giovedì 28 giugno 2007

Leonardo e Tarkovskij

Leonardo (attr.) Ginevra de' Benci 1474-76 Washington, Nat. Gallery of Art
Giuliano
Nei film di Tarkovskij ci sono tre costanti: Johann Sebastian Bach, Leonardo, e l’icona della Trinità di Andrej Rubliov.
E’ una vera e propria firma, un po’ come le brevi apparizioni di Hitchcock nei suoi film. Capita spesso di vedere un bambino che prende in mano un libro con riproduzioni d’arte, per esempio: in “L’infanzia di Ivan” il regista russo riesce nell’impresa di mettere in mano un libro d’arte, molto grande e molto bello, a un bambino in tempo di guerra, tra i soldati, e per di più a ridosso della prima linea; e “Andrej Rubliov” è tutto dedicato al maggior pittore di icone della storia russa – e viene da chiedersi come sia stato possibile girare e far uscire un film simile in Unione Sovietica, nel 1965...
Ma è in “Lo specchio” che Tarkovskij si abbandona in pieno alla sua vocazione pittorica. E’ Leonardo a far da guida, più o meno sotterranea, per tutto il film; e a un certo punto la vena sotterranea viene resa esplicita, e il volto della madre di Tarkovskij, interpretata dall’attrice Margareta Terechova, si fonde con un volto leonardesco, il ritratto di Ginevra de’ Benci ( il mio libro, pignolo, specifica: “attribuito a Leonardo”).
In “L’infanzia di Ivan” era invece un’incisione di Dürer, “I quattro cavalieri dell’Apocalisse”, la pagina su cui si soffermava il ragazzo protagonista. Un’immagine dura, spigolosa, terrificante: l’immagine della guerra. E prima c’era stata una sequenza (un vero “fermo immagine”, una sottolineatura per chi non vuol capire) dove in quel che restava di una casa bombardata, su un muro, si intravvede un’icona dipinta; e il primo piano del Capitano è posto tra l’icona (subito dietro, alla nostra destra) e una croce di ferro (davanti, alla nostra destra).
Non si possono contare le apparizioni leonardesche, nel cinema di Tarkovskij: sono troppe, nei paesaggi e nei volti. Posso però portare qui uno dei dialoghi più misteriosi di Tarkovskij, che si svolge sull’isola di Faro, (la casa di Ingmar Bergman), all’inizio del suo ultimo film, “Sacrificatio”:
Otto: (indica la parete) : Cos’è quello?
Alexander: Che cosa?
Otto: Quelle figure, là sul muro: che cosa sono? Non riesco a distinguerle, c’è sopra quel vetro e sono terribilmente scure...
Alexander.: E’ l’Adorazione dei Magi, di Leonardo. Una riproduzione, si capisce.
Otto: Lo trovo terribilmente sinistro.... ho sempre provato un gran terrore davanti a Leonardo.
“Preferisco Piero della Francesca”, dirà più tardi Otto. Ma l’Adorazione dei Magi, cioè l’Epifania, la befana, rimanda al rapporto con le religioni prima di Cristo. I Magi, che provengono dalla Persia, sono zoroastriani, orientali: e rendono omaggio al Bambino appena nato. E anche Piero della Francesca sa essere terribile e ultraterreno, come Leonardo e anche di più. E’ questo forse il vero tema, più o meno nascosto, di Tarkovskij: il soprannaturale (soprattutto nella figura di Cristo) e il nostro rapporto con le religioni precedenti al cristianesimo, che il regista russo sente particolarmente – forse proprio in quanto russo.

Andrei Rubliov: Trinità c.1411 Mosca, Galleria Tretyakov

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Passo spesso e devo dirti che per me che amo il cinema il tuo blog è veramente bello, complimenti. Giulia

Giuliano ha detto...

Cara Giulia, una volta un ippogrifo l'ho incontrato anch'io, sette anni fa circa.
Te lo dico qui perché ho cercato una decina di volte di registrarmi per lasciare un messaggio sul tuo sito, ma è un'impresa mica da poco...
(Comunque il tuo blog è pieno di cose belle, passo spesso anch'io, leggo anch'io, e un giorno finalmente capirò dove sbaglio quando provo a registrarmi)

Solimano ha detto...

Giulia, mi associo a quello che dice Giuliano. Il tuo blog è una provocazione. Uno va, gli piace, vorrebbe scrivere, ci prova e non riesce, o per problemi di registrazione o perché il commento, una volta scritto, non perviene alla sognata pubblicazione. Sembriamo dei catecumeni a cui tocca restare nel pronao antistante il sacro edifizio in cui possono comunque sdocchiare lo svolgersi delle funzioni. A ciò si aggiunga che nel mio caso personale in questi giorni non riesco a commentare (né a leggere i commenti) nei blog Splinder, pur dotato dell'usbergo del Profilo Utente. Il passo successivo sarà la damnatio mamoriae. A parte le celie, grazie per le assidue visite e a risentirci presto.

saludos
Solimano

Isabella Guarini ha detto...

Giuliano, il dialogo tra Otto e Alexander è molto interessante, perché mette in evidenza in maniera chiara la diversità di due modi di vedere la religione. Non poteva piacere, a chi ha una idea del soprannaturale alla maniera delle icone russe, lo sfumato leonardesco che annulla quasi del tutto la linearità delle figure nella luce astratta ed eterea dell'oro di fondo. Linea e luce diffusa conformano anche le figure poste nello spazio prospettico rinascimentale, simbolo della divina razionalità e chiarezza. Leonardo, invece, mette in crisi le certezze prospettiche, la linea scompare del tutto. Le ombre conquistano lo spazio e le figure nascono dal conflitto ambiguo tra luce e ombra. Un tormento continuo tra dubbi e certezze, tra il bene e il male. Chi sia la Gioconda in fondo è poco interessante, ma se si approfondisce l'indagine sulla tecnica dello sfumato, allora dobbiamo convenire che il dipinto è un capolavoro per essere riuscito Leonardo a tornire una figura senza alcuna linea, tranne qualche leggero filo sulla fronte per segnare il velo e a rappresentare, così, il conflitto quale essenza dell'esistenza a tutti i livelli.

Giuliano ha detto...

In "Sacrificio", Otto è il postino, sull'isola di Faro: gira in bicicletta come Jacques Tati in "Giorno di festa". Ma anche lui ha un passato alle spalle, fare il postino su un'isoletta è una sua scelta.
Alexander (Erland Josephson) è il protagonista, nel quale si riconosce qualcosa di Bergman e che esprime il pensiero di Tarkovskij: è suo il quadro di Leonardo - pardon, la riproduzione.

Isabella Guarini ha detto...

A pensarci bene, dal confronto tra l'icona russa e il ritratto leonardesco si evice il conflitto tra oriente e occidente, che persiste ancora oggi nella cultura russa come in quella occidentale europea.