Ottavio
Una diecina di anni fa ho trascorso con la famiglia una settimana a Vienna, in agosto, considerato di bassa stagione. Infatti c'era un caldo boia, insospettabile per la Mitteleuropa. Il che non ci ha impedito di girare in lungo e in largo per la città e dintorni e di concludere che era effettivamente indispensabile vedere Vienna almeno una volta nella vita. Immancabile la visita al Prater con annesso giro sulla grande ruota panoramica, e qui troviamo, sorpresa, le pareti delle cabine tappezzate di immagini de “Il terzo uomo”, in particolare quelle girate proprio sulla ruota. Sorpresa perché il film è del 1949, quindi dopo cinquant’anni faceva ancora da testimonial al parco!
Beh, “Il terzo uomo” era un noir veramente tosto. Ambientato nell’angosciosa Vienna dell’immediato dopoguerra, occupata dalle quattro potenze vincitrici, piena di spie, di trafficanti, di gente dal passato compromettente, diffidenti l’uno dell’altro; lascia trasparire spiragli di luce solo nella musica di Anton Karas e nella famosa battuta di Welles sul Rinascimento italiano e la Svizzera.
La figura centrale, un trafficante di penicillina adulterata, interpretato da un magistrale Orson Welles, compare a film avanzato, ma dall’inizio il film è dominato dalla sua “presenza” attraverso le indagini che uno scrittore suo amico (Joseph Cotten) svolge intorno alla sua morte, solo simulata per sfuggire alla polizia delle potenze occupanti. Come se arrivasse dalla Luna, l’americano Cotten piomba in una Vienna che più diversa non potrebbe essere dalla sua America, incontra l’amante del personaggio Welles, una profuga dell’est dai trascorsi poco chiari (Alida Valli) e ricercata dai sovietici, e mette in sospetto, con le sue ricerche, la polizia militare della zona inglese (un classico Trevor Howard in divisa british). Mentre sullo sfondo comincia a delinearsi l’atmosfera della guerra fredda, l’investigatore Cotten arriverà a scoprire la vera natura del suo amico, costringendolo a “riemergere dall’aldilà” e mettendolo alle strette (fantastica la scena dell’appuntamento e del colloquio nella cabina della ruota), e infine, dopo aver conosciuto gli effetti delle medicine adulterate sui pazienti, provocandone la fine dopo un lungo inseguimento nelle fogne della città (altra sequenza da antologia).
Un altro caso di sintesi felice, con ingredienti “semplici”: sceneggiatura di Graham Greene (beh, qui siamo ad alti livelli!), un buon regista, non un mostro sacro, degli interpreti di buona caratura ma non dei “divi” di Hollywood o altrove. In cima alla torta, come ciliegina, la già citata musica di Anton Karas.
Per ottenere un successo clamoroso, ai tempi: Palma d’oro a Cannes e Oscar per la fotografia (eh, il fascino del bianco e nero).
Una diecina di anni fa ho trascorso con la famiglia una settimana a Vienna, in agosto, considerato di bassa stagione. Infatti c'era un caldo boia, insospettabile per la Mitteleuropa. Il che non ci ha impedito di girare in lungo e in largo per la città e dintorni e di concludere che era effettivamente indispensabile vedere Vienna almeno una volta nella vita. Immancabile la visita al Prater con annesso giro sulla grande ruota panoramica, e qui troviamo, sorpresa, le pareti delle cabine tappezzate di immagini de “Il terzo uomo”, in particolare quelle girate proprio sulla ruota. Sorpresa perché il film è del 1949, quindi dopo cinquant’anni faceva ancora da testimonial al parco!
Beh, “Il terzo uomo” era un noir veramente tosto. Ambientato nell’angosciosa Vienna dell’immediato dopoguerra, occupata dalle quattro potenze vincitrici, piena di spie, di trafficanti, di gente dal passato compromettente, diffidenti l’uno dell’altro; lascia trasparire spiragli di luce solo nella musica di Anton Karas e nella famosa battuta di Welles sul Rinascimento italiano e la Svizzera.
La figura centrale, un trafficante di penicillina adulterata, interpretato da un magistrale Orson Welles, compare a film avanzato, ma dall’inizio il film è dominato dalla sua “presenza” attraverso le indagini che uno scrittore suo amico (Joseph Cotten) svolge intorno alla sua morte, solo simulata per sfuggire alla polizia delle potenze occupanti. Come se arrivasse dalla Luna, l’americano Cotten piomba in una Vienna che più diversa non potrebbe essere dalla sua America, incontra l’amante del personaggio Welles, una profuga dell’est dai trascorsi poco chiari (Alida Valli) e ricercata dai sovietici, e mette in sospetto, con le sue ricerche, la polizia militare della zona inglese (un classico Trevor Howard in divisa british). Mentre sullo sfondo comincia a delinearsi l’atmosfera della guerra fredda, l’investigatore Cotten arriverà a scoprire la vera natura del suo amico, costringendolo a “riemergere dall’aldilà” e mettendolo alle strette (fantastica la scena dell’appuntamento e del colloquio nella cabina della ruota), e infine, dopo aver conosciuto gli effetti delle medicine adulterate sui pazienti, provocandone la fine dopo un lungo inseguimento nelle fogne della città (altra sequenza da antologia).
Un altro caso di sintesi felice, con ingredienti “semplici”: sceneggiatura di Graham Greene (beh, qui siamo ad alti livelli!), un buon regista, non un mostro sacro, degli interpreti di buona caratura ma non dei “divi” di Hollywood o altrove. In cima alla torta, come ciliegina, la già citata musica di Anton Karas.
Per ottenere un successo clamoroso, ai tempi: Palma d’oro a Cannes e Oscar per la fotografia (eh, il fascino del bianco e nero).
3 commenti:
Orson Welles è per me un mito, "Il terzo uomo" assieme a "Quarto potere" un film che non so più nemmeno io quante e quante volte ho rivisto e rivedo sempre. Lo conosco a memoria.
Notarella a margine: quando rivedo i film di O.W. ma anche quelli di tanti altri eccellenti registi e attori di quegli anni non posso fare a meno di pensare che per fare ottimi film prima che di effetti speciali e quintalate di dollari sono necessari creatività, professionalità, serietà. Se poi c'è anche il genio, come nel caso di Welles, ancora meglio. Ma quanti splendidi film (anche italiani, non solo americani) degli anni 40-50 sono autentici capolavori e sono costati quattro soldi?
Ci sono tanti temi forti, nel Terzo Uomo, io ne ricordo due, quello dell'amicizia tradita, e quello della donna (la parte di Alida Valli) che malgrado si sia resa conto di come fosse veramente Harry Lime, continua a camminare senza fermarsi quando incontra Holly Martins (Joseph Cotten), che se ne è innamorato.
Carol Reed fu fortunato. Un buon onesto regista come lui, trovarsi Orson Welles, Graham Greene, Alida Valli e Anton Karas, più la Vienna di allora... Difatti, in IMDb è impressionante lo stacco fra questo film e gli altri film suoi, sia come giudizio, sia come numero di votanti.
Ho lasciato volutamente che l'immagine dopo il click fosse molto grande... mi sembrava il caso.
Solimano
La scena finale, con Cotten che fa fermare la macchina per aspettare Alida Valli, mentre parte la cetra viennese, è una di quelle che non si dimenticano più. Ma tutto il film è un capolavoro, e anche come film di denuncia è purtroppo ancora attualissimo.
Giuliano
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