Roby
Una premessa è d’obbligo: se c’è un genere cinematografico che detesto, quello è l’horror. Sono così poco propensa a seguire storie di suspense e paura che spesso rinuncio a vedere persino semplici thriller, perché finisco con l’immedesimarmi tanto nei protagonisti perseguitati, inseguiti e magari fatti a pezzettini da stare male insieme a loro. Quindi, la mia predilezione per “Intervista col vampiro” potrebbe suonare strana a chi mi conosce anche solo superficialmente. Qualcuno potrebbe attribuirla alla presenza di bellocci come Cruise, Pitt e Banderas (senza dimenticare il non disprezzabile Christian Slater, già giovane monaco Adso nel “Nome della rosa” di Annaud): ma no, non è per questo, benchè -da brava signora matura- io non sia affatto insensibile al fascino di tanta bellezza maschile messa insieme in una sola pellicola. Il fatto è che mi è capitato di intravedere questo film, per la prima volta, in un passaggio semi-notturno su Rete4, a storia già iniziata, e di averlo scambiato per un film in costume di tutt’altro genere. Era la sera di un giorno per me molto faticoso, trascorso ad assistere babbo e mamma già seriamente malati e a parlare con i medici della loro tragica situazione: quindi, una volta scoperta –dall’osservazione di quanto prominenti fossero i canini di Tom Cruise- la natura orrorifica della storia narrata, tuffarmici dentro fu una sorta di catarsi notturna dai drammi vissuti in prima persona alla luce del giorno. Cosa poteva esserci di più orribile e spaventoso del sapere con certezza che il cervello di mio padre si stava lentamente decomponendo? E che mia madre avrebbe finito i suoi giorni paralizzata a letto? Vedere vampiri che succhiavano il sangue dei topi, in mancanza di quello umano, avvolti in mantelli di velluto neri come la notte in cui silenziosamente scivolavano, era quasi consolatorio; seguire le loro peregrinazioni, da un continente e da un’epoca all’altra, tra sontuosi palazzi e sordidi bassifondi, mi distraeva dalle mie tribolazioni più di un film comico, nel solco –se mi è concesso l’ardito paragone- della tradizione tragica classica, quando il pubblico di Atene assisteva tutto felice e contento, “divertendosi” un mondo, alla morte di Ifigenia sacrificata dal padre, all’assassinio di Agamennone per mano della moglie Clitemnestra e del suo amante, e così via. Ma, a parte questo, scene come la rappresentazione teatrale della compagnia vampiresca, nel sottosuolo di Parigi, sono un affresco indimenticabile, che affascina e mette i brividi. E la piccola (allora aveva solo 12 anni) Kirsten Dunst, futura fidanzata di “Spiderman”, è talmente brava ad esprimere i sentimenti di una donna imprigionata per sempre nel corpo di una bimba da fare paura davvero, più per questo che per i suoi denti aguzzi e insanguinati. La storia e la notte proseguirono di pari passo, sino al finale grottesco, ambientato ai nostri giorni: perché i vampiri, sappiatelo, sono immortali, a meno che non vengano colpiti dalla luce del sole. E tale è la sorte che tocca alla vampira-bambina e ad una sua più matura compagna, ritrovate abbracciate ed ormai incenerite dai raggi micidiali sul fondo di un pozzo: scena, questa, che in quella sera così “speciale” ebbe il potere di commuovermi fino alle lacrime, leggendo in essa –più o meno inconsciamente- la prefigurazione di ciò che di lì a poco mi attendeva.
P.S. Ci sono diversi siti e blog con un buon corredo di immagini tratte da questo film, uno ad esempio è questo, incentrato sulla bambina: http://www.youngactressreviews.org/mini_reviews/images.php?id=interview_with_the_vampire poi c'è questo che contiene immagini grandi: http://moviescreenshots.blogspot.com/2006/08/interview-with-vampire-vampire.html
7 commenti:
Questa volta, Roby, non mi trovi d'accordo. Il libro di Anne Rice è molto, molto meglio del film, che in parecchie scene punta sugli effettacci horror che nel libro sono invece completamente assenti. Il mondo dei vampiri "costuito" dalla Rice (io ho letto tutta la serie) è estremamente interessante e non ha nulla di grandguignolesco. Purtroppo, le orrende copertine con cui la Rice è stata pubblicata in Italia la fa snobbare da molti lettori che invece, ne sono sicura, la apprezzerebbero molto. La Rice stessa si è molto infastidita (e secondo me a ragione) di come è stata stravolta la trama del suo libro e soprattutto le caratteristiche dei suoi personaggi.I suoi vampiri non sono sadici e non uccidono per il gusto di uccidere. Sono costretti ad uccidere per poter sopravvivere, e questo li rende personaggi molto travagliati ed... "umani".
Ciao Gabriella :-)
Gabrilu e Roby, poiché non ho letto il libro e non ho visto il film, costituisco una ineliminabile fonte di saggezza.
Credo che la discussione che sempre si ripresenta se sia meglio il libro o sia meglio il film non debba prescindere da un dato di fatto: si può amare un libro, si può amare un film, ma sono due forme d'amore diverse che più diverse non si può, se non altro perché un film se la gioca in due ore di possibile coinvolgimento totale, un libro in giorni e giorni, anche in mesi ed anni (Gabrilu lo sa bene) di un amore sempre esposto al rapimento ed alla momentanea stanchezza.
Prendiamone atto, noi siamo felicemente affetti a questo riguardo da una specie di poligamia (o poliandria) kamasutrica che più si sazia più è insaziata. Lo dico scherzoso e senza tiramenti estetistici, ma lo dico convinto.
Faccio un esempio (e spero che nessuno mi freghi il film, facendomene una ragione se succederà). Esiste un racconto, "La principessina Mary" di Lermontov, ed esiste un film, "Un coeur en hiver" di Sautet. Sono strettamente legati, anche se diversi critici non se ne sono neanche accorti, probabilmente perché non hanno mai letto Lermontov. Debbo stare con Lermontov, quando lo leggo, debbo stare con Sautet quando guardo il film, anche se - detto fra noi - il rapporto con Lermontov è molto più forte. Altrimenti, perderei qualcosa spregiando quando non è il caso (non corro questo rischio, perchè la bellezza addolorata di Emmanuelle Béart - prima della losca cura - è indimenticabile).
Perché toglierci un piacere accettando di entrare nel mondo dei confronti? Il che non vuol dire non mantenere la testa lucida: "La donna della domenica" di Comencini non è per niente paragonabile al bellissimo libro da cui è tratta. Ma comunque dà piacere.
saluti ad entrambe
dal vostro
Solimano
epicureo convinto
Solimano, sai bene che sono d'accordissimo con te su tutta la linea. Secondo me, in questo caso Roby si è potuta godere (beata lei) il film perchè è stata agevolata dal fatto di non conoscere il libro. Perchè questo è uno di quei casi in cui non si tratta solo di poter godere di due cose che, evidentemente, utilizzano codici linguistici diversi e di questo si deve tener conto.Anzi, lungi da me ogni idea di un film che sia solo la pedissequa trasposizione sullo schermo di un testo scritto per la carta. Non è questo il mio problema. No, gli è che questa volta -- a mio parere -- hanno fatto proprio uno scempio, del libro, e chi lo aveva letto non poteva, pur con le migliori intenzioni di questo mondo, restare indifferente. Poi certo, ci sono delle scene anche molto suggestive, gli attori sarebbero stati perfetti se non avessero imposto loro di fare e dire cose che i personaggi mai si sono sognati di dire e fare, ma qui andremmo proprio sul sottile ed io ho imperversato anche troppo anzi mi scuso per la logorroicità :-)
Solimano, ho sempre avuto un debole per Epicuro! Grazie per aver aggiunto al mio post quegli azzeccatissimi link: sei impagabile!!!
Gabriluuuuuuuuuuuu, sapevo vagamente dell'esistenza del libro della Rice, ma non me ne ero interessata più di tanto. INVECE ADESSO DEVO PROCURARMELO AL PIU' PRESTO, perchè mi hai messo addosso una curiosità, ma una cu-rio-si-tà tale... che mi sento quasi come un vampiro in crisi di astinenza ematica!!!!
Ciao!
[:->]
Roby
Quello che è strano in tutto questo è che sul sito IMDb, notoriamente molto preciso, risulta che Anne Rice ha fatto lei la sceneggiatura del film, non - come succede di solito - ci ha messo solo il romanzo. Si dedurrebbe che lei fosse contenta del film, altrimenti non si sarebbe prestata... a meno che... le grandi produzioni hanno degli argomenti molto convincenti. Moravia ad esempio se ne fregava di come traducessero in film i suoi libri: cedeva i diritti dietro lauto compenso, e che facessero quel che volevano con gli sceneggiatori loro.
Gabrilu tu non sei logorroica, sono io che sono fluviale. Meglio granguignolesco che rigagnolesco.
Roby, se fra le immagini ce n'è qualcuna che ti piace di più di quella che ho messo, spediscimela, basta che sia grande, ed io la sostituisco a quella che c'è. Non sono molto pratico di film di vampiri, salvo uno di cui forse scriverò.
saludos
Solimano
Solimano, infatti hai ragione e l'informazione di Imdb è corretta. La Rice ha firmato la sceneggiatura. Però evidentemente qualcosa era andato storto, perchè giuro che avevo letto anni fa lunghissimo articolo scritto da lei, pubblicato sul suo sito ufficiale, in cui prendeva come ti dicevo le distanze dal risultato finale. Oggi sono andata a cercarlo per fartelo leggere (avevo conservato il link, figurati) ma dà "file not found" :-(
Credo che sia sbagliato per uno scrittore impegnarsi nella sceneggiatura del proprio libro. Bene che vada, sono arti troppo diverse: lo scrittore o ingessa il film o tradisce se stesso.
Aveva ragione la mente fredda e lucida, anche un po' cinica, di Moravia: prendere i soldi dei diritti, non sporcarsi le mani, e che facessero quel che gli pareva. Alla fine, vendeva più copie del suo libro, oltretutto.
saludos
Solimano
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