venerdì 27 marzo 2009

Firenze nel cinema: Amici miei (2)

Il Mascetti (Ugo Tognazzi) e la Titti (Silvia Dionisio)

Amici miei di Mario Monicelli (1975) Sceneggiatura di Leonardo Benvenuti, Piero De Bernardi, Tullio Pinelli, Pietro Germi Con Ugo Tognazzi, Gastone Moschin, Philippe Noiret, Duilio Del Prete, Adolfo Celi, Bernard Blier, Olga Karlatos, Silvia Dionisio, Milena Vukotic, Franca Tamantini, Angela Goodwin Musica di Carlo Rustichelli - però c'è anche il Verdi di bella figlia dell'amore (140 minuti) Rating IMDb: 8.3

Solimano

Alla stazione di Santa Maria Novella -a meno di possibili alternative- oltre all'episodio del Giornalista Giorgio Perozzi (Philippe Noiret) che saluta definitivamente l'amante indossando una gobba finta, si svolge un altro episodio che tutti ricordano.


I quattro amici sono diventati cinque. Si è aggiunto il Professor Alfeo Sassaroli (Adolfo Celi) e sarebbero addirittura sei, perché c'è Birillo (Cane di San Bernardo). E' la liberazione catartica per l'Architetto Rambaldo Melandri (Gastone Moschin), che difatti così sintetizza:
Ragazzi, come si sta bene tra noi, tra uomini! Ma perché non siamo nati tutti finocchi?
Quando parte il treno, fra i viaggiatori c'è anche il figlio del Perozzi, che così si esprime durante il film:
Quando penso alla carne della mia carne, chissà perché, divento subito vegetariano.
E un'altra volta, più seriamente, dice:
Io restai a chiedermi se l'imbecille ero io, che la vita la pigliavo tutta come un gioco, o se invece era lui che la pigliava come una condanna ai lavori forzati; o se lo eravamo tutti e due.
Il figlio si prende lo schiaffo dal padre e vibratamente protesta, e il Perozzi ribatte:
Ma che parti sempre, te!




Ho il sospetto che non sia stata girata in Toscana la zingarata durante la quale gli amici spaventano tutto un paese dicendo che l'autostrada non sarà costruita vicino ma sopra il paese.
Visto da lontano, il paese assomiglia a Civita, la frazione di Bagnoregio (28 chilometri da Viterbo) che sorge su un cocuzzolo soggetto a continua erosione e cirdondato da calanchi. Ma le scene in mezzo al paese non mi sembra che si svolgano a Civita (la chiesa è un'altra). Potrebbe essere che abbiano utilizzato disinvoltamente Civita come quadre 'e luntananze (alla napoletana) e poi abbiano girato in un posto più comodo. Ho inserito quattro immagini: gli amici in macchina, la visione del paese, il centro del paese e una immagine fotografica della vera Civita, che sembra scattata dalla parte opposta rispetto all'immagine del film.


Tutto per le strade di Firenze si svolge l'episodio del tentato addio del Conte Raffaello Mascetti (Ugo Tognazzi) alla giovane amante Titti (Silvia Dionisio). Il Mascetti ha meditato a lungo, dopo il tentativo di suicidio di sua moglie Alice (Milena Vukotic). Si è fatto prestare un serissimo abito blu dal Perozzi. L'appuntamento è all'uscita di scuola della Titti, allegra e contenta di vedere il Mascetti, che risponde all'allegria con la serietà delle decisioni definitive.



Tutto il monologo del Mascetti si svolge durante una passeggiata sul Lungarno:

Bisogna saper guardare in faccia la realtà: è stato un sogno, un sogno molto bello e basta. Tu hai diciott’anni, io ne ho cinquantadue. Non è per quei trentaquattro anni di differenza, che poi sarebbero il meno, è che il nostro amore non può avere nessun avvenire. Coraggio Titti, è meglio che ci togliamo il coltello dalla piaga e non ci pensiamo più. Addio Titti.

La Titti non dice niente, si guarda attorno ogni tanto con aria asettica. Finché, di fronte alla casa della Titti, c'è il dialogo risolutivo:

Titti: Addio merdaiolo, ci si vede domani al solito posto, a mezzogiorno.
Mascetti: No, alla mezza! A mezzogiorno ho un pignoramento.


L'episodio del Righi (Bernard Blier) non lo trovo fra i più felici del film. Lo trovo un po' lungo, sfibrato, anche stucchevole. Forse sceneggiatori e registi volevano che così fosse, per mostrare l'amarezza e la noia che si nascondono dietro le coazioni a ripetere dei cinque personaggi. E' vero che poi ci furono due remake, ma all'inizio non era previsto. L'idea era quella di una commedia grottesca, difatti il regista doveva essere Pietro Germi. E' un film che spesso fa ridere, ma non è un film allegro: i personaggi del Melandri e del Mascetti perseguono coerentemente i loro fallimenti personali.
L'episodio del Righi, il pensionato sordido che prende tre brioches e ne paga solo una e che vuole diventare un gangster (tra male gatte era venuto il sorco) svela la crudeltà delusa dei cinque amici in fondo misantropi e misogini. Nelle due immagini si vede Piazza della Santissima Annunziata con in fondo lo Spedale degli Innocenti e una delle vie centrali di Firenze. Hanno cambiato abbigliamento e stanno mettendo alla prova il Righi, per testarne l'affidabilità prima di farlo entrare nella banda che ha di fronte una sfida difficile: affrontare il Clan dei Marsigliesi.

Infine, il funerale del Perozzi, che sul letto di morte si è comportato come un personaggio del Decamerone, prendendo in giro il prete:

Prete: Dimmi, figliolo.
Perozzi: Sbiliguda venial... Con la supercazzola prematurata.
Prete: Come, figliolo?
Perozzi: Confesso, come foss'antani, con lo scappellamento... A destra e... Costantinato ammaniti.
Prete: Quante volte, figliolo?
Perozzi: Fifty-fifty per la fine... Come fosse mea culpa... Alla supercazz...
Prete: Ed io ti assolvo, dai tuoi peccati.

"Non è morto nessuno", dice la moglie del Perozzi (Angela Goodwin), ma il Melandri ribatte che al funerale del Perozzi ci saranno in tanti. No, ci sono solo quattro gatti, è proprio un funerale triste... Nel film si vede la facciata della Chiesa di Santo Spirito.
Ma c'è il Righi, che era stato imbarcato a forza in un treno per il sud ed ora è tornato e non capisce quello che è successo. Il Necchi e il Mascetti glielo spiegano:

Era un traditore, abbiamo dovuto eliminarlo!

Il funerale si incammina e i quattro amici hanno le lacrime agli occhi, ma cercano anche di trattenere la risata, il Righi non deve rendersi conto.



P.S. Sullo Spedale degli Innocenti, traggo alcune righe da Wikipedia:

Fu il primo orfanotrofio d'Europa e una delle prime architetture rinascimentali. Nei primi del Quattrocento il vescovo della città Antonino Pierozzi, poi santo, promosse un processo di differenziazione dei compiti caritativi, prima svolti da generici enti plurivalenti degli spedali o delle confraternite, poi separati in strutture attrezzate per le necessità diversificate. In questa ottica razionale, derivata dal pensiero umanista, si collocano alcune istituzioni come la Confraternita dei Buonomini di San Martino per i benestanti caduti in disgrazia, e l'Oratorio di Gesù Pellegrino per i parroci anziani, ma soprattutto lo Spedale degli Innocenti, attrezzato per risolvere razionalmente il dramma dei bambini abbandonati. Il nome si ispirò all'episodio biblico della Strage degli Innocenti.


La facciata e la loggia dello Spedale degli Innocenti furono costruite da Filippo Brunelleschi fra il 1419 e il 1424. Sono uno dei primissimi e più grandi capolavori dell'architettura del Rinascimento. Le spese le pagò l'Arte della Seta, quella a cui apparteneva il Brunelleschi.

Esiste ancora la rota (ruota girevole in pietra) che funzionò per più di quattro secoli, fino al 1875. Così Wikipedia:

Le madri disperate potevano così appoggiare i loro figli (i gettatelli), girare la ruota e suonare la campanella, facendoli entrare al riparo senza essere viste. Spesso lasciavano delle lettere o dei ricordini insieme ai neonati. Molto frequentemente si trattava di medaglie spezzate, con le quali si sperava di ottenere un ricongiungimento con i figli in tempi migliori.

Nei pennacchi degli archi, sono presenti otto tondi di terracotta invetriata. Non erano previsti nel progetto originale del Brunelleschi e furono eseguiti da Andrea Della Robbia nel 1487. In ogni tondo è rappresentato un neonato in fasce, come si vede nell'immagine che inserisco come chiusura.


La Chiesa di Santo Spirito ha, come quella di San Lorenzo, una facciata piuttosto anonima, ma le architetture dell'interno delle due chiese sono due capolavori di Filippo Brunelleschi. E nella Chiesa di Santo Spirito c'è la Pala Nerli di Filippino Lippi.

Così la descrive Carla Faldi Guglielmi in "Tesori d'Arte Cristiana" (Bologna, 1967):

"Sull'altare della quinta cappella del transetto destro sta la bellissima tavola di Filippino Lippi, iniziata nel 1488, raffigurante la Vergine col Bambino, in trono fra S. Martino e S. Caterina che presentano loro Tanai dei Nerli e sua moglie Nanna, mentre il piccolo Gesù scherza con S. Giovannino. E' perduta, ma a noi nota attraverso un disegno preparatorio dello stesso Filippino, la vetrata con l' "Elemosina di S. Martino" per la stessa cappella.
Dinanzi a un portico, finamente adorno nei pilastri nonché nei pennacchi degli archi ove appaiono tre angiolini a monocromo, uno con una colomba, gli altri due con lo stemma della casa, stanno i personaggi, composti con supremo equilibrio in una simmetria tutt'altro che artificiosa, riscattata dalla mobilità e dalla intensità affettiva delle immagini soavemente patetiche. L'artista, nel pieno della maturità e capacità espressiva, denuncia qui, nelle figure, gli ultimi attacchi con le componenti botticelliane della sua cultura, laddove per il bellissimo sfondo di città - verso porta San Frediano, con il palazzo dei Nerli sulla destra - così attentamente descritto negli affascinanti particolari di vita (Tanai che si congeda dalla figlioletta, i drappi alle finestre, il via vai dei villici venuti in città a commerciare, le persone affacciate a finestre o logge, l'immagine sacra nell'antiportico) è evidente la sua adesione all'analitico lucido modo dei fiamminghi, la cui arte, attraverso la presenza di opere insigni e i contatti di viaggio con le Fiandre dei ricchi mercanti, era divenuta una presenza feconda per la pittura fiorentina di fine secolo
."

6 commenti:

annarita ha detto...

Esaustiva galoppata fiorentina con puntata nella Tuscia. Hai ragione, l'immagine del paese non appartiene a Civita di Bagnoregio, che ha una chiesa più monumentale con scalinata, e la panoramica mi fa pensare più a Orte, sempre in provincia di Viterbo, ma non ne sono sicura. Salutissimi, Annarita.

Ermione ha detto...

Una bella passeggiata in piazza SS.Annunziata, via dei Servi, addirittura il sagrato di S.Spirito : io abito proprio lì.
Ma che fine avrà fatto Silvia Dionisio? Sembrava destinata a grandi cose...

Solimano ha detto...

I commenti sono utili, altroché!
Annarita, grazie per la segnalazione di Orte. Esplorerò, nella Tuscia ci sono diverse località con la caratteristica di essere arroccate su un cocuzzolo naturale vasto e piano. La più importante è Orvieto. Mi sto convincendo che l'immagine che si vede nel film non è di Civita di Bagnoregio, però sono contento di avere messo un posto così singolare. Aggiornerò il post appena sarà giunto ad una conclusione più plausibile.
Elena, sì, è proprio la Chiesa di Santo Spirito, che condivide con la Chiesa di San Lorenzo l'anonimato della facciata e la ricchezza artistico dell'interno. Sceglierò fior da fiore e scriverò un codicillo al post (spero con belle immagini...)

grazie e saludos
Solimano

Solimano ha detto...

Elena, grazie per Santo Spirito. Ho inserito nel post la Pala Nerli di Filippino Lippi. E' il bello della rete: puoi modificare i post quando ti pare!

saludos
Solimano

Ermione ha detto...

Bellissimo!
Sulla facciata di S.Lorenzo, però, userei un altro aggettivo che non sia "anonimo": è una delle facciate più suggestive fra le chiese di Firenze, rimasta come era in origine, e non rivestita di marmi in epoche successive, cosa che invece è successa, ahimè, a Santa Maria del Fiore e a Santa Croce.

Solimano ha detto...

Elena, sono d'accordo con te per quello che riguarda Santa Maria del Fiore e Santa Croce, e basta il confronte col Campanile di Giotto e col Battistero, che sono autentici.
Dico solo che la ricchezza artistica degli interni di San Lorenzo e di Santo Spirito non è immaginabile da quello che promettono le facciate. Mi sembra che per la facciata di San Lorenzo ci sia stato un bellissimo progetto di Michelangelo che poi non fu realizzato, ma ho visto i disegni.
In ogni caso, con la vista logica Firenze nel cinema mi sto divertendo: mi consente, per ogni post (pur stando sul film) di inserire una personalizzazione d'arte su capolavori fiorentini non a tutti noti.

grazie Elena e saludos
Solimano
P.S. Non è vero che in rete ci sia sempre tutto: la Pala Nerli non aveva immagini decorose, e le due immagini le ho ottenute con lo scanner da un libro della mia biblioteca.