lunedì 30 aprile 2007

Indovina chi viene a cena

Guess Who's Coming to Dinner di Stanley Kramer (1967) Sceneggiatura di William Rose Con Spencer Tracy, Sidney Poitier, Katharine Hepburn, Katharine Houghton, Cecil Kellaway, Beah Richards, Roy Glenn Musica: Franck De Vol Fotografia: Sam Leavitt (108 minuti) Rating IMDb: 7.7
Roby
C’erano una volta i cinema parrocchiali. Di solito avevano le poltroncine dure e scomode, spesso di legno (ebbene sì, a questo mondo bisogna soffrire!), lo schermo sembrava un lenzuolo rattoppato e al bar c’erano solo patatine stantìe: ma io li rimpiango ancora, con tutte le mie forze! Fu in uno di questi ameni localini che –accompagnata dalla zia di cui già vi ho parlato- vidi, in terza o quarta visione, “Indovina chi viene a cena”. Erano gli albori degli anni ’70, e avevo sentito parlare di razzismo sì e no due volte in vita mia: la prima, leggendo “La capanna dello zio Tom” a 8 o 9 anni, la seconda, seguendo in TV la cronaca dell’assassinio di Martin Luther King. Le mie idee, all’epoca, erano già chiarissime: se ad una ragazza piaceva un ragazzo e viceversa, non contava se la pelle dell’uno fosse bianca e quella dell’altro nera, gialla o verde a strisce blu. L’importante era l’Amore con la A maiuscola. Punto e basta. Quindi, non mi era poi tanto chiaro perché fosse stato necessario fare un intero film su tutta la faccenda. Per quanto mi riguardava, Sidney Poitier era molto carino, e se “da grande” avessi incontrato un tipo così, l’avrei invitato non solo a cena, ma a pranzo, a colazione e magari anche a merenda… Ho rivisto il film in TV a metà degli anni ’80, a casa con mamma, babbo e sorelle. Era un periodo di grande crisi con nostro padre, che noi figlie consideravamo “tout court” un tiranno. Ci faceva imbestialire soprattutto la sua teoria secondo la quale, dato che lui aveva fatto tanto per crescerci ed educarci, noi gli dovessimo cieca obbedienza per il resto della nostra vita. Quindi le parole di Poitier, quando -al padre che gli rinfaccia i sacrifici sopportati per farlo studiare- replica lucidamente: “Io sono tuo figlio, ti voglio bene, ma non ti ho chiesto io di nascere, e tutto ciò che hai fatto per me ERA TUO DOVERE farlo, e basta!” suonarono come musica alle nostre orecchie. Quella sera parlammo per ore, nella nostra cameretta a tre letti, e ci addormentammo con la convinzione di essere delle martiri nelle mani di uno squilibrato filo-nazista. Povero papà, che giudizio crudele sul suo operato!!!… E siamo così giunti ai giorni nostri. Stavo stirando la solita pila di panni, poche settimane fa, e su un canale minore cos’ho beccato? Di nuovo la storia degli anziani genitori che hanno educato la figlia ai più alti valori di giustizia ed eguaglianza sociale, per poi rischiare l’infarto vedendosi presentare un futuro genero di colore. Con un occhio al televisore e l’altro alla biancheria, stiravo e guardavo, guardavo e pensavo. Riflettevo che, a distanza di 35 anni dalla “prima” visione dello stesso film, ora tendevo ad identificarmi più con la madre che con la figlia, per evidenti ragioni anagrafiche: questo mi inteneriva, da un lato, e dall’altro m’innervosiva, sempre per le ragioni di cui sopra. Ma non solo: mi accorgevo solo adesso che il film, apparsomi così dichiaratamente antirazzista decenni prima, tutto sommato non lo è poi tanto, rivisto con l’ottica del 2007. Ad esempio, perché i due innamorati bi-colori non si baciano mai, e quasi non si sfiorano nemmeno, neppure quando sono inquadrati da soli? E poi, perché la ragazza è una semplice giovane donna di normale intelligenza, mentre il personaggio di Poitier è un medico plurilaureato autore di non so quante pubblicazioni scientifiche e possessore di un cervello degno di Einstein? Erano queste le qualifiche MINIME richieste, all’epoca, ad un nero per risultare credibile come partner di una bianca? Passavo e ripassavo camicie e tovaglie col ferro caldo, lanciando occhiate al piccolo schermo, da cui Spencer Tracy e Katharine Hepburn sembravano ammiccare proprio a me. “Lo vedi, com’è difficile fare i genitori?” sembravano dirmi, sornioni “Ormai lo sai anche tu! E allora, di’ la verità: oggi come oggi, non saresti un po’ più indulgente, con quel pover uomo del tuo babbo?”
P.S. Alcune immagini discrete si trovano qui: http://flattland.com/index.php?entry=entry070113-110906

6 commenti:

Solimano ha detto...

Roby, per metà del film fui molto soddisfatto: bella storia, attori bravi, specie la Hepburn e Poitier. Poi mi stufai perché, col coinvolgimento dei consuoceri, mi sembrò che divenisse buonista, mezzo furbo e mezzo ingenuo. Un film pieno di generiche buone intenzioni, sull'onda del kennedismo passato da poco. Ed è proprio come dici tu: per farsi rispettare Poitier ha bisogno di un curriculum vitae da levarsi il cappello, cosa non necessaria a un bianco, che poteva anche farsi rimandare ad ottobre. Poi, sulla nessuna affettività fra i due morosi, era del tutto impensabile allora ed oggi: qualcuno ricorderà forse qualche bacio fra bianco e nera, nessuno fra bianca e nero, salvo in certi film molto recenti e molto off. Anche in Cruel intentions che pure se la tira a modernissimo, c'è un attore nero che fa il simpatico, ma quando si tratta di baci ed abbracci il nero sparisce, figurarsi allora. Non per censure, ma perchè chi fa i film sa bene come il pregiudizio, meglio, l'imprinting è forte, al di là di tante chiacchiere contro il razzismo. Credo che solo i francesi riescano a filmare storie miste, ma perché per narcisismo loro vogliono essere i primi della classe, sarebbe interessante capire se relmente ne sono convinti.

saludos
Solimano

Isabella Guarini ha detto...

Da italiani non possiamo capire fino in fondo il razzismo americano. Per me il film è più un' aspirazione che una realtà. A prescindere dal fatto in sé, condivido i pensieri di Roby circa i rapporti con i nostri genitori che sono stati molto simili a quelli del film. Metti che vai in vacanza con i genitori e che un un aitante tunisino ti inviti a ballare con un certo interesse. Impallidirono i miei e fu subito partenza.Isabella

Manuela ha detto...

Anche a me è capitato di rivedere da poco questo film, con la curiosità, soprattutto, di cogliere cosa poteva dirmi oggi, dopo tanti anni. L'ho trovato incredibilmente fresco; capace di rappresentare, nello stesso tempo, una parte non secondaria dell'America - quella democratica e colta, che si trova a dover mettere in discussione anche se stessa e i pregiudizi che credeva di non avere - e un racconto familiar-generazionale che ha riscontro in molti luoghi e in molti tempi (come dimostrano i commenti che mi precedono).
E' vero che c'è una vena "politicamente scorretta" che attraversa tutto il film. Ad un certo punto il padre apostrofa la madre: "Se tua figlia si innamorasse di uno sciancato tu saresti contenta...", il che la dice lunga sulla considerazione sociale degli sciancati (non solo in America e in quei tempi, temo). Ma è pur vero che in questa frase c'è anche tutto il lavoro dei genitori, che la madre per prima apprende alla svelta: saper accettare le scelte dei figli qualunque esse siano. Ci arriverà anche il padre, portatovi da una compagna intelligente. Che è quello che succede spesso. Credo che il grande merito di questo film sia stato di aver parlato di un problema su cui all'epoca si preferiva tacere e di aver scatenato il dibattito sul razzismo; problema, peraltro, che non è mai del tutto risolto, in nessun paese. Ed è proprio quella vena politicamente scorretta che lo rende attuale e capace di far mettere in discussione anche noi stessi, se ne abbiamo voglia. Perché è pur vero che tutti noi, se un genero di colore ci toccasse, preferiremmo un medico con un brillante avvenire piuttosto che un vu' cumprà.... non è vero?

Solimano ha detto...

Manuela, l'opinione sul film può essere naturalmente diversa. In quel momento poteva esserci una vena politicamente scorretta perché era una operazione della cultura democratica, e ci aggiungo anche di democratici alla Edwards, non alla Kerry, per intendersi con i nomi di oggi. Solo che era una operazione ingenua, perché l'America doveva decidersi a perdere l'innocenza che credeva di avere ( e successe proprio in quegli anni col dibattito sul Vietnam, che fu la discriminante che ebbe tante conseguenze anche nel cinema).
Venendo ai tempi nostri, sostengo che l'argomento del razzismo, o comunque del diverso è un argomento in cui ancora non la si racconta chiara come si dovrebbe, sono argomenti da cui tendenzialmente si sta abbastanza lontani perché c'è una grande coda di paglia: dentro, veramente dentro, tanti non sono disposti ad accettare certe conseguenze di tipo sessuale, in particolare.
Faccio un esempio strano. Per me Pulp Fiction è un film che ha innovato molto, eppure non si vedono insieme neanche una volta per tutto il film Marsellus (boss nero, Ving Rhames) e Mia (moglie bianca del boss nero, Uma Thurman). Credo che il motivo ci sia, anche se non detto.
Concludo dicendo che il successo stratosferico di pubblico degli ultimi libri della Fallaci (terrificanti!) indica che nella pancia della gente ci sono delle pulsioni che attendono solo l'occasione per manifestarsi: il DNA non è cambiato, è lo stesso di quaranta anni fa, non va mai dimenticato e certe pulsioni primarie non si addomesticano a colpi di ragionamenti: ci sono e basta, guai a prescinderne.

saludos
Solimano

Moneymaker ha detto...

E' bella la tua analisi del film, già all'epoca doveva essere difficile far passare un film che trattava il tema dell'integrazione razziale spingendolo fino ad ipotizzare il matrimonio tra una donna bianca e un "coloured". Farli baciare sullo schermo sarebbe stato troppo per un certo tipo di pubblico. E ugualmente intollerabile sarebbe stata una relazione tra i due se lui fosse stato, ancorchè nero, magari anche disoccupato o divorziato (e non vedovo come mi pare fosse). Certo lo shock va assorbito per gradi e gli autori devono aver deciso che, già la sola procazione dei colori di pelle disomogenei dovesse bastare ed avanzare, senza aggiungere altri elementi di turbamento.

Solimano ha detto...

Moneymaker grazie per il tuo intervento. Aggiungo che le cose, sia pure lentamente, sono cambiate da tanti punti di vista: civile, politico, militare, scolastico, ma dal punto di vista della sessualità il cinema, così disinvolto da tanti punti di vista, mostra ancora con chiarezza che i tabù sono duri a morire, anche perchè non è questione che uno leggendo un libro cambia la propria idea, c'è probabilmente una reazione forse ancora più etologica che antropologica alla commistione dei sessi non fra bianchi e neri, ma fra bianca e nero, questo è il punto.

saludos
Solimano