mercoledì 30 luglio 2008

L'anno in cui i miei genitori andarono in vacanza (1)

O Ano em Que Meus Pais Saíram de Férias, di Cao Hamburger (2006) Sceneggiatura di Adriana Falcão, Claudio Galperin, Cao Hamburger, Bráulio Mantovani, Anna Muylaert Con Michel Joelsas, Germano Haiut, Paulo Autran, Simone Spoladore, Eduardo Moreira, Caio Blat, Daniela Piepszyk, Liliana Castro, Rodrigo dos Santos Musica: Beto Villares Fotografia: Adriano Goldman (104 minuti) Rating IMDb: 7.8

Annarita sul suo blog L'angolo di Annarita

Il titolo è un eufemismo.
Lo si capisce subito dal nervosismo con cui la giovane Bia passeggia tra le valige pronte e la finestra, fumando una sigaretta dopo l'altra. Il marito Daniel è in ritardo e ogni tanto Bia si volta a sollecitare il figlio dodicenne affinché metta via tutto ciò che ha sul tavolo e si tenga pronto. Il piccolo Mauro invece non sembra avere nessuna fretta, continua a sistemare con cura il pacchetto di sigarette che funge da portiere e si appresta a tirare la pedina in porta. Finalmente Daniel arriva, trafelato, e la famigliola è pronta per partire. Mauro ha appena il tempo di un ultimo tiro con il papà e poi di sistemare le porte e le pedine del sacchetto. Si parte. Bia e Daniel cercano di reprimere la tensione, ma lungo la strada che li porta da Belo Horizonte a San Paulo si vedono camion militari.
E sì, perchè siamo nel Brasile del 1970, il fatidico anno dei mondiali di calcio, e il paese è schiacciato dalla dittatura e pure se non viene detto esplicitamente, intuiamo che Bia e Daniel devono scappare per motivi politici, come tanti in quegli anni.

Ma questo Mauro non lo sa, la sua testolina di dodicenne è piena di entusiasmo per la formazione della nazionale di calcio e per la possibilità che conquisti il titolo mondiale per la terza volta.
Il viaggio della piccola famiglia si conclude nel colorito e rumoroso quartiere multietnico di Bom Retiro e i genitori lasciano il piccolo Mauro davanti al condominio in cui abita il nonno paterno Mòtel, al quale sarà affidato. La separazione è dura, Bia piange, non si decide a lasciare il figlio, Daniel la sollecita e continua a ripetere a Mauro di rispondere a chiunque glielo chieda che loro due sono andati in vacanza.

Mauro guarda la Volkswagen azzurra dei genitori allontanarsi e poi si decide a salire e a suonare alla porta del nonno. Ma il tempo passa e nessuno gli risponde. Il destino ha deciso diversamente. Mòtel è morto d'infarto quella mattina.

È l'anziano vicino di casa Shlomo, impiegato nella sinagoga, a trovare Mauro sul pianerottolo e ad occuparsi di lui nell'immediato. Difficile l'inizio della forzata convivenza tra un anziano scapolo, scrupoloso ebreo praticante, e il piccolo Mauro ammalato di nostalgia per i genitori. Oltretutto Shlomo scopre con orrore che il ragazzino, pur essendo figlio e nipote di ebreo, non è mai stato circonciso e il suo sconforto aumenta. Il rabbino e tutta la comunità lo esortano a rispondere alla chiamata divina e a continuare a prendersi cura del bambino, che viene ribattezzato Moishele. A questo proposito Mauro interroga una vicina di casa, la quale gli racconta la storia del piccolo Mosè salvato dallae acque dalla figlia del faraone, e da quel momento in poi non può fare a meno di sorridere ogni volta in cui guarda il vecchio e burbero Shlomo, assai improbabile in quel ruolo biblico. Tra alti e bassi la vita di Mauro prosegue: ospitato a turno dalle famiglie del palazzo il piccolo fa la conoscenza del nutrito e varipinto mondo del quartiere in cui convivono pacificamente persone di varie nazionalità. Entrano così a far parte della sua vita la piccola Hanna, deliziosa coetanea ebrea con uno spiccato talento per gli affari che attua grazie al negozio di abbigliamento gestito dalla madre (ha praticato dei fori sulle pareti delle cabine di prova degli abiti e i suoi compagni pagano per guardarvi attraverso);
la splendida Irene di origine greca, sogno proibito degli adolescenti del quartiere, segretamente fidanzata con Edgar, un mulatto che è anche il portiere della squadra di calcio locale (immaginate la fila dei clienti di Hanna, quando si sa che Irene andrà a provare dei vestiti?);


lo studente universitario Italo, di origini italiane, coinvolto nei disordini all'università, il Rabbino e la comunità ebraica.

I mondiali cominciano e Mauro si attacca tenacemente al ricordo della promessa dei genitori di tornare in tempo per vederli insieme, ma naturalmente non è così. L'eco dei disordini e della repressione si fa sempre più forte, ma tutti sembrano volersi stordire nell'ebbrezza delle partite di calcio, seguendo il trascinante percorso della nazionale brasiliana fino alla partita finale contro l'Italia.
Mauro non compie solo il classico percorso di formazione, è il narratore in prima persona di vicende più grandi di lui delle quali ha solo una vaga e pallida idea, tutto preso com'è tra la spasmodica attesa dei genitori e gli stupori e le curiosità che gli derivano dal trovarsi improvvisamente immerso nella composita realtà di Bom Retiro.
Tutto il film ha l'andamento di una commedia dolce-amara nella quale spesso si sorride perché le vicende sono filtrate dallo sguardo stupito del piccolo protagonista e dei suoi amici, che in una fase delicata della loro vita quale il passaggio all'adolescenza si trovano di fronte a una dura realtà più grande di loro, ma nella quale riescono a vivere con il tipico e robusto spirito di adattamento dei ragazzini. Ed è proprio uno dei maggiori pregi del regista Cao Hamburger l'esser riuscito a non annacquare il film in stereotipi o inutili sdolcinatezze o in retoriche rappresentazioni dell'adolescenza. La naturalezza e l'umorismo sono i punti di forza della vicenda, che pure non dirada mai completamente, e non potrebbe, la nube oscura della realtà quotidiana costituita dall'inquietante presenza della dittatura.

I mondiali si concludono con la vittoria del Brasile sull'Italia e la conquista dell'ultima coppa Rimet della storia del calcio moderno e nell'eco dei festeggiamenti che si spengono Bia fa ritorno, sola. Mauro non ha bisogno di fare domande alla madre, e dietro la quieta affermazione che il papà è sempre il ritardo, come suo solito, c'è tutto un mondo di sentimenti e di sensazioni, di parole non dette.


martedì 29 luglio 2008

Roma nel cinema: Daisy Miller (1)

Daisy Miller (Cybill Shepherd)

Daisy Miller, di Peter Bogdanovich (1974) Dal racconto di Henry James, Sceneggiatura di Frederic Raphael Con Cybill Shepherd, Barry Brown, Cloris Leachman, Mildred Natwick, Eileen Brennan, Duilio Del Prete, James McMurtry, Nicholas Jones, George Morfogen Musiche: Bach, Boccherini, Haydn, Mozart, Schubert, Johann Strauss, Verdi (consulente musicale: Francesco Lavagnino) Fotografia: Alberto Spagnoli Production Design: Ferdinando Scarfiotti Costumi: Mariolina Bono, John Furniss (91 minuti) Rating IMDb: 5.7
Solimano
A Vevey, in Svizzera, si sono conosciuti Frederick Winterbourne (Barry Brown) e Daisy Miller (Cybill Sheperd). Poi la giovane è partita per Roma con la madre ed il fratello piccolo, ma sono rimasti intesi che fra qualche mese anche Winterbourne verrà a Roma, perché per il momento ha da fare a Ginevra.
Solo che passa più tempo del previsto, e quando Winterbourne arriva a Roma, sua zia, Mrs. Costello (Mildred Natwick), gli dice che "la signorina, però, è molto intima anche con degli italiani di terza categoria, con cui si fa vedere in giro suscitando dei pettegolezzi sul suo conto". Così Winterbourne frena il suo impulso di andare a trovare subito Daisy e lascia passare qualche giorno. Daisy sa che è arrivato e non le piace che Winterbourne non si faccia vivo con lei. Quando finalmente si incontrano in casa di una conoscente comune, Mrs. Walker (Eileen Brennan) c'è un po' di schermaglia fra i due, ognuno sta sulle sue.

Ma è una bella giornata, perché perdere tempo a pungersi in un salotto? I due giovani decidono di fare una passeggiata. La meta è il Pincio, il più bel giardino di Roma. Adesso stanno percorrendo l'assolata Via Gregoriana.



Quando arrivano in cima, passeggiano a braccetto. Si punzecchiano ancora, ma sono contenti entrambi di essere insieme: Winterbourne più contegnoso, Daisy vivace, diretta e curiosa di tutto, come sempre. Si intravedono alcuni dei busti marmorei del Pincio (che sono più di duecento, per chi non lo sapesse), c'è la grande vasca, ma soprattutto la magnifica vegetazione con essenze esotiche e il famoso panorama dal Pincio.




Si fermano a guardare un piccolo spettacolo, in un gruppo abbastanza folto. In prima fila ci sono bambini e ragazzi, perché è uno spettacolo di burattini, ambientato a Napoli, come si vede dal Vesuvio. C'è naturalmente Pulcinella. Daisy si diverte molto e persino al rigido Winterboune scappa un sorriso.

C'è anche un venditore ambulante con i baffoni. Cosa venda, non mi ricordo, so che anche qui Daisy è molto curiosa. Winterbourne non vorrebbe, ma è sempre più affascinato da lei, si sta scordando cosa gli ha detto la zia.

Ma la felicità di Winterbourne dura poco, perché Daisy incontra un italiano, il giovane avvocato Giovanelli (Duilio Del Prete) che è l'ammiratore più assiduo di Daisy e che evidentemente Daisy gradisce. Tocca fare buon viso, ed i due uomini si presentano, disinvolto Giovanelli, rigido Winterbourne.


Daisy capisce la situazione e la risolve a suo modo: passeggiava con uno, adesso passeggerà con due, Giovanelli da una parte e Winterbourne dall'altra. Come si vede, mentre Giovanelli si è tranquillamente adattato, Winterbourne tiene un po' il muso e si rende ridicolo. Il guaio è che su al Pincio arriva Mrs. Walker in carrozza, ma quello che succede dopo l'ho già raccontato in un altro post sul film Daisy Miller.

Chiudo con tre immagini.
Nella prima, che è una immagine del film, c'è il panorama di Roma che Daisy vede dalla finestra del suo albergo.
Le altre due immagini sono tratte da due quadri con visioni del Pincio che Jean-Baptiste-Camille Corot fece nel 1843. I quadri sono di piccole dimensioni, ma ricchi di particolari, quindi consiglio di vedere le immagini ingrandite.



domenica 27 luglio 2008

I triangoli nel cinema: Divorzio all'italiana (2)

Divorzio all'italiana, di Pietro Germi (1961) Sceneggiatura di Ennio De Concini, Pietro Germi, Alfredo Giannetti Con Marcello Mastroianni, Daniela Rocca, Stefania Sandrelli, Leopoldo Trieste, Odoardo Spadaro, Margherita Girelli, Angela Cardile, Lando Buzzanca, Pietro Tordi, Ugo Torrente, Antonio Acqua, Bianca Castagnetta Musica: Carlo Rustichelli Fotografia: Leonida Barboni, Carlo Di Palma (105 minuti) Rating IMDb: 8.2
Solimano
Dal punto di vista di Angela
Ad Agramonte, un paese della Sicilia, Angela (Stefania Sandrelli) non la conoscono molto, perché prima era una ragazzina, adesso ha sedici anni e studia alle magistrali in un collegio di Catania, un collegio di suore, naturalmente. Però durante le vacanze sta in paese, quasi sempre in casa, salvo per andare in chiesa ad occhi bassi scortata da una donna di famiglia.

Però gli occhi ogni tanto li alza, quando vede il cugino quarantenne, il barone Fefè (Marcello Mastroianni), a cui sa di piacere e di cui è innamorata, un po' da ragazzina, tenendo un diario in cui non scrive i nomi. Non si sono quasi mai parlati, la prima volta è nei boschetti fioriti dietro la spiaggia dove le due famiglie, quella di Fefè e la sua, prendono il sole. A duecento metri di distanza l'una dall'altra in modo da non litigare, come fanno spesso.


Lì nei boschetti è bello, tutti e due capiscono di essere presi reciprocamente, solo che proprio mentre stanno per baciarsi, le urla sguaiate di richiamo del padre di Angela, Calogero (Ugo Torrente), li costringono a rientrare, uscendo da sentieri diversi. Angela ha dato a Fefè metà dei fiori che aveva raccolto e Fefè li dispone intorno alla moglie Rosalia (Daniela Rocca) che sta facendo le sabbiature: sembra un bel funeralino.


Calogero è un padre severo e malfidente. Scopre il diario di Angela e dà fuori di matto per le frasi appassionate e generiche scritte dalla figlia. Vuole sapere il nome dell'uomo, ma Angela non glielo dice, allora Calogero malmena la figlia che viene poi medicata da una familiare. Ma non solo: chiamano una levatrice per l'ispezione della illibatezza, ciò che interessa veramente a Calogero. L'ispezione, che la ragazza subisce come violenza e vergogna, dà un responso positivo: Angela è illibata, per la gioia della famiglia tutta, in primis Calogero.


Solo che la storia ha una sua giusta ironia: quella notte stessa Angela non è più illibata, perché si trova in giardino con Fefè, ed insieme stanno benissimo, lui trova i modi per consolarla delle percosse e della vergogna. Alla mattina Angela, scortata da due suore, torna in collegio a Catania, ma Angela e Fefè riescono a scriversi, lei ha capito che lui sta macchinando qualcosa e gli scrive: "Sarò con te qualsiasi cosa succeda". Così Fefè sa come regolarsi.


Fefè, che è andato a Catania con una scusa, trova modo di incontrare Angela, però mischiata con le altre collegiali. La suora, arcigna benché giovane, gli dice che le scolare possono incontrare i parenti solo in orari prefissati. Ma dopo l'incontro le lettere che si scambiano diventano naturalmente più frequenti e appassionate.


Quello che doveva succedere è successo, ne hanno parlato tutte le gazzette. Angela un po' ha capito un po' no. Per il momento la situazione è che la moglie di Fefè, Rosalia è scappata col pittore Carmelo Patanè (Leopoldo Trieste), però le lettere che le invia Fefè sono tranquille, si vede che la cosa non lo preoccupa. Angela si fida ed aspetta gli eventi.
Per un errore di imbustazione delle lettere, quella che Angela manda a Fefè arriva a suo padre Calogero e viceversa. Al padre viene un coccolone, muore fra il cordoglio generale e Angela è in prima fila fra le donne a lutto. Durante il funerale, capita un increscioso episodio. Immacolata, la moglie di Carmelo Patanè, insulta Fefè perché non ha ancora difeso il suo onore e gli sputa in faccia. Tutti guardano meravigliati, ma convinti che Immacolata abbia ragione. Solo Angela si avvicina a Fefè e gli pulisce il viso. E' il suo amoroso incoraggiamento ad agire.

Sono passati quasi tre anni, il problema è risolto, Fefè ha scontato la pena recuperando l'onore, ed alla stazione, oltre a tutti i parenti c'è anche Angela, che l'ha aspettato, pur scrivendogli poco. Fefè si trova di fronte non più una ragazza, ma una donna fatta che sa il fatto suo: vent'anni bene spesi.

Il matrimonio è una festa per tutto il paese. Un matrimonio proprio ammodo, compreso l'abito bianco della sposa. Non è che nessuno parli più di Rosalia e Carmelo per riservatezza, sono fatti del passato completamente risolti a cui non si pensa più. Tutto si è aggiustato.

Il viaggio di nozze si svolge sul mare. Fefè ha cambiato pettinatura, sembra un po' più giovane con i capelli ricci. Si sente l'uomo più felice di questa terra: adesso si trova di fronte una vita con la donna che ama.

Ma in tre anni tante cose succedono, ad una ragazza così giovane e sveglia. Ci si può accorgere, ad esempio, che il mondo non finisce ad Agramonte, e di uomini non c'è solo il barone Fefè. Quindi, sulla barca, Angela si guarda attorno, esplora il panorama naturale ed umano. Il barcaiolo ad esempio, che è un ragazzo come lei.
Ma che farebbe Fefè se se ne accorgesse? Non direbbe nulla, farebbe finta di niente. Al barone Ferdinando Cefalù è andata fin troppo bene, i tempi cambiano anche per uno come lui. O no?

sabato 26 luglio 2008

I triangoli nel cinema: Divorzio all'italiana (1)

Divorzio all'italiana, di Pietro Germi (1961) Sceneggiatura di Ennio De Concini, Pietro Germi, Alfredo Giannetti Con Marcello Mastroianni, Daniela Rocca, Stefania Sandrelli, Leopoldo Trieste, Odoardo Spadaro, Margherita Girelli, Angela Cardile, Lando Buzzanca, Pietro Tordi, Ugo Torrente, Antonio Acqua, Bianca Castagnetta Musica: Carlo Rustichelli Fotografia: Leonida Barboni, Carlo Di Palma (105 minuti) Rating IMDb: 8.2
Solimano
Dal punto di vista di Rosalia
C'è poco da dire, la baronessa Rosalia Cefalù (Daniela Rocca) è fra le donne più ammirate di Agramonte. Non è più giovanissima, ma l'aspetto prosperoso (i fianchi poi!) attira tutti gli sguardi, quando cammina al braccio del marito, il barone Ferdinando Cefalù, detto Fefè (Marcello Mastroianni) per andare a messa o a prendere un gelato. Gli ipercritici potrebbero dire che le ghiandole pilifere fanno anche troppo il loro mestiere, ma per la maggioranza è un pregio in più, eppoi certi articoli osé per il momento li vendono solo a Palermo e Catania, ad Agramonte ancora no. Dodici anni che sono sposati, Rosalia e Fefè , mai un vero screzio.
Eppure Rosalia è un po' preoccupata, perché quando chiede a Fefè mi ami? quanto mi ami? lui sbuffa e le dice di smetterla. Non solo, è già successo diverse volte che, ai pudichi approcci di Rosalia nel letto maritale, Fefè si sia girato dall'altra parte. Rosalia capisce che fare il barone tutto il giorno è un mestiere faticoso, però prima non era così, forse è un caso di senilità precoce.

Però Fefè a volte è molto affettuoso, ad esempio, quando Rosalia fa le sabbiature Fefè la guarda in un modo che intenso è dire poco. La situazione serale comunque non migliora, una sera Fefè all'approccio di Rosalia risponde sbraitando. Poi se ne va a dormire in un'altra stanza: cosa gravissima, perché nel palazzo vive anche la mamma di Fefè, Donna Matilde (Bianca Castagnetta) e si sa come sono le suocere, sotto sotto ci godono.


Succede un fatto del tutto inaspettato. Rosalia guardava in strada (naturalmente da dietro le persiane). La strada era deserta nella calura estiva, c'era solo un uomo, e Rosalia l'ha riconosciuto: è Carmelo Patanè (Leopoldo Trieste), il suo amore castissimo di ragazza prima di sposare Fefè.


Carmelo era partito per la guerra. Rimase coinvolto nella battaglia di El Alamein, risultò disperso, addirittura il suo nome fu messo su una lapide ai caduti, ed ora ricompare! Rosalia va di nascosto in soffitta dove ci sono le tante lettere che le aveva scritto Carmelino, una più bella dell'altra. Qualche ora di malinconica nostalgia, ma Rosalia sa che è una storia del passato che non può più riaprirsi.
E' il caso a metterci lo zampino, il caso, che evidentemente conduce le umane sorti. C'è anche della malignità nel caso, perché utilizza proprio l'inconsapevole Fefè, il marito di Rosalia. Nella chiesa grande Fefè vede che un artista restaura le vecchie pitture, si incuriosisce e l'artista è proprio Carmelino Patanè!

A Fefè viene l'idea di far scrostare le decorazioni del salone di casa Cefalù, tutti gli dicono che non vale la pena, ma Fefè ci tiene, alla storia della famiglia. Così Carmelino si trova in casa Cefalù ed incontra dopo tanti anni Rosalia, senza aspettarselo. Rischia di cadere dalla scala da dove spiegava a Fefè che sotto le croste dell'Ottocento ci sono decorazioni del tardo Seicento. Anche Rosalia è in subbuglio, ma si contiene meglio. Meno male che Fefè è assorto nel tardo Seicento, se no, chissà la tragedia, geloso com'è.
Così, profittando dei lunghi momenti in cui Fefè è immerso nei suoi studi, Rosalia e Carmelo si conoscono di nuovo, si ri-conoscono, lei più restia, lui più ardente: al primo caffè le chiede due cucchiaini di zucchero perché gli piace il dolce, più esplicito di così?


Intanto, Fefè è tornato a dormire nel letto maritale, ma stavolta è Rosalia a sottrarsi: una volta perché legge un romanzo di fantascienza della benemerita serie Urania, un'altra volta per il mal di testa, la scusa c'è sempre. Fefè si volta dall'altra parte e sospira. Povero Fefè! Ma l'amore fra Rosalia e Carmelo ha degli inciampi, che però diventano risolutivi.



La servetta di casa, Sisina (Margherita Girelli), ancora ragazza, è attratta da Carmelo, che se ne sente lusingato e un giorno le prende il viso, la guarda e le dice proprio così: un Antonello da Messina, un purissimo Antonello da Messina!
Sisina è turbata e confessa la faccenda dell'Antonello messinese al prete, che giustamente vuol sapere i dettagli, perché uno che da Messina venga ad Agramonte a sedurre le giovani non gli sta bene. Sisina racconta di Carmelo Patanè, ma il prete sa che è sposato con tre figli piccoli. Disperazione di Sisina che dice a Carmelo che uno nel suo stato dovrebbe portare le fede, così le ragazze sanno come regolarsi.


Nemmeno Rosalia -che ha ripreso a suonare il piano- sapeva del matrimonio e dei figli. Qui si vede quanto è innamorato Carmelo, che dice di rinunciare a tutto se Rosalia fugge con lui. I due non sono ancora amanti, solo qualche carezzuccia su sofà. In quello stato di desiderio, la pulsione alla fuga insieme è fortissima, ed è ancora il caso ad intervenire.


Arriva ad Agramonte il film di cui tutti parlano, "La dolce vita", contro cui il prete ha tuonato dal pulpito così la curiosità è aumentata. Quella sera tutti vanno al cinema, salvo Rosalia che adduce il solito mal di testa, fa la valigia e fugge con Carmelo sul diretto delle nove e quarantrè, quella sera in perfetto orario.


Si sono organizzati bene, Rosalia e Carmelo, facendo perdere le loro tracce e trovando un posto splendido in cui realizzano il loro sogno: lei gli fa da modella biancovestita, e la peluria sul labbro ed all'incrocio delle sopracciglia spicca su tutto quel bianco. Carmelo ha cambiato abbigliamento, adesso ha le braghe corte con la maglietta a righe. Ritrae Rosalia sullo sfondo del mare. Ma si potrebbe dire, parafrasando un autore di quegli anni: vita felice di Rosalia e Carmelo, per poco. Arrivano Fefè e Immacolata (la moglie di Carmelo) e con quattro colpi di pistola tutto finisce. Ma certamente gli assassini pagheranno il giusto fio del delitto commesso. O no?