mercoledì 11 luglio 2007

American gigolo


American gigolo, di Paul Schrader (1980), Scritto da Paul Schrader Con Richard Gere, Lauren Hutton, Hector Elizondo, Bill Duke Musiche di Giorgio Moroder Fotografia di John Bailey (117 minuti) Rating IMDb 5,8
Roby
Prendete Pretty woman, eliminate Julia Roberts, conservate Richard Gere ringiovanendolo di circa 10 anni, tenete anche Hector Elizondo affidandogli un ruolo "antipatico", poi capovolgete, agitate ben bene il tutto e... voilà! Avrete ottenuto uno dei più tipici prodotti cinematografici anni '80, ritmato dalle musiche martellanti di Giorgio Moroder, "vestito" da Giorgio Armani e interpretato (oddio, che parola grossa) da colui che avrebbe popolato i sogni erotici di milioni di donne nel ventennio successivo. Quale delle spettatrici presenti in sala non sarebbe stata pronta ad usufruire delle prestazioni particolari del gigolo Julian Kaye? Ma unicamente allo scopo di redimerlo -si capisce!- e magari di costruirsi un futuro insieme, come fa la bella Lauren Hutton: perchè alla psiche femminile ripugna l'idea di pagare per farsi amare, sia pure solo fisicamente, e sia pure da un pezzo di maschio come il Gere degli esordi. A differenza della Vivian di Pretty woman, per più di metà del film il "prostituto" Julian ci sguazza, nel vizio e nella lussuria, senza remore apparenti. Passa le giornate facendo palestra in casa, appeso al soffitto con cavigliere che sembrano stivaletti di tortura malese, e scegliendo l'abbinamento giusto fra camicie e cravatte allineate a decine sullo smisurato letto-luogo-di-lavoro; il massimo dell'elevazione culturale, per lui, è impegnarsi nello studio dello svedese colloquiale, per intrattenere qualche vecchia babbiona ugro-finnica di passaggio a Beverly Hills, discettando del valore sociale della sua "professione", attraverso la quale ha saputo ridare il sorriso (!) a tante signore singles tristi e solitarie. Apparenza, bellezza, eleganza formale prima di tutto: ma sotto il vestito (è proprio il caso di dirlo) niente. Poi, come per magìa, arriva la raffinata, fragile Michelle Stratton, moglie trascurata di un noto senatore, e il controllatissimo gigolo, riscaldato dal calore dell'amore con la A maiuscola, si scioglie e si sbrodola addosso come un adolescente alla prima cotta. Il senatore cornuto si vendica incastrandolo, lui finisce in prigione accusato di omicidio, lei incurante dello scandalo giura il falso per salvarlo e dulcis in fundo i due piccioncini si ritrovano a giurarsi amore eterno nel parlatorio del carcere. The end. Il tutto senza neppure un briciolo di quell'ironia che aleggia in Pretty woman, la quale, per quanto favola, resta un prodotto gradevole: mentre qui l'impianto è quello del feuilleton ottocentesco, malgrado la colonna sonora pop di Blondie, il linguaggio disinvolto e l'esibizione sfacciata del posteriore (non male, devo dire) di Richard, che all'epoca poteva senz'altro permetterselo...

1 commento:

Solimano ha detto...

Roby, il film l'ho visto e mi ha divertito come un buon thriller, specie quando attorno i suoi amici gli fanno terra bruciata, indispettiti dal suo fare il sostenuto con loro.
Ma che una con l'aspetto di Laureen Hutton faccia l'eroina per salvarlo, è incredibile, si vede che non aveva un giro di persone interessanti (in politica è possibile).
Portando il discorso agli estremi, come prostituta e prostituto, si evita di parlare del punto vero: il rapporto fra sesso (compreso eventuale matrimonio) e denaro, come nell'Ereditiera, in Ritratto di Signora, in Viale del Tramonto, in Un posto al Sole, in Splendore nell'erba. E in tanti romanzi, da Maastro don Gesualdo ad Eugenia Grandet a Gli Indifferenti. Anche la Coscienza di Zeno: Giovanni Malfenti vuole che Zeno sposi una delle figlie, Zeno è d'accordo, la lotta è su quale figlia.
Credo che nella vita reale, a queste cose ci si badi anche oggi, naturalmente al di sopra di un certo livello di reddito.
Si fa, ma non si dice. Credo che ancor oggi le conne ci badino, e gli uomini pure. Solo quelli che hanno poche lire possono permettersi il lussi di fare i signori con i sentimenti, quando si viene al dunque: ci sono i due piatti della bilancia, in cui c'è la bellezza ( o il lavoro con un futuro, perché no), dall'altra la situazione economica. Però, le cose vengono condotte in maniera tale che ci si sposi per amore... ci si innamora di quella o quello giusto. L'ipocrisia è vasta e diffusa, non lo si dice neppure a sé stessi.
Il cinema presenta dei casi limite, così ognuno con la sua vita reale si chiama fuori, ma le vediamo le risse tra fratelli per gli appartamenti! Qualche film l'hanno fatto, come l'Eredità Ferramonti, ma il pubblico gira la testa dall'altra parte.

saludos
Solimano