lunedì 23 aprile 2007

Bellissima

Bellissima di Luchino Visconti (1951) Racconto di Cesare Zavattini, Sceneggiatura di Suso Cecchi D'Amico, Francesco Rosi e Luchino Visconti Con Anna Magnani, Walter Chiari, Tina Apicella, Gastone Renzelli Musica: Franco Mannino (e L'Elisir d'Amore di Donizetti) Fotografia: Piero Portalupi, Paul Roland Costumi: Piero Tosi (110 minuti) Rating IMDb: 8.0
Roby
Per una qualche misteriosa ragione, ai miei genitori non piacevano nè i registi nè tantomeno gli attori italiani. Quindi, se l'annunciatrice TV di turno comunicava sorridente che di lì a poco sarebbe andata in onda una pellicola di De Sica, Totò o De Filippo, loro sbuffavano, si alzavano dalla poltrona (niente telecomando, all'epoca!) e cambiavano canale: il che, fino alla fine degli anni '70, significava semplicemente passare dal Nazionale al Secondo, o viceversa. Chissà, forse i film nostrani ricordavano troppo il periodo della guerra, ancora fresco nella loro memoria, più di quelli americani, in qualche modo più "spensierati"... Una delle attrici da loro più detestate era senz'altro Anna Magnani, che solo a nominarla faceva alzare gli occhi al cielo a mia madre: "Per carità, Mario, cambia, cambia!". Probabilmente, così facendo, mamma e papà mi hanno messo addosso una tale curiosità che, una volta raggiunta la grande conquista di un televisore in cucina tutto per me, film e registi di casa nostra sono stati tutti "miei"! E fra i più belli, tanto per cominciare, non posso non citare "Bellissima" di Luchino Visconti, dove ironia e dramma s'intrecciano e si sciolgono in un continuo alternarsi di sorrisi e lacrime, sullo sfondo di una Roma appena uscita dalla guerra, dove s'intravedono ancora nette le macerie -sia materiali che spirituali- del conflitto appena concluso. La Magnani è mamma orgogliosissima di una bimbetta sui sei anni, nè bella nè brutta ma per lei -ovviamente- splendida, nonchè sicuramente dotatissima per "fare del cinema". Quel cinema che tutta la famigliola riesce a sbirciare nelle serate estive dalla terrazza di casa, proiettato su di un tendone in mezzo al cortile centrale da uno di quei trabiccoli ambulanti che (mi dicono i parenti anziani) allora erano abbastanza comuni.

Perciò, quando si sparge la voce che a Cinecittà Blasetti cerca una bambina per il suo prossimo film, la Magnani non si fa scappare l'occasione e parte in quarta, perdendo tempo e denaro per rincorrere il suo sogno: soltanto suo, si capisce, perchè alla pargoletta non importa niente di mettersi in mostra, anzi, trova molto più divertente il garzone del parrucchiere (un ragazzino poco più "vecchio" di lei) che con abile e disastrosa mossa le taglia di netto le trecce, consegnandogliele poi come un trofeo. Per il sospirato ruolo cinematografico la madre sognatrice ne combina di tutti i colori, compreso flirtare con il presunto braccio destro di Blasetti, un Walter Chiari mezzo carogna e mezzo povero diavolo che con Visconti tira fuori la sua vena migliore. Ma il provino si rivela un fiasco, tanto che la povera donna, ammessa di nascosto in cabina di proiezione, assiste agli sberleffi e alle risate degli addetti ai lavori presenti: è a questo punto che viene fuori tutta la sua forza, tutta la sua personalità (ne ha da vendere, la Magnani, di personalità!), e davanti a regista e collaboratori grida tutto il suo disprezzo per tanta superficialità, per tanto poca considerazione dei sacrifici, delle speranze, della dignità altrui. Ormai, l'illusione è infranta, e a nulla servirà il tardivo ripensamento dei cineasti: il contratto milionario per il film con Lana Turner viene orgogliosamente rifiutato, il segretario di produzione messo alla porta, la bimba, "bellissima" per i suoi genitori, resta solo e tutta per loro. Ogni volta che questa storia ripassa in TV, anche se conosco quasi a memoria le battute, rimango lì a seguirla, come ipnotizzata. E ripenso al grosso televisore color legno, in salotto, alla Orsomando che sorrideva dallo schermo e alla mia mamma che esclamava: "Un film ITALIANO??? Per carità, Mario, CAMBIA CANALE!"

12 commenti:

gabrilu ha detto...

Sono rimasta molto impressionata da quello che scrive Roby. Perchè a casa mia si verificava la stessa identica cosa: i film italiani erano detestati e Anna Magnani veniva considerata volgare e inguardabile. I film più detestati di tutti erano quelli del cosiddetto "neorealismo": Rossellini e De Sica. Anche io in seguito mi sono chiesta perchè, visto che i miei gentiori non erano ne' cretini ne' ignoranti e la risposta che mi sono data era che, appunto, avendo vissuto il periodo di guerra non si aveva voglia di vedere ancora tristezze e miserie, si aveva voglia d'altro.
C'era probabilmente il bisogno di metabolizzare e/o rimuovere tante cose, per poter poi tornarci sopra.

Solimano ha detto...

Dietro ci possono essere state diverse cose, e una è certo quella della guerra.
Ma c'era anche i panni sporchi si lavano in casa, con cui Andreotti espresse perfettamente la tipica ipocrisia italica, sempre disposta alle retoriche Catene della Fraternità, che già da bambino non potevo sopportare, purché non si chiamassero le cose col loro nome.
Più grave ancora, anche se non dichiarato, la vergogna di essere italiani e quindi il rifiuto della Storia e delle storie. Sono lontanissimo da discorsi tipo Patria, ma il senso e l'accettazione delle proprie radici (e delle conseguenti foglie) sono ben altra cosa. In un certo modo aveva ragione quel rompiballe di De Gaulle col suo "L'Italia non è un paese povero, è un povero paese". Questo da almeno due secoli, e la prima responsabilità, ieri e oggi, sta nel Vaticano, piagnone e ingordo, che cresce gente superstiziosa e superficiale.
Su Luchino Visconti ci torneremo, perché di film importanti ne ha fatti. In Bellissima, Ossessione, La Terra Trema sotto un certo aspetto è meglio che nei film successivi, perché c'è la Pietas, che non è sentimentalismo. Nei film successivi la Pietas non ci sarà più, anche in film bellissimi come Senso, Rocco e i suoi fratelli, il Gattopardo. Credo che Visconti avesse nel frattempo scavato in sé, e si fosse capito: era un uomo cattivo, ne prese atto e ci si attenne coerentemente.

saludos
Solimano

Isabella Guarini ha detto...

Ho vissuto, da bambina, l'immediato dopoguerra, quando ancora la guerra era di casa. Il medico di famglia, che abitava nel nostro palazzo, ritornò da uno dei campi di concentramento, portando con sè la scodella del rancio e il cucchiaio, che si era guadagnato in quanto medico. Sua moglie raccontava qualcosa, ma lui non ha mai proferito parola su ciò che aveva sofferto e visto.
Isabella

ottavio ha detto...

Due considerazioni su Bellissima, film visto molti anni fa, ma è di quelli che non si dimenticano.
E' il primo film, in senso cronologico, che tratta dell'irresistibile costume nazionale a partecipare a concorsi per miss o vallette varie (l'ultimo è Ricordati di me di Muccino. Tentativo di rivalsa di madri frustrate? Boh.
In secondo luogo, Anna Magnani è un'attrice straordinaria, ma guardandola recitare fa capire di essere anche una donna "intensa" (non trovo una parola migliore). Mi piacerebbe leggere una sua biografia.

gabrilu ha detto...

@ Solimano, la tua frase "i panni sporchi si lavano in famiglia" mi hai fatto ricordare che una delle scene più odiate era quella (credo in "Stazione Termini") in cui un ragazzino a cui viene regalata una barretta di cioccolata non sa neanche scartarla. Mia madre diceva: "ma che devono pensare all'estero, che noi non sappiamo nemmeno cos'è la cioccolata?!"

@ Isabella Guarini
proprio qualche sera fa ho rivisto in DVD "Napoli milionaria" di Eduardo De Filippo. Lui che torna dalla prigionia tedesca, cerca di raccontare gli orrori che ha visto e vissuto ma nessuno lo sta ad ascoltare. Nessuno vuole sapere. Grandissimo teatro, grandissima verità. Che spiega anche il silenzio (al contrario) di tanti reduci che non erano capaci di raccontare, perchè sapevano che alcune cose sono intrasmettibili.

Solimano ha detto...

Ero a Verona per lavoro, e conobbi un capotecnico impeccabile sul lavoro e allegro di carattere. Seppi da altri che da tenente di complemento degli alpini si era guadagnato la medaglia d'argento al valor militare durante la campagna di Russia, a Nicolaievka. Eppure, così aperto come era, non ne parlava mai, chissà che nodo aveva dentro per quel che aveva visto ed aveva sofferto. Il non riuscire a dare risposte a tante persone così è stato civilmente grave, erano persone che la loro da dire l'avrebbero avuta, a vantaggio di tutti.
Il cinema da solo non poteva riuscirci, era un vaso di coccio fra vasi di ferro.

saludos
Solimano

Solimano ha detto...

Inserisco la recensione di Alberto Moravia, scritta a caldo su L'Europeo, infatti è del 9 gennaio 1952:

"Dopo Ossessione che segna la data di nascita della scuola neorealistica italiana, dopo La terra trema, film di eccessiva austerità e non privo di lentezze, in cui tuttavia dava la misura del suo talento insieme lirico e meticoloso e alieno da effetti e convenzioni spettacolari, Visconti si ripresenta oggi con Bellissima, protagonista l'attrice per eccellenza del neorealismo, Anna Magnani. Si tratta di un film che ha per argomento il cinema, ossia un film da farsi. Come spesso avviene, una ditta cinematografica bandisce un concorso per una parte di bambina. Tra le tante madri che si affollano negli immensi spazi di Cinecittà, si trova Maddalena Cecconi, moglie di un capomastro romano. La madre è ansiosa di far diventare “qualcuno” la figlia; la bambina, dal canto suo, ne farebbe forse a meno: tanto è vero che all'ultimo momento la madre se la perde tra la folla e non la trova che dopo lunga ricerca, intenta a giocare presso una vasca. Comunque, tra urli, spinte e batticuori, Maddalena riesce a portare la figlia davanti al regista che è Blasetti in persona. La piccola Maria viene prescelta insieme a poche altre per un provino. Raggiante, la madre se la riporta a casa. A questo punto, si può dire che cominci il suo calvario.
Per intendere la parola di calvario applicata ad una trafila semiburocratica qual è l'assunzione di un'attrice sia pure bambina, bisogna tenere a mente il carattere che Visconti ha voluto dare alla madre. S'è detto qualche volta che la civiltà italiana è materna e che la Madonna con il Bambino, tante mila volte rappresentata, è il simbolo di questa civiltà. Ebbene, nel personaggio di Maddalena Cecconi, Visconti ha voluto appunto impersonare la madre popolana italiana, con tutta la sua furiosa irrazionalità e la sua struggente e gelosa passione. La povera Maddalena, uscita dal suo casamento di San Giovanni, si trova per la prima volta in vita sua alle prese con le complicazioni disumane e spesso poco edificanti di una industria modernissima come quella cinematografica. Da principio la sua idea è che la bambina debba passare tale e quale dalle sue braccia allo schermo. Ma poi personaggi più o meno interessati e l'ambiente stesso, così poco naturale, del cinema, le suggeriscono che la bambina va educata, ammaestrata, ornata e, soprattutto, “raccomandata”. Fotografi, sarti, parrucchieri, maestre di recitazione e di ballo, aiuti registi, registi, ecco altrettante stazioni di questo che abbiamo chiamato calvario, ossia di un crescente smarrimento, sconforto e sdegno della povera madre. La quale per un ricatto di un tirapiedi ci rimette anche i soldi del suo libretto di risparmio: senza contare un congruo numero di botte da parte del marito incomprensivo. Viene il giorno dell'esame dei provini: sullo schermo appare la bambina truccata e travestita da ballerinetta. Ma a metà provino il piccolo viso si contrae in un pianto interminabile, disperato in cui sembra esprimersi non soltanto la timidezza della piccola Maria ma anche tutta l'amarezza della madre. Le risate che accolgono questo pianto puerile spezzano il cuore alla povera donna che si riprende la bambina e se ne va. Inutilmente Blasetti le sguinzaglia dietro i suoi accoliti con un contratto da firmare di due milioni. Troppo tardi. Maddalena ha sofferto troppo, ha ingoiato, soprattutto a causa del suo, diciamo così, analfabetismo sentimentale, troppi rospi. Così ella rifiuta il contratto e si getta tra le braccia del marito, decisa a non più uscire né fare uscire la figlia dal cerchio familiare. Film piuttosto amaro, come si vede, e, trattandosi di materia così patetica e delicata come l'amor materno e l'innocenza infantile, in più punti crudele; ma anche, occorre dirlo, film di un livello superiore quale da parecchio tempo non era dato vedere sui nostri schermi. La vicenda, come si sarà capito, è in fondo quasi un lungo monologo della protagonista: donde le qualità e anche i limiti del film. Visconti ci ha dato anzitutto un “ritratto in piedi” di madre veramente memorabile per forza, sobrietà, complessità e vivezza. In questo senso, rispetto alle psicologie spesso elementari dei due primi film, questa madre di Bellissima, così completa, è una novità importante. Inoltre, pur seguendo la protagonista e la sbatacchiata bambina per la loro via crucis, Visconti, con notevole capacità di caratterizzazione, ha saputo descrivere quel curioso miscuglio di sciatteria romanesca e di macchinismo moderno che è il mondo di Cinecittà. Il film ha una prima parte un po' lunga in cui forse si ripetono talvolta le stesse scene e gli stessi effetti; nella seconda, la meticolosa accumulazione lirica propria ai film di Visconti trova espressione nel delinearsi sempre più preciso della delusione materna. In questa seconda parte vorremmo ricordare la scena tra Maddalena e il giovinastro cinematografaro, in riva al Tevere: molto bella nella sua leggerezza di tocco e graduazione; nonché la scena del provino, degna di un Chaplin, con quel lungo pianto della bambina, sullo schermo, così naturale dopo tante fatiche e tante amarezze.
L'interpretazione di Anna Magnani è forse la migliore di tutta la carriera di questa attrice eccellente. Appassionata, mai sentimentale, perfettamente naturale, con asprezze, arguzie e sprezzature di umore improvvise. Anna Magnani ci ha dato in Bellissima una figura di madre popolana di grande efficacia. Walter Chiari fa assai bene la parte del disonesto e arruffato giovinastro. Gastone Renzelli è un marito rustico e generoso quanto basta. Tecla Scarani e Teresa Battaggi sono brave ambedue nelle parti di maestre di recitazione e di danza. Blasetti non potrebbe essere più “Blasetti” di così. Finalmente la piccola Apicella nella parte della bambina ci ha commossi senza sdolcinature per sola virtù di semplice verità".

Isabella Guarini ha detto...

Bellissima apre a molte problematiche, antiche e moderne. Ciò che più ricordo del film è il momento delle ciniche risate degli operatori e del regista di fronte al pianto della bimba impaurita dalla frenesia dei grandi. Ma quelle risate non sono finzione filmica. È la risata degli intellettuali e artisti di ogni genere che simostrano dalla parte dei deboli per creare le loro opere, ma ne disdegnano il contatto nella realtà. La gelateria sotto la mia casa è stata gestita da un ex bambino-attore in un notissimo film di De Sica. Quando gli chiedevamo di De Sica, rispondeva: " Non crediate che fosse democratico come vuole apparire". Isabella

Roby ha detto...

Cara Gabrilu, che sollievo sapere che non sono stata l'unica ad avere dei genitori così poco patriottici riguardo alla cinematografia nostrana!

Cara Isabella, l'ex-bambino prodigio di De Sica era per caso quello di "Ladri di biciclette"?

Isabella Guarini ha detto...

Il bambino attore era in un episodio in cui De Sica interpretava la parte del barone in decadenza amante del gioco, che, essendo interdetto, giocava con il figlio del portiere, simulando una vera partita a scopa e dilapidando i suoi beni. A un certo punto il barone,preso dall'ira per la perdita, esclama: "Gennarì, ma non è fortuna questa!". E il bimbo: " No, signor barone, la carta sa da chi deve andare!". Allora noi, comprando il gelato artigianale alquanto caro, esclamavamo:" La carta sa da chi deve andare!". Ora Pietro B. non è più, ma lo ricordiamo eterno bambino baciato dalla fortuna per aver incontrato, in uno dei quartieri più poveri di Napoli, il De Sica regista e realmente aamante del gioco d'azzardo. Isabella

Solimano ha detto...

Sono riuscito a fare il mio profilo! Cliccando su Solimano qui sopra il commento lo si può vedere, d'accordo, il cavaliere di Frans Hals è più giovane, ma io sono più magro. Ho notato una cosa curiosa: che ti chiedono il sesso, fin qua è naturale, ma per i maschietti quale io sono esce Sesso: Male.L'inglese porta fuori strada, smentisco categoricamente.
IsabellaIl bambino che giocava a carte con Vittorio De Sica nell'Oro di Napoli l'ho rintracciato in IMDb (in cui c'è tutto), si chiamava Pierino Bilancioni e me lo ricordo bene, fu bravissimo, credo per merito soprattutto di De Sica, ma il bambino di suo aveva una faccia straordinaria e una paziente ironia lievemente irridente il nobile interdetto. De Sica aveva nel privato, lo sapevano tutti, il maledetto vizio del gioco, che influenzò anche la sua carriera di regista, nel senso che quando era strapelato faceva film per il botteghino, quando era messo bene si poteva permettere i film in cui credeva di più e che pochi andavano a vedere. Uno straordinario personaggio sia come attore che come regista.
Roby, la mancanza di patriottismo verso i film italiani era piuttosto comune, le ragioni le abbiamo viste insieme, ma ci fu anche una colpa degli intellettuali che o spregiavano i film o li presentavano in un modo così criptico da spaventare la gente. Come vedi, ho inserito una recensione a caldo di Alberto Moravia. Ho scoperto come riuscire a procurarmele e lo farò altre volte per due motivi: perché allora spesso i recensori erano delle persone ad alto livello culturale, non dei cinefili frustrati, e perchè è bello accorgersi, oltre che delle cose belle, degli sfondoni che ogni tanto commettevano.

saludos
Solimano

Isabella Guarini ha detto...

Essere pazientemente ironici e irridenti è nella natura del popolo napoletano, prima che il benessere della droga spegnesse tutto. Isabella