Marie Antoinette di Sofia Coppola (2006) Con Kirsten Dunst, Marianne Faithfull, Steve Coogan, Judy Davis, Jason Schwartzman Fotografia: Lance Acord Costumi: Milena Canonero (123 minuti) Rating IMDb: 6.5
Manuela
Ho l’impressione che in questo blog – ma forse non solo – ci sia bisogno di un po’ di leggerezza (e di attualità). E Marie Antoinette è un film disegnato con mano leggerissima, con tratto adolescente, scanzonato a volte, a volte imbronciato. E però, è un film claustrofobico. Tutto è visto dall’interno, come dovevano vederlo gli occhi stessi di Maria Antonietta, che niente vedevano oltre le mura di Versailles.
L’adolescente regina di Francia, rinchiusa nella sua lussuosissima prigione, inventa giochi e trastulli: vestiti e scarpe, dolciumi e teatrini, pettegolezzi e bambole. Favole per non morire di noia, un villaggio in cui travestirsi da contadina, un amante da idealizzare – è bellissima l’inquadratura dell’amante sul rampante cavallo bianco, eroe archetipo delle fantasticherie romantiche. Come ho trovato straordinaria la sequenza della prova di abiti e scarpe, sottolineata da una scatenata musica rock.
Pochi e distorti arrivano nella reggia gli echi di ciò che accade fuori, anche alla fine, quando la storia, quella vera, è evocata solo dai sinistri bagliori delle torce e dall’indistinto rumoreggiare della folla. La separatezza fra il mondo “di dentro” e quello “di fuori” è incolmabile e senza alcuna possibilità di comunicazione.
E’ un film, a suo modo, disperato. Marie Antoinette morirà, probabilmente senza capire ciò che le succede e perché. Come ha accettato, probabilmente senza capirlo, tutti gli eventi della vita, dal marito insoddisfacente ai figli. E l’ultima inquadratura è ancora un’inquadratura “da dentro”. Da dentro una carrozza che attraversa un mondo inconoscibile e ostile.
Nelle recensioni c’è scritto che si tratta della storia di una giovane donna. E’ senz’altro così. Eppure io, lontanissimo dalla volontà dell’autrice, ne sono sicura, non ho potuto fare a meno di pensare a una classe politica che conosco bene, che se ne sta chiusa in una sua Versailles – di certo meno bella dell’originale – a trastullarsi coi suoi giochi: leggi elettorali pensate per mantenere se stessa, unioni e scissioni, dichiarazioni e smentite, talk show e giochi delle parti. Del tutto separata da quello che avviene altrove, nella realtà, e forse inconsapevole della realtà stessa. Sorpresi, anzi, dagli echi che ne filtrano, e dall’immagine che le persone reali hanno della loro casta (Marie Antoinette stupita dal pamphlet satirico “Che mangino brioches, io non l’ho mai detto!”, Fassino: “Pare che l’indulto non sia stato apprezzato…”).
Lo so che Sofia Coppola non c’entra niente con tutto questo, colpevole solo di aver fatto un film giovane, originale, sorridente e pensoso, che forse parla solo di una giovane donna in una prigione dorata. Ma a volte nei film c’è anche quello che l’autore non ci ha proprio voluto mettere.
mercoledì 4 aprile 2007
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1 commento:
Manuela, Marie Antoinette non l'ho visto, ma lo comprerò, perché i film ambientati decorosamente nel '700 mi catturano sempre, e non è solo questione di ambientazioni, costumi, scene etc è proprio questione di tipo di linguaggio e di dialogo. Qui si vede la grande differenza fra noi e ad esempio la Francia, dove quasi anno escono film di successo in costume: Vatel, Ridicule, Marquise sono a loro modo film commerciali, con grossi budget ed aspettative di cassetta, però anche film di alto livello, ben recitati e accurati. In Italia un mercato del genere non c'è, non gliene fregherebbe niente a nessuno. Un segno di rimozione della storia, di mancanza di civiltà, persino il Casanova di Fellini ha stentato!
saludos
Solimano
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