Giuliano
Franco Franchi riusciva a muovere le orecchie. Io da bambino lo guardavo e mi veniva una gran rabbia, perché a me non riusciva e a lui sì: ma come faceva? Al massimo dello sforzo, potevo muovere fronte e sopracciglia: di più non mi era concesso. E intanto lui muoveva anche il cappello che si metteva in testa, senza sforzo e senza trucchi, come se fosse la cosa più normale del mondo... Il “trucco” lo avrei capito solo una dozzina d’anni dopo, leggendo finalmente “L’origine dell’uomo” : tutti gli animali hanno muscoli per muovere le orecchie, così da poterle indirizzare verso l’origine del suono e capire da dove viene il pericolo. Un gadget utilissimo, che noi abbiamo perso nel corso della nostra evoluzione, e che ritorna di tanto in tanto in alcuni individui.
Si trattava dunque di un atavismo, per usare il termine scelto da Charles Darwin per definire questo genere di cose: qualcosa di atavico, che deriva da remoti antenati, come recita il dizionario. Atavismo è dunque “la ricomparsa in un individuo di caratteri anatomici e funzionali e esistenti in lontanissimi antenati”. Gli studenti di medicina, dopo essersi ben studiati l’anatomia umana, sanno che di atavismi ce ne portiamo dietro anche altri: uno che abbiamo tutti, e non solo il comico siciliano, è per esempio l’appendice, una parte dell’intestino ben sviluppata nei mammiferi vegetariani e in noi del tutto inutile, un moncone residuo che serve solo ormai per procurarci l’appendicite, cosa della quale faremmo volentieri a meno (preferirei avere le orecchie mobili, a dirla sinceramente: riuscire a far ridere i bambini è una gran bel dono).
Un altro gadget che avrei voluto avere, ed è per questo che guardo con invidia e gran rispetto ad ippopotami e ornitorinchi, è la possibilità di avere le palpebre anche nelle orecchie, così da poterle chiudere a piacimento. A loro serve per andare sott’acqua, a me servirebbe per non dover ascoltare certi discorsi, tra i quali quelli dei creazionisti (ma non solo loro, purtroppo). Come per esempio quando mi tocca sentire che il darwinismo è una religione, oltre che una teoria bizzarra da estirpare. Innanzitutto, il darwinismo non esiste: esistono le teorie di Charles Darwin, basate sull’osservazione attenta della natura: chiunque abbia dato anche solo un’occhiata distratta ai suoi libri non può non saperlo. E poi la scienza non ha niente a che vedere con la religione, non ci sono dogmi e atti di fede, le teorie scientifiche si possono confutare ed è già successo molte volte, basta avere degli argomenti validi e magari qualche dimostrazione matematica – ma poi di che cosa sto parlando? Ma noi queste cose le sappiamo già e possiamo solo sospirare quando le sentiamo ripetere per l’ennesima volta, come è appena successo a me. Agli eventuali creazionisti che mi stanno leggendo, per oggi, posso solo consigliare l’opera omnia di Francesco Benenato, in arte Franco Franchi, che nella sua vita è stato ben coadiuvato dall’esimio professor Francesco Ingrassia, detto Ciccio. (Non credo che cambieranno idea, ma almeno me li ritroverò davanti più rilassati e di miglior umore, la prossima volta.)
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5 commenti:
Ecco. Questi due non li sopportavo allora e continuo a non sopportarli oggi.
Finalmente ho trovato qualcosa su "Abbracci e Pop Corn" che proprio non digerisco.
Hip hip hurrah! ^___^
Gabriella, c'è sempre una prima volta per tutte le cose...
good night
Solimano
In effetti, per quanto trovi delizioso il post di Giuliano, mi schiero con Gabriella nel dichiarare una certa "insofferenza" per la coppia Franco & Ciccio. I quali invece -strano a dirsi- erano adorati da mio padre, che si divertiva molto a vederli. E questo-in fin dei conti- è un merito che devo comunque riconoscere loro...
[:->>>]
Roby
E' una comicità molto infantile, diretta, da pagliacci. Personalmente trovo notevola la capacità mimica di Franco Franchi, l'unico che può reggere il confronto con Totò sul piano del burattinesco.
A questo punto, sarebbe bello portare qui qualcosa delle pagine di Fellini dedicate ai clown.
A me successe una volta di andare al cinema con un mio collega di lavoro in ferrovia, tutti e due giovani ingegneri. Mi trascinò a vedere Franco e Ciccio, io non volevo.
Lo spettacolo della serata furono le risate in cui sbottava il mio collega (napoletano e sul lavoro serissimo), delle risate che duravano dei minuti. Penso che al babbo di Roby succedesse una cosa del genere, e non c'è niente da fare, quando è così, sarebbe sbagliato giudicare: la spontaneità del riso è una grande e bella cosa.
Giuliano ha scritto un bellissimo brano utilizzando Franco e Ciccio come trampolini, ma credo che ci rida anche lui, a vederli in azione. E' una bella cosa, mi ripeto.
saludos
Solimano
P.S. Però anche a me piacerebbe saper muovere le orecchie...
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