Solimano
Il giorno 8 luglio 1995 usciva, abbinata a l'Unità, la ventitreesima videocassetta della serie dedicata al cinema italiano: il film era “Straziami ma di baci saziami” di Dino Risi del 1968, quanto di meno sessantottesco si potesse immaginare.
Meritoria la serie, per quei tempi (sembra archeologia), ma fatta oggetto di critiche di tutti i tipi, come è usuale a sinistra, quando qualcuno fa qualcosa. Ancor oggi, molti pensano che la causa della prolungata crisi del giornale e della successiva chiusura siano stati i gadget, mettendo nello stesso mazzo le videocassette, le figurine Panini, i Santi Evangeli, le favole e gli scrittori tradotti da scrittori. Più semplicemente, sparivano i lettori perché, per comprare un giornale, occorre avere voglia di leggerlo, e l'Unità era sempre meno interessante. Il giornale era il buco e i gadget la ciambella: prendersela con la ciambella era un facile alibi. Continuai a comprarlo sino al giorno della chiusura, ma più per voglia di non dargliela vinta, alla forza delle cose, che per vera convinzione.
Ma torno al film di Risi, da ricordare specie per l'interpretazione di Nino Manfredi, che non aveva ancora fatto “Per grazia ricevuta”. Nel pieghevole che accompagnava la videocassetta, il critico Ugo Casiraghi diceva che l'intenzione dichiarata del film “era di farsi due risate a spese del sentimentalismo degli sciocchi”. Bella frase: a leggerla, ognuno si racconsola perché prende atto dell'esistenza degli sciocchi e del fatto certo che lui non ne fa parte: il suo amore, non è un amore da sciocco. Solo che c'è una xilografia del 1513 di Hans Baldung Grien che rappresenta Aristotele, il maestro di color che sanno, che cammina carponi, reggendo sulla schiena la cortigiana Fillide, lieta di averlo così asservito. Quindi, se Aristotele si comportava così da sciocco, può succedere anche a noi: gli sciocchi siamo noi.
Il giorno 8 luglio 1995 usciva, abbinata a l'Unità, la ventitreesima videocassetta della serie dedicata al cinema italiano: il film era “Straziami ma di baci saziami” di Dino Risi del 1968, quanto di meno sessantottesco si potesse immaginare.
Meritoria la serie, per quei tempi (sembra archeologia), ma fatta oggetto di critiche di tutti i tipi, come è usuale a sinistra, quando qualcuno fa qualcosa. Ancor oggi, molti pensano che la causa della prolungata crisi del giornale e della successiva chiusura siano stati i gadget, mettendo nello stesso mazzo le videocassette, le figurine Panini, i Santi Evangeli, le favole e gli scrittori tradotti da scrittori. Più semplicemente, sparivano i lettori perché, per comprare un giornale, occorre avere voglia di leggerlo, e l'Unità era sempre meno interessante. Il giornale era il buco e i gadget la ciambella: prendersela con la ciambella era un facile alibi. Continuai a comprarlo sino al giorno della chiusura, ma più per voglia di non dargliela vinta, alla forza delle cose, che per vera convinzione.
Ma torno al film di Risi, da ricordare specie per l'interpretazione di Nino Manfredi, che non aveva ancora fatto “Per grazia ricevuta”. Nel pieghevole che accompagnava la videocassetta, il critico Ugo Casiraghi diceva che l'intenzione dichiarata del film “era di farsi due risate a spese del sentimentalismo degli sciocchi”. Bella frase: a leggerla, ognuno si racconsola perché prende atto dell'esistenza degli sciocchi e del fatto certo che lui non ne fa parte: il suo amore, non è un amore da sciocco. Solo che c'è una xilografia del 1513 di Hans Baldung Grien che rappresenta Aristotele, il maestro di color che sanno, che cammina carponi, reggendo sulla schiena la cortigiana Fillide, lieta di averlo così asservito. Quindi, se Aristotele si comportava così da sciocco, può succedere anche a noi: gli sciocchi siamo noi.
per ogni goccia che cadrà
un nuovo fiore nascerà
e su quel fiore una farfalla volerà
Io son sicuro che
in questa grande immensità
qualcuno pensa un poco a me
e non mi scorderà
Sì, io lo so,
tutta la vita sempre solo non sarò
e un giorno io saprò
d'essere un piccolo pensiero
nella più grande immensità.....
di quel cielo.
Sì, io lo so,
tutta la vita sempre solo non sarò
un giorno troverò
un po' d'amore anche per me
per me che sono nullità
nell'immensità...
Ho trovato le parole con cui Marisa (Pamela Tiffin) e Marino (Nino Manfredi) commentano i versi di Mogol:
Marisa: "Nun me convince pe' niente. Il nostro amore è lui l'immenzidà. Nullidà semmai, scusa, sarà tutto il resto".
Marino: "In che senso che non esiste altro all'infuori di esso, cioè del nostro amore? Può darsi, del resto è un congetto espresso anche nella canzone "C'è una casa bianga che.." Spetta che te la leggo."
Ho il sospetto che il vero movente di Casiraghi fosse l'invidia, come al solito. E' quindi il caso di persistere e, visto che gli sciocchi siamo noi, di approfittarne:
dalla bruna aureola
per pietà sorridimi
che l'amor m'assal.
Straziami
ma di baci saziami
mi tormenta l'anima
uno strano mal.
P.S. Dimenticavo una informazione importante: nella immagine in alto Marisa e Marino stanno assistendo alla proiezione del film Il dottor Zivago, e siamo al momento in cui desso Zivago grida: "Lara! Lara!"
Hans Baldung Grien: Aristotele e Fillide Xilografia 1513
2 commenti:
Una meraviglia, ma soprattutto Tognazzi: fargli un monumento è dire poco...
Quando penso a questo film, mi arrabbio, perché poteva essere un capolavoro e non lo è. Per cinismo e troppa facilità, doveva essere un film che facesse ridere ma anche un film commovente, ce n'erano tutte le premesse. Ma registi e attori hanno preferito la brillantezza alla finezza, e da un certo punto in poi più che personaggi sembrano pupazzi.
Doveva esserlo, perché il tema del film è reale, verissimo: l'amore reso infelice dalle circostanze della vita. Quando riesco ad essere obiettivo, mi viene ancora da ridere pensando a certi numeri, come Manfredi che si è messo il pigiama sotto il vestito, o la lite fra Marisa e Marino con Tognazzi sarto che non se ne accorge perché è sordo, o la tentata seduzione da parte di Moira Orfei. Anche nei migliori registi e attori, c'era un autolimitarsi, un non crederci fino in fondo, una volgarità che portava in basso, mentre bastava un passettino per salire. Per forza tutti i film così hanno avuto tanto successo, esprimevano benissimo i caratteri di una certa Italia, superstiziosa e superficiale, come diceva Gadda. Difatti è molto difficile citare film d'amore italiani, mentre in Francia sono tanti.
saludos
Solimano
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