mercoledì 11 aprile 2007

Valmont (1)

Valmont di Milos Forman (1989) Da "Les liaisons dangereuses" di Choderlos de Laclos, sceneggiatura di Jean-Claude Carrière Con Colin Firth, Annette Bening, Meg Tilly, Fairuza Balk, Jeffrey Jones, Henry Thomas, Sian Phillips, Fabia Drake Musica di Christopher Palmer, Divertimento K240 diMozart, Quartetto op.50 n.5 di Haydn, Te Deum di Charpentier Fotografia di Miroslav Hondrìcek (137 minuti) Rating IMDb: 6.9
Solimano
Il film di Milos Forman uscì proprio un anno dopo di quello di Stephen Frears, ma li vidi entrambi diverso tempo dopo, a breve distanza l'uno dall'altro. Sotto l'analogia del derivare dallo stesso imbattibile libro e della ambientazione nel '700, Forman e Frears sono molto differenti. Forman non ha un culto per Laclos, lo usa per dire cose sue e arriva a Laclos con la mediazione di opere teatrali e della sceneggiatura. Sceglie interpreti più giovani e allora meno noti. Appena può, cerca l'aria, lo spazio, il movimento, la natura. Anche la festa e l'erotismo: la seduzione di Cécile è assolutamente carnale, aiuta le giovinezza prepotente di Fairuza Balk, che aveva quindici anni al tempo del film, e l'allegria seduttiva di Colin Firth, che non persegue teoremi ma usa le mani. Forman cerca a suo modo il lieto fine, credo gli sia costato far morire il suo Valmont, ma rimedia facendo sposare Cécile col marito scelto dalla madre (e Cécilie aspetta un piccolo Valmont) e la Tourvel vivrà un suo corretto ménage con suo marito -che in Laclos non compare mai. Il fatto stesso che Colin Firth e Meg Tilly si siano innamorati durante le riprese è coerente con ciò che voleva Forman: amori un po' sopra le righe, tradimenti non solo per il gusto di tradire ma per il piacere che sia quella precisa persona a stare con te. Amori naturali, come se non esistesse il grande scontro delle dominanze di Laclos.

Solo che le dominanze non le ha inventate Laclos, se ne è solo accorto. Le dominanze esistono in natura e non si possono cancellare con una corsa a cavallo, una colazione sul prato, nudità esperte o ingenue - quindi ancora più esperte. Una operazione ad usum delphini, quella di Forman, per accontentare un pubblico che ama la malizia non come teorema, ma in quanto chiave per entrare nella stanza giusta al momento giusto. Chissà, Forman può avere una sua ragione, anche rispetto a Laclos. C'è, nel grande libro, il piacere e la giocosità delle seduzioni e degli amplessi: la Merteuil sa prendersi comunque Prevan prima di farlo buttar fuori dai servi, recitando la parte dell'offesa. Non è un caso che tutto l'episodio sia stato ignorato sia da Frears che da Forman, Prevan era un Valmont meno sistematico, ma più essenziale, meglio non fare ombra a Valmont dando invece spazio al giovane Danceny che ombra non fa, sarà il vincitore di domani, quando si chiuderanno i libri e si apriranno le opportunità.

Ecco, Danceny trionfa, a pensarci, alla fine si prende la Merteuil, si prende Cécile -non più vergine, una seccatura in meno- e fa fuori Valmont. Il futuro è suo, non scalerà la faticosa montagna del vizio elevato a teorema, ne percorrerà compiaciuto le strade amene. L'essere Cavaliere di Malta lo salverà dal matrimonio. Bel ruolo, quello di Danceny, come quello di Fortebraccio nell'Amleto: quello di chi vince nella realtà concreta, che esiste, per quanto la si neghi, o per virtù o per vizio.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

L'ho rivisto stamattina. Sono passati anni da quando lo vidi la prima volta con quello di Frears e ricordo che il secondo mi era piaciuto di più. Ma per sostenere l'opinione di adesso, dovrei rivedere anche il Frears, non solo questo di Forman.
Una aspetto che sicuramente è quello di sempre ad infastidirmi un po' è la scelta degli attori. Le connotazioni fisiche, le facce, i corpi, trovo il cast "troppo moderno". Per me, una Glenn Close sul finale col volto tirato a biacca e le labbra sanguigne rimane a distanza di tempo un'immagine fortissima.
Sempre a mio parere, ho trovato il ritmo del film un po' troppo prevedibile. Mi sarebbe piaciuto scontrarmi con momenti clou più elaborati, più indagine introspettiva anche tramite piccoli segni. Insomma, anche oggi non mi entusiasma granchè.
cari saluti
Laura

Solimano ha detto...

Laura, preferisco quello di Frears perché più vicino al testo di Laclos. Quello di Forman ha delle qualità di vivezza, di movimento, di colori, però edulcora Laclos, forse per non turbare un certo pubblico. Cambia molte cose della trama e cambia il finale. C'è da dire che comunque con Laclos è una gara dura: il suo libro è un capolavoro che ho letto diverse volte e fra un po' lo leggerò in francese. Per forza di cose, chi affronta un testo del genere è un po' in soggezione, ed è capitato anche a Frears, che comunque ha fatto un film ammirevole, ma un po' frenato, forse troppo controllato. Però ogni tanto lo guardo volentieri: è in vendita un mega Dvd con dentro Barry lYndon, Amadeus e il film di Frears, il prezzo era molto buono e ho fatto un bel colpo.
Credo che la migliore riduzione sia stata quella teatrale di Hampton, di cui scrivo in un altro post (sempre su Laclos), e che è durata in scena anni ed anni nello stesso teatro.

saludos
Solimano