venerdì 1 giugno 2007

Brivido caldo

Body Heat di Lawrence Kasdan (1981) Sceneggiatura di Lawrence Kasdan Con William Hurt, Kathleen Turner, Richard Crenna, Ted Danson, J.A. Preston, Mickey Rourke Musica: John Barry Fotografia: Richard H. Kline (113 minuti) Rating IMDb: 7.2
Solimano
Intendiamoci, mi va bene tutto. Ma quando arrivano i critici insorge l’ansia definitoria: questo è thriller, questo è noir, questo è gangster, questo è action. Le differenze ci sono, come no, ma i confini sono …ehm… osmotici. Per me un film noir è un film dove possiamo essere sicuri in partenza che non c’è il lieto fine, cosa che mi fu chiara dopo i primi dieci minuti di Brivido caldo. Non sapevo nulla del regista Lawrence Kasdan (appresi poi che era il suo primo film, ma che era noto come sceneggiatore), l’impressione era che fosse come certi primi della classe magari non ruffiani, ma che sono perennemente sul buono spinto senza esaltanti deliri e senza rovinose cadute. Senza sorprese, insomma. Anche la storia la conoscevo, ne avevo visto di storie con marito ricco e anziano, moglie vogliosa e furba, amante che si fa fregare dall’essere innamorato. Sapevo che all’origine c’erano dei romanzi, spesso di James Cain, che non ho mai letto. Ho creduto addirittura che fosse uno solo il romanzo, “The Postman Always Rings Twice”, ma ce n’è almeno un altro: “ Double Indemnity in Three of a Kind”, ma se non è zuppa è pan bagnato, a parte che “Ossessione” di Visconti, “Double Indemnity” di Wilder e “The Postman Always Rings Twice” di Rafelson, oltre ad essere degli ottimi film, sono ben diversi l’uno dall’altro. In Brivido caldo l’ispirazione non è diretta, ma è comunque evidente. Con un particolare tutto suo: il protagonista Ned Racine (William Hurt), come avvocato è una pippa. All’inizio mi sono fatto portare fuori strada dal cazziatone che gli fa il giudice di un suo processo, ho pensato che Racine facesse il finto tonto, ma il film mi ha poi confermato che è tonto davvero, della specie peggiore: i tonti che credono di essere furbi. Racine dovrà proprio all’essere tonto il fatto di diventare l’amante infoiato di Matty Walker (Kathleen Turner) e crederà di esserci riuscito perché è bello e piace, bello lo è, ma a piacere ad una come Matty ce ne vuole: lei non è tonta né è tonto suo marito Edmund (Richard Crenna). Matty, che non ama nessuno, semplicemente vuole liberarsene e l’avvocato è quello più adatto per farlo, anche perché proprio tonto.

Qui ho trovato il massimo pregio di questo film, che è buono ma prevedibile: Kathleen Turner. Era al suo primo film, dopo ho imparato che allora aveva già ventisette anni - aveva lavorato molto in TV – e ne fui di prima intenzione colpito perché il film è sessualmente piuttosto infuocato e Kathleen del suo ce ne mette, ma il suo modo era diverso da quello in cui quegli anni ci stavano abituando, lei era una attrice più di testa che di corpo. Anche nelle scene nude conservava una credibilità non di abbandono, ma di distacco. Cosa a suo modo congruente con la mission (così si denomina) del film: una donna fredda e spietata, smaniosa solo di soldi e di prevalere nelle sue guerre personali. Ma mi accorsi, negli anni successivi, assai felici per la Turner, che lei era fuori ruolo come sex symbol, non per mancanza fisica, perché non sarà bellissima ma è coinvolgente, ma perché i suoi ruoli veri, che sente ed esprime pienamente, sono quelli della commediante avventurosa, come in “Romancing the Stone” e in “The Jewel of the Nile”, ma ce ne sono anche altri pregevoli. Una parte in cui Kathleen non ha avuto concorrenza: il suo umorismo, la velocità mentale, la duttilità, anche l’appeal, perché no, la rendevano adatta a ruoli ed a vicende che nel cinema precedente e successivo riguardavano uomini, non donne. Kathleen non è la bella gnocca in un paese esotico protetta dal macho che fa tutto lui, e all’attrice basta qualche gridolino emesso e qualche camicetta slacciata, Kathleen è il cuore della avventura, da far ingelosire il protagonista maschietto. Qui in Brivido caldo la Turner con diligenza creativa riduce a pappamolla Ned Racine, che si credeva il centro sessuale dell’universo, peccato che non decida mai di farci ridere ed ingolosire (di golosità alta, capitemi), come avrebbe fatto negli anni successivi: una attrice così ci voleva proprio in quegli anni, la Turner ha fatto di più per la questione femminile, magari senza saperlo, con il suo affrontare au pair il maschietto con cui si trovava a competere amorosamente. Au pair perché decise di essere buona, ma poteva mangiarseli tutti, i Michael Douglas di questo mondo. Ma anche il regista Lawrence Kasdan un suo percorso di genere tutt’affatto diverso se lo sarebbe trovato. Brivido caldo sembrò un perfetto noir, quasi hard per giunta, ma fu in realtà il preludio a due belle carriere.

5 commenti:

Roby ha detto...

Non ho visto "Brivido caldo", ma dato che si parla della Turner, dico che l'ho letteralmente adorata nella serie della "Pietra verde", dove in effetti Michael Douglas scompariva al suo confronto!!! I due insieme girarono anche "La guerra dei Roses": s-gradevole film al vetriolo, terribile nel descrivere una coppia che letteralmente scoppia.

Bacioni

Roby

Anonimo ha detto...

Adoro questo film, adoro Kathleen Turner. Serve altro?

Solimano ha detto...

Grazie e saludos
Solimano

Elena ha detto...

Che belli 'sti post, mi viene da dire, e scusatemi il colloquiale, ma belli davvero, che vanno sempre oltre, e che ti fanno capire il film, pure quando il film non l'hai visto
:-)

Solimano ha detto...

Grazie, Elena.
Però sono conscio che in poco più di due anni in questo blog ho scritto ad oggi 557 post, e non li avevo pronti prima, li ho scritti giorno per giorno. Ma il blog va bene, quindi continuo a correre. Quando rallenterò (a fermarmi non ci penso, a meno di fatti imponderabili), cercherò di scegliere qualche decina di post da mettere anche nella Biblioteca di Stanze all'aria, rivedendo, limando, correggendo etc etc. Perché è difficile conciliare la qualità con la quantità. Però questo post ed anche il post sul Riccardo III di Al Pacino sono fra quelli che preferisco anch'io. Non bisogna montarsi la testa: quando si scrive tanto (quasi sicuramente troppo) è meglio cercare di essere il più possibile dotati di senso autocritico, e le opinioni degli altri aiutano a scegliere meglio.

saludos
Solimano
P.S. Però tutti dovrebbero scrivere, scrivere fa bene.