domenica 17 giugno 2007

Non aprite quelle porte...

Roby
Capita sempre più spesso che mia figlia si ritrovi con due o tre sue amiche, a casa dell'una o dell'altra, con una buona scorta di schifezze ipercaloriche da sgranocchiare, un lettore di DVD funzionante a disposizione ed un bel (?!) film dell'orrore da vedere tutte insieme, strillando e coprendosi gli occhi a vicenda dall'inizio alla fine. "Ci siamo divertite DA MORIRE!" mi comunica poi regolarmente la mia pargoletta, con rara proprietà di linguaggio. Un po' come succedeva ad una mia zia zitella, che all'uscita dal cinema dopo un interminabile filmone strappalacrime confessava soddisfatta: "Che bello: HO PIANTO TANTO!". Ora, io sono disposta a discutere su qualsiasi genere cinematografico, anche su quelli che non mi entusiasmano, tentando con tutta la buona volontà possibile di addivenire ad un ragionevole compromesso: ma con il genere horror non ce la faccio proprio. A parte alcuni casi isolati tipo Shining ( che riconosco essere un bel film, malgrado l'abbia visto per la maggior parte attraverso le dita della mano con cui mi coprivo gli occhi, atterrita) o Intervista col vampiro (vedi sub voce - 27 aprile), io aspetto ancora qualcuno capace di spiegarmi il fascino, l'attrattiva, il valore, la bellezza di pellicole come Non aprite quella porta 1 - 2 - 3 ecc., It, Carrie lo sguardo di Satana, Nightmare, La notte dei morti viventi, tutta la filmografia di Dario Argento (già orrorifico di suo), e poi roba tipo The call, The ring, Il collezionista di ossa: e qui m' interrompo, perchè mi spavento abbastanza già soltanto a scriverne i titoli. Ma dico io, con tutte le piccole grandi tragedie che la vita ci riserva ad ogni pie' sospinto, abbiamo davvero tanto bisogno di assorbire ulteriori massicce dosi di angoscioso terrore dal grande e dal piccolo schermo??? Nella stragrande maggioranza di questi film, il/la protagonista principale si trova immancabilmente ad avere a che fare con guasti alla macchina in piena notte su strade di campagna fiocamente illuminate, temporali improvvisi che lo/la colgono nei pressi di desolate brughiere, soggiorni in alberghi semideserti nei cui lunghi corridoi si aggirano strane bambine dal vestito insanguinato. Tutto ciò, anzichè suggerire al/alla de cuius di spicciarsi ad andarsene di là a gambe levate, sia pure a costo di farsi qualche miglio a piedi sotto la pioggia battente, lo/la spinge ad avvicinarsi con ottusa cocciutaggine a porte cigolanti, finestre coperte di ragnatele, sottoscala da cui provengono inequivocabili urla soffocate. Il che costituisce l'inevitabile antefatto di cruente carneficine, con occhi penzolanti dalle orbite, dita maciullate, budella affettate come porchetta: quando invece, se avessero optato per la corsetta sotto l'acquazzone, si sarebbero beccati un raffreddore, una laringite, al massimo una broncopolmonite... La qual cosa, tuttavia -considerando certi aspetti del sistema sanitario attuale- alla fin fine avrebbe potuto rivelarsi non meno totalmente terrificante.

6 commenti:

Solimano ha detto...

Roby, eppure esistono film dell'horror molto divertenti.
Hai presente "L'abbominevole dottor Phibes" di Robert Fuest? E il suo seguente "Il dottor Phibes colpisce ancora"? Non erano parodie, erano proprio film dell'horror, ma costruiti con tale finezza ed attori così bravi che li si seguiva con più interesse per come la trama era congegnata che paura degli accadimenti.
E ce ne sono altre, anche "Seven" in fondo è così, anche se lo vedo a troppo alto budget e quindi esagerato nella costruzione, però il filone dei sette peccati capitali è ben svolto, anche se comporta qualche rischio per Gwineth Paltrow...

saludos
Solimano

Giuliano ha detto...

Anch’io non riesco a capire cosa c’è dietro questo interesse per le scene di sventramento e sversamento di sangue. Me lo sono chiesto, e un tentativo di spiegazione che ho trovato abbastanza convincente è questo: che non siamo più nella civiltà contadina, dove era normale vedere uccidere e macellare gli animali. Io non sono cresciuto in ambiente contadino, ma avevo parenti e vicini di casa che allevavano polli e conigli, vedere un coniglio preso per le orecchie, stordito e subito sventrato era normale, quand’ero bambino; e anche i polli venivano venduti interi, da spennare e da pulire. Oggi è tutto asettico e indistinguibile: io so che cosa c’è dietro alle bianche e pulite cosce di pollo che vendono al supermercato, così come so cosa c’è dietro alla sottile fettina di prosciutto crudo: dubito che lo sappiano (che lo sappiano veramente) i diciottenni di oggi.
E’ il discorso che fa Bertolucci quando parla dell’uccisione del maiale: chi vuole leggerlo lo trova anche nel nostro archivio. C’è anche una scena in “Novecento”, quando Olmo-Depardieu uccide il maiale, lo sventra e regala il fegato ancora caldo all’amico che lo ha salvato anni prima.
So che non è una spiegazione definitiva, ma la porto qui solo come tentativo di iniziare una riflessione. La violenza è violenza, quando serve va descritta e mostrata: i musei sono pieni di Giovanni Battista e di Oloferne decapitati, e sono opere d’arte grandissime. Da questo punto di vista, le cose peggiori le ho lette nei libri di uno scrittore tra i più grandi, Ivo Andric. Ma Andric, dovendo descrivere un’epoca storica, non poteva prescindere da quello che era successo; e lo stesso discorso vale per le altre forme d’espressione (non solo artistiche ma anche quando si parla e si racconta a voce).
PS: Ho cercato anch’io di essere asettico, in questa riflessione. Non so se ci sono riuscito, ma il mio parere è molto più duro: in questa riflessione metto anche il negazionismo, il revisionismo, e le simpatie per le dittature anche più efferate. Spesso sono proprio gli artisti, anche quelli più piccoli, a vedere il mondo come è davvero – ed è una considerazione ben triste.

Roby ha detto...

Caro Solimano, per me i film del dottor Phibes, come pure quelli più "vecchi" con Cristopher Lee, Bela Lugosi e Boris Karloff, sono troppo "anziani" per essere dei veri horror!!!! Ricordo con particolare tenerezza la vecchia edizione de "La mummia", col povero cadavere bendato che se ne andava barcollando qua e là, emettendo rochi lamenti (e ci credo: dopo 3000 anni sepolto in un sarcofago, tra le aride sabbie egizie...).

Ma-es-salaama (= "arrivederci", nel dialetto cairota)

Roby

Roby ha detto...

Caro Giuliano, la tua spiegazione è molto interessante, specie quando dici che tu "sai" cosa c'è dietro la fetta di prosciutto o la coscia di pollo "asettica" del supermercato. Credo di intuire quello che intendi, e credo anche che davanti a certe superbe tele cinquecentesche con Giuditte assassine e Oloferni decollati la definizione di arte sopravanzi senz'altro il senso del violento. Senso che invece mi colpisce fortemente osservando certi santini conservati da mia suocera, dove l'immagine del Cristo grondante sangue, se da un lato ha sfumature d'ingenuità popolare, dall'altro ricorda appunto la crudezza di un animale macellato...

Solimano ha detto...

Roby,distinguerei le mummie (in cui c'era molta ingenuità) dai Phibes, che anche come data sono più recenti.
E' il modo in cui si racconta e la finalità che si ripromette la differenza con i film da cui giustamente stai lontana. Sono film orrifici, il cui fine è proprio spaventare, e tutti i mezzi sono buoni. Trovo che siano operazioni grevi e ne sto lontano, più per noia che per paura. Mentre in Phibes si sente una intelligenza combinatoria in azione, quindi si è coinvolti ma anche disattaccati, si vuole vedere come il regista se la cava.
Giuliano la vedo in modo un po' diverso dal tuo, ma non riesco per il momento ad esprimermi bene. Ma la legge è che vita mangia vita e vita genera vita, non è possibile una legge diversa, e sono ben lontano da chi, velatamente o meno, ipotizza un universo ferito o colpevole: il leone non pascolerà con l'agnello, morirebbe di fame, perché non è erbivoro. Sono invece d'accordo sulla perdita che è non sapere come vanno le cose, finisce che le valenze aggressive comuni a tutti non sono indirizzabili, e si sfogano come possono, combinando guai. Con l'aggressività non si finisce mai di farci conti, e va bene che sia così.

saludos
Solimano

Giuliano ha detto...

Ci sarebbe poi da fare tutto il discorso sui piercing e i tatuaggi, che a me appare altrettanto incomprensibile. Mi è ben chiaro perché lo facessero i Maori, in passato; non mi è affatto chiaro perché piaccia oggi nella nostra società - ma il discorso è sempre lo stesso dei film horror.
Gli antropologi dicono che oggi non abbiamo più i riti di iniziazione, che anche sul lavoro è diventato tutto indefinito, che si può essere precari a 30-40 anni, che non si diventa mai adulti anche per questo...
E' un discorso complicato quello che hai tirato fuori, cara Roby: complicato e profondo, profondissimo.