Solimano
Dietro lo strano nome di RoGoPaG c'è un film ad episodi voluto dal produttore Alfredo Bini e realizzato nel 1963 da quattro registi: Rossellini, Godard, Pasolini, Gregoretti: da cui RoGoPaG, appunto. L'episodio diretto da Pier Paolo Pasolini è memorabile per diversi motivi. In due post mi soffermo sull'aspetto pittorico, perché sono pochi i film in cui la pittura sia così presente non solo dal punto di vista visivo, ma direttamente nella storia narrata.
Un regista (Orson Welles, doppiato da Giorgio Bassani) sta realizzando un film sulla vita di Cristo. Il luogo in cui il film viene girato è una delle tante anonime periferie di Roma. Si tratta di girare la scena della Deposizione dalla Croce, ed il film, che era in bianco e nero, diventa a colori. Ecco com'è nel film La ricotta la scena della Deposizione.
Chi ha visto anche solo una volta il quadro del Rosso Fiorentino si accorge della forte corrispondenza di quel quadro con la scene di Pasolini. Quindi c'è una grande fedeltà, ma le differenze esistono, e sono importanti. Prima di tutto questa scena del film La ricotta è tutt'altro che un tableau vivant.
Dura alcuni minuti, ed io ho messo alcune delle tante immagini diverse di questa scena, perché pochi secondi prima la scena aveva anche altri personaggi: gli aiutanti di Pasolini (pardon del regista-personaggio, Orson Welles!) che spostavano oggetti (le scale, la fruttiera etc) e che facevano assumere ad attori e comparse le posizioni e gli atteggiamenti che il regista voleva.
La differenza più importante è però un'altra e riguarda proprio il modo di vedere di Pasolini, che è piuttosto diverso da quello del Rosso Fiorentino. Nel film La ricotta i colori sono quasi colori puri, limpidi e squillanti. E' una tragedia, ma non una tragedia drammatica, piuttosto lirica ed elegiaca. Non si vuol dare l'impressione del movimento, di una azione in corso.

Il paradosso, visto che parliamo di cinema, è che il Rosso è più cinematografico di Pasolini, nel senso che è più movimentato. Un movimento non fine a se stesso, come sarà in tanti manieristi che verranno dopo, ma un movimento drammatico, come drammatici sono i gesti ed i volti. Anche lo spazio lo è, scandito dalla croce, dalle scale, dai corpi, dalle vesti e soprattutto dall'intrecciarsi dei corpi.
E' evidente che qui, per il Rosso, conta molto di meno l'esempio del maestro Andrea del Sarto rispetto all'emozione derivante dai prodigi di Michelangelo. Ma rispetto al Tondo Doni di Michelangelo, che è pienamente classico, il quadro de Le figlie di Jetro del Rosso (di poco posteriore alla Deposizione di Volterra) è già anticlassico, il primo manierismo è incominciato. Non so se agli Uffizi il Tondo Doni e Le figlie di Jetro siano ancora nella stessa stanza, come erano anni fa e come penso che sia giusto, perché c'è ancora chi non capisce l'originalità del manierismo, soprattutto agli inizi.
Nel Rosso ci sono altri aspetti singolari.
Il luminismo, inteso quasi in senso manicheo, come lotta fra luce ed ombra che si contendono lo spazio.
L'intellettualismo, per cui non c'è colpo di pennello che non debba avere un significato suo, diverso dalla pennellata precedente.
Il grottesco, forse legato a quello che alcuni definivano come ateismo blasfemo, ma che forse era l'attenzione alla pittura tedesca, soprattutto a Durer. Inserisco qui sotto due dettagli dellla Deposizione di Volterra del Rosso.

(continua)
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