(La Repubblica 14 giugno 2007)
Il diciottenne che detta legge nella famiglia di buona cultura imponendo tutto ciò che per lui, informato solo di marchi e mode, significa successo, dice, con una smorfia di sprezzo e disgusto: «"Le vite degli altri"? Una vera porcata, ho resistito solo cinque minuti». Gli adulti che il film lo hanno amato, tacciono, furenti e rassegnati.
Da dove cominciare a spiegare all´arrogante giovane, che del resto non ascolterebbe, perché questo film, pur con i suoi difetti, è importante e dovrebbe esserlo soprattutto per lui?
Per la sua generazione costretta in gran parte alla superficialità e all´ignoranza, privata della conoscenza e della curiosità del passato, immobilizzata nel vuoto delle mille trappole elettroniche in un presente spento e incolore, che si rifiuta di diventare futuro. Non è una cosa nuova: da noi la cultura è stata spesso ridicolizzata, ancora oggi è usata come un insulto la frase «intellettuale di sinistra», e il massimo dileggio accompagnato da risata è «radical chic», con cui si marchiano i colpevoli di eleganza culturale (di sinistra) che non sanno apprezzare le Spose perfette e la pubblicità con i peti. È accertato quindi che la vera macchia della cultura è quella di essere identificata con la sinistra, al punto che quelli che si potrebbero definire intellettuali di destra fanno di tutto per nascondere la loro eventuale cultura quale vergognosa pecca che potrebbe suscitare sanzioni e sberleffi.
Il dolente appello di Bernardo Bertolucci su Repubblica ribalta la situazione e ci apre gli occhi sulla realtà: è la sinistra che lui ha votato e che è diventata governo a non mettere in primo piano la cultura, a non averla inserita nei suoi programmi elettorali e a occuparsene oggi solo marginalmente, promuovendo manifestazioni fini a se stesse, senza però capire la necessità d´impegnarsi in un grande progetto che coinvolga tutti quelli che vorrebbero fare e vorrebbero sapere e partecipare. Nel caso del cinema, secondo Bertolucci e il gruppo Centoautori cui aderiscono registi, attori e sceneggiatori, più film si producono, anche a basso costo, più possibilità ci sono che se ne facciano di belli. In Italia, diversamente che negli Stati Uniti, nessuno si fida a impegnare denaro in un´industria che non moltiplica in un baleno i profitti, come invece capita (ma capita anche il contrario) quando ci si accoda ai massimi furbetti. Perciò dovrebbe essere il governo prendendosi a cuore la cultura, e quindi il cinema, a farsi carico del fiorire creativo di nuovi e vecchi autori, finanziandoli con una certa larghezza. Semplificando quel che dice Bertolucci: se si girano dieci film e solo due sono interessanti, girandone cento i belli saranno almeno venti (ma i brutti, anziché otto, saranno ottanta). La tesi è vera solo in parte, perché poi all´ultimo Festival di Cannes, Palma d´oro e Camera d´oro Opera Prima li hanno vinti due film venuti dalla Romania, la cui cinematografia è quasi inesistente: due film finanziati in parte dalla Francia che crede nel cinema d´autore, come da noi non succede, e finanzia opere di ogni paese anche marginale, mentre appunto noi stentiamo a finanziare un modesto gruppetto delle nostre. L´esclusione da Cannes dei due film italiani (Olmi e Luchetti) è stato un errore che ogni tanto un Festival commette: anche "Le vite degli altri" l´anno scorso era stato rifiutato. Ma è come se in qualche modo si sia persa la fiducia nel paese Italia, non solo nel suo cinema e non solo a Cannes, tanto da escluderla in altre occasioni, sportive o artistiche. Anche gli italiani forse la stanno perdendo, e a parte l´indifferenza della politica, come è possibile fare cultura e trasmetterla soprattutto ai giovani, se non c´è più slancio verso il futuro, se ci si dibatte nello scontento, se non si crede più né in se stessi né nel paese? Bertolucci e altri colleghi, come Bellocchio, lamentano il fatto che in Italia, a differenza di altri paesi europei, non sia nato un canale come Arte, il cui compito è fare e diffondere cultura. È un peccato, certo, anche se non sempre si può essere disponibili alla cultura continuata: e per esempio quando mi è capitato di vedere il canale francese, spesso non ho resistito granché, ci sono serate in cui anche l´impegno, anche la poesia, risultano indigesti.
Però tra quelle trasmissioni autoriali e l´orrore delle nostre che aspettano solo un assassino, un´erinni, un ricattatore, un imbroglione e un mascalzone purchessia per farne un divo conteso e ammiratissimo, la televisione, o almeno la Rai, potrebbe trovare il modo di rispettare i suoi utenti paganti smettendola di rimestare comunque nella volgarità, nella violenza, nell´illegalità e nei rutti. Ma fino a ora la politica, con i suoi esponenti piazzati nei posti dirigenziali, alla televisione, ai telegiornali, ai talk show, non ha chiesto cultura, non informazione, non pensiero, non poesia, ma gelidi spazi quotidiani per tutti i partiti e per più uomini per ogni partito. Una gragnuola di facce e di commenti, «dice la maggioranza, commenta l´opposizione», talmente risaputi e avvilenti che ormai siamo in tanti a guardare sul satellitare, all´ora dei notiziari, soltanto i coltissimi Simpson.
P.S. Nell'immagine, Claudia Cardinale ne Il Gattopardo.
1 commento:
E' tutto bello e tutto condivisibile, però se penso che se cade questo governo poi tornano su quelli, a me vengono i brividi: forse sarà meglio che qualcuno lo ricordi a Bertolucci (e anche alla Aspesi, ammesso che la signora sappia cosa significa essere di sinistra)
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