Solimano
L'immagine chiave del film è quella che metto sopra il post. Si sta facendo un provino per un film in costume il cui titolo sarà "La vita che vorrei", una storia un po' come La signora delle camelie. L'attore è Stefano (Luigi Lo Cascio), che è noto, ha raggiunto un relativo successo. L'attrice è Laura (Sandra Ceccarelli), che è alle prime armi anche se ha già trent'anni. E' arrivata al provino con un'ora di ritardo, rischiando di perdere l'opportunità che si sta giocando adesso.
I due sono seduti fianco a fianco con davanti il testo da cui leggono; il regista e l'operatore sono dall'altra parte del tavolo. D'un tratto, Laura prende la mano di Stefano, che guarda meravigliato non lei, ma le mani intrecciate. E la recitazione prosegue, probabilmente è proprio questo gesto istintuale che convince il regista a dare la parte a Laura, mentre sembrava quasi scontato che la parte andasse a Chiara (Galatea Ranzi), un'attrice già nota e buona amica di Stefano.
Ma le cose non stanno così, c'è dell'altro, ed è qui la novità vera del film, che quasi tutti i critici hanno confrontato con i film del cinema sul cinema, fra cui ci sono film importanti, cito solo Effetto Notte di Truffaut e La donna del tenente francese di Reisz. Perché la domanda sottesa alla struttura del film è: ma è proprio autentica, questa scissione fra vita vera e vita fittizia?
Il primo è il gioco degli animali.
Supponiamo che uno di voi sia il conduttore del gioco, e che ci siano dieci persone presenti: "Dite che animale vorreste essere e perché". Ognuno dice il suo animale ed il suo perché. Finito il giro, il conduttore fa: "Dite il secondo animale che vorreste essere e perché". Qualcuno fa uffa! ma si rassegnano e dicono gli animali ed i perché. A questo punto: "Dite il terzo -e ultimo- animale e perché". Qui non protestano più, fanno fatica, a tirar fuori 'sto terzo animale.
Finito il giro, tutti guardano con odio il conduttore ed uno gli fa: "E mo'?". E il conduttore si rizza quasi fosse Mosè con le tavole della legge e dice: "Il primo animale è come vi vedono gli altri, il secondo è come vi vedete voi, il terzo è come siete veramente". Beh, vi assicuro che non c'è bisogno di strutturare il pomeriggio: vanno avanti per ore a ricamarci, sui tre animali di ciascuno.
Qui c'è uno che viene mandato fuori e che deve aspettare che gli altri si mettano d'accordo. Poi lo si chiama, ed uno del gruppo gli dice: "Noi siamo tutti affetti dall'identica manìa. Tu fai le domande che vuoi ad ognuno di noi, e noi risponderemo condizionati dalla nostra manìa, ma risponderemo. Tu devi indovinare di che manìa si tratta". E il poveretto comincia a fare delle domande, e la cosa va avanti, molte risposte sono precisissime, altre vaghe, ogni tanto nel gruppo -chissà perché- ridono. Se il gruppo è affiatato si può tenere sotto scacco il poveretto per due ore, ma in genere qualcuno si impietosisce e la menata finisce prima: la manìa è che ognuno risponde come risponderebbe secondo lui quello -o quella, è bene alternare- seduto alla sua destra. Semplicissimo, ma quanta roba viene fuori! Di ogni genere.
Si comprende benissimo che questi due giochi si possono fare solo una volta, perché l'ingenuità è indispensabile.
Nihil sub sole novi, anche se a questa cosa, del copione non scritto che ognuno di noi si assegna - o che gli è stato assegnato magari da un destino cinico e baro- non ci si bada perché si è troppo immedesimati nella recita. Il che non vuol dire che occorre chiamarsi fuori -sarebbe comunque impossibile- ma alternare disattaccamento ed identificazione, identificazione e disattaccamento. Se lo si fa, finisce che si recita meglio, gli spettatori -e le spettatrici- al cui giudizio teniamo sono più contenti di noi.
Un esempio convincente è proprio la rete. Tutti a confrontare la vita reale con la fittizia vita virtuale, ma se ci si pensa un momento, ci si accorge che in rete diciamo cose che nella vita reale non diremmo -né magari penseremmo- mai. Perché nella vita reale, il copione è usurato dall'uso e dall'abitudine, le pagine sono stropicciate e ci sono tanti rumori fuori scena. Vista sotto quest'ottica, la passionaccia che hanno i teatranti per il loro spesso mal pagato mestiere, appare non come protuberante -e debole- manifestazione di narcisismo, ma come l'irrompere della verità, che è nell'accettazione della recita individua del proprio copione. Ci sono anche i suggeritori... non stanno nella buca, ma sui pulpiti o in TV, e ci fanno recitare il loro copione facendoci credere che sia il nostro.
Non è un caso che il personaggio più chiaro (nella sua cronica sordidezza) è Raffaele (Fabio Camilli) che è all'inizio l'amante non amato di Laura, che lo prende e si fa prendere per autolesionismo, solitudine, debolezza, per sfiga comune, in fondo. Questa situazione sta sfuggendo dalle mani di Raffaele, che ricorre a tutti i mezzucci -comprese le bassezze- pur di tenersela non dico stretta ma almeno quasi legata. Fino a non svegliarla il giorno che lei ha il provino decisivo: meglio sfigata con lui che realizzata con altri. La chiarezza del personaggio di Raffaele, come di quelli del regista e degli altri personaggi collaterali, nasce dal fatto che non hanno il ruolo scenico in cui esprimere anche quello che nella vita reale (?) non esprimono. A cui si aggiunge un'altra variante, che è un altro gioco senza fine: che il copione non è uno solo, ma è personalizzato a seconda della persona che ci sta di fronte.
Ricordiamo anche che un potente sistema di controllo -lo si ricerca sempre negandolo- in campo amoroso, è che la libertà dell'altra persona si fermi ai paletti che decidi tu, non a quelli che decide lei. Per cui, Stefano ha ragione a dire a Laura che più che una attrice è una simulatrice, il che è solo un modo un po' più sofisticato e politicamente corretto di quello che fa Raffaele, che cerca di ristabilire i paletti ormai abbattuti, e quando si accorge che non ce la fa, cerca di danneggiare Laura pubblicamente. Il tema del difficile ma necessario rapporto fra amore e potere è da anni trattato in molti film, ma spesso in modo schematico, inquadrato, con suddivisione di ambiti. Qui, il gioco è mischiato, come è nella normalità, che non si vorrebbe accettare, fingendo che le cose stiano diversamente.
3 commenti:
Ciao scusa se il messagio non ha nulla a che fare con questo post ma volevamo informarti/vi che ci siamo presi la libertà di segnalarvi all'interno del nostro blog: officinadiaz.blogspot.com
inoltre ci complimentiamo per recensione del "Caso Mattei"
Particolermente sensibili a quel cinema d'impegno politico-sociale...
Grazie per la visita, sono già andato a vedere e tornerò.
Sul cinema d'impegno politico- sociale abbiamo fra l'altro 25 post su il "lavoro nel cinema". Sono convinto che oggi sia il caso di accorgersi che film come "Il gusto degli altri", "Segreti e bugie" e "Le invasioni barbariche" (per fare solo tre esempi) trattino temi del genere, anche se non ci sono tutti i bollini sul passaporto. E' importante poter giocare a tutto campo, se no si rischia di credere che lo spazio si restringe, mentre invece si sta allargando, e il respiro si fa profondo, non stretto.
muchas gracias e saludos
Solimano
Quando vedo Sandra Ceccarelli mi nasce lo stesso pensiero di quando vedo Lea Massari: questa è una donna.
Una donna vera, mica di quelle che girano in tv oggi (e al cinema, purtroppo, e anche in teatro e in Parlamento...).
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