Pretty woman, di Garry Marshall (1990) Sceneggiatura di J.F.Lawton Con Richard Gere, Julia Roberts, Laura San Giacomo, Hector Elizondo, Ralph Bellamy Fotografia di Charles Minsky Musiche di James Newton Howard -a parte la celebre Oh pretty woman di Roy Orbison - ( 119 minuti) Rating IMDb 6.6
Roby
Più rivedo questo film (tutto o in parte) ad ogni suo passaggio in tv, con cadenza ormai semestrale, più me ne torna in mente un altro -molto più vecchio e tragico- che ha per protagonista una prostituta, Il ponte di Waterloo. Qui Julia Roberts/Vivian passa dalla strada all'auto sportiva di Richard Gere/Edward con un candore ed una spontaneità tali da farci quasi pensare che battere il marciapiede non sia poi una pratica tanto riprovevole. Lì, invece, sulla povera Vivien Leigh, rea di essersi abbandonata tra le braccia di altri uomini credendo morto in guerra il suo bell'ufficiale (Robert Taylor), si abbattono tutti i possibili tuoni e fulmini umani e divini: finchè la poverina è costretta a gettarsi sotto un camion, in una sorta di sacrificio catartico, così da permettere all'amato, ricomparso sano e salvo, di ricordarla in eterno con immutato affetto.
In Pretty woman, al contrario, il personaggio della Roberts è paradossalmente presentato come il più puro, il più innocente, il più ingenuo di tutti, e come tale non può non meritarsi il premio finale, cioè la proposta di matrimonio da parte del magnate della finanza / principe azzurro sulla sua bianca cavalcatura / cadillac. "Accidenti!" sentii borbottare una signora dietro di me al cinema "Ma questa ha tutte le fortune: è giovane, è bella e fa pure innamorare uno con la faccia di Richard Gere!!!". Del resto, che questa sia una gran bella favola hollywoodiana lo dimostra anche la citazione dell'amica di Vivian, Kit (una Laura San Giacomo strepitosa), che le ricorda l'esistenza di una sua precorritrice nella persona di "quella gran c... di Cenerentola". Ho letto che in origine la sceneggiatura prevedeva un finale drammatico e molto più realistico, con Vivian abbandonata da Edward che torna a battere e a drogarsi: credo però che la storia avrebbe potuto benissimo concludersi circa cinque minuti prima della versione attuale, quando cioè lei saluta l'ex-collega Kit e le annuncia che riprenderà gli studi per rifarsi una vita. Ma in tal caso, mi chiedo, il film avrebbe avuto lo stesso successo di pubblico, collocando la Roberts nell'olimpo dello star-system? Tengo la domanda per me, e continuo a rivedere la storiellina della puttanella buona e del principino in fresco di lana allo stesso modo in cui, da piccola, riascoltavo per decine di volte la fiaba di Biancaneve e i sette nani... Ma mi dispiace sempre di più per la sfortunata Vivien Leigh che laggiù, nella nebbia londinese, aspetta sul ponte di Waterloo il camion che porrà fine ai suoi giorni, quasi che già non avesse sofferto abbastanza, con l'unica colpa di trovarsi a vivere circa cinquant'anni prima del dovuto.
11 commenti:
Un remake di Traviata o un remake di Cenerentola? Visto il lieto fine, e vista anche l'età di Gere (molto più vecchio di Germont fils) si direbbe Cenerentola.
Ovvio che noi uomini lo guardiamo solo per Julia Roberts...
Già, dimenticavo La Traviata, che in pratica si trasforma in citazione dentro la citazione quando Edward porta Vivian all'Opera... ma non è un tantino di cattivo gusto, portare una prostituta degli anni '90 a vedere il dramma di una cortigiana ottocentesca? Più tardi Richard Gere si prestò a girare uno spot per i cioccolatini Rocher ambientato tra i palchi di un teatro: e giustamente ebbe poca fortuna, rispetto al mitico "Ambrogio, sento un certo languorino...!!!"
Sono andato a vedere la composizione dei voti in IMDb ed ho avuto una sorpresa ed una conferma.
La sorpresa è stata che tutto sommato, vista la notorietà del film, mi aspettavo un numero di votanti maggiore: sono un po' meno di 37.000.
La conferma è che la distribuzione per sesso è proprio come me l'aspettavo: questo è un film prediletto dalle donne, e con notevole differenza: globalmente 7.4 contro 6.5, che è una gran differenza che c'è in modo analogo in tutte, dico tutte, le fasce d'età. Curiosamente la fascia d'età con la differenza maggiore è quella dai 18 ai 29 (la più importante, per IMDb): 7.5 il voto delle donne, 6.4 quello degli uomini.
Il mito di Cenerentola nei film (e credo nella vita) ha una importanza fortissima nel voto femminile, si vede che è un mito vivissimo, le giovani lo sentono come ed ancora di più delle donne in età.
A me non è mai piaciuto Pretty Woman: lo trovo carino, quindi un po' falso e piuttosto noioso. Meno male che c'è una mia prediletta: Laura San Giacomo, una dei quattro protagonisti di Sesso bugie e videotape, il primo film di Soderberg (vinse a Cannes),che è un film che metterei a disposizione dei Signori Presidi: costituirebbe un magnifico strumento di educazione ai sentimenti, e soprattutto, un grnde antitodo alle troppe nocive balle che si spacciano su questo argomento. Ma sarà dura, visto che quel film ha avuto qui 0(zero commenti), ma forse sono io che sono analfabeta in materia, qui c'è gente che sa tutto.
saludos
Solimano
Invece a me Pretty Woman piace. Forse perchè non ho alcuna avversione particolare verso le prostitute. Può esserci più umanità in una donna che vende il proprio corpo per mestiere che in tante
"sciurette" che si fanno mantenere dal marito, ostentando pellicce e gioielli. Questo è il classico film dei buoni sentimenti americani, c'è il peccato e c'è la redenzione. Solo che il peccato è l' ambizione eccessiva, quella sete di danaro e potere che inaridisce il cuore e la mente e in confronto al quale il mestiere più antico del mondo si veste di innocenza. Infatti è lei che alla fine redime lui, altro che Cenerentola.
E poi a me piace Richard Gere, non è forse un motivo sufficiente per farsi piacere un film? (;-)
habanera
Habanera, d'accordo riguardo le sciurette, e su un tema del genere Luchino Visconti girò un episodio in un film collettivo, forse te lo ricordi, c'erano Romy Schneider e Thomas Milian.
Il mio problam riguarda il fatto che al cinema a me piace divertirmi e/o commuovermi e/o pensare, e a me Pretty Woman non provoca nessuna delle tre reazioni. Ma dipende anche dall'attrice Julia Roberts, te la ricordi invece la Jamee Lee Curtis di Un pesce di nome Wanda e di Una poltrona per due? Quella sì che è spiritosa, secondo me sa anche far commuovere e pensare. Prima o poi questi sono due film che qualcuno porterà, io non mi vergogno delle risate che ci ho fatto.
saludos
Solimano
L'ascesa di Teodora dai bordelli e dalle scene a imperatrice per aver sposato Giustiniano, di venti anni più vechio di lei, non è una favola,ma la storia raccontata da Procopio.con la stessa morale di Cenerentola.
Sono d'accordo con Habanera. Altro che Pretty Woman, basta accendere la tv (soprattutto Rai e Mediaset) per vedere all'opera un bel po' di donnine che hanno fatto l'affare della loro vita (meglio non fare nomi, ma sono nomi importanti e pesanti).
Va un po' meglio sulle tv piccole, dove se non sei bravo non vai avanti; vedo malino invece il teatro, pieno zeppo di "figli di" e di "figlie di" e di mogli (o qualcosa di simile).
Non mi sembra che Pretty Woman sia paragonabile alla Signora delle Camelie.
Questa è un’opera drammatica e dirompente, gettata nel mezzo alla buona società borghese dell’800, a scandalizzarla. Quella società che è in grado di accettare tutto – e infatti di relazioni con prostitute è affollatissima – ma non che si mettano in discussione le apparenze. Infatti il vecchio Germont, non chiede a Violetta di lasciare il figlio perché il loro rapporto è immorale, ma perché metterebbe in discussione il buon nome, e le nozze di convenienza, della figlia “pura siccome un angelo”. E Violetta vuole a tal punto entrare a far parte con ogni diritto di questa società borghese, che ne accetta completamente la logica: lascia Alfredo, perché continuare il loro rapporto sarebbe una trasgressione, e i bravi borghesi – come lei vorrebbe tanto diventare al fianco di Alfredo - non tollerano trasgressioni. L’ordine deve essere ristabilito, al prezzo del massimo sacrificio individuale. La Traviata è un’opera universale, perché tocca il grande tema, mai esaurito, del rapporto fra la libertà dell’individuo e il necessario ordine sociale.
Pretty Woman è invece la riproposizione dell’archetipo di Cenerentola. La favola è altrettanto importante della tragedia per il genere umano, ma è altra cosa.
C’è un protagonista predestinato: Vivian è una prostituta, allo stesso modo in cui Cenerentola è una serva. Il piedino di questa vale lo stile innato dell’altra. C’è l’intervento magico (la fatina, il direttore Thompson) che svelano la vera natura del protagonista; magica è la bacchetta della fatina, magico è il direttore che, in un paio di lezioni, insegna a Vivian parlare, a comportarsi in pubblico, a vestirsi, a scegliere i vini e non so che altro (My fair Lady ridotto in pillole!).
C’è anche l’antagonista, il volgare Philip, che non riesce a vedere la speciale qualità di Vivian, e che viene ovviamente sconfitto.
C’è il principe azzurro, che ci mette sempre un po’ a capire (e Richard Gere, con la sua faccia un po’ bovina mi sembra che sia perfettamente tagliato per la parte).
Per cui il film non poteva finire in altro modo che col matrimonio. Ogni altra fine avrebbe reso ridicola la storia. La favola deve finire col matrimonio, e per questo è credibile: e non con un matrimonio qualsiasi (uomini che sposano ex prostitute sono talmente tanti da non essere per niente interessanti). Cenerentola deve sposare il principe.
E’ quello che accade dopo, che le favole non dicono mai.
Ho il dubbio di non essermi espressa abbastanza chiaramente, presa com'ero dalla foga di postare il pezzo su questo film. Neppure io -ci tengo a precisarlo- ho alcun tipo di avversione per le prostitute: mentre scrivevo avevo semplicemente in testa la differenza abissale fra il modo in cui il personaggio viene celebrato da "Pretty woman" e quello in cui viene invece condannato senza pietà -o quasi- nel "Ponte di Waterloo", risultato della diversa epoca di ambientazione della storia. La figura della prostituta, in generale, mi suscita una tristezza infinita, che si tratti di un donna "da marciapiede" o di una di quelle d'alto bordo, con appartamenti, gioielli, pellicce e ruoli importanti in cinema e tv....
I commenti mostrano l'interesse che suscita il tema di Pretty woman che è una donna fuori dalla norma, diversa da tutte le altre che si sottopongono a sacrifici di ogni genere per raggiungere quello che a una pretty woman potrebbe riuscire senza altro impegno se non quello di vendere il proprio corpo. Ma, c'è sempre un ma. Altrimenti sarebbe facile per tutte. Il deterrente più efficace e che si potrebbe finire sgozzate in qualche alcova dorata. Altro che Cenerentola! Ma non riesco a capire il mito in letteratura e nei film. Forse il motivo sta nel fatto che, in fondo, agli uomini le pretty piacciono.
Isabella, che le pretty a diversi uomini piacciono è vero. Una cosa che mi ha sempre molto colpito è constatare che esistono uomini che si fanno un vanto di frequentare prostitute, si badi, uomini che ne potrebbero benissimo fare a meno. La risposta che mi sono dato è che per loro può essere molto comodo, perchè il coinvolgimento emotivo è molto scarso, e non è detto che il coinvolgimento emotivo sia di per sé gratificante, può voler dire rischio e sofferenza, mettersi in gioco. Ma ugualmente faccio fatica a capire perché non ne ho avuto mei nessuna voglia, di un rapporto a coinvolgimento emotivo scarso, e per fare certe cose, la voglia è essenziale.
Riguardo il mito, i miti esistono e bisogna farci i conti. Sono risposte esaurienti ma provvisorie in attesa che ci siano le risposte definitive. Se un mito dura così a lungo, vuol dire che l'esigenza a cui risponde è molto profonda. Per cui, il fatto che il mito di Cenerentola sia ancor oggi così forte nelle donne giovani (al di là dei dinieghi di facciata) vuol dire che il tema della autorealizzazione è ancora una etero-realizzazione, da cui la necessità che il Principe ci sia. Ma il mito non si cancella con una scrollata di spalle o negandone l'esistenza: se c'è avrà i suoi motivi. A mio avviso bisogna andare molto indietro nel tempo per capire, come per quasi tutti gli aspetti: il mito si manifesta nella cultura, ma l'esigenza preesiste. Cioè, se si smette un mito, subito se ne fa un altro, se l'esigenza permane. Quasi per tutto, noi diamo alla sfera culturale una importanza eccessiva, ma nel nostro cervello le cose si svolgono prima, a livello biologico.
saludos
Solimano
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