Giuliano
Una guida turistica porta una comitiva in giro per musei e palazzi di Napoli; quando apre una finestra si vede il panorama e parte la musica appropriata, ma arriva anche una voce stentorea e ben impostata, che dice questa frase: « Alle 18 incomincia il Giudizio Universale. » Il cicerone traduce subito in tutte le lingue (è un napoletano sornione, ma di quelli svegli), e sorride ai turisti preoccupati: dev’essere pubblicità...
Comincia così uno dei film di De Sica con Zavattini, l’ultimo se non sbaglio. E’ un film a episodi, ma – per chi non l’ha mai visto – attenti: questo non è un film a episodi come tanti altri, perché dietro c’è Zavattini. Tante volte ci si chiede perché non fanno più film belli come una volta: la risposta è semplice, perché non ci sono più i grandi scrittori e i grandi sceneggiatori a scrivere i film, e perché se anche ci fossero l’industria del cinema non li farebbe mai e poi mai lavorare. Un soggetto come Ladri di biciclette, Miracolo a Milano, Umberto D (tutti di Zavattini, con regia di Vittorio De Sica) verrebbe immediatamente cestinato dai big boss del nostro cinema di oggi, andati a scuola nelle agenzie pubblicitarie e cresciuti vedendo “drive in” e “striscia la notizia”. Ogni tanto fa bene ricordare chi c’era dietro ai grandi film di Sordi, Manfredi, Gassman, Tognazzi: c’erano Tonino Guerra, Flaiano, Benvenuti, De Bernardi, Pinelli, Suso Cecchi d’Amico, Age e Scarpelli... Tutta gente (e chiedo scusa per chi manca, ma la lista sarebbe enorme) che le scuole di cinema e di scrittura creativa non sapevano neanche cos’erano, eppure scrivevano lo stesso, chissà come hanno fatto.
Il risultato, in questo caso, è un film che scorre via liscio come l’olio. Neanche ci si accorge, che è un film a episodi; e che sia strapieno di star e di comici appare perfino naturale, non è una palla al piede come accade quasi sempre in questi casi, ma è anzi un punto di forza: perché il film è scritto, pensato e diretto da due Maestri veri, è tutta qui la differenza.
Questo film l’ho visto da bambino e non me lo sono più dimenticato. Faceva impressione, faceva pensare ma faceva ridere. La voce tonante e bene impostata, lo scoprirò molti anni più tardi, era quella di Nicola Rossi Lemeni, un grande cantante d’opera, voce di basso. Poi c’era Nino Manfredi, che è il cameriere che deve dare uno schiaffo perché è stato licenziato; Paolo Stoppa, che considera suo benefattore quello che in realtà è l’amante della moglie (quasi un Pirandello, con uno Stoppa in stato di grazia); Gassmann l’elegantone che vuole essere risarcito dal bambino che gli ha tirato una pummarola fracica sul cappello nuovo; un efficientissimo Alberto Sordi impegnato in un losco traffico di bambini; Fernandel che pedina una signora bella e vistosa; Franco e Ciccio che cercano di essere assunti come inservienti per il gran ballo; e la “ninna nanna” del razzista, preludio non al Giudizio ma al Diluvio Universale; o forse solo ad un po’ di pioggia, nel qual caso si può far finta di niente e tornare a comportarsi come si è sempre fatto.
Una guida turistica porta una comitiva in giro per musei e palazzi di Napoli; quando apre una finestra si vede il panorama e parte la musica appropriata, ma arriva anche una voce stentorea e ben impostata, che dice questa frase: « Alle 18 incomincia il Giudizio Universale. » Il cicerone traduce subito in tutte le lingue (è un napoletano sornione, ma di quelli svegli), e sorride ai turisti preoccupati: dev’essere pubblicità...
Comincia così uno dei film di De Sica con Zavattini, l’ultimo se non sbaglio. E’ un film a episodi, ma – per chi non l’ha mai visto – attenti: questo non è un film a episodi come tanti altri, perché dietro c’è Zavattini. Tante volte ci si chiede perché non fanno più film belli come una volta: la risposta è semplice, perché non ci sono più i grandi scrittori e i grandi sceneggiatori a scrivere i film, e perché se anche ci fossero l’industria del cinema non li farebbe mai e poi mai lavorare. Un soggetto come Ladri di biciclette, Miracolo a Milano, Umberto D (tutti di Zavattini, con regia di Vittorio De Sica) verrebbe immediatamente cestinato dai big boss del nostro cinema di oggi, andati a scuola nelle agenzie pubblicitarie e cresciuti vedendo “drive in” e “striscia la notizia”. Ogni tanto fa bene ricordare chi c’era dietro ai grandi film di Sordi, Manfredi, Gassman, Tognazzi: c’erano Tonino Guerra, Flaiano, Benvenuti, De Bernardi, Pinelli, Suso Cecchi d’Amico, Age e Scarpelli... Tutta gente (e chiedo scusa per chi manca, ma la lista sarebbe enorme) che le scuole di cinema e di scrittura creativa non sapevano neanche cos’erano, eppure scrivevano lo stesso, chissà come hanno fatto.
Il risultato, in questo caso, è un film che scorre via liscio come l’olio. Neanche ci si accorge, che è un film a episodi; e che sia strapieno di star e di comici appare perfino naturale, non è una palla al piede come accade quasi sempre in questi casi, ma è anzi un punto di forza: perché il film è scritto, pensato e diretto da due Maestri veri, è tutta qui la differenza.
Questo film l’ho visto da bambino e non me lo sono più dimenticato. Faceva impressione, faceva pensare ma faceva ridere. La voce tonante e bene impostata, lo scoprirò molti anni più tardi, era quella di Nicola Rossi Lemeni, un grande cantante d’opera, voce di basso. Poi c’era Nino Manfredi, che è il cameriere che deve dare uno schiaffo perché è stato licenziato; Paolo Stoppa, che considera suo benefattore quello che in realtà è l’amante della moglie (quasi un Pirandello, con uno Stoppa in stato di grazia); Gassmann l’elegantone che vuole essere risarcito dal bambino che gli ha tirato una pummarola fracica sul cappello nuovo; un efficientissimo Alberto Sordi impegnato in un losco traffico di bambini; Fernandel che pedina una signora bella e vistosa; Franco e Ciccio che cercano di essere assunti come inservienti per il gran ballo; e la “ninna nanna” del razzista, preludio non al Giudizio ma al Diluvio Universale; o forse solo ad un po’ di pioggia, nel qual caso si può far finta di niente e tornare a comportarsi come si è sempre fatto.
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