La musica al cinema: Il gusto degli altri

Agnès Jaoui

Solimano

"Non si finisce mai di imparare". Non è una frase banale, è una frase vera. Fra i primi film che ho inserito qui, c'è "Il gusto degli altri" di Agnès Jaoui per il quale la musica originale, cioè quella fatta espressamente per il film, è di Jean-Charles Jarrel. Solo che da un po' di tempo IMDb ha deciso di separare la musica originale dalle musiche già esistenti che il film utilizza: le si possono andare a trovare nel soundtrack listing. In realtà è un po' più complicato, ma per oggi può bastare. La decisione di IMDb è giusta, solo che a mio avviso dovrebbero segnalare la presenza di musica non originale, se c'è, altrimenti potrebbe sfuggire. E meno male che nel post sul film che a suo tempo ho scritto mi ero ricordato del soundtrack listing, come dato informativo per le righe IMDb che inserisco per ogni film. Ma ieri, facendo una piccola ricerca per la musica di Mendelssohn, ho riscoperto che la sua musica è presente ne Il gusto degli altri. Poiché è un film che mi è molto caro, oggi mi sono fiondato nel soundtrack listing, ed ecco un elenco non completo delle musiche non originali presenti nel film:

Kathleen Ferrier che canta Purcell, Haendel e Mendelssohn.
Arturo Benedetti Michelangeli nell'Allegretto quasi Andantino della sonata D537 di Schubert.
Edita Gruberova (diretta da Giuseppe Sinopoli) che canta nel Rigoletto.
Il K467 di Mozart eseguito non ho capito bene da chi.
E poi Caresse moi, Juanita Banana, Non je ne regrette rien, Pure Roots, Daniel Steel's Palomino, Au lait... scusate se è poco.

Ma come mai non mi ricordo sempre che in questo film, che ho visto tre volte, c'è tanta musica del genere? Perché qui si vede la grande finezza di ciò che ha fatto Agnés Jaoui: fare in modo che le musiche fossero veramente parte integrante del film, che io lo sentissi come un tutt'uno.
Ma adesso che lo so, il film lo guarderò per la quarta volta, e Agnès non riuscirà a fregarmi: le musiche le ascolterò una per una e vedrò le connessioni con lo svolgersi della storia, chissà cosa scoprirò ancora: con una finezza così, c'è sempre qualcosa di cui accorgersi.

Aggiungo infine che fare come Agnès Jaoui era ed è possibile per i tanti registi che continuano ad iterare per l'ennesima volta nei loro film quella precisa Romanza senza parole di Mendelssohn, sempre e solo quella, senza tener conto che le Romanze senza parole sono belle tutte; il non farlo, è segno di minorità intellettuale, ma non è solo colpa loro, ancora oggi scrittori, sceneggiatori, musicisti, quando collaborano ad un film, lo fanno con la mano sinistra, non spendendosi come potrebbero. Un vecchio vizio di presunzione che era tipico anche di certi attori di teatro che vivevano l'esperienza cinematografica come un fatto puramente alimentare, e per ciò stesso non hanno dato quello che sarebbe stato nelle loro possibilità.