sabato 30 gennaio 2010

Marcel Proust a fumetti


Solimano

Alcuni anni fa, aggirandomi nel bel sito Marcel Proust di Gabriella Alù giunsi qui: Proust a fumetti! La cosa mi divertì, anche perché non ci vedevo niente di male (a differenza di Le Figaro...).
Circa un mese fa, alla Biblioteca di Lissone, dopo aver preso i cinque DVD della settimana, guardai con attenzione gli scaffali dei libri di fumetti. Ho intenzione di continuare anche nel 2010 con i post sui fumetti, che tante soddisfazioni ci hanno dato in questi tre anni. Grande è stata la mia sorpresa nel trovare il libro con Marcel Proust a fumetti nella stanza dedicata ai bimbi più piccoli... Vabbè che è bene che ci si accosti ai classici da giovani, ma non lo vedo ancora un bimbo con la Recherche - sia pure a fumetti - vicina al sillabario. Ecco i dati riassuntivi del libro:
Marcel Proust Alla ricerca del tempo perduto La strada di Swann Prima parte: Combray
Adattamento e disegni di Stéphane Heuet Colore Véronique Doray Grifo Edizioni 2002 - 80028 Grumo Nevano - Na.
In questi anni Stéphane Heuet ha pubblicato altri due libri, sta andando avanti magnis itineribus o quasi. Ci sarà modo di scriverne in futuro.
Cosa penso di Stéphane Heuet? Che è un buon disegnatore ed un ottimo organizzatore delle pagine che disegna. Che ha letto certamente Proust, non ho trovato svarioni, né alterazioni cronologiche. Che il suo è un lavoro gradevole ed utile. Inevitabilmente, viene voglia di prendere in mano per l'ennesima volta la Recherche (quella di Proust...).
Per questo post, seguo una modalità che ho adottato alcuni mesi fa per una operazione in fondo analoga: due post per un film sull'Inferno di Dante Alighieri. Il film di Giuseppe Berardi fu realizzato nel 1911 e... dura 15 minuti (!). Misi una serie di fermo-immagine tratti dal film con sotto i versi di Dante. I visitatori sono stati più di quelli che immaginavo. E qui, sotto ad alcuni disegni di Stéphane Heuet inserisco i brani di Marcel Proust che trovo più corrispondenti. Un modo in apparenza facile, ma non del tutto semplice. Utilizzo la traduzione di Natalia Ginzburg Editore Einaudi, 1963. E' opportuno ampliare le immagini, se si vogliono leggere i testi... anzi... ehm... il lettering!

E, appena suonavano per la cena, ero ansioso di correre in sala da pranzo, dove la grossa lampada sospesa, che nulla sapeva di Golo e di Barbablu, e conosceva i miei e lo stufato, spandeva la sua luce di tutte le sere; e di cadere nelle braccia della mamma, che le sciagure di Genoveffa di Brabante mi rendevano più cara, mentre i misfatti di Golo m'inducevano ad esaminare con maggiori scrupoli la mia propria coscienza.

La mia sola consolazione, quando salivo per coricarmi, era che la mamma venisse a darmi un bacio appena fossi stato a letto. Ma quel "buona notte" era di così breve durata, ella ridiscendeva così presto, che il momento in cui la sentivo salire, poi quando passava nel corridoio dalla doppia porta il rumore leggero della sua veste da giardino di mussola azzurra, dalla quale pendevano cordoncini di paglia intrecciati, era per me un momento doloroso. Annunciava quello che l'avrebbe seguito, in cui lei mi avrebbe lasciato, e sarebbe ridiscesa.

Ella mandò a prendere una di quelle focacce pienotte e corte chiamate "maddalenine", che paiono aver avuto come stampo la valva scanalata d'una conchiglia di san Giacomo. Ed ecco, macchinalmente, oppresso dalla giornata grigia e dalla previsione di un triste domani, portai alle labbra un cucchiaino di tè, in cui avevo inzuppatp un pezzo di "maddalena". Ma, nel momento stesso che quel sorso misto a briciole di focaccia toccò il mio palato, trasalii, attento a quanto avveniva in me di straordinario. Un piacere delizioso m'aveva invaso, isolato, senza nozione della sua causa.

Infatti, a una base permanente di uova, di costolette, di patate, di conserve, di biscotti, che non ci annunziava neppure più, Françoise aggiungeva, - a seconda dei lavori dei campi e dei frutteti, delle vicende della pesca, dei casi del commercio, delle cortesie dei vicini e del suo genio, talché il nostro menu, come quei quadrifogli che nel secolo XIII si scolpivano sulla porta maggiore delle cattedrali, rifletteva un poco il ritmo delle stagioni e gli episodi della vita, - una sogliola, perché la pescivendola gliene aveva garantita la freschezza; un tacchino, perché ne aveva visto uno bello al mercato di Roussainville-le-Pin; dei cardi con la salsa, perché non ce li aveva ancora serviti in quella maniera; del castrato arrosto, perché l'aria aperta fa un vuoto e per le sette c'era bene il tempo di mandarlo giù; spinaci, per mutare; albicocche, perché erano ancora una rarità; ribes, perché fra quindici giorni non ce ne sarebbe stato più; fragole portate apposta da Swann; ciliegie, le prime che venissero dal ciliegio del giardino dopo due anni che non ne aveva più date; formaggio di panna che mi piaceva molto una volta; un dolce di mandorle, perché il giorno prima l'aveva ordinato; una focaccia, perché era il nostro turno di offrire.

Qualche giorno dopo, incontrato fuori lo zio, che passava in carrozza aperta, provi un dolore, una riconoscenza, un rimorso che gli avrei voluto esprimere. In confronto della loro immensità mi parve che una scappellata sarebbe stata meschina, ed avrebbe potuto far supporre allo zio ch'io non mi credessi debitore verso di lui che d'una comune cortesia. Risolsi d'astenermi da quel gesto insufficiente e volsi la testa. Lo zio penso che in questo seguissi gli ordini dei miei, non lo perdonò loro, ed è morto parecchi anni dopo senza che nessuno di noi lo abbia riveduto.

Quando il tempo è sereno si può vedere fino a Verneuil. Soprattutto si abbracciano in un sol tempo con gli occhi cose che d'abitudine è impossibile se non una senza l'altra, come il corso della Vivonne e i fossati di Saint-Assise-lès-Combray, dai quali è divisa da una cortina d'alberi alti e ancora come i vari canali di Jouy-le-Vicomte (Gaudiacus vice comitis, come sapete). Ogni volta che sono andato a Jouy-le-Vicomte, ho visto sì una parte del canale, poi, se svoltavo in una via, ne vedevo un'altra, ma allora non vedevo più la precedente. Dal campanile di Saint-Hilaire è un'altra cosa: tutta una rete in cui la località è presa.

Quell'anno, quando un po' prima del solito, i miei ebbero fissato la data del ritorno a Parigi, la mattina della partenza, poiché per fotografarmi m'avevano fatto arricciare i capelli, e mettere con cautela un cappello che non avevo ancora mai portato, e indossare un cappottino di velluto, dopo avermi cercato dappertutto, mia madre mi tovò in lacrime sul breve pendio vicino a Tansonville, nell'atto di dire addio ai baincospini, mentre circondavo con le braccia i rami pungenti, e, come una principessa da tragedia a cui pesassero quei vani ornamenti, ingrato verso la mano importuna che formando tutti quei nodi aveva preso cura di compormi i capelli sulla fronte, calpestavo i diavoletti che m'ero strappati e il mio cappello nuovo.

Quel sorriso cadde su di me che non l'abbandonavo con gli occhi. Allora, ricordando lo sguardo che aveva indugiato su di me durante la messa, azzurro come un raggio di sole che traversasse la vetrata di Gilberto il Malo, mi dissi: "Certamente mi osserva". Mi immaginai di piacerle, mi figurai che avrebbe pensato ancora a me dopo lasciata la chiesa, e che per causa mia sarebbe stata triste la sera a Guermantes.

Così me ne stavo spesso fino al mattino a pensare ai tempi di Combray, alle mie tristi sere senza sonno, a tanti giorni anche di cui l'immagine m'era stata più recentemente restituita dal sapore - a Combray avrebbero detto "profumo" - d'una tazza di tè, e per associazione di ricordi a quanto avevo appreso, molti anni dopo lasciata quella cittadina, intorno ad un amore di Swann anteriore alla mia nascita, con quella esattezza di particolari più facile di ottenere qualche volta per la vita di persone morte da secoli fa che non per quella dei nostri migliori amici, e che sembra impossibile come sembrava impossibile parlarsi da una città all'altra, finché si ignora il mezzo di eludere quell'impossibilità.

mercoledì 27 gennaio 2010

Gli animali nel cinema: Umberto D.

Flaik, il cane di Umberto D.

Umberto D. di Vittorio De Sica (1952) Storia e sceneggiatura di Cesare Zavattini e Vittorio De Sica Con Carlo Battisti (Umberto Domenico Ferrari), Maria Pia Casilio (Maria, la servetta), Lina Gennari (Antonia, la padrona di casa), Ileana Simova ( La donna nella camera di Umberto), Elena Rea (La suora all' ospedale), Memmo Carotenuto (Il degente all' ospedale), Alberto Albani Barbieri (L'amico di Antonia) Fotografia: Aldo Graziati Musica: Alessandro Cicognini (89 minuti) Rating IMDb: 8.3

Solimano

Alla manifestazione dei pensionati nel centro di Roma partecipa anche Umberto Domenico Ferrari (Carlo Battisti) che ha in mano un guinzaglio e una museruola. Ha portato con sé il cane Flaik. La polizia interviene per sciogliere d'autorità il corteo e ci sarà un fuggi fuggi generale.

Umberto prende in braccio Flaik e si rifugia in un androne con un altro pensionato. Adesso può respirare e anche Flaik è tranquillo. Poi Umberto va alla mensa dei poveri e fa una cosa scorretta: nasconde Flaik sotto il tavolo passandogli il suo piatto. Viene rimproverato e gli si dice che se continua così non potrà più accedere alla mensa.

Umberto abita in via San Martino della Battaglia 14. E' un pensionato del Ministero dei Lavori Pubblici; la sua pensione ammonta a 18.000 lire al mese, ma non gli basta. Andando a casa, vende il suo orologio per 3.000 lire. Lo attende una sorpresa: la sua stanza in affitto è occupata. Antonia, la padrona di casa (Lina Gennari) l'ha data in uso a pagamento ad una coppia irregolare. Umberto protesta, ma la padrona prende lo spunto per dirgli che Umberto deve pagare gli arretrati. Umberto offre le 3.000, ma la donna rifiuta: vuole che paghi tutto e subito. Umberto si sfoga con Maria, la servetta (Maria Pia Casilio) che gli è amica, ma ha un problema anche lei, quello di essere incinta. Non sa se il padre del nascituro è il militare di Firenze o quello di Napoli. L'unico contento è Flaik: gli danno da mangiare, Umberto lo fa giocare (invece di leggere il libro), può mettersi sul letto di Umberto, il posto preferito. C'è una passeggiata serale: Umberto, che teme lo sfratto, vende il bel libro ad una edicola che commercia in libri usati. Gli danno 2.000 lire. Tramite Maria, che gli fa da ambasciatrice, offre 5.000 lire alla padrona che continua a rifiutare: o paga tutto (mi sembra che fra le 10.000 e le 15.000 lire) o c'è lo sfratto. A Umberto quella notte viene la febbre.

Umberto approfitta della febbre per farsi ricoverare in ospedale (dove non si spende niente). Prima di uscire con i portantini, spega ad uno di loro che è meglio che faccia giocare Flaik con la palla, così il cane si distrae, altrimenti gli verrebbe dietro. Durante i pochi giorni che Umberto passa all'ospedale, non vede Flaik, salvo una volta in cui Maria è venuta a trovarlo ed ha lasciato Flaik ad uno dei due militari che l'aspetta per strada. Umberto apre la finestra della corsia per farsi sentire da Flaik, ma le proteste dei degenti lo costringono a chiuderla subito.

Brutta sorpresa per Umberto, all'uscita dall'ospedale: Flaik a casa non c'è. Capisce che è stata la padrona a lasciare la porta aperta, sperando di liberarsi prima del cane e poi di Umberto. Maria non sa nulla, persa nei suo problemi da cui non sa uscire (prova anche un rudimentale tentativo d'aborto). Umberto prende un tassì per correre al canile municipale. Impara che i cani accalappiati, se non si presenta in pochi giorni il richiedente - che comunque deve pagare la multa - vengono eliminati col gas. Con l'ultimo arrivo dei cani presi quel giorno, Umberto ha la la gioia di ritrovare Flaik.

Prima di entrare in casa, Umberto si prende una soddisfazione: vede scendere dalle scale la padrona con il suo amico (Alberto Albani Barbieri) e gli butta il cane fra i piedi. I muratori sono al lavoro nella stanza, ormai non più sua, che fare?

Chiedere l'elemosina ai passanti, ecco. Umberto ha visto come fanno alcuni conoscenti della mensa dei poveri: tende la mano, ma la vergogna è troppa, non ce la fa a tenere la palma aperta. Ma c'è Flaik! Ed ecco Flaik col cappello in mano davanti al Pantheon. Passa di lì un collega del Ministero e guarda meravigliato la scena. Umberto racconta che il cane sta giocando, l'altro guarda il cane e chissà cosa pensa. Niente elemosine.

Seduto sul letto coperto dai giornali - i muratori lavorano - Umberto prende una decisone che riguarda solo lui. Dice a Maria che se ne andrà di lì definitivamente. Mette in una valigia le poche robe che ha (però bene ordinate), e se ne va con Flaik, che vorrebbe lasciare in un ostello per cani. Ma è un posto brutto, ci sono cani grossi di cui Flaik ha paura e i soldi che vorrebbe lasciare basterebbero alla pigione di un mese o due. Umberto va in un giardino pubblico. Una bambina gioca con Flaik. Umberto cerca di fare in modo che la bambina si affezioni e tenga il cane, ma i parenti della bambina non ne vogliono sapere.

Vicino a quel giardino c'è la ferrovia. L'intenzione di Umberto era di buttarsi sotto un treno per farla finita. A questo punto, non resta che prendersi in braccio il cane ed aspettare che passi il treno definitivo per tutti e due. Ma Flaik capisce e scappa quando sta arrivando il treno. Umberto gli va dietro.

Flaik non si fida del padrone, si nasconde dietro un pino. Umberto capisce che occorre pazienza e ci prova con una gran pigna, che butta come fosse una palla. Finalmente Flaik si fa coinvolgere e si riavvicina ad Umberto. Il film finisce mentre Umberto e Flaik stanno giocando insieme.

venerdì 22 gennaio 2010

Le attrici di Rohmer (3)

Amanda Langlet (Margot) in "Conte d'été" (1996)

Solimano

Dico subito che in questo terzo post sulle attrici di Eric Rohmer mancano le attrici dei suoi ultimi due film: "Triple agent" (2004) e "Les amours d'Astrée et de Céladon" (2007). Il motivo è semplice: questi due film non li ho ancora visti. Le immagini le avrei, con un po' di fatica riuscirei anche a identificare le singole attrici, ma non a personalizzare le immagini sulla base della mia esperienza in presa diretta del film (presa nel senso che sono io ad essere preso dal film, non viceversa). Quindi mi concentro su due film, che ho visto e rivedrò ancora: "Conte d'été" (1996) e "Conte d'automne" (1998).

Amanda Langlet in "Conte d'été" (1996)

Margot (Amanda Langlet) fa la cameriera estiva nella pensione della zia. Ci tiene però che si sappia che studia da etnologa ed antropologa. Il suo ragazzo è in Polinesia. E' lei che si dà da fare per conoscere Gaspard (Melvil Poupaud) dopo averlo notato seduto da solo al tavolo nella pensione.

Gwenaëlle Simon in "Conte d'été" (1996)

Solène (Gwenaëlle Simon) è la bella ragazza mora che nota Gaspard una sera in un ballo all'aperto. Margot, che fa l'amica di Gaspard, lo avverte, ma sarà Solène, come ha fatto Margot, a fare il primo passo con Gaspard.

Aurelia Nolin in "Conte d'été" (1996)

Lena (Aurelia Nolin) è la ragazza di Gaspard che (dopo essersi fatta aspettare un bel po') arriva al mare proprio quando Gaspard sta andando avanti con Solène. Carattere dominante (sta per iniziare gli studi all'ENA), tende a maltrattare Gaspard, salvo restarci male quando si rende conto dei rapporti che Gaspard ha con Margot e Solène.


Due altri momenti del film.
Margot, che fa la parte dell'amica di Gaspard, rimane sorpresa quando incontra Gaspard e Solène in macchina insieme. Gaspard sorride imbarazzato, quella che ha capito del tutto la situazione è Solène.
Solène e Gaspard insieme. Solène impara (e canta) una canzone scritta da Gaspard, che è matematico ma anche musicista.
Come finisce il film? Gaspard, indeciso fra le tre ragazze, trova la soluzione nella telefonata di un amico, che gli dice che ha trovato finalmente il registratore professionale che cercava. Due lettere, una a Lena, l'altra a Solène. Una passeggiata con Margot e Gaspard se ne va, avendo (forse) imparato qualcosa: di matematica e di musica sa, un po' meno di rapporti sentimentali.
Tre piccole carriere in cinema e in TV per Amanda Langlet, Gwenaëlle Simon e Aurelia Nolin.

Ecco Rohmer durante le riprese del film "Conte d'été". Attorno a lui ci sono gli interpreti del film, dietro, una magnifica location bretone, fra Dinard e Saint-Malò.

Le tre attrici di "Conte d'automne" (1998):
Béatrice Romand, Marie Rivière, Alexia Portal

In "Conte d'automne", la libraia Isabelle (Marie Rivière) vorrebbe che la sua amica vignaiola Magali (Béatrice Romand), che è vedova e sola, trovasse marito, e mette, ad insaputa di Magali, una inserzione matrimoniale su un giornale. Anche Rosine (Alexia Portal) la morosa del figlio di Magali, vorrebbe la stessa cosa, e cerca di favorire la nascita di un rapporto fra Magali ed Étienne (Didier Sandre), un professore di filosofia con cui Rosine ha avuto una relazione. All'inserzione sul giornale risponde Gérald (Alain Libolt). Al primo appuntamento va Isabelle, che finge di essere lei, quella che cerca marito.

La delicata situazione di Rosine, che è la morosa del figlio di Magali (ma forse vuole più bene a Magali che al moroso) e che cerca di spingere Étienne verso Magali. In fondo, Étienne, più interessato alla vigna che alla vignaiola, vorrebbe proseguire la relazione con Rosine.

Delicata anche la situazione di Gérald, di Isabelle e di Magali. Perché Gérald è molto attratto dalla bionda Isabelle, quindi ci rimane un po' male quando deve dirottare le sue aspettative verso la mora Magali. La cosa si complica, perché Magali, per un equivoco, crede di capire che ci sia qualcosa fra Isabelle e Gérald, cosa non vera ( o no? potrebbe essere, sotto sotto, che Isabelle ci tenesse anche lei, a Gérald). Alla fine del film, sembra che tutto si aggiusti, ma non è detto... chi lo sa?
Di Marie Rivière e Béatrice Romand ho già detto. Alexia Portal sta facendo un'ottima carriera. Ha già fatto più di venti film.

Lucy Russell in "L'anglaise et le duc" (2001)

Due immagini di Grace Elliot (Lucy Russell) nel film "L'anglaise et le duc" (2001). Una nobildonna inglese (un po' demi-monde) che si trova coinvolta nella Rivoluzione Francese. Piccole parti nel film le fanno Charlotte Véry, Rosette e Marie Rivière. Ottima la carriera di Lucy Russell, quasi trenta film.

Chiusura con tre immagini:
-il momento in cui compare il raggio verde.
-Eric Rohmer sta per dare il ciak in "Conte d'hiver".
-la felicità amorosa estiva, proprio all'inizio di "Conte d'hiver".