mercoledì 25 luglio 2007

La valle del peccato

Vale Abraao di Manoel de Oliveira (1993) Da "Madame Bovary" di Flaubert attraverso "Vale Abraao" di Agustina Bessa-Luìs, Sceneggiatura di Manoel de Oliveira Con Leonor Silveira, Luis Miguel Cintra, Ruy de Carvalho, Luis Lima Barreto, Micheline Larpin, Diogo Doria, José Pinto, Felipe Cochofel, Isabel Ruth Musica: Bach, Beethoven, Fauré, Debussy, Schumann, Chopin, Richard Strauss, Don Byas, Coleman Hawkins Fotografia: Mario Barroso (187 minuti) Rating IMDb: 7.1
Solimano
Questo film mi ha permesso di sfatare un mito: l'infallibilità di IMDb.
Prima di tutto, fra gli undici film ispirati a Madame Bovary non mette questa, che è Ema, non Emma. E' vero che c'è il tramite del romanzo della Bessa-Luìs, ma la derivazione da Flaubert è evidentissima. Aggiungo che fra le undici Madame Bovary ce n'è una con Edwige Fenech nella parte della protagonista, sarei assai curioso di vederlo e raccontarlo.
In secondo luogo, molto stranamente, indica solo Debussy e Strauss fra i musicisti, mentre ce ne sono diversi altri, e quando in qualche modo sarò riuscito a procurarmi i titoli dei brani di ognuno, li riporterò in un post da inserire ne La musica al cinema.
Questo grande film non è solo cinema, è un incontro di arti.
La letteratura, anzitutto. La voce che si sente più di frequente è quella di un narratore (doppiato benissimo da Aroldo Tieri) che segue/precede con le sue frasi quello che succede sullo schermo. E' un accompagnamento diffuso, ma non pedante né didascalico, ci aiuta a capire quello che le immagini ci mostrano. Questo si capisce meglio se si sa che è stato de Oliveira a chiedere a Agustina Bessa-Luìs di scrivere il romanzo "Vale Abraao", il che significa che in un certo modo il film è nato prima del romanzo. Potrebbe essere che a de Oliveira servisse una personalizzazione etnica e geografica di Flaubert, su cui potersi muovere più a suo agio.
Poi la musica, di cui ho già accennato. Molti dei brani riguardano il Chiaro di luna, certamente quelli di Beethoven, Fauré, Debussy, credo anche quello di Schumann e di Chopin. Sono brani lunghi, quindi già vi immaginate la voce del narratore, le voci e le immagini dei personaggi, le musiche in una fusione polifonica rara. Viene voglia di avere pure la musica profumata di cui si occupò Scriabin!
Poi la pittura, con un paesaggio singolare del Nord del Portogallo attorno al fiume Douro che ha l'estuario ad Oporto, un paesaggio ricco d'acqua, con colline ripide ma coltivate in gran parte a vigneti. E anche di questo racconterò.
Infine il cinema, un grande cinema come recitazione, a partire dall'attrice simbolo del cinema di Oliveira, Leonor Silveira, ma anche come ambienti, come costumi, con un tono classico ma anche con aspetti molto moderni. Il libro di Flaubert fa capolino all'inizio del film fra le mani di Ema giovanissima, rimproverata perché fa quel tipo di letture. Un ambiente alto-borghese senza rischio di generico cosmopolitismo, ben radicato in quel mondo geografico.
La cosa in assoluto più straordinaria del film è che ne esce una grande esaltazione di Ema, non come donna tardo-romantica, ma come donna che ha in sé il suo destino di non accettazione del mondo come è, ma di un mondo sognato, pensato, sentito che opera perché diventi una sua realtà assolutamente vissuta.
Ema vive sul confine, oltre il confine, non per debolezza, ma per forza di cuore, di cervello e di corpo, compresa la leggera zoppìa che è come il segno del destino su di lei impresso dalla nascita. Per tutto il film, nei vari eventi riguardanti i tre amanti, i rapporti col marito e con le due figlie, le difficoltà economiche, perché spende come l'Emma di Flaubert, in lei rimane una completa dignità, una accettazione totale del suo destino che non può né vuole mutare. Questo dietro il viso dolcissimo e duro di Leonor Silveira che nesssuno riuscirà a piegare.
Ma si badi, non è un rovesciamento di Flaubert, ma uno sviluppo. Flaubert aveva fatto il necessario lavoro sporco della rimozione di tutto il sentimentalismo ed il romanticume, la presa d'atto del realismo.
La domanda che esce da questo film è: sic stantibus rebus, che cosa ne facciamo della nostra vita? Ema la sua la spende con tenacia per vivere un suo impossibile sogno nella realtà condizionata che si trova a vivere. Ema è amata dalla scrittrice e dal regista, cosa che non era per l'Emma di Flaubert e di Chabrol.
L'ho trovata una operazione convincente in un film che sarà visto e rivisto, sempre più apprezzato nel tempo. Quando l'ha fatto, Manoel de Oliveira aveva 86 anni, ancora oggi sta facendo film. E' lungo tre ore e sette minuti, non poco, va visto in una serata in cui non ci siano distrazioni, è una fatica che varrà un ricordo che non si cancella, non solo dal punto di vista artistico in senso stretto, ma come visione di vita: Ema è qui con noi, nella nostra vita individua.
Consiglio a tutti - a tutte, soprattutto - di leggersi le tre splendide recensioni a caldo di Lietta Tornabuoni, Roberto Escobar, Tullio Kezich. Le trovate nel benemerito sito Mymovies, che è fra i nostri siti consigliati. Sono recensioni in cui è assente la routine, fatale in chi fa quel mestiere, credo che siano usciti dal cinema contenti di poter scrivere quello che poi hanno scritto.
Tre temi compaiono: quello di Ritinha (Isabel Ruth), la lavandaia sordomuta che è l'unica a capire ed ad amare pienamente Ema, quello della rosa e del dito che nella rosa penetra, quello del gatto, che Carlos Paiva, esasperato, strapperà dal grembo della moglie per gettarlo contro l'obiettivo. Il chiaro di luna, la rosa, il gatto, la sordomuta veggente, la zoppìa di Ema. Tout se tien.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Ah, eccola qua la Bovary portoghese! :-)
Non conosco questo film. Di Manuel de Oliveira ho visto solo Un film parlato (o, siccome preferisci i titoli originali Film falado) del 2003 che non mi ha affatto invogliata ad approfondire la conoscenza della produzione di questo regista. Perchè quel film mi ha veramente annoiata a morte, come raramente un cosiddetto "film d'autore" riesce a fare.
So che apparirò un'eretica, ma il cinema fatto soprattutto di parole non lo reggo: per le parole ci sono i romanzi, le poesie, la saggistica. Volendo, c'è anche il teatro, per questo. Il cinema, a mio modesto modo di vedere, è altra cosa.
Magari questo film di cui parli sarà diverso, ma lo choc di quel famigerato Film falado è stato tale (e non è bastata la presenza dei poveri John Malkovic e Deneuve a rendermelo più tollerabile) che ancora ne porto i segni...

Solimano ha detto...

Come ti capisco, Gabriella! Da epicureo, odio i faticosi tiramenti culturalizzanti, ed ho letto con piacere stamattina ciò che dici sul NonSoloProust riguardo tre libri di autori che apprezzi che non hai finito o hai finito solo perché erano corti.
Di de Oliveira ho visto un film molto esaltato, La lettera, con Chiara Mastroianni, e l'ho trovato voluto, involuto, affaticante, pur con alcuni pregi e ne scriverò, prima o poi.
Ma qui (nel 1993, occhio, che è dieci anni prima del 2003, va detto... tutti abbiamo il diritto di invecchiare, prima o poi), qui c'è riuscito: ha convinto una a scrivere una Bovary nei posti e con la gente che voleva lui, magari le ha fatto l'editing, poi la sceneggiatura etc etc etc.
Vabbé, vorrà dire che una cassetta VHS viaggerà nello stivale dalla Lombardia alla Sicilia (c'è anche mezzo Gertrud di Dreyer), prima però me lo vedo un'altra volta.

merci bien, madame
Solimano

Giuliano ha detto...

Cara Gabriella, ti consiglio di rivedere Oliveira. Per esempio (se lo trovi, ma sarà dura) "Le soulier de satin" del quale ho parlato qui.
E' tutt'altro che "film parlato" (non farti fuorviare dai titoli), qui siamo di fornte a un Maestro.
E' difficile, è duro, richiede un dvd o una cassetta, va diviso in due o tre giorni se no le due ore non si reggono, ma ne vale assolutamente la pena, soprattutto per una lettrice sottile come te.

Anonimo ha detto...

Solimano e Giuliano, infatti io ho premesso che ho visto **un solo*** film di Oliveira. Purtroppo per lui e per me mi ha troppo negativamente condizionata. Ma di voi due mi fido, e se mi dite che il Nostro merita merita un'altra chance io eseguo. Detesto le generalizzazioni e non mi sognerei mai di dire "Oliveira non mi piace" tout court.
Perciò ok, vedrò di colmare le mie lacune. I blog intelligenti (anche) a questo servono, no? A prospettare punti di vista diversi e a far ri-pensare i propri giudizi.
Ciao da gabrilu attaccata al condizionatore e che vorrebbe trovarsi in Alaska :-/

Mouchette ha detto...

forse finirò al rogo prima o poi, ma, lo devo dire, per me La valle del peccato non è nè troppo lungo, nè troppo parlato. L'ho visto almeno tre volte (nell'arco di 10 anni), la prima perchè mi è capitato, e non conoscevo ancora il maestro, la seconda perchè a distanza di anni avevo tanto desiderato di rivederlo, una terza poche settimane addietro, vogliosa di lasciarmi ri-raccontare una storia estremamente letteraria (e non trovo sia sempre un difetto), evocativa, poetica, che fa pensare a tutti quei ricordi sopiti che vorrebbero tornare a galla prima o poi in ognuno di noi. Ema ha un vuoto nello spirito che si vede già negli occhi: noi, privilegiati, le camminiamo silenziosamente accanto, sotto le fronde degli alberi, nei giardini delle case dove ha abitato e nella sua memoria.
Mouchette

Solimano ha detto...

Concordo con te, Mouchette, un film strordinario, e non per parola vuota, perché è un libro fatto film e un film fatto libro. Una cosa unica e prodigiosa.
Non so se sia maggiore la commozione del sentimento o la lucidità intellettuale. Tutto. tutto, le musiche, i luoghi, ma soprattutto lei, Ema.
Flaubert ha trovato chi gli risponde, forse su un piano più alto.

grazie e torna a trovarci
Solimano