato, li conciona e spiega che i buoni sentimenti occorre rimuoverli quando si è in pericolo, e per rafforzare il concetto, prende una gatto e l'ammazza con una testata.

Non aspettavano altro. Serviva proprio qualcuno che li scaldasse e li convincesse, e in Attila l'hanno trovato. Escono dal caffé cantando una canzone fascista e si dirigono verso la piazza, ormai deserta. La banda ed il corteo se ne sono andati, i fascisti cantano e le forze dell'ordine occupano la piazza.


P.S. Ci sono quattro paesi nella bassa reggiana in cui andavo spesso per lavoro. Quattro paesi uno in fila all'altro, arrivando da Parma: Brescello, Boretto, Gualtieri e Guastalla. Molto simili, eppure, per chi li conosce bene, anche diversi. Mi ci sono affezionato e ci tornavo anche alla domenica. Ma durante la settimana, sul lavoro, non mancavo mai di farmi un giro in ognuno di questi paesi. In particolare, una bella camminata sull'argine del Po: da una parte il fiume, dall'altra la strada. In mezzo c' è l'argine, da cui si vedono dall'alto fiume e paesi.

Inserisco una fotografia d'epoca del monumento a Ferrante I Gonzaga, che divenne signore di Guastalla nel 1539, e dopo di lui i Gonzaga comandarono per quasi due secoli. Il condottiero calpesta i corpi di due vizi, in ogni tempo tanto negati quanto diffusi: Calunnia e Invidia.
Guastalla era una città famosa per le sue fortificazioni, e proprio questo fu la causa della sua rovina: gli Spagnoli demolirono rocca e fortificazioni nel 1689. Subentrarono i Borbone, ma il loro stato si chiamava Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla.

A Guastalla sono fieri del loro dialetto, che sostengono sia più vicino al mantovano che al reggiano. Traggo da Wikipedia un gradevole brano con la traduzione (per chi ne avesse bisogno):

[...]Sin da ‘l inìssi ‘l an ‘s è mia cunfüs
Cun al dialétt arsàn di cunfinànt,
ansi, ‘l à fatt da tött, in dal sö piccul,
par tgnir cól ‘d Réss sémpar da pö distànt.

Pó, par dispètt, al ‘s è miss a parlàr
Cun cói dadlà da Po, lè poch luntàn,
e acsè piàn piàn, li straci ‘l à ciapà
‘d an sö parént, ch’l è pò ‘l dialétt mantuàn.

Cóll ch’è gnü föra ‘l è un tipo ‘d dialétt
Parlà da tött’i guastalés luntéra;
al par fatt a sö doss, e i è urgugliùs
che nisön a discórra in sta manéra.[...]

[...]Sin dall'inizio non si è confuso
con il dialetto reggiano dei confinanti
anzi, ha fatto di tutto, nel suo piccolo,
per tenere quello di Reggio sempre più distante.

Poi, per dispetto, si è messo a parlare
con quelli al di là del Po, è poco lontano,
e così, piano piano, ha preso certi aspetti
da un suo parente, che è poi il dialetto mantovano.

Quello che ne è venuto fuori è un tipo di dialetto
parlato volentieri da tutti i guastallesi;
sembra fatto apposta per loro, e sono orgogliosi
che nessuno parli in questo modo.[...]


Qui sopra inserisco lo stemma di Guastalla, e in chiusura del post, una fotografia aerea in cui si riconosce la Piazza Mazzini, dove Bernardo Bertolucci ha girato questo episodio del film. La via che si vede nelle prime immagini è Via Garibaldi, se ricordo bene. A Guastalla c'è la festa del Gnocco Fritto: a chi non sa che cosa sia il Gnocco Fritto, manca qualcosa della vita. Ne parlerò quando aprirò un blog di gastronomia...

5 commenti:

annarita ha detto...

Novecento è stato un film durissimo per me, che lo vidi adolescente. Non ho più voluto rivederlo, così come non ho più riletto certi libri che da ragazzina mi fecero stare male, come La pelle di Curzio Malaperte. Io vado matta per le location dei film, al cinema mi sorbisco tutti i titoli di coda per vedere subito i nomi dei luoghi e poi giro su Internet alla ricerca di approfondimenti. Vedere un luogo attraverso la vicenda di un film mi da la sensazione di viverlo due volte :-)
Salutissimi, Annarita.

Giuliano ha detto...

Era ora! Penso e spero che sia il primo di una lunga serie, perché le locations di Bertolucci sono favolose.
Il discorso di Annarita meriterebbe un post a parte, perché ogni volta con Bertolucci riaffiora questo tema. Per ora mi limito a ricordare il suo punto di riferimento dichiarato, Jean Renoir in "La regola del gioco": anche lì c'è una scena molto dura, quella della caccia.
E' una scelta espressiva: usare tutti i tasti del pianoforte o limitarsi a una o due ottave: che può essere più piacevole da ascoltare, ma non necessariamente migliore.

Solimano ha detto...

I post sui luoghi dei film sono spesso i più impegnativi, perché sono difficili da trovare le immagini. Non immagini dei luoghi ma immagini del film in cui i personaggi agiscono in quel luogo.
Però è una soddisfazione, quando le si trovano, e non fine a se stessa: succede proprio che quel luogo cambia per noi perché è successa una cosa in più, spesso importante: è successo quel preciso film.

grazie e saludos
Solimano

Anonimo ha detto...

Concordo con quello che dite, ma non deve essere facile realizzare post come questi...
E imparo...
Giulia

Anonimo ha detto...

Concordo con quello che dite, ma non deve essere facile realizzare post come questi...
E imparo...
Giulia