mercoledì 30 aprile 2008

Parigi nel cinema: Irma la dolce (2)

Irma la Douce, di Billy Wilder (1963) Dalla commedia di Alexandre Breffort, Sceneggiatura di Billy Wilder, I. A. L. Diamond Con Jack Lemmon, Shirley Mac Laine, Lou Jacobi, Bruce Yarnell, Herschel Bernardi, Hope Holiday, Joan Shawlee, Grace Lee Whitney, Paul Dubov, Howard MacNear, Cliff Osmond, Diki Lerner, Herb Jones, Ruth Earl, James Caan Musica: André Previn Fotografia: Joseph La Shelle Art Direction: Alexandre Trauner (147 minuti) Rating IMDb: 7.3
Solimano
Nel post precedente dedicato a Irma la Douce (1963) avevo anticipato che il film è stato interamente girato negli studi Samuel Goldwyn Warner di Hollywood.
Eppure questo film è un grande regalo a Parigi fatto non tanto da Billy Wilder ma da Alexandre Trauner, che aveva la responsabilità dell'Art Direction. Il regalo è la ricostruzione del mercato de Les Halles, fatta quattro anni dopo che era stata presa la decisione (1959) di trasferire il mercato a Rungis e a La Villette. Solo sei anni dopo il film, cioè nel 1969, il mercato sarà effettivamente trasferito.
La ricostruzione fatta da Alexandre Trauner è straordinaria. Per me è anche emozionante. A quegli anni risalgono i miei primi viaggi a Parigi, e nel quartiere capitavo spesso, non consapevole di quanta lunga fosse la storia di quel mercato e di quante discussioni ci fossero su che fare in futuro. Le discussioni non sono ancora finite, ci sono stati scacchi e successi, occorrerebbe non un post, ma un blog col fiato lungo per raccontare tutta la storia di Les Halles, dall'anno 1135 in cui vi fu trasferito il mercato, che prima era in Place de Grève, che è l'odierna Place de l'Hotel de la Ville, in cui per secoli si svolsero le esecuzioni capitali, ed in cui, il 25 aprile 1792, decollò la ghigliottina fra la delusione della folla, che la trovò troppo rapida.
Ma torno al film, augurandomi che al Beaubourg abbiano già fatto una mostra fotografica delle immagini tratte da Irma la Douce, io qui ne metto sei, tante ma anche pochissime.
La ricostruzione di Alexandre Trauner è stata giustamente definita "più vera del vero", e da sola varrebbe la visione del film.
Alexandre Trauner era ungherese, nato a Budapest nel 1906, e fra Art Direction, Production Designer, Set Decoration partecipò a film quali L'Age d'or (1930), Quai des Brumes (1938), Les Enfants du Paradis (1945), Don Giovanni (1979) e tanti altri. Scomparve nel 1993.

Perché Les Halles in Irma la Douce?
Per due motivi.
La professione di Irma la Douce (Shirley Mac Laine), cioè la prostituta di strada con alberghetto convenzionato, era diffusissima in alcune strade vicine a Les Halles in ogni ora del giorno. Ricordo un pomeriggio in cui casualmente capitammo in tre in una di quelle strade alle tre del pomeriggio. Ci trovammo immersi in un pigia pigia molto professionale che ci incuriosì ed intimidì, perché a quel modo di guardare negli occhi i passanti, a quelle frasette secche, irridenti e promettenti non eravamo proprio abituati, da cronici frequentatori di oratori parrocchiali.
Il secondo motivo è che Nestor Patou (Jack Lemmon), l'ex poliziotto divenuto protettore, lavora di notte a Les Halles per procurarsi i soldi da dare a Lord X (sempre lui) che li darà ad Irma che li darà ancora a Nestor, così il giro si chiude.
Ma ecco le immagini de Les Halles ricostruite da Alexandre Trauner:



Visioni di insieme

Mercato del pesce


Mercato della frutta

I famosi dodici padiglioni del mercato de Les Halles furono progettati poco dopo il 1848 dall'architetto Victor Baltard; dieci furono costruiti fra il 1852 ed il 1870, mentre gli ultimi due furono terminati solo nel 1936. Riporto qui una bella visione a volo d'uccello che ho trovato in Wikipedia:

Ma torniamo alla nostra Irma la Douce. All'inizio del film la vediamo uscire dall'Hotel Casanova seguita dall'ultimo cliente (un americano col cappello da cow boy) e la strada è assai frequentata anche in ore antelucane. Fra un po' arriverà il poliziotto Nestor Patou, che non capirà nulla di quello che succede (ancora più ingenuo di quei tre ragazzi di Parma...). Ma si innamorerà di Irma e lei di lui, gran bella cosa.

Chiudo con due immagini che hanno stranamente qualcosa in comune: il particolare decorativo di un padiglione di Victor Baltard, e una chiave di volta nella chiesa di Saint-Eustache, una delle più belle e più grandi di Parigi. Saint-Eustache, contigua a Les Halles, è l'ultimo grido del gotico fiammeggiante già in pieno Rinascimento.


martedì 29 aprile 2008

I soggetti nel cinema: effetto Diana

Roby
31 agosto 1997, domenica mattina: i primi telegiornali danno la notizia -che sarà poi ripetuta all'infinito per intere settimane- dell'incidente nel tunnel dell'Alma, a Parigi, dove hanno perso la vita la principessa Diana e Dodi Al Fayed. Mia figlia, fresca alunna di catechismo con tutti gli annessi catartico-escatologici del caso, corruga la fronte e mi chiede, davanti alle immagini dell'auto accartocciata: "Mamma, ma secondo te, Diana è andata in Paradiso?"

Bella domanda, meno banale di quanto possa sembrare. Tutto sommato, là dove adesso si trova, Diana è decisamente molto più in pace di quanto non le sia mai accaduto in vita: per lo meno, in quella parte di essa iniziata nel 1981, anno del matrimonio con Carlo d'Inghilterra, e conclusasi di schianto 16 anni dopo, contro il tristemente noto 13° pilone.




Un'esistenza da favola, nel vero senso della parola. Una storia che somiglia alla sceneggiatura di un film, anzi, di un'intera serie cinematografica a episodi. Una ragazzina dagli occhi di cerbiatta che va sposa al principe ereditario del regno... un matrimonio "girato" con la cura di un videoclip... una luna di miele interminabile, destinata a produrre il risultato tanto sospirato: la continuazione della dinastia in un rampollo bello, biondo e -possibilmente- maschio.




Lei, da brava consorte regale, adempì ai suoi doveri riproduttivi ben due volte, ottenendone due figli splendidi, che attualmente figurano tra i migliori partiti dell'alta società europea. E intanto, la sua unione coniugale stava naufragando (troppo difficile - come ebbe a dire lei stessa nella famosa intervista televisiva di qualche anno dopo - mantenere in piedi un matrimonio a tre!!!), l'anoressia incombeva, l'etichetta di corte la strangolava, i media pretendevano di sapere tutto e di più sulla sua vita privata... Il cinema stesso, seppure quello del settore tv-movie, si era impadronito da subito del plot della sua storia, sfornando a tempo di record almeno una decina di fiction(*) che la vedevano protagonista, dalla fase rosa dei primi tempi con Carlo a quella piccante dei vari maggiori Hewitt & co., fino all'epilogo tragico della sua vicenda terrena.


Non si tratta certo di capolavori da Oscar, e nemmeno da Emmy Awards: ma quel che colpisce di più, vedendoli, è la loro aderenza (degna della vecchia carta-carbone) all'originale, tanto che in certi casi non è così immediato distinguere il vero dal falso, la Diana vera da quella interpretata. E' per questo che non ho messo didascalie sotto le immagini che corredano questo post: misuratevi anche voi, come ho fatto io, nel gioco del "è-lei-o-non-è-lei", e vedrete che non è tutto principesco quello che appare!




Del resto, non si può negare che Lady Diana Spencer avesse una figura invidiabile ed un aspetto incredibilmente fotogenico, tale da risultare praticamente perfetta anche ripresa appena emersa da un tuffo nell'azzurro mare della Sardegna.
E neppure si può dire che non si sia abbondantemente servita di ciò, malgrado tutte le sue proteste contro la ripetuta violazione della privacy da parte di reporter e paparazzi.








Se sei la principessa del Galles, appena divorziata dall'erede al trono inglese, e te ne vai in vacanza con la tua nuova fiamma sai benissimo che i fotografi ti stanno alle calcagna, muniti di teleobiettivi capaci di mettere a fuoco la sabbia lunare del Mare della Tranquillità: quindi non puoi lamentarti se le testate scandalistiche di mezzo mondo pubblicano, il giorno dopo, la foto del bacio proibito!






Tutto sommato, ben pochi sceneggiatori hollywoodiani avrebbero saputo miscelare tanto sapientemente gli ingredienti per creare quel romanzo a metà tra il fumettone e l'affresco corale che è stato la sua vita: e infatti -sia detto con una punta di cinismo- se la storia ha funzionato e se regge ancora adesso è perchè la regista, la responsabile della produzione e l'interprete principale erano la stessa persona. Una persona senza dubbio intelligente, molto più forte di quanto non fosse apparsa alla sua prima entrata in scena, e in grado di mettere in seria difficoltà persino la granitica suocera Elisabetta II, come bene evidenzia l'ottimo The Queen di Stephen Frears (dove Diana, tra l'altro, non compare tra i personaggi, ma aleggia costantemente dall'inizio alla fine).





Una donna capace anche di grandi impegni nel sociale, nella veste di testimonial della campagna contro le mine anti-uomo, e di grandi slanci, come quello dimostrato nell'incontro con Madre Teresa di Calcutta: tuttavia, da qui ad associarla alla piccola suora in una sorta di processo parallelo di santificazione -favorito anche dalla data di morte molto ravvicinata- ce ne corre!

Permettetemi dunque, in chiusura, una rima un po' discutibile: Diana / nè santa nè p****na, ma solo donna, con tutti i pregi e i difetti della sua condizione. Nulla che autorizzi ad incensarla come dea protettrice delle mogli tradite, ma neppure niente che possa giustificare certi orrori visibili attualmente in Internet, come la penultima immagine pubblicata qui sotto (definita in rete, con raro acume, a fake photo): dove, in un'incredibile, agghiacciante ricostruzione b/n, viene presentato quello che avrebbe potuto essere il quadretto familiare Diana-Dodi-e-figlio, tanto paventato dalla casa reale da commissionare (si dice) addirittura un omicidio.





(*) Per la filmografia su Diana, cfr. http://www.imdb.com/keyword/princess-diana/
Nel 2008 è previsto un altro film su di lei, con protagonista Keira Knightley

lunedì 28 aprile 2008

I triangoli nel cinema: Un ragazzo... tre ragazze

Conte d'été, di Eric Rohmer (1996) Storia e sceneggiatura di Eric Rohmer Con Melvil Poupaud, Amanda Langlet, Gwenaelle Simon, Aurélia Nolin, Aimé Lefèbvre, Alain Guellaff, Eveline Lahana Musica: Philippe Eidel, Sébastien Erms Fotografia: Diane Baratier (113 minuti) Rating IMDb: 6.8
Solimano
Se guardate con attenzione l'immagine sopra il post potreste anche capire come farà Eric Rohmer a sciogliere il garbuglio imbarazzante in cui si mette Gaspard (Melvil Poupaud) in quei pochi giorni d'estate trascorsi in Bretagna nella località balneare di Dinard. Ma cerco di seguire un filo logico e quindi inserisco tre immagini, poi le commento.



Gaspard si è appena laureato in matematica. E' un po' incerto nella scelta fra le possibilità che ha di fronte. Ma non è un problema, meglio poter scegliere che non avere nessuna scelta. Il suo problema è che la ragazza a cui fa il filo, Lena (Aurélia Nolin), che gli ha promesso che l'avrebbe raggiunto a Dinard, non si è ancora vista né ha telefonato. Gaspard, che alloggia in un mini-appartamento che gli ha prestato un amico, aspetta Lena, paziente ma seccato, un po' anche geloso, perché sa che Lena è in viaggio con amici. A star solo non si annoia, perché ha passione per la musica e non da dilettante: compone canzoni e suona su una chitarra classica in genere brani, chiamiamoli così, di folk marinaro.
Ma andare da solo a cena nella pizzeria "Au claire de lune" un po' l'imbarazza e non guarda negli occhi la cameriera, che invece l'ha guardato bene. Difatti la mattina dopo ferma Gaspard sulla spiaggia e comincia a chiacchierare con lui, che vorrebbe sottrarsi, ma la cameriera, che si chiama Margot (Amanda Langlet) si fa strada e dopo un po' sono seduti sullo stesso telo e continuano a conversare. Margot gli dice subito che si occupa di etnologia e di antropologia, che il suo ragazzo sta in Polinesia, che pensava di raggiungerlo ma poi ha scoperto che la Bretagna è una vera miniera anche per le musiche etc etc. Ma come prima cosa ha detto a Gaspard che la pizzeria è di sua zia e che lei sta dando una mano (altrimenti 'sto laureato in matematica si monta la testa). Gaspard non è timido, è uno che si tiene le cose, ma si trova bene con Margot e le racconta che sta aspettando la sua quasi morosa etc e su rischiesta di Margot, le mostra la foto di Lena (immagine qui sotto). Margot dice gentilmente che come aspetto non la vede bene con lui. Gaspard non dice sì non dice no, è uno che riflette.

La sera dopo -a Lena ancora assente- Margot e Gaspard vanno in un locale dove si balla. Margot è molto sveglia ed applica un suo piano. Gaspard le è piaciuto da subito, quando gli porgeva il piatto nella pizzeria della zia (sarà poi vero, che è della zia?): bello, non rozzo, riservato e solo. Adesso inoltre sa che è un matematico che suona la chitarra! Paragonabile ad un ingegnere che suoni il violoncello (ma è uno strumento più ingombrante). Meglio di tutti un medico anche se non suona niente, ma con i medici tocca aspettare. Proprio perché ha delle aspettative, Margot sa che bisogna spingere il giusto, non troppo, e nel locale da ballo non sta attaccata a Gaspard, balla anche con altri. E c'è una mora che, mentre balla, guarda intensamente non noi ma Gaspard, che sta seduto dalla nostra parte (immagine qui sotto).

Il giorno dopo, durante una passeggiata, Margot dice che è ora che Gaspard smetta di aspettare Lena, la sera prima c'era una mora che se lo mangiava con gli occhi, e lei quella mora la conosce, si chiama Solène (Gwenaelle Simon). Ma stavolta il caso lavora contro Margot, perché Solène incrocia sul lungomare Gaspard e comincia a parlare con lui in presa diretta. Gaspard è lusingato da questa amorevole attenzione (basta guardarla, Solène!).




Gaspard tiene informata Margot dei suoi progressi con Solène, perché oltre tutto Solène sa cantare ed impara la canzone che Gaspard ha appena scritto e che voleva dedicare a Lena (ma si fa presto, a cambiare una dedica!). Poi Solène porta Gaspard in barca con suoi parenti pescatori e canterini; uno di questi fa la trascrizione della canzone da chitarra a fisarmonica, cosa tutt'altro che semplice. Margot ha un breve scoppio d'ira gelosa, perché si vede persa, ma poi fa buon viso, difatti, quando la macchina con Solène e Gaspard incrocia Margot, le due ragazze si sorridono l'un l'altra e anche Gaspard, prima imbarazzato, finisce per sorridere. La forza di Margot è il fiato lungo, quella di Solène è il respiro ampio...


Il giorno dopo Solène, che non è una ragazza leggera (è solo molto decisa), passa a vie di fatto, prima facendosi cospargere di crema solare da Gaspard, poi camminando per casa in slip e reggiseno, ma bloccando subito Gaspard che vorrebbe prendersi delle libertà, ma che cosa gli è venuto in mente? Chissà perché...



A questo punto del film arriva Lena, ormai non attesa da nessuno. Incrocia Gaspard che si sta recando da Solène, e si fa dura per le altre e per il povero Gaspard, perché è vero che Margot ti avvolge nelle spire delle confidenze, che Solène ti seduce con naturalezza, ma Lena è una che comanda. Una incredibile piantagrane che sta per andare all'ENA (il massimo in Francia), che può scegliere in qualsiasi momento fra dieci compagnie diverse. Adesso esige, nei giorni che lei deciderà, che Gaspard parta con lei e con altri amici -è una che gira sempre con la ruota di scorta- per l'isola di Quessant (anche le altre due ragazze hanno piani del genere, sull'isola e su Gaspard). Il ragazzo prova a prendere tempo con Lena, che prima si siede sola e sdegnata su una delle tante roccette che costellano le belle coste bretoni, poi se ne va di corsa sulla spiaggia di bassa marea lasciando solo Gaspard (nell'immagine Lena è giù quasi in fondo, sembra piccoletta ma è una da Olimpiadi, con una specie di doping interiore).
E Gaspard, matematico e chitarrista, si trova nel mini-appartamento dell'amico a dover gestire le telefonate di Margot, Solène e Lena. Tutte tre si aspettano di passare qualche giorno con lui nell'isola di Quessant (chissà che bel posto...), le date le decidono loro ed in genere sono sovrapposte o incompatibili. Gaspard non sa dire no e non sa dire sì, soprattutto non sa a chi dire no e a chi dire sì.
Ma stavolta la fortuna è con lui: squilla il telefono, oddìo, che ragazza sarà stavolta? No. E' un suo amico di La Rochelle che gli dice che è finalmente disponibile il registratore professionale a cui Gaspard stava dietro da un anno, ma deve partire subito per concludere l'affare (vi ricordate la prima immagine? C'era un registratore, evidentemente non professionale). Sospirone di sollievo di Gaspard, che finalmente si fa un piano: scrivere due lettere, una a Lena ed una a Solène, e chiedere un appuntamento a Margot per raccontarle tutto: Margot, antropologa, cameriera e etnologa , capisce, ed accompagna affettuosamente Gaspard al battello. Una buona amicizia per il momento, vedremo in futuro.
Ma l'ultima immagine del post la riserbo alla vera vincitrice nel film: la musica. Un simpatico duo sta suonando bene e in prima fila si riconoscono Solène e Gaspard.
Che dire? L'argomento non è lieve: la terra di nessuno in cui non si sa se sia amore oppure no. In chimica si potrebbe parlare di valenze insature. Lì il caso fa spesso da padrone (apparente, solo apparente...) Questo film, con una piccola storia, dice cose vere in modo mirabile, ma ci tornerò ancora. Al posto di Gaspard, anch'io avrei scelto Margot, per quanto... Solène... Ah, Solène! E Lena? Beh, una che comandi ci vuole, ogni tanto...


domenica 27 aprile 2008

Parigi nel cinema: Irma la dolce (1)

Irma la Douce, di Billy Wilder (1963) Dalla commedia di Alexandre Breffort, Sceneggiatura di Billy Wilder, I. A. L. Diamond Con Jack Lemmon, Shirley Mac Laine, Lou Jacobi, Bruce Yarnell, Herschel Bernardi, Hope Holiday, Joan Shawlee, Grace Lee Whitney, Paul Dubov, Howard MacNear, Cliff Osmond, Diki Lerner, Herb Jones, Ruth Earl, James Caan Musica: André Previn Fotografia: Joseph La Shelle Art Direction: Alexander Trauner (147 minuti) Rating IMDb: 7.3
Solimano
C'è un paradosso. IMDb parla chiaro: il film Irma la Douce è stato interamente girato negli studi Samuel Goldwyn Warner di Hollywood, eppure dedico a questo film due post con la vista logica "Parigi nel cinema". Non faccio carte false, i motivi li ho e qui racconto il motivo del primo post.
Il film si svolge di giorno e di notte, sia per il lavoro di Irma la Douce (Shirley Mac Laine) che fa la prostituta di strada con una convenzione con l'Hotel Casanova, sia per il lavoro di Nestor Patou (Jack Lemmon) che è il protettore di Irma la Douce. Cosa strana perché normalmente un buon protettore non fa nulla, aspetta solo i soldi dalla sua protetta, mostrandosi generalmente carino con lei, ma Nestor Patou è un protettore di tipo particolare. Prima di tutto, all'inizio del film non fa ancora il protettore ma l'agente di polizia e solo durante il film intraprende la sua nuova professione, poi assume mentite spoglie, quelle di Lord X, un nobile inglese guercio che vuole essere l'unico cliente di Irma. Quindi è tutta una partita di giro: Irma riceve i soldi da Lord X, li dà al suo protettore Nestor Patou, che li passa a Lord X (sempre lui) , che li dà ad Irma. Un rapido conteggio permette di determinare che il valore aggiunto è pari a zero, quindi Nestor Patou è costretto a fare un secondo lavoro che si svolge di notte, vedremo che lavoro è.
Così, all'inizio del film, hanno avuto la bella pensata di mostrarci Parigi quando la notte diventa giorno, proprio all'alba. Ho quattro immagini ed avverto subito che è bene cliccare per vederle bene, perché sono più lunghe che alte e come Blogger si comporta con le immagini lo sapete bene.




Come si vede, a quell'ora il traffico per le strade di Parigi è quasi inesistente. E' proprio l'alba, e guardando il film si vede il momento in cui si spegne l'illuminazione notturna, un gran bel vedere. I posti sono notissimi. Ho avuto qualche dubbio solo per il ponte, ma credo che si tratti del Ponte Alessandro III inaugurato il 14 aprile del 1900 dal presidente francese Emile Loubet contestualmente all'inaugurazione della Esposizione Universale di Parigi.
La prima pietra era stata posta dallo zar Nicola II nel 1896 ed è per questo che il Ponte è dedicato allo zar Alessandro III, che era il padre di Nicola II.
Come di solito, aggiungo due foto d'epoca di sculture che fanno parte della decorazione del ponte: un genio marino ed un leone con un bambino . La squadra di decoratori fu ampia, visto che il tempo a disposizione era veramente poco. Il responsabile generale fu l'architetto Cassien-Bernard. Il ponte attraversa naturalmente la Senna, da una parte c'è l'Hotel des Invalides, dall'altra ci sono Grand Palais e Petit Palais, edificati appunto in occasione dell'Esposizione Universale. Ma le immagini di apertura e di chiusura del post mi sembra giusto assegnarle a lei, Irma la Douce (Shirley Mac Laine).



sabato 26 aprile 2008

Abbas Kiarostami, uno sguardo semplice per dire cose complesse

Sotto gli ulivi (1994)

Giulia sul suo blog Pensare in un'altra luce

Quando un film mi piace, la mia mente comincia a viaggiare con la mente inseguendo le immagini che scorrono davanti ai miei occhi. Non ho bisogno di trame complesse e di effetti speciali. Anzi…

Mi piacciono molto i film che, apparentemente semplici nella loro struttura, mi trasmettono quelle emozioni che appartengono alla vita semplice, a quella vera e quotidiana, quella che non ha artifici, ma sa cogliere il genuino.

La vita è sempre cammino, è ricerca di un qualcosa che non sempre si raggiunge a cui però si tende, si cammina guardando e cogliendo quello che la vita ci offre nel bene nel male. Il cammino però, se vuole godere di tutto ciò che ci viene incontro, deve essere lento e accompagnato dalla riflessione, dall'attenzione… Altrimenti è fuga, corsa cieca verso il nulla.

Il cinema di Kiarostami sa darmi questo modo di vedere la vita.

Dieci (2002)

Non deve stupire – egli ci dice - che l'automobile sia cosi presente nei miei film recenti: spesso guardo il mondo attraverso i finestrini della mia auto (...) i miei pensieri sono molto più fluidi di quando sono seduto al mio tavolo.

La ricerca, come sappiamo, è uno degli elementi delle filosofie orientali. È la ricerca senza meta, perché in realtà è l'atto stesso della ricerca ad essere importante e quindi cerchiamo sempre un motivo che ci spinga a muoverci... è un viaggio senza fine, come quando si arriva sulla cima di una montagna e scoprendone altre di fronte a noi siamo subito presi dal desiderio di continuare il cammino verso nuove mete”.
"Noi orientali non diciamo procurarsi il pane ma correre dietro al pane".

Diceva Rossellini che la realtà è lì davanti, pronta per il regista che non ha altro da fare che metterla in scena. Kiarostami, ne è un bellissima testimonianza.
E il film di Kiarostami è semplice, essenziale, ma non per questo povero. Siamo noi poveri quando abbiamo bisogno di evadere in realtà estranee alla quotidianità della gente per trovare “qualcosa”, vuol dire che i nostri occhi non sanno vedere se non realtà fittizie ed artificiali.

Ci vuole, dice il regista, uno sguardo semplice per dire cose complesse Tutto dipende da chi guarda chi, e dal modo in cui lo fa... (...) Bisogna saper guardare, saper vedere. Tutto si riassume nel modo di vedere. I (...) Un giorno stavo passeggiando per strada con mio figlio, era ancora un bambino, e mi disse: "Papa, l'occhio è proprio una cosa bizzarra!" Allora gli ho chiesto: e perché? Mi rispose: "Perché due vetri rotondi e cosi piccoli sono capaci di vedere tutte queste cose cosi grandi". (...) Talvolta i bambini ricordano agli adulti che bisogna meravigliarsi, che non devono guardare la vita in maniera superficiale, ma aprire bene gli occchi e approfittare dell'istante. Basta guardare in modo semplice.

Il vento ci porterà via (1999)

Anche per questo ama i bambini. "Io li amo perché piangono facilmente e mostrano le loro emozioni. Li amo perché distruggono ciò che stanno costruendo e non cercano di conservarlo. Li amo perché si lanciano nelle scorribande, e si rotolano sul suolo per giocare nella terra con i loro abiti nuovi, in perfetta noncuranza. E quando fanno a botte tra di loro non c'è traccia di odio nei loro cuori".

Sono parole di un poeta arabo che Kiarostami cita per dimostrarci quanto per lui siano importanti i bambini nella sua filmografia.
Kiarostami non ha scritto film per bambini, ma film sui bambini perché secondo lui sono “magici” “Osservate i bambini, vedrete che essi vivono al modo dei grandi mistici. Non ho mai visto un bambino aver paura della morte, una caratteristica che appartiene appunto ai grandi mistici. Guardate il volto di un bimbo al risveglio: la sua bocca si apre prima dei suoi occhi, egli si invola verso la vita con un sorriso”.

Ma non è facile lavorare con loro, bisogna conoscerli bene, saper entrare in empatia. Un bambino che lavora in un film non lo fa ne per i soldi ne per diventare famoso, “hanno bisogno solo del rispetto per i loro sentimenti interiori. Se non vogliono farlo nessuno è in grado di farli lavorare”.

Il bambino non segue la sceneggiatura del film che si sta girando, “bisogna usare sceneggiature molto semplici, fatte di tanti pezzetti, e come in un rosario ogni granello va attaccato all'altro. I frammenti di sceneggiatura compongono la storia complessiva”.

Il sapore della ciliegia (1997)

Dietro un'apparente semplicità assoluta, Kiarostami è abituato a lavorare con il minimo dei mezzi disponibili, in un paese pieno di problemi come l'Iran. Riesce in modo straordinario a filmare frammenti di vita quotidiana e piccoli contrattempi del vivere, egli ingaggia soltanto attori non professionisti, in molti casi presi dalla strada, tanto che nelle sue opere troupe e gente del luogo finiscono per mescolarsi, diventando tutti attori, che recitano se stessi, tornando spesso sul set dove erano finite le scene del film precedente.

"Io cerco le realtà semplici, ma nascoste dietro le realtà apparenti. Al momento di fare un film io mi imbatto, a volte, in eventi e in relazioni che si svolgono al di fuori del mio tema principale, dietro la cinepresa, più interessanti e avvincenti del tema principale del film che si sta girando. Così avvincenti che mi viene voglia di voltare la cinepresa verso questi eventi"

E quello che lui spera che nel film entri in qualche modo anche lo spettatore “Se l’arte – dice – arriva a cambiare le cose e a proporre delle idee nuove, ci riesce esclusivamente grazie alla libera creatività di colui al quale si rivolge: lo spettatore”

Scrive Goffredo Fofi che il cinema, inteso come arte pura, ha in Kiarostami un regista cui affidarsi totalmente, in un'epoca sempre più dominata da criteri di commerciabilità, marketing e, fuor di metafora, imbecillità. Il suo cinema ha la semplicità e la schiettezza della poesia che solo un regista colto e ipersensibile, esperto come lui può realizzare.

Dov'è la casa del mio amico? (1987)