martedì 12 febbraio 2008

Berlinguer ti voglio bene

Berlinguer ti voglio bene, di Giuseppe Bertolucci (1977) Sceneggiatura di Roberto Benigni, Giuseppe Bertolucci Con Roberto Benigni, Alida Valli, Carlo Monni, Mario Pachi, Maresca Fratini, Donatella Valmaggia, Rossana Benvenuto, Giovanni Nannini, Donato Sannini, Annalisa Foà Musica: Franco Coletta, Pier Luigi Farri, Fotografia: Renato Tafuri (95 minuti) Rating IMDb: 7.1
Solimano
Il gruppo di amici di cui fa parte Cioni Mario (Roberto Benigni) -mi raccomando, prima il cognome poi il nome- è composto da Bozzone (Carlo Monni), Buio e Gnorante (non so chi sono gli attori che fanno queste parti). Amici per modo di dire, si trovano per andare insieme perché non hanno alternative, oltre ad essere loro quattro. Hanno una filosofia di vita ben riepilogata da Bozzone con le seguenti alate parole:

«Noi semo quella razza che non sta troppo bene
che di giorno salta i fossi e la sera le cene,
lo posso grida' forte, fino a diventa' fioco,
noi semo quella razza che tromba tanto poco,
noi semo quella razza che al cinema si intasa
pe' vede' donne gnude, e farsi seghe a casa,
eppure la natura ci insegna sia sui monti sia a valle,
che si po' nasce bruchi pe' diventà farfalle,
ecco noi semo quella razza che l'è fra le più strane,
che bruchi semo nati e bruchi si rimane,
quella razza semo noi è inutile fa' finta,
c'ha trombato la miseria e semo rimasti incinta.»

Il Cioni Mario lo vediamo all'inizio in un cinema su cui molti critici danno informazioni sbagliate: non guardano un film pornografico, figuriamoci se c'era un luci-rosse in quel paese sperduto nei dintorni di Prato e impestato di svincoli autostradali. E' un normale cinema con rapporti stretti con la locale Casa del Popolo e che riesce ad avere degli spettatori con pellicole che noi chiameremmo softcore, per dirla alla Bozzone erano dei film con le donne gnude (supplente, infermiera, maestra ecc), infatti nel cinema ci sono quasi solo uomini però a gruppi, questa era la differenza col cinema luci-rosse, posto per solitari.

Cioni Mario, come sesso, è contemporaneamente assatanato e timoroso. Si trova in un bar, ad un tavolino c'è una donna bionda non giovanissima ma piacente. In rapida successione tutti gli avventori del bar, uno alla volta, si avvicinano alla donna per invitarla a ballare nella adiacente balera col terreno in cemento, in cui suona il complesso "Romeo e los gringos". Cioni Mario è l'ultimo a presentarsi, con paura e desiderio au pair. La bionda gli dice di sì, chissà perché.
Si mettono a ballare insieme, la bionda e Cioni Mario, che non crede a sé stesso, fa dei numeri brillanti ma intimiditi, disabituato com'è ad essere felice. E' la bionda a stringere, non Cioni Mario, che un po' si vergogna. Ma si abitua, persino sorride, mentre sullo sfondo si vede Romeo che accelera i tempi ai suoi gringos.

Salvo che sul più bello passano un biglietto a Romeo che interrompe la musica e legge ad alta voce: "Si avverte Cioni Mario che gli è morta la mamma". La macchina da presa segue di lato la camminata di Cioni Mario verso il casale dove vive con La Mamma (Alida Valli); il rapporto non è buono, La Mamma è prepotente, lo tratta come fosse un bambino, ma Cioni Mario pensa una cosa profonda quasi come i pensieri di Bozzone: "Meglio la puzza di una mamma che il profumo di nessuno". Camminando verso il casale, Cioni Mario dice parolacce in modo ininterrotto -metà si capiscono metà no. Imparerà più tardi che è stato uno scherzo -atroce- architettato da Bozzone, Buio e Gnorante. Si fermerà sconvolto nel sottopasso fangoso perché l'acqua ristagna e non guarderà il manifesto del Circo Lina Orfei che è lì da mesi ed a cui è affezionato. Meno male che alla Casa del Popolo organizzano una tombolata gigante con i parenti in piedi a fare il tifo. Cioni Mario vince, il premio è un quadro di bella donna gnuda ma preraffaellita, che Cioni Mario si porta appresso per metà film.


Cioni Mario, persa l'opportunità della bionda a causa dei beffardi amici, ha un colpo di fortuna (c'è di sicuro un Santo tutto per lui, perché ne ha bisogno). Una sera è stanco e cerca di fare l'autostop. Le macchine non si fermano, figurarsi se danno retta ad uno vestito da Cioni Mario, ma chissà perché -non l'ho capito proprio- si ferma una macchina con due belle giovani che lo trattano bene, lui farfuglia le stupidate solite, ma le giovani capiscono il suo vero animo. Una delle due -quella che non guida- gli dà una conchiglia con cui Cioni Mario può sentire il mare, e che lui conserverà, sentendo il mare, ogni tanto. Al bivio lo fanno scendere, e Cioni Mario è brillante: vuole il numero di telefono, niente notes, la ragazza glielo scrive sul palmo della mano, che Cioni Mario accuratamente non si laverà.

Cioni Mario ha un debito che non può pagare a Bozzone. Bozzone gli dice che andrà con La Mamma così il debito si estingue e Cioni Mario pensa, magari! Non ci avrebbe mai creduto, ma Bozzone e La Mamma vanno insieme e si trovano benissimo, La Mamma spia felice ed ansiosa l'arrivo di Bozzone dietro le tende di plastica della finestra.

La Mamma e Bozzone vanno insieme la domenica alla messa ed il parroco, Don Valdemaro (Giovanni Nannini) è contento che si prospetti un matrimonio per la vedova Cioni. Arriva l'ora del pranzo, La Mamma si è vestita bene perché attende Bozzone, che si presenta con il pacchetto delle paste, si siede a capotavola davanti al pollo arrosto e si mette a dire in italiano -con forte accento toscano- rivolto alla donna che ama, le parole di un poeta francese, Jacques Prévert:

Questo amore
Questo amore
Così violento
Così fragile
Così tenero
Così disperato
Questo amore
Bello come il giorno
E cattivo come il tempo
Quando il tempo è cattivo
etc etc etc etc etc etc etc

..e La Mamma è contenta!

Cioni Mario dovrebbe essere contento anche lui, ma dalla faccia non sembra, perché Bozzone, nella foga della poesia e del far festa a La Mamma, nota che Cioni Mario ha una mano sporca, e gliela pulisce col tovagliolo, cancellando così il numero di telefono della ragazza gentile. Cioni Mario ci rimane piuttosto male (immagine in basso) e così finisce il film. Dovrebbe fare quello che fa spesso: piazzarsi in mezzo al campo sotto lo spaventapasseri su cui ha attaccato il manifesto di Enrico Berlinguer (immagine sopra il post), a cui Cioni Mario vuole bene, perché certamente farà la Rivoluzione e tutto andrà a posto, che sarebbe anche ora.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Questo giuro non l'avevo mai visto nè notato. Grazie per il post.

Giuliano ha detto...

Benigni che si chiedeva "ma si dirà Berlìnguere o Bèrlinguer o Berlinguère" era un punto fisso delle prime apparizioni del Nostro... Non è una battuta che fa ridere, quello che faceva ridere era la sua presenza - come oggi, del resto, solo che ormai ci abbiamo fatto l'abitudine. Voglio molto bene a Benigni, come tutti: ma qualche difettino ce lo vedo...

Solimano ha detto...

Questo non è un film che fa ridere (se non dopo nel ricordarlo), ma fa riflettere e sorprende: è una favola verissima. Fu un clamoroso insuccesso, ma sta tornando su e così sarà in futuro. Su Benigni ce ne sarebbe da dire, dico solo una cosa: ha il rischio della facilità, essendo talmente bravo (e pure colto, occhio!)

saludos
Solimano