lunedì 16 aprile 2007

Le acrobate

Le acrobate di Silvio Soldini (1997) Sceneggiatura di Silvio Soldini e Doriana Leontieff Con Valeria Golino, Licia Maglietta, Angela Marraffa, Mira Sardoc, Fabrizio Bentivoglio Musica: Giovanni Venosta Fotografia: Luca Bigazzi (123 minuti) Rating IMDb: 6.6
Solimano
In questi anni è difficile inventare una storia, allora inventano delle persone, le inventano come età, come lavoro, come luogo dove vivono, come carattere, poi le fanno incontrare e la storia prende forma da come reagiscono l'una con l'altra, specie se le persone sono donne. Ci sono dei problemi, nel fare così. E' difficile costruire un personaggio senza una precisa storia su cui appoggiarlo. Poi occorre trovare una modalità di incontro non macchinosa. Infine, ed è la cosa che allontana di più il possibile pubblico, è vero che la storia si costruisce in questi incontri, ma si costruisce un po' a caso, sembra che il film non sappia dove andare. Succede così anche ne Le acrobate, film apprezzato ma poco visto. E' lungo due ore, in cui di fatti ne succedono pochi. Si regge su quattro femmine di età diverse: Elena, quarantenne abbastanza agiata che lavora a Treviso - ed è quasi sola - incontra Maria che sta a Taranto e lavora in un super, ha trent'anni ed una figlia bambina piuttosto sveglia. Maria è più male accompagnata che sola, la pronuba dell'incontro con Elena è la vecchia slava Anita, che conosceva Maria e che è stata soccorsa da Elena. Anita muore, ed Elena parte per conoscere Maria, l'incontro non va bene. Passa un po' di tempo, Maria prima scrive poi si presenta da Elena con la figlia Teresa dopo aver viaggiato in treno da Taranto a Treviso. Decidono insieme di andare sul Monte Bianco, Maria ed Elena stanno sempre meglio insieme e Teresa mangia un po' di neve, contenta di lasciare un suo dentino là, in mezzo alla neve vicino al rifugio. Sembrerebbe che la storia non ci fosse, ma non è così: la storia è l'accostamento progressivo fra Maria ed Elena dopo la diffidenza iniziale. Ma cosa succederà dopo il Monte Bianco? Non si sa, ma tutto sarà sicuramente diverso da prima. Perché Le acrobate? Per due motivi: perché esistono tre statuette di acrobate al Museo di Taranto e perchè le due protagoniste, ma anche Teresa, se non vogliono cadere, non possono stare ferme sul filo, ma camminare. Così viaggiano in treno senza impancarsi ad avventura o prefiggersi mete precise, a loro basta che negli ultimi dieci minuti del film si accorgano di stare bene insieme. Mi è piaciuto che il film acquisti credibilità sopra un filo così tenue. Licia Maglietta e Valeria Golino - non è una novità - sembra che facciano apposta per coinvolgerci, spero solo che l'immaginato rapporto perduri resistendo alla possibile deriva sentimentale. Se così accadrà, Elena e Maria - anche Teresa - potranno affrontare meglio la loro vita difficile. Non è l'happy end, neppure un finale aperto, è un tentativo di lieto fine: le acrobate - titolo geniale - procedono, ma possono sempre cadere; se stessero ferme, sicuramente cadrebbero. Gioca molto il fascino della Golino e della Maglietta, diverso e complementare, e c'è delicatezza nel racconto. La crudeltà é nei fatti, pochi e piccoli.

6 commenti:

Solimano ha detto...

Inserisco parte di una recensione di Aldo Fittante, pubblicata su Duel il primo maggio 1997:

"(...) La Terra, come al solito nel cinema di Soldini, è vista dagli interni di auto e bus, dai riflessi degli specchietti retrovisori, dai finestrini dei treni. Il film, cambia continuamente ritmo e colori: perché se è vero che l'omologazione e l'appiattimento colpiscono - ormai - uomini, donne e cose allo stesso modo, da Bolzano a Trapani, è altrettanto reale il passo diverso fra Nord e Sud, fra il bianco pallido e il rosso violento, il livido blu e il giallo sporco di un meridione ferito e bellissimo. La periferia di Milano diventa qui la periferia di Taranto: giochi (grande, come sempre, l'apporto di Luca Bigazzi) di lampioni e caseggiati popolari avvolti dal degrado e dalla desolazione; suoni (il mix è di François Musy, fedele collaboratore di Godard) da inquinamento acustico che stordisce e impedisce di pensare. Per farlo, bisogna trovare un posto speciale, lontano lontano, a quote altissime. Il fascino delle Acrobate è proporzionale alla voglia del Sud che si respira, alla voglia di un Nord davvero Nord e diverso, alla necessità di una carnalità mai sfiorata in passato, al bisogno di allontanarsi da Milano (per la prima volta solo sfiorata), al fremito che invita ad una passionalità quasi impossibile eppure cercata, desiderata, reclamata anche se con strumenti ancora "freddi". (...) Tre sono state le tappe di avvicinamento a Le acrobate. Tre (più una) sono le donne che coprono le diverse età di un'esistenza (dai sette agli ottant'anni). Tre sono le statuine di terracotta - chiamate, appunto, "Le acrobate" - visitate da Maria e Teresa al Museo della Magna Grecia di Taranto. Tre sono i film che compongono l'ideale trilogia delle "A" cominciata nel 1990 con Un'anima divisa in due e chiusa con questo struggente viaggio in Italia che a tratti ricorda Il ladro di bambini di Gianni Amelio e che, soprattutto, sintetizza e al contempo dispiega, la coerente poetica di Soldini. Un film-anagramma dove si scrivono lettere a mano, dove le iniziali dei nomi delle protagoniste compongono la parola tema. Che, magicamente, potrebbe trasformarsi in meta. Come la cima più alta d'Europa, come il Dente del Gigante, come l'aria - finalmente serena - dell'Ovest".

Giuliano ha detto...

Silvio Soldini è da parecchi anni il miglior regista italiano (vedi questo film, Pane e tulipani, Agata e la tempesta....)però non lo dice mai nessuno. Io me lo spiego solo con il fatto che Soldini non va mai in tv e non fa mai casino...

Solimano ha detto...

Giuliano, i registi italiani notevoli non mancano anche oggi, senza fare graduatorie che saprebbero un po' di tifoserie. Provo a fare qualche nome, e sicuramente me ne scordo qualcuno: Olmi, Moretti, Bertolucci (Bernardo e Giuseppe), Avati, Salvatores, Virzì, Piccioni, Soldini, Archibugi, Bellocchio, Verdone (sì, anche lui), Muccino, Crialese, la Torrini, la Comencini etc. Se ci pensi, puoi discutere alcuni loro film, ma sarai d'accordo che diverse cose buone, anche ottime, le hanno fatte e le stanno facendo. Però ci sono dei problemi. Il primo è il pubblico: certi film in Francia raccolgono pubblico, in Italia no. Il secondo è il velleitarismo delle iniziative di chi ama il cinema: non è vero che piccolo è bello, se si vogliono fare certe cose. E' quindi assurdo il localismo di una serie di iniziative dei vari assessori alla cultura di comuni grandi e piccoli: occorrerebbe il respiro grande che c'è nel Festival Letteratura di Mantova o nel Festival Filosofia di Modena-Carpi-Sassuolo. Non credo invece che i Festival tipo Venezia, Roma, Torino servano a granché, se non alla autoreferenzialità degli addetti ai lavori, critici compresi.

saludos
Solimano

Giuliano ha detto...

Soldini come autore è due o tre spanne sopra Moretti. Quanto a Muccino, son contento per lui che le cose gli vadano bene; idem per Verdone e per gli altri. Ma un regista di cinema (o anche di tv) per me è tutta un'altra cosa...

Solimano ha detto...

Non faccio classifiche, tendo ad essere inclusivo. Il curriculum di Moretti è notevole: almeno cinque o sei dei suoi film resteranno. Oltretutto, ne apprezzo lo stare a testa alta culturalmente e politicamente, non andando ai convegni degli intellettuali schierati, vecchia costumanza post gramsciana: tutti a scodinzolare se il partito chiama (a parte che ai convegni degli intellettuali qualche ingegnere o metematico o chimico non li ho visti mai, come se non fossero persone di cultura).
Moretti irrita molti, a destra e a sinistra, che se la prendono coi film che fa, a parte che possono essere criticabili, come no. Quello che infastidisce è il suo essere non condizionabile ed il suo essere noto fuori dei sacri confini.
Di Muccino ho visto L'ultimo Bacio e Ricordati di me, li ho trovati film furbi ma buoni.
Anche di Verdone c'è del buono, ad esempio Maledetto il Giorno che t'ho incontrato e Compagni di Scuola, fra molto bazzettismo dice anche cose amare e vere, e sa dirle bene.
Fra i registi che ho indicato prima me ne sono scordati almeno due: Lucchetti e Mazzacurati, ce ne sarà anche qualcun altro.
I talenti non mancherebbero, il problema è il sistema mediatico (compresi i cinefili troppo esclusivi che meno sono più sono contenti) e il pubblico, con incredibili carenze prima storiche che culturali, vedi il discorso sulla Francia, anche sulla Germania di Berlin Alexanderplatz, anche l'Inghilterra coi film tratti da romanzi (Austen, Forster, James).

saludos
Solimano

Giuliano ha detto...

Su Luchetti e Mazzacurati sono d'accordo.