domenica 26 agosto 2007

Le folli notti del dottor Jerryl

The Nutty Professor, di Jerry Lewis (1963) Romanzo di Robert Louis Stevenson, Sceneggiatura di Jerry Lewis, Bill Richmond Con Jerry Lewis, Stella Stevens, Del Moore, Kathleen Freeman, Med Flory, Norman Alden, Howard Morris, Elvia Allman, Milton Frome Musica: Walter Scharf, "The Old Black Magic", "I'm in the Mood for Love" Fotografia: W. Wallace Kelley (107 minuti) Rating IMDb: 6.7
Solimano
Quando vado a prendere il giornale al mattino, guardo sempre se è arrivato qualche DVD o qualche libro. E' così che due giorni fa ho scoperto che era appena uscito il primo DVD di una serie dedicata ai film di Jerry Lewis. Come per le enciclopedie, la prima uscita te la fanno pagare di meno o te la danno gratis abbinata al giornale, fatto sta che sono tornato a casa col DVD de "Le folli notti del dottor Jerryl" avendo speso meno di otto euro, vedremo i prezzi dei successivi.

A questo si aggiunge che in un libro della Biblioteca Civica di Monza avevo trovato alcune immagini di questo film, tutto ha quindi congiurato perché lo vedessi. Per dirla tutta, non vedevo film di Jerry Lewis dai tempi in cui lavorava con Dean Martin, cioè dal 1956! Poi fecero pace vent'anni dopo, si vede che era stata una bella lite, certamente dovuta gelosie ed invidie professionali.

Ridere al cinema non è obbligatorio. Nel tempo si cambia, ci si abitua, ci si annoia, perché il riso è spesso collegato alla sorpresa, al verificarsi di qualcosa di inaspettato. Così, per la prima mezz'ora, ero come uno studente che doveva fare il compito, quindi attento ma non coinvolto. Molte gag allora fresche, le avevo viste iterate in tanti film, quindi sapevo prima che ci sarebbe stato da ridere e quale sarebbe stato il motivo scatenante. Ci si aggiungeva una cosa del tutto inaspettata: i colori vivissimi di tutto. Vestiti, stanze di casa, aule, palestre, bar, sale da ballo, automobili. Come se tutto fosse stato ridipinto con una violenza un po' kitsch. E non sembrava da regista esperto la gestione degli studenti nell'aula, delle coppie nella sala da ballo, dei palestrati che facevano body building.
Stavo rischiando lo sbadiglio, ma mi sono insospettito quando ho visto la scena in cui il professor Julius Korb (Jerry Lewis) viene rimproverato dal preside Warfield ( Del Moore) per aver provocato una esplosione nel laboratorio di chimica. E' stato l'orologio a scuotermi: Korb ha un orologio da tasca, quando lo apre (e succede spesso) parte una marcia allegra e con una forza sonora da far divenire verdi di invidia diecimila odierni possessori di suonerie da cellulari, diecimila messi assieme. Poi c'è stato il dito indice. Mentre il preside gliene dice di tutti i colori, Korb alza il dito perché vorrebbe dire qualcosa lui, ribattere, è una reazione naturalissima. Ma c'è il momento in cui lo sguardo di Korb non è rivolto più a Warfield, ma al suo dito, che è sporco (Korb è appena reduce dal disastro che ha provocato), e lui rimane lì desolato a contemplarsi l'indice mentre l'altro sbraita.

Ho fatto l'occhio anche ai colori, che sono da opera dei pupi o da quei fumetti coloratissimi da paginone. Colori puri, senza sfumature né passaggi graduali: il rosso è rosso, il marrone marrone il viola viola. Poi, va detto, anche gli occhi di Stella Stevens sono azzurri, di un azzurro senza remissione: azzurro, e tanto. Come è tanta lei, non da donna fatale ma da brava ragazza chissà perché affezionata allo sfigatissimo Korb.
Ma il salto dal trampolino c'è stato quando Korb a tarda sera entra nel ritrovo dove gli studenti parlano, bevono e ballano: non è più Julius Korb, ma è Buddy Love, un tipo rispetto a cui il vecchio sodale Dean Martin può andare a nascondersi in qualche oratorio parrocchiale. Come vestiti, come faccia, come voce soprattutto; non esistono più problemi di miopia, non sbaglia una mossa, e si conquista tutti, a partire da Stella Purdy (appunto Stella Stevens) che avverte in Buddy Love un mondo completamente nuovo, però... però... che le ricorda qualcosa. Julius Korb e Buddy Love sono la stessa persona, è la pozione del dottor Jekyll e di Mister Hyde che sta facendo il suo sporco lavoro.
Il resto si indovina, salvo il finale. Korb ha spedito la formula magica ai genitori per metterla al sicuro, difatti l'originale glielo mangerà un merlo indiano che è il suo unico amico. Fra i genitori, la madre è dominante ed il padre sottomesso, ma è il padre che prova la formula e diventa il dominante, e va in giro a far soldi vendendo la pozione nei campus universitari. Siccome tutti, anche se lo negano, hanno il problema dei due io, quello che sono e quello che vorrebbero essere, si affollano attorno al banchetto di Korb padre, meno Julius e Stella, che se ne vanno contenti per i fatti loro, perché il segreto è che Julius sarà sempre più Julius: colto, preparato e malaccorto e Buddy Love sarà sempre più Buddy Love, seduttivo, dominante, prepotente.
Come faranno ad andare d'accordo quei due? Semplice, abiteranno nella stessa persona, ed a Stella vanno bene tutti e due, purché assieme, singoli la lasciano un po' così. Non male, come conclusione di un film di quelli che si chiamavano da ridere, una conclusione che ha capito il significato profondo di Jekyll e Hyde, ed il motivo del successo più che secolare del tormentone inventato da Robert Louis Stevenson.
Dico una cosa amara. Una genialità come quella che si manifesta qui, una feroce allegria, una empatia che si tocca con mano, meriterebbe ben altra considerazione di quella da cui è circondato Jerry Lewis, e il misero 6.7 del Rating IMDb ne è testimonianza (gli altri suoi film sono generalmente ancora più bassi). Il motivo non credo sia nel fatto che fa ridere, anche, ma soprattutto nello scattare della molla di libertà interiore che provoca il modo di Jerry Lewis. Non è vero che gli esseri umani cercano la libertà come prima cosa, cercano la sicurezza, fosse pure quella di una noia abituale purché priva di rischi.
Se debbo scegliere all'interno del film, scelgo i cinque minuti in cui Buddy Love persuade Warfield che in lui si cela un grande attore che deve venir fuori, e questo povero preside si trova in piedi su un tavolo con l'ombrello come scettro, un lampadario negli occhi, un cappello sfondato in testa come corona regale e i pantaloni alla cacaiola, ed è contento di essere così, il Warfield. Alla dottor Dulcamara: "Compratelo, compratelo, meno di otto euro, si ride e si conosce uno che sta in noi, un certo Buddy Love, che ci può fare comodo". Stasera saremo tutti Buddy Love, domani chissà.

4 commenti:

Giuliano ha detto...

Insomma, Jerry Lewis beve la sua pozione e si trasforma in Dean Martin! (Jerry Lewis faceva il bambino scemo solo nei film, quello che vediamo “dopato” era in realtà il vero Jerry...).
Questo è un capolavoro assoluto, mi ha colpito sempre fin dalla prima volta che l’ho visto, anche perché il tema del dottor Jekyll (di Robert Louis Stevenson!!) è uno di quelli che colpiscono più nel profondo.
Posso solo aggiungere che molti non amano Jerry Lewis per via del doppiaggio, che poi non è diversissimo dall’originale, ma la voce da bambino scemo a molti non va proprio giù, soprattutto per un’ora di fila (non è un mio parere, ma un’osservazione raccolta sul campo). Il doppiatore era lo stesso di Don Camillo, e di tante altre cose, Francesco Romano.
(PS: Ho un dubbio sul nome Francesco: era Francesco?)

Solimano ha detto...

Avrai notato, Giuliano, l'immagine che ho messo sotto il post. Non proviene dal film, l'ho trovata in un sito francese molto furbo che, parlando dell'uso del colore, ha fatto un collage di Stella Stevens in diversi film con abbinamento a colori diversi che si vedono nei quadratini sotto ogni immaginetta. La prima immaginetta viene da questo film, le altre non credo. Stella Stevens si prestava a meraviglia ad una simile utilissima spiegazione, peccato solo che l'immagine sia piccola.

saludos
Solimano

Anonimo ha detto...

L'ho sempre considerato il film più riuscito di Jerry Lewis.
Splendida recensione!
Complimenti... Paolo.

Solimano ha detto...

Caro Paolo, bentornato.
Grazie e ci sentiamo presto.

saludos
Solimano