lunedì 9 luglio 2007

Il lavoro nel cinema: Il settimo sigillo

Solimano
Jof (Nils Poppe) e Mia (Bibi Andersson) fanno gli attori. Girano di paese in paese in occasione delle fiere su un carro trainato da un solo cavallo. Hanno un figlio piccolo e con loro c'è un altro attore, che non farà una bella fine, difatti attraversa di notte un bosco, e sale su un albero per paura della Morte. Ma la Morte l'ha visto, con la scure abbatte la pianta e l'attore cadrà.
La vita di Jof e di Mia è varia, vedono posti nuovi, ma esposta a pericoli, perché gli attori sono mal visti e perseguitati. Jof rischia grosso in una taverna, e meno male che in suo soccorso interviene lo scudiero del cavaliere Antonius Blok, che è spesso impegnato nel giocare a scacchi con la Morte. Il cavaliere e lo scudiero si affezionano agli attori, ma non possono aiutarli quando, in pieno spettacolo, arriva una processione di esaltati flagellanti.
Jof è a suo modo un poeta, ha delle visioni in cui vede la Madonna col Bambino, e sa fare anche il giocoliere. Mia è incantevole, il cavaliere ne è affascinato - anche noi - e farà un grande regalo a Jof e Mia: riuscirà a distrarre la Morte facendo cadere un pezzo sulla scacchiera proprio mentre il carro degli attori sta andando via: solo padre, madre e bimbo si sottrarranno alla Morte, che invece conduce tutti gli altri in fila sul crinale di una collina.
La Morte vince, ma non del tutto. E' bene che siano gli attori a a salvarsi, col loro lavoro possono dare gioia agli altri, anche nei tempi più brutti.

5 commenti:

Giuliano ha detto...

Beh, prima di tutto c’è un colossale conflitto d’interessi: Ingmar Bergman nasce nel teatro, e nel teatro lavora ancora oggi, mentre il cinema lo ha abbandonato. E’ quindi logico che Bergman in questo film abbia salvato proprio gli attori (anche perchè ormai il conflitto d’interessi è legale e benedetto dagli elettori, almeno in Italia).
Chiedo subito scusa per la battuta: il messaggio di Bergman è molto più sottile, e più profondo. Non è l’attore in sè che salva, ma l’ingenuità e la capacità di avere dei sogni, qualcosa che vada un po’ più in là della banalità quotidiana. Infatti un altro attore muore ben prima del finale, e anche in maniera comica (la Morte sega l’albero su cui si era rifugiato), e il Cavaliere e lo Scudiero sono troppo stanchi, delusi, resi cinici dalla vita: non hanno più sogni né visioni, e nemmeno speranze. Si salva chi vive la sua vita nel modo più semplice, cercando solo di non far del male al suo prossimo. Si salva il clown, piccolo e ingenuo, con la moglie giovane e un bambino piccolo: è un messaggio ottimista, il mondo può ripartire anche dopo la peste e la guerra.

Solimano ha detto...

Giuliano, l'ho detto nel mio post che c'è un attore che si fa fregare dalla Morte, solo che io scrivo che usa la scure, tu dici che usa la sega (forse hai ragione...).
Però, il mestiere è mestiere. Questo c'è anche in Andrei Rubliov di un regista forse a te noto, e che attende solo che tu ne parli.
E' vero che il Cavaliere e lo Scudiero non hanno più speranze, ma a parte che per me la speranza non è una virtù ma una fuga dal qui e ora, il Cavaliere e lo Scudiero non sono cinici, proiettano, in modo diverso, la propria vita in quella di Jof e di Mia, che potrenno manifestarla, mente la loro vita finisce.
L'dea della Morte che si fa burlare da una sua vittima è una idea grandiosa, dovremmo ricordarla sempre.

saludos
Solimano

Giuliano ha detto...

Forse mi sono confuso con Daffy Duck e Bugs Bunny...

Isabella Guarini ha detto...

Non so se si tratta di questo film, ma ricordo con molta precisione l'immagine di un orologio senza lancette che compariva di tanto in tanto. Un'immagine che mi fece molta paura.

Solimano ha detto...

Isabella, l'orologio di cui scrivi è quello che compare nel sogno iniziale del protagonista del Posto delle fragole. In effetti quel sogno è terrorizzante e sarà compensato, con equilibrio perfetto, dal pacificante sogno finale: il film si svolge in una giornata, fra un sogno verso l'alba ed uno all'inizio della nuova notte.

saludos
Primo