Giuliano
Dopo Ingmar Bergman, e dopo Michel Serrault, oggi arriva la notizia della scomparsa di Michelangelo Antonioni. Lo ricordiamo con due appunti presi da interviste recenti con attrici che hanno lavorato con lui: Jeanne Moreau, per “La notte”, e Jane Birkin, per “Blow up”.
Jeanne Moreau su Antonioni
«La notte ha per me uno strano significato. Avevo incontrato Antonioni nel 1950 quando preparava I vinti. Io ero "pensionnaire" alla Comedie Francaise e lui mi chiese di girare quel film. Ma allora la compagnia aveva regole molto rigide, la sera si recitava e non mi fu permesso di lasciare Parigi. Nel '59 ero più libera e tutto era previsto per girare La notte, tanto che io dissi di no a Visconti per Rocco e i suoi fratelli. Ma Antonioni preferì girare prima L'avventura e io dovetti aspettare un anno». Al suo posto Visconti prese Annie Girardot la quale, grazie a Rocco, iniziò una carriera e incontrò Renato Salvatori. «Quel film trasformò la vita personale di Annie, la sua vita sentimentale. Si vede che quello era il suo il destino».
Le riprese di La notte furono molto dure. «Antonioni parlava pochissimo con Marcello e con me. Si girava sempre di notte fino all'alba. In francese, in inglese e in italiano, ed ero talmente allo stremo delle forze che quando, di giorno, dormivo, sognavo di venire svegliata da qualcuno che bussava alla porta. E mi svegliavo piangendo, implorando di non svegliarmi».
Condizioni fisiche difficili, un set povero. «Sono arrivata a Milano con i miei abiti, tutti comperati da Chanel. Gli abiti che indosso sono i miei. Ma i veri problemi sono stati altri: non fui pagata, e, anzi, Marcello e io pagammo i tecnici romani perché quelli milanesi, naturalmente, ebbero il loro compenso. Ricordo che dopo fui dura con Antonioni, parlai male di lui come regista, ma mi pentii. Un maestro è un maestro, anche se ha un cattivo carattere e idee diverse dalle tue».
intervista a Jeanne Moreau di Laura Putti, Repubblica 15 aprile 2007
Monica Vitti e Jeanne Moreau ne La notte
Jane Birkin su Antonioni
- Il suo primo ruolo cinematografico è stato nel 1965 in The knack (Palma d'Oro a Cannes) di Richard Lester, regista simbolo della Swinging London. Lei avrebbe potuto diventare una delle divine creature del movimento. Perché si è sottratta?
«Non l'ho fatto apposta. La vita è una serie di traiettorie inattese, imprevedibili. Mio marito John Barry era partito in America. Avevo vent'anni, avevo già avuto Kate ed ero molto triste. Sono tornata a vivere con i miei genitori, ma mi pesava. Allora ho accettato di fare un provino per un film. A Parigi. Così ho conosciuto Serge e non sono più tornata».
- Ma prima ancora c'era stato Blow up.
«Dovevo essere solo una comparsa, ma quel film ha segnato la mia carriera. Antonioni è stato di una estrema delicatezza con me e ha sempre seguito la mia carriera. Che grazia, che onestà, che pazienza. Ricordo il provino per Blow up: qualcuno mi chiede di scrivere il mio nome su un muro. Lo scrivo piccolissimo. Mi urlano: più grande! Alla terza lettera ti giri di profilo. JAN, profilo, E B e qualcuno urla ancora: perché fai così? Mi hanno detto di fare così, rispondo. Dice: scrivi forse il tuo nome così grande per attirare l'attenzione su di te? Allora scoppio a piangere farfugliando: mi hanno chiesto di scriverlo grande. E sento: cut! Allora Antonioní è venuto verso di me. "Questo volevo sapere: se lei era vulnerabile. Ora le do tre pagine da leggere, ma ci pensi bene perché nel film dovrà essere completamente nuda". Sono tornata a casa e ho raccontato tutto a John. "Se proprio ti devi spogliare, un film di Antonioni è quello per cui vale la pena farlo", mi ha detto. Ma ha aggiunto: "È comunque so che non lo farai mai. Perfino quando ti spogli a casa spegni sempre la luce". Merde! Mi sono detta. Lo farò».
intervista a Jane Birkin di Laura Putti,Repubblica 13 maggio 2007
Vanessa Redgrave in Blow Up
Jeanne Moreau su Antonioni
«La notte ha per me uno strano significato. Avevo incontrato Antonioni nel 1950 quando preparava I vinti. Io ero "pensionnaire" alla Comedie Francaise e lui mi chiese di girare quel film. Ma allora la compagnia aveva regole molto rigide, la sera si recitava e non mi fu permesso di lasciare Parigi. Nel '59 ero più libera e tutto era previsto per girare La notte, tanto che io dissi di no a Visconti per Rocco e i suoi fratelli. Ma Antonioni preferì girare prima L'avventura e io dovetti aspettare un anno». Al suo posto Visconti prese Annie Girardot la quale, grazie a Rocco, iniziò una carriera e incontrò Renato Salvatori. «Quel film trasformò la vita personale di Annie, la sua vita sentimentale. Si vede che quello era il suo il destino».
Le riprese di La notte furono molto dure. «Antonioni parlava pochissimo con Marcello e con me. Si girava sempre di notte fino all'alba. In francese, in inglese e in italiano, ed ero talmente allo stremo delle forze che quando, di giorno, dormivo, sognavo di venire svegliata da qualcuno che bussava alla porta. E mi svegliavo piangendo, implorando di non svegliarmi».
Condizioni fisiche difficili, un set povero. «Sono arrivata a Milano con i miei abiti, tutti comperati da Chanel. Gli abiti che indosso sono i miei. Ma i veri problemi sono stati altri: non fui pagata, e, anzi, Marcello e io pagammo i tecnici romani perché quelli milanesi, naturalmente, ebbero il loro compenso. Ricordo che dopo fui dura con Antonioni, parlai male di lui come regista, ma mi pentii. Un maestro è un maestro, anche se ha un cattivo carattere e idee diverse dalle tue».
intervista a Jeanne Moreau di Laura Putti, Repubblica 15 aprile 2007
Jane Birkin su Antonioni
- Il suo primo ruolo cinematografico è stato nel 1965 in The knack (Palma d'Oro a Cannes) di Richard Lester, regista simbolo della Swinging London. Lei avrebbe potuto diventare una delle divine creature del movimento. Perché si è sottratta?
«Non l'ho fatto apposta. La vita è una serie di traiettorie inattese, imprevedibili. Mio marito John Barry era partito in America. Avevo vent'anni, avevo già avuto Kate ed ero molto triste. Sono tornata a vivere con i miei genitori, ma mi pesava. Allora ho accettato di fare un provino per un film. A Parigi. Così ho conosciuto Serge e non sono più tornata».
- Ma prima ancora c'era stato Blow up.
«Dovevo essere solo una comparsa, ma quel film ha segnato la mia carriera. Antonioni è stato di una estrema delicatezza con me e ha sempre seguito la mia carriera. Che grazia, che onestà, che pazienza. Ricordo il provino per Blow up: qualcuno mi chiede di scrivere il mio nome su un muro. Lo scrivo piccolissimo. Mi urlano: più grande! Alla terza lettera ti giri di profilo. JAN, profilo, E B e qualcuno urla ancora: perché fai così? Mi hanno detto di fare così, rispondo. Dice: scrivi forse il tuo nome così grande per attirare l'attenzione su di te? Allora scoppio a piangere farfugliando: mi hanno chiesto di scriverlo grande. E sento: cut! Allora Antonioní è venuto verso di me. "Questo volevo sapere: se lei era vulnerabile. Ora le do tre pagine da leggere, ma ci pensi bene perché nel film dovrà essere completamente nuda". Sono tornata a casa e ho raccontato tutto a John. "Se proprio ti devi spogliare, un film di Antonioni è quello per cui vale la pena farlo", mi ha detto. Ma ha aggiunto: "È comunque so che non lo farai mai. Perfino quando ti spogli a casa spegni sempre la luce". Merde! Mi sono detta. Lo farò».
intervista a Jane Birkin di Laura Putti,Repubblica 13 maggio 2007
3 commenti:
Ho appena scritto un commento nel NonSoloProust di Gabriella, ne riprendo alcuni argomenti.
Per capire i motivi della incomunicabilità fra una certa Italia e il cinema di Antonioni, basta leggersi con attenzione la lunga stroncatura che Giuseppe Marotta fece de L'avventura, stroncatura che è inserita qui in "Abbracci e pop corn", e che si trova nella lunga lista Spettatori, Registi, Scrittori o con Giuseppe Marotta o con Michelangelo Antonioni.
Ci sono, scritti con vivacità e con una ingenuità però cattiva, tutti i luoghi comuni di un paese istruito ma non colto (Fortebraccio), che al massimo tollerava Visconti per le scenografie, i costumi, l'impostazione da grande teatro lirico ancor più che di prosa, ma che non si accorgeva che Antonioni nei suoi film inseriva il barocco di Noto e più tardi Gaudì, e riusciva a collegarsi all'arte più aggiornata con certe scene ad esempio di Deserto Rosso. Marotta, che non ne poteva proprio più di Antonioni, e dal suo punto di vista lo si può capire, giunge al punto di consigliare Antonioni di mettersi nelle mani di qualche sceneggiatore di quelli bravissimi che facevano anche dieci sceneggiature l'anno. Antonioni, avrebbe poi dovuto fare il macchinista, che Marotta gli riconosceva di saper fare bene.
Era il paese felliniano, che sotto sotto stava sulle scatole allo stesso Federico Fellini, che si mise poi a fare film il cui obiettivo sembrava che fosse quello di deludere proprio i tifosi felliniani. Antonioni non diede retta a Marotta, e continuò a scriversi le sceneggiature con l'ausilio di Tonino Guerra e di alcuni stranieri (altra cosa che faceva inorridire gli italofili).
Il Bertolucci migliore guarda più Antonioni che altri registi italiani, pur nella differenza di temi, ed è accomunato ad Antonioni nel porre al centro di tanti suoi film la donna, una certa donna del tutto estranea ai cineasti tipicamente italiani, mezzi postribolari mezzi bigotti, come si conviene.
Sarebbe bello, sia su Antonioni che su Bergman, andare a sfruculiare i Nostri Eroi (non solo Marotta)a cui stava a cuore un tipo di Italia che gli stranieri trovassero simpatica. Difatti ci trovavano e ci trovano simpatici, niente di più.
saludos
Solimano
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Ne parlo qui de La notte...
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