The Adventures of Baron Munchausen di Terry Gilliam (1988) Dai libri di Rudolph Erich Raspe e Gottfried August Burger, Sceneggiatura di Charles McKeown e Terry Gilliam Con John Neville, Eric Idle, Sarah Polley, Oliver Reed, Charles McKeown, Winston Dennis, Jack Purvis, Valentina Cortese, Jonathan Pryce, Uma Thurman, Robin Williams, Sting Musica: Eric Idle, Michael Kamen Fotografia: Giuseppe Rotunno (126 minuti) Rating IMDb: 6.9
Giuliano
Ecco un altro film esemplare: in teoria c’è tutto per far nascere un capolavoro, in pratica il film non decolla mai.
Ci ho pensato a lungo, e non sono riuscito a stabilire bene il perché di questo fallimento. Ci sono dei difetti evidenti, ma molti film belli e di successo (a partire da Via col vento e da Casablanca) sono pieni di difetti, eppure non ci si fa caso. Ci sono dei meriti strepitosi, per esempio le scene e i costumi – opera di Dante Ferretti e di Gabriella Pescucci – sono di quelli da stropicciarsi gli occhi, meravigliosi e di grande giustezza e fantasia. C’è la storia, la vecchia storia del Barone fanfarone e dei suoi magnifici servitori. C’è il teatro nel teatro (il film comincia sul palcoscenico), che a me piace sempre moltissimo; e ci sono scene divertenti e memorabili, come la nascita di Venere dalla conchiglia, come in Botticelli: Venere è Uma Thurman a diciott’anni, il gelosissimo Vulcano è un grande Oliver Reed. E Robin Williams è il re della Luna (per motivi burocratici recita sotto il nome Ray D. Tutto), con Valentina Cortese a fargli da regina: le loro teste si staccano dal corpo per elevarsi e dedicarsi ai pensieri spirituali, ma il corpo le reclama sempre con insistenza per tutte le altre cose.
Non so: di certo il film appare troppo lungo, molto slegato, quasi che fosse montato controvoglia, di fretta, dopo che la produzione si è lamentata per i troppi soldi spesi: e forse è andata proprio così. Rivedendolo, mi ha ricordato un po’ “Eyes wide shut” di Kubrick (uscito diversi anni dopo): anche qui tutto bello, ma qualcosa manca – e quel qualcosa era il tocco finale di Kubrick, che non ha potuto finire il suo lavoro. O forse è la storia che imprigiona un po’ troppo Gilliam: il regista inglese aveva alle spalle due capolavori di fantasia come “Brazil” e “I banditi del tempo”, ma in questi due film aveva una libertà d’invenzione che qui non ha, ed è come se fosse un po’ in gabbia. Di sicuro, so che molti attori sono sbagliati: a partire dal protagonista John Neville, che è certamente un ottimo attore di teatro ma che qui pare sempre spaesato e coperto sotto quintali di trucco. Ma anche i servitori sono un po’ pallidi, e le musiche firmate da Michael Kamen sono un po’ troppo di seconda mano: cose già sentite da altre parti, e anche in arrangiamenti migliori.
Il pensiero corre al vecchio film tedesco del 1942: anche quello non era un capolavoro, ma la scena del Barone sulla Luna era notevole. E’ un peccato non averlo sottomano...
Uma Thurman nel Munchausen di Gilliam
Giuliano
Ecco un altro film esemplare: in teoria c’è tutto per far nascere un capolavoro, in pratica il film non decolla mai.
Ci ho pensato a lungo, e non sono riuscito a stabilire bene il perché di questo fallimento. Ci sono dei difetti evidenti, ma molti film belli e di successo (a partire da Via col vento e da Casablanca) sono pieni di difetti, eppure non ci si fa caso. Ci sono dei meriti strepitosi, per esempio le scene e i costumi – opera di Dante Ferretti e di Gabriella Pescucci – sono di quelli da stropicciarsi gli occhi, meravigliosi e di grande giustezza e fantasia. C’è la storia, la vecchia storia del Barone fanfarone e dei suoi magnifici servitori. C’è il teatro nel teatro (il film comincia sul palcoscenico), che a me piace sempre moltissimo; e ci sono scene divertenti e memorabili, come la nascita di Venere dalla conchiglia, come in Botticelli: Venere è Uma Thurman a diciott’anni, il gelosissimo Vulcano è un grande Oliver Reed. E Robin Williams è il re della Luna (per motivi burocratici recita sotto il nome Ray D. Tutto), con Valentina Cortese a fargli da regina: le loro teste si staccano dal corpo per elevarsi e dedicarsi ai pensieri spirituali, ma il corpo le reclama sempre con insistenza per tutte le altre cose.
Non so: di certo il film appare troppo lungo, molto slegato, quasi che fosse montato controvoglia, di fretta, dopo che la produzione si è lamentata per i troppi soldi spesi: e forse è andata proprio così. Rivedendolo, mi ha ricordato un po’ “Eyes wide shut” di Kubrick (uscito diversi anni dopo): anche qui tutto bello, ma qualcosa manca – e quel qualcosa era il tocco finale di Kubrick, che non ha potuto finire il suo lavoro. O forse è la storia che imprigiona un po’ troppo Gilliam: il regista inglese aveva alle spalle due capolavori di fantasia come “Brazil” e “I banditi del tempo”, ma in questi due film aveva una libertà d’invenzione che qui non ha, ed è come se fosse un po’ in gabbia. Di sicuro, so che molti attori sono sbagliati: a partire dal protagonista John Neville, che è certamente un ottimo attore di teatro ma che qui pare sempre spaesato e coperto sotto quintali di trucco. Ma anche i servitori sono un po’ pallidi, e le musiche firmate da Michael Kamen sono un po’ troppo di seconda mano: cose già sentite da altre parti, e anche in arrangiamenti migliori.
Il pensiero corre al vecchio film tedesco del 1942: anche quello non era un capolavoro, ma la scena del Barone sulla Luna era notevole. E’ un peccato non averlo sottomano...
4 commenti:
Giuliano, questo film non l'ho visto e mi dispiace, malgrado che ti abbia un po' deluso.
Intanto, ho trovato molto bella l'idea di Uma Thurman agli inizi come Venere nascente, difatti l'immagine che ho trovato richiama quella del Botticelli, e non è che l'abbia ridotta per censura (quando mai...) in rete c'è solo così. Se l'avessi trovata intera l'avrei messa per analogia con quella botticelliana.
La cosa è venuta a punto perché ho deciso di dar corso anche alla serie La pittura nel cinema, che si affianca alle altre: I luoghi, Gli oggetti, Il lavoro, La musica che fra l'altro sono un ottimo sistema per parlare più volte dello stesso film.
Per il Munchausen ho trovato il luogo, ed è interessante, appena trovo le immagini lo metterò.
saludos
Solimano
Non ho visto questo film, e conosco Terry Gillian più per la sua appartenenza ai Monty Python che per i suoi film da solista. Lacuna da colmare. Buona serata.
Per me di Thurman ce n'è una sola, e MITICA: la Thurman di Kill Bill di Tarantino
Per Annarita: i film migliori di Gilliam sono i primi due, "I banditi del tempo" e "Brazil", ai quali aggiungerei "Paura e delirio a Las vegas".
(Sono film un po' fuori di testa, ma girati da un vero maestro).
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